Anime & Manga > Axis Powers Hetalia
Segui la storia  |       
Autore: formerly_known_as_A    24/07/2011    2 recensioni
Alza lo sguardo verso il cielo ed ha il riflesso di buttarsi nella sabbia, liberando nella caduta un po' dell'ansia che gli sta mangiando pezzo per pezzo lo stomaco. E' grigio. Probabilmente pioverà tra poco. E' uno di quei momenti di calma irreale prima di un temporale. E' tutto troppo calmo per non insospettirsi.
Oh, ironia. Persino gli elementi lo prendono in giro. O forse è solo lui a vedere similitudini ovunque.

[Personaggi: Norvegia; Danimarca - Bashing contro un pg femminile, ma giustificato dallo stato d'animo del personaggio su cui si basa il punto di vista]
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Danimarca, Norvegia
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Qui Amy.

Non ero molto decisa, ma, in fondo, non ho scritto io, non ho nessun diritto di non pubblicarlo. E rimane sempre un capitolo bellissimo.

Devo ritrovare la forza di cominciare e finire il capitolo successivo, ci vorrà ben più di una settimana, questa volta, temo. Dovrete aspettare un po', me ne scuso.

Intanto vi lascio con questo.



“Uhm...”

Ykaterina esita, osservando il profilo addormentato del ragazzo.

Dovrebbe svegliarlo, fargli notare che non gli fa bene dormire così ricurvo, appoggiato alle proprie braccia incrociate, ma vuole lasciarlo in pace. Ne ha bisogno.

Inavvertitamente, allontanandosi pian piano, urta col gomito una pila di faldoni e li fa miseramente crollare per terra. Lancia un verso stridulo e si rannicchia con le mani sulla testa, mortificata.

Quando si fa coraggio e alza lo sguardo al di sopra della spalla, lo vede perfettamente sveglio intento ad osservarla con una curiosità che -se c'è- decide di non mostrarle.

“Ah... uhm... s-scusami!”, squittisce sollevandosi e voltandosi demoralizzata.

“Non importa”, le risponde Norge passandosi una mano tra i capelli e sistemandosi la clip.

Segue un silenzio imbarazzante, durante il quale lui cerca di capire come possa essersi addormentato in quel modo e lei si riempie la testa di domande e domande, finché...

“Non stai bene, Nor?”

La Nazione la guarda, gli occhi seri e inespressivi, ma non abbastanza da non farle giungere una profonda sensazione di tristezza.

“Sto bene, grazie”, le risponde in tono calmo e cortese, stirandosi discretamente.

“Intendevo... ecco... dormi bene la notte?”


No. Non dorme bene. Continua a fare sogni (sogni?) pieni di lui.

Lui che grida, lui che piange, lui che lo implora di non andarsene e che si ferisce, accusandolo di ogni cosa.

Sensi di colpa? Sono moltissimi.

Lo sta lasciando solo, ma non osa stargli vicino, non dopo quello che hanno condiviso, non dopo il modo freddo in cui si sono lasciati. Lo ha lasciato. Non può essergli amico.

Se solo fosse sicuro che stia meglio, se riuscisse a scambiare due minuti di parole, studiare... ah, ma studiare cosa.

Lo vede ad ogni riunione e si è allontanato dal solito posto.

Non riesce nemmeno a condividere lo stesso spazio, ormai.


La ragazza si avvicina e lo abbraccia senza dire una parola, come se lui avesse risposto alla sua gentile domanda di interessamento.

Lei è carina, è presente, lo accudisce. A volte gli prepara il pranzo, gli riassetta casa senza che lui la veda (oh, ma se ne accorge) e non è mai invadente. Si occupa di lui e non chiede niente in cambio.

E' dolce, è tranquilla e buffa, trasmette affetto e protezione, serenità; non grida, non si arrabbia, non da' i numeri. Perché, lei, circondata da una sorella e un fratello completamente pazzi, è così buona?

Lukas volta il viso e incontra il palmo della sua mano che gli si posa sulle labbra.

“Davvero, mi dispiace averti svegliato. Sembri tanto stanco”, gli sussurra piano.

E' bello appoggiarsi a qualcuno come lei senza doversi preoccupare che si sbricioli. E' bello farci l'amore, è bello essere baciato, è rassicurante ricevere le carezze tra i capelli e sul viso quando finiscono. E' bello, anche, essere al centro di quei piccoli gesti teneri.

Che cosa prova per Ykaterina? Lei è tutto quello che l'Amore della sua vita non è mai stato.

Da lei non si aspetta che tiri pugni al muro, che si strappi i capelli, che graffi la parete a sangue scorticandosi le dita, che urli e prenda a testate un armadio.

Non si aspetta che lanci piatti, né che, durante una crisi, lo spinga via mandandolo a sbattere contro una vetrata.

Che non ricordi nemmeno di averlo fatto.

E' trascorso più di un anno da quel giorno. Non ci sono graffi sul suo corpo, non ci sono lividi nella schiena, solo pensieri e ricordi.

E, ad essere onesto fino in fondo, una cicatrice. Sottile e già bianca, insignificante pur se lunga.

Non riesce a farla sparire, perché è stato da quel momento che qualcosa ha iniziato a spezzarsi tra loro, inesorabilmente.

La stanchezza di dover essere sempre quello su cui contare, quello che rimette insieme i pezzi, che aspetta con ansia celata nuove crisi -imprevedibili e molto lontane una dall'altra, segnali di un malessere mai del tutto sanato-, lo shock di veder arrivare le sue mani con intenzioni malevole.

Cosa dire, poi, del sorriso enorme col quale gli ha portato il caffè a letto la mattina dopo? Tutto passato, Matt è tornato quello di sempre, quello che ama e che non ferisce nessuno, quello che prende ago e filo per riparare con pazienza uno strappo al suo vecchio peluche.

Non era quello dello spintone, né quello che ha spezzato come un grissino il polso di un ragazzo un po' stupido, colpevole di aver osato fare un apprezzamento sessuale al suo compagno.

Quasi come a leggergli nel cuore, l'altra mano della Nazione donna scende a sfiorargli le spalle e poi le scapole, delicata e quasi materna, coccolando attraverso la stoffa della camicia la cicatrice della quale non conosce la vera origine.

Un amore sereno: è questo che c'è tra loro? E' qualcosa che ha sempre voluto.

Se sta bene quando è insieme a lei, perché continua a tormentarsi pensando a...



“Non sei un egoista, Noru. Ti conosco, non riesci a ignorare di essere la causa del dolore di altri. Sei fatto così.”

La voce calma e sempre un po' imbronciata del fratello minore gli risponde, giungendo al suo cervello momentaneamente distratto.

Fissa il grosso bicchiere di cartone che contiene il caffè e poi lancia un'occhiata apatica alla gente che passeggia lungo il viale, irrigidendosi sulla panchina.

Island è triste, lo sa. Li vedeva come una bella coppia, sapeva che si amavano da moltissimo tempo prima di mettersi insieme, ma lui non conosce quegli episodi recenti. Forse, in realtà, pensa che sia un idiota ad averlo lasciato, solo perché si è avvicinato ad un'altra persona -una donna, per di più- che sicuramente trova insignificante. Non comprende per nulla le sue motivazioni e soffre ancora per quel legame spezzato.

“Penso che dovreste parlarvi di nuovo”, dichiara dopo un po', senza guardarlo.

“Non saprei più cosa dire”, mormora bevendo un lungo sorso.

C'è troppo silenzio in mezzo.



Quando si ritrova davanti alla porta di casa sua, una settimana dopo quella conversazione, con le mani affondate nelle tasche e il respiro che si condensa davanti al viso per la temperatura rigida della sera, si chiede perché sia lì.

Per farla finita? Ne è uscito vivo alla spiaggia ed è tornato a casa con le proprie gambe dal loro ultimo scambio verbale, perché cercare ancora un dialogo?

Non può farci niente. Deve sapere fino a che punto si è ripreso.

Può darsi che lo trovi con una mano affondata in una scatola di biscotti, indifferente, oppure che abbia una bottiglia stretta tra le dita e altre dieci, vuote, sparse per il pavimento.

Qualsiasi scenario gli si presenti innanzi non può più vivere senza conoscere il suo stato mentale e fisico. Paura o meno e incapace di porvi rimedio o meno, quell'uomo è la sua debolezza e ci ha sempre tenuto da morire, anche se non è mai riuscito a dirlo apertamente.

Anche se i ti amo chiusi nel proprio cuore non arrivavano nemmeno a un decimo di quelli, sussurrati tra dolcezza e passione, del danese.


Estrae dalla tasca una mano avvolta nel guanto e preme l'indice sul campanello.

Uno.

Due.

Tre.

Tre trilli, a breve distanza.

E' sempre stato il suo modo di suonare, per annunciare con anticipo chi fosse dietro la porta, perché sì, dimenticava le chiavi talmente spesso da renderle quasi inutili.


Se non apre è perché non vuole vederlo.

C'è luce che filtra da sotto la porta, quindi è in casa.

Spera per un momento che gli apra qualcun altro. Qualcuno di sorridente e allegro, qualcuno che abbia la forza necessaria per stargli accanto.


Se non apre è perché non vuole vederlo.

Non è perché non può arrivare alla porta.

Vero?

   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Axis Powers Hetalia / Vai alla pagina dell'autore: formerly_known_as_A