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Autore: _FC_    25/07/2011    1 recensioni
In fondo non è così importante l’identità di chi, seppur per qualche minuto, ti fa tornare a sorridere, a vivere
Genere: Drammatico, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
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                    Un’angelica melodia”

 

Hogwarts non è mai stata più silenziosa come in questa piovigginosa mattinata primaverile.

L’acqua del Lago Nero, le foglie del parco, le radici degli alberi, l’interno del castello, tutto sembra giacere inerme, vicino e lontano dal tempo in cui la spensieratezza e la serenità avevano reso caratteristico questo paesaggio inglese.

Da lontano si scorge qualche rara figura che entra ed esce dal castello, il tutto sempre circondato da un’atmosfera silenziosa e vagamente malinconica.

Solo da un’alta finestra situata nella parte sud del maniero, si può intravedere una fioca luce accesa da qualcuno, un qualcuno forse spinto da un desiderio di ribellione al tetro paesaggio dell’esterno.

E’ proprio da questa finestra che proviene un leggero motivetto, una melodia angelica e delicata, ma allo stesso tempo intrisa della malinconia che regna padrona a Hogwarts.

Se volessimo avvicinarci a quel suono, attraverseremmo il parco, e osserveremmo da vicino come la mestizia si è addentrata in ogni singola particella del paesaggio, nella corteccia degli alberi, nelle venature delle foglie, nell’infante polline annaffiato sui primi fiori di primavera, nella terra sotto i nostri piedi, nei piccoli granelli di polvere svolazzanti nell’aria umida.

Il richiamo di questo suono aumenta ad ogni passo, la spettacolare melodia inebria le membra, è un qualcosa che difficilmente si prova nella vita quotidiana, ma d’altronde l’esistenza è colma di doni che dobbiamo solo imparare a cogliere al momento giusto.

L’interno del castello non presenta la solita atmosfera gioiosa, non c’è nessuno studente in giro, segno che le lezioni sono state sospese, come comprensibile. Il torneo Tremaghi è terminato da poco, ma ciò che ha portato con sé molto difficilmente sarà presto dimenticato all’interno del maniero.

Ad uno sguardo più attento, però,  qualcuno avrà notato che una figura in movimento c’ è nei corridoi, vestita di un pesante mantello scuro, facilmente mimetizzabile con i muri e gli emblemi neri distribuiti nel castello.

Neville Paciock si muove speditamente, un piccolo abbozzo di goffaggine che nonostante il miglioramento con l’età, lo caratterizza sempre; il viso solcato da una lieve ruga di espressione in fronte. Celermente continua il suo cammino per le scale dell’imponente castello.

E’ preso anche lui da questa melodia, sempre più percepibile all’avvicinarsi all’alta finestra illuminata; la musica sembra provenire da uno strumento a corde, a giudicare dalla grande amplificazione del suono.

Neville continua ad avanzare fino a che la melodia acquista il massimo del volume: essa proviene da una stanza probabilmente in disuso, lasciata socchiusa dall’ignoto musicista.

La voglia di scoprire l’artefice di quel profondo suono, così angelico ma così dannatamente malinconico, è forte, ma il bisogno di sedersi, chiudere le pupille e ascoltare unicamente il canto è ancora più intenso.

La musica scorre inesorabile, come se quel dolce suono avesse il potere di cancellare tutto il dolore che in quei giorni si è addentrato nei cuori di troppe persone, ma allo stesso tempo lo raddoppiasse crudelmente.

Neville non riesce a dare un nome ai contrastanti sentimenti che si agitano nel suo cuore, ma dentro di sé sa che, una volta scoperta questa unica melodia, non riuscirà più a farne a meno.

La musica sembra essere interpretata dai pianti, dai dolori, dalle pene, dalle ingiustizie di quei giorni o forse più in generale dalla vita stessa, che si addentrano prepotentemente nelle membra di chiunque sia dotato di cuore e sentimenti, alternandosi a ricordi felici, creando una confusione tra illusione e realtà, ed insieme ti fanno cadere e rialzare, cadere e rialzare e di nuovo cadere.

Improvvisamente la musica cessa e Neville sembra riscuotersi, sopraggiunto da un sentimento di smarrimento, come se quella musica lo avesse fatto estraniare dal mondo per un lasso di tempo, che fosse di qualche minuto, un’ora, un giorno o più e perdere quella tranquillità gli avesse tolto l’equilibrio per affrontare la realtà che circonda lui e i suoi compagni.

Ora che la musica non ha più nessun potere, Neville decide di occhieggiare nella stanza, bramoso di scoprire l’artefice di quel magico suono.

Si sporge silenziosamente e intravede un antico pianoforte; davanti ad esso, seduta, c’è una ragazza con lunghi e lisci capelli neri, che infondono una deliziosa sensazione di morbidezza.

Neville non distingue chi è la ragazza, ma forse l’identità non è poi così importante come l’improvviso ed inspiegabile bisogno di parlare con lei.

La ragazza si muove impercettibilmente, destata dalla sua quiete forse da un piccolo spostamento d’aria o dalla sensazione di avere un pubblico.

Neville rimane sull’uscio della porta, in attesa forse di qualcosa che neanche lui sa definire, ma, forse è il destino che l’ha voluto, sbatte leggermente la gamba contro lo stipite dell’entrata, provocando un sommesso rumore.

Vede la ragazza muoversi, questa volta percettibilmente, emettendo un lieve sussurro di sorpresa, ma nonostante ciò non si gira del tutto verso il nuovo arrivato.

“Ti prego, scusami, non volevo spaventarti…” pronuncia Neville leggermente rosso in faccia per l’ennesima figuraccia.

La ragazza dai capelli neri stringe le braccia attorno al corpo, come se volesse proteggersi da qualcosa, è spaventata ma è lieta che ci sia qualcuno lì con lei.

Deluso dal non aver ricevuto una risposta dalla giovane, Neville decide di andarsene, forse non doveva neanche arrivarci fin quassù, ma è fermato dalla delicata voce di lei.

“Non andartene… Per favore...” un suono debole, un silenzioso grido di aiuto, emesso dalle labbra della ragazza che ha il potere di colpire Neville.

“Non volevo disturbarti, solo che ho sentito la tua musica e… Non ho saputo resistere, sei bravissima…”.

Neville non può saperlo, ma un debole rossore si è diffuso sul viso troppo pallido della ragazza.

“Grazie, prima d’ora nessuno mi aveva mai sentito suonare, tranne…” la voce della ragazza s’incrina improvvisamente, a quel ricordo.

“Tranne chi?” chiede il ragazzo, troppo sprovveduto per capire il dolore che la risposta le avrebbe portato.

“Lui…ecco, lui non c’è più…” un piccolo singhiozzo esce dalle sue labbra, troppo presa da quel ricordo, per accorgersi della perdita di controllo davanti ad un estraneo.

“Accidenti, scusami di nuovo, non avrei dovuto chiedertelo,  potevo immaginare…” un impacciato Neville borbotta sentite parole di perdono, per non avere riflettuto prima di parlare.

“Non scusarti, come potevi sapere… Solo una cosa ti chiedo, per favore… Non iniziare a trattarmi compassionevolmente, non potrei sopportarlo… Questi giorni ho già dovuto accettare la commiserazione di amici, professori che vorrebbero solo aiutarmi, ma non sanno che così sto solo peggio…  Il fatto è che lui mi manca terribilmente…”.

Questa volta la ragazza inizia a piangere veramente, per la prima volta da quando il destino le ha portato via la persona che le ha cambiato la vita.

E’ un pianto liberatorio, le lacrime scendono copiosamente, felici di abbandonare quegli occhi tristi, dove erano rimaste segregate per troppo tempo, incapaci di uscire.

 

[ Come la pioggia che finalmente scende in terra, dopo giorni e giorni di tempo freddo e nuvoloso]

Un pianto desiderato, col quale finalmente Cho Chang manifesta per la prima volta tutto il dolore che la perdita di Cedric Diggory le ha arrecato.

Ora lei sente di stare meglio, meravigliandosi che sia stato un semplice sconosciuto a riuscire a farle tirare fuori tutte quelle emozioni ed il dolore intrisi in ogni sua particella, quando invece neanche la sua migliore amica ce l’aveva fatta.

Una sensazione di svuotamento impadronisce il corpo di Cho, ora il dolore sembra più sopportabile.

 

]Finalmente le nuvole possono sentirsi libere, per la prima volta dopo tanto.]

Lacrima dopo lacrima.

[Goccia dopo goccia]

Neville è semplicemente stregato da questa misteriosa ragazza.

Dalla sua voce, dai suoi capelli, dalla sua melodia, perfino dal suo pianto, dal quale si percepisce la delicatezza con la quale l’orientale affronta il proprio dolore.

Un pianto troppo silenzioso, potrebbe dire qualcuno, rispetto al grande strazio di Cho, di una ragazza che è stata privata dell’amante troppo presto.

“ Scusami” ripete Neville, con voce bassa, meravigliato di come si sente partecipe del dolore di quella sconosciuta “ so come ci si sente…” farfuglia, come se stesse parlando più a se stesso che con lei.

“Come puoi?” una domanda diretta, imbarazzante, dolorosa, ma ciò che sta succedendo ai due in questo momento va oltre i confini dell’immaginabile.

Si è creata una sorta di sintonia, tra due persone giovanissime alle prese con un qualcosa di troppo grande per loro.

“Io… Ecco… I miei genitori… Non sono morti ma… Non posso più avere contatti con loro…”. Neville chiude gli occhi.

“Cos’è successo?” soffia la ragazza, sorpresa di voler davvero sapere della sorte dei genitori di quel ragazzo, che forse tanto sconosciuto non lo è più.

“Loro… Sono stati torturati da una Mangiamorte…”.  La voce di Neville si incrina per un attimo, il volto leggermente rosso per contrastare le varie emozioni che si stanno ribellando dentro di lui, ansiose di uscire allo scoperto. “ Hanno perso il senno, e non l’hanno più recuperato… Sono ricoverati al San Mungo e quando il professor Silente mi da il permesso vado a trovarli anche durante l’orario scolastico…” finisce il ragazzo, meravigliandosi di non sentire l’imbarazzo come si aspettava invece succedesse.

“ Mi… Mi dispiace. A volte sono così presa dal mio dolore che divento così egoista da non capire che questa guerra sta facendo del male a tutti…” risponde tristemente Cho Chang.

Cade il silenzio tra di loro. Non è uno di quelli imbarazzanti, nei quali ciascuno cerca disperatamente qualcosa da dire ;  il silenzio, anzi, sembra perfetto in un momento come quello.

Come se servisse ad imprimere meglio nella mente le ultime parole della ragazza, fin troppo vere.

“Io… Ho paura…” sussurra Cho.

“ Anch’io… Ho paura che altre disgrazie piombino su di me, sulle persone a me care… Su tutti noi, protagonisti di questa realtà che non abbiamo deciso…” si lascia andare Neville, ormai in completa confidenza con la giovane orientale, che ora ha smesso di piangere.

 “ Io temo tutte le notti ciò che potrei trovare al mattino, ho paura di cosa potrebbe accadere ancora nella mia vita, dopo essere stata privata di lui… Ho paura, paura per i miei genitori, lontani ma terribilmente in pericolo. Siamo tutti in pericolo…”. Un ultimo singhiozzo esce dalle labbra di lei.

I due giovani non si sono ancora guardati in viso, non ne hanno bisogno, semplicemente si stanno rassicurando inconsciamente con le loro voci.

“ Spero solo di avere una possibilità di poter scendere in campo, battermi con colui che ha ammazzato una persona buona, coraggiosa, che non se lo meritava. Spero che il suo cuore, sempre ammesso che lo abbia ancora, provi presto l’atroce sofferenza della morte. Solo in quel momento lui sarà vendicato” conclude la ragazza, conoscendo per la prima volta la fase della rabbia, dopo aver appreso  quella dello smarrimento e del dolore.

“ Tutto ciò che speri, che tutti noi speriamo, avverrà. Te lo prometto. Ci sarà la pace, un giorno, in questo mondo ora distrutto, ma combatterò, combatteremo tutti insieme per permettere ai nostri figli di vivere felici, lontano da tutto questo”.

Neville sembra acquistare un coraggio mai avuto prima: forse l’essere qui, insieme a questa sconosciuta, gli ha fatto capire che non bisogna permettere al male di penetrare crudelmente nelle anime, come fosse un segno di rassegnazione di una vita ormai distrutta, ma bisogna invece combatterlo.

“Nessuno ha il potere di farci abbattere, prepotentemente, senza reagire.  Dobbiamo solo avere la forza di provare a costruire un mondo migliore, per noi, per i nostri figli”.

Questo fu quello che Neville Paciock e Cho Chang scoprirono quella mattina piovigginosa di primavera.

Due sconosciuti, che decisero di rimanere tali.

In fondo non è così importante l’identità di chi, seppur per qualche minuto, ti fa tornare a sorridere, a vivere.

E questo, Neville e Cho non l’avrebbero mai dimenticato.

È la vita con cui abbiamo a che fare. Non la morte. Colui che vede la luce e la conosce, vivrà.  (Bob Marley)



  
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