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Autore: FatallyxFragile    25/07/2011    8 recensioni
Dopo la scomparsa di Stefan, Damon e Elena si ritrovano da soli a dover affrontare qualcosa più grande di loro e che non sanno come gestire. Oltretutto dovranno fare i conti con la scoperta dei sentimenti che nutrono l'uno nei confronti dell'altro e che non riescono a controllare.
Genere: Fluff, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Damon Salvatore, Elena Gilbert
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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FlashBack
Mystic Fall’s, 1852.

-Aspettami, voglio venire con te!-

Il piccolo Stefan Salvatore, stava scendendo a piccoli passi, le rampe di scale della vecchia tenuta dei Salvatore, stringendo le gracili dita sul passamano di marmo, corroso dalla pioggia, per paura di perdere l'equilibrio. Qualche volta, alzava lo sguardo per constatare che Damon non si fosse allontanato troppo dal suo campo visivo. Munendosi di un insolito coraggio, saltò l'ultimo gradino, atterrando con estrema destrezza. Lo stesso Stefan si voltò indietro incredulo per quello che era riuscito a fare, per poi proseguire spedito verso il giardino che Damon stava attraversando di corsa. Perché poi stesse fuggendo, non era ancora riuscito a capirlo. Sapeva solo che voleva raggiungerlo per capire cosa avesse in mente. Lo inseguì, per tutto il tragitto senza perderlo mai di vista, nonostante la distanza fra i due sembrasse abissale. Una volta raggiunta la scuderia, Damon s'intrufolò all'interno e si nascose dietro un cumulo di fieno. Stefan arrestò la corsa proprio davanti quell'enorme casa di legno, dal quale fuoriusciva un odore particolarmente sgradevole. Aveva ancora il fiatone quando con forza, cercò di spostare le assi di legno che erano adagiate all'ingresso.

Chissà chi ci viveva dentro, pensò Stefan.

Trude gli aveva sempre proibito di oltrepassare quella soglia, ma non era mai riuscita a dargli una spiegazione plausibile e del tutto concreta del perché quella struttura fosse così pericolosa. Quando un verso poderoso e stridulo, fuoriuscì dall'interno dell'abitazione, Stefan rilasciò le assi indietreggiando intimorito. Quello doveva essere un mostro. Uno di quei mostri giganteschi che Damon narrava nei suoi racconti prima di addormentarsi. E adesso Damon era entrato per combattere e salvare non solo la sua famiglia, ma l'intera Mystic Fall's. Questa era l'immagine che la fervida fantasia di Stefan, proiettava nella sua mente.

Per Stefan, il fratello maggiore era sempre stato un eroe. Non aveva mai paura di sfidare il padre, di restare fuori casa fino a tarda sera o di dormire senza la luce di una candela che illuminasse la stanza, scacciando via i demoni della notte di cui tanto parlava Giuseppe.

Stefan però era preoccupato, non voleva lasciare il fratello da solo con il mostro, voleva aiutarlo in qualche modo. Si avvicinò nuovamente alle assi di legno e, cercando di fare poco rumore, si abbassò attraversando il piccolo pertugio che aveva creato con tanta fatica. Quando raggiunse l'interno, Stefan si guardò intorno trattenendo il respiro. I mostri erano molti di più di quelli che credeva. Erano enormi e di varie stazze. Uno era nero come la notte, altissimo ma in ottima forma, quello accanto era più basso, ma notevolmente più obeso. Uno in particolare attirò la sua attenzione. Era bianco, e nella penombra della stanza emergeva maggiormente rispetto agli altri. Quando però emise un potente nitrito, Stefan si appiattì contro la parete di mattoni e lentamente si addentrò nel covo del nemico, alla ricerca di Damon, sperando che fosse sopravvissuto. Damon riuscì a scorgere il fratellino dal suo nascondiglio.

-Si può sapere perché mi stai sempre attaccato? Lasciami in pace, non ti voglio fra i piedi...- disse ad alta voce.

Stefan poggiò l'indice sul naso, come a volergli indicare di fare silenzio. Damon alzò un sopracciglio.

-Ti sei fatto seguire come uno stolto, vero?-

Stefan mosse gli ultimi passi incerti prima di gettarsi letteralmente su Damon.

-Ma che fai sei impazzito?-
 
Damon lo spinse.

-Ma ci sono i mostri, se ti metti a parlare così forte ci troveranno- sussurrò allarmato.

-Sei pazzo almeno quanto nostro padre! Di quali mostri parli, questi sono cavalli!-

Stefan si sedette accanto al fratello tirando un sospiro di sollievo. Ma poi, pensandoci bene, non sapeva nemmeno cosa fossero.

-Cos'è un cavallo?- domandò ingenuamente a Damon.

-È un'animale, ma di sicuro è molto più intelligente di te-

-Ne dubito, non mi hanno neanche catturato.-

-I cavalli non catturano gli uomini! Servono per trasportarci in luoghi lontani oppure per andare a caccia...-

-Ahhh, ho capito...- seguì qualche secondo di silenzio, poi aggiunse - e a caccia di cosa?-

Damon ruotò gli occhi sbuffando.

-Dio, quanto parli! Vuoi chiudere il becco!?-

Stefan obbedì, abbassando lo sguardo e portando le gambe al petto. Dopo qualche minuto di silenzio, Damon riuscì a sentire le voci dei servitori poco distanti dalla zona. Sicuramente si erano accorti della sua assenza e Giuseppe aveva ordinato loro di perlustrare ogni angolo remoto della tenuta.

-Ti hanno visto mentre venivi quì?- chiese a Stefan.

Il piccolo Salvatore lo guardò senza proferire parola.

-Puoi parlare adesso!!-

Stefan rispose immediatamente.

-No, ti giuro...papà era impegnato a parlare nel suo studio con degli uomini e Trude stava ripulendo la camera. Non si sono accorti di nulla.- sorrise contento. -ma perché sei scappato?-

-Perché non volevo studiare...-

-Ma papà si arrabbierà!-

-Come se fosse la prima volta... Prova tu a studiare 20 pagine di latino, senza distrazioni, poi ne riparliamo...-

-Io ancora sono piccolo, ho solo 5 anni tu ne hai 9!-

-Lo sò e sei pure stupido!-

Stefan si rattristì.

-Perché mi tratti così? Io ti voglio bene...-

Damon lo guardò negli occhi un pò dispiaciuto per averlo ferito.

-Va bene dai, ti faccio accarezzare fulmine, così siamo pari...-

Stefan tirò indietro le lacrime e sorrise.

-Fulmine è il tuo cavallo?-

-Non proprio...ma lo diventerà- disse Damon avvicinandosi al puledro e sistemandogli la folta criniera nera.

Stefan mantenne le distanze di sicurezza.

-A meno che tu non abbia un braccio estensibile, non vedo come potresti accarezzare fulmine da quella distanza..-

-Ho paura...- disse avvicinandosi timoroso.

-Ma quanto sei fifone!- lo canzonò Damon -Cosa vuoi che ti faccia, ci sono io quì, non ti farebbe del male...-

Stefan si sentiva rassicurato da quelle parole. Infondo aveva Damon, lui l'avrebbe protetto da chiunque avrebbe tentato di fargli del male, anche da quel mostro...o cavallo che sia! Damon lo seguì passo passo mentre si avvicinava, allungandosi sulle punte dei piedi scalzi e poggiando la mano sull’addome del cavallo...più di tanto non riusciva ad arrivare.

-Vedi? Non è successo nulla...- disse Damon osservando il fratellino sorridere felice.

-Aspetta un attimo, vado a controllare che si siano allontanati...- aggiunse, avvicinandosi all’ingresso.

Accadde tutto in pochissimi istanti. Fulmine si alzò da terra reggendosi su gli arti posteriori e scalciando con quelli anteriori. Stefan indietreggiando, cadde a terra, fissando impotente l'ira del cavallo che si dirigeva spedito verso di lui. Damon riuscì a sollevare il fratello e a gettarsi sul fieno appena in tempo, prima che fulmine lo travolgesse in piena. Il cavallo nitrendo era riuscito a spaventare gli altri suoi simili che lo seguirono, distruggendo le assi di legno poste all'ingresso, e dileguandosi nella prateria. Damon rimase attonito per quanto era accaduto in quella frazione di secondi. Non occorse molto tempo, prima che i servitori li raggiunsero e li trascinassero dritti da Giuseppe che li attendeva preoccupato. Una volta raggiunto lo studio del padre, i due ragazzi abbassarono lo sguardo senza fiatare.

-Li abbiamo trovati nelle scuderie, signore. Hanno spaventato i cavalli che sono fuggiti via terrorizzati.-

Giuseppe si alzò dalla poltrona avvicinandosi ai figli.

-Chi è stato?-

Nessuno dei due osava aprire bocca, anche se entrambi sapevano chi era il vero colpevole.

-Sei stato tu, Stefan?-

Il bambino scosse prontamente il capo, impaurito per la rigida punizione che il padre avrebbe inflitto al responsabile.

Giuseppe sorrise accarezzandogli i capelli.

-Certo che non sei stato tu, sei troppo piccolo per avventarti da solo in un luogo del genere.-

Tornando serio, volse lo sguardo severo e autoritario verso l'altro figlio.

-Al contrario Damon è un esperto in questo campo, non è vero?-

Damon alzò lo sguardo quasi a voler sfidare l'autorità del padre

-Non sono stato io!- disse secco.

-Vuoi farmi credere che i cavalli sono fuggiti da soli?-

-No, ma non è colpa mia! Fulmine ha imparato a rispettarmi da quando avevo 5 anni e passavo i miei pomeriggi a giocare in giardino!-

-A rispettarti? E’ un'animale, sono degli esseri inferiori e stupidi, non provano sentimenti! Ed è per questo che li utilizziamo per i nostri interessi..-

-Non è vero, gli animali riescono a provare più emozioni di quanto crediate, padre! E sono addirittura più intelligenti di voi!-

Giuseppe lo schiaffeggiò pesantemente, tanto che la testa di Damon scattò di lato, e la guancia divenne immediatamente rossa.

-Come osi, rivolgerti così a tuo padre.-

Stefan seguì silenziosamente la scena mentre Damon voltò la testa guardando il padre con disprezzo.

-Portatelo di sotto e impartitegli 5 frustate sulla schiena.- disse rivolto ai servitori. Poi, guardando Damon aggiunse -così ci penserai due volte prima di parlare.-

Damon venne accompagnato fuori dalla stanza mentre Stefan, che scalpitava perché lo rilasciassero, venne trattenuto dalle braccia del padre, avvolte intorno alla vita. 

‎-Padre ma non è stato lui, è colpa mia... ti prego non fargli del male...- disse Stefan in lacrime stringendo fra le mani la giacca di stoffa del padre.
 
-Non ha importanza, questo gli servirà da lezione. E vale anche per te! Dovete imparare a rispettare le mie regole, altrimenti correrete incontro a queste severe punizioni...sono stato abbastanza chiaro?-
 
Stefan abbassò il capo sedendosi sulla poltrona mentre il padre riprese la lettura dei documenti lasciati nella scrivania, comodamente seduto sulla sua sedia di legno. Nel silenzio che albergava in quella stanza, Stefan riuscì a sentire chiaramente la frusta scagliarsi contro la carne del fratello. Ma non lo aveva sentito gridare, neanche una volta. Provò ad immaginare il dolore che potesse sentire ad ogni colpo. Almeno fino a quando il silenzio tornò ad aleggiare nella tenuta. I 5 colpi erano stati inferti e adesso Damon stava per essere condotto nella sua stanza. Stefan attese qualche minuto prima di scendere dalla poltrona e chiedere al padre il permesso di tornare in camera sua. Dopo aver ricevuto il consenso, lasciò la stanza correndo immediatamente nella cameretta del fratello. La porta era socchiusa e Stefan entrò senza doversi sforzare per aprirla. Damon era disteso sul letto, con la schiena deturpata rivolta verso l'alto. Non riusciva neanche a scorgere l’espressione del suo viso, poiché era completamente affondato sul cuscino. Trude si era preoccupata di ripulire le ferite con una pezza inumidita di acqua, per alleviare in qualche modo il dolore al povero ragazzo. Stefan si avvicinò lentamente senza fare troppo rumore.
 
-Buonasera signorino Stefan, può avvicinare quella bacinella per favore?-
 
Stefan fece quello che gli era stato chiesto. Voleva in qualche modo contribuire ad aiutare Damon nella guarigione. Trude immerse la pezza dentro l'acqua gelida, strizzandola accuratamente, fino a quando l'acqua assunse un colorito piuttosto acceso. Poi la passò nuovamente sulle ferite aperte e profonde, incurante dei sussulti di Damon per il bruciore che gli provocava. Dopo aver cosparso le ferite con un'erba medicinale in grado di cicatrizzarle in pochi giorni, Trude ripose la pezza dentro la bacinella e diede un bacio sul capo di Damon.
 
-Ho finito signorino, vuole che rimanga con lei stanotte nel caso si sentisse male?-
 
Damon scosse lievemente la testa, senza parlare.
 
-Va bene- disse la domestica. Poi rivolta a Stefan aggiunse sottovoce -chiamami se dovesse peggiorare.-
 
Gli diede un bacio sulla guancia e uscì dalla stanza portando con sé la bacinella ormai ripiena di sangue. Stefan si sedette sul bordo del letto aspettando silenziosamente che Damon si voltasse. Trascorsero secondi, minuti, ma Damon rimase immobile nella stessa posizione iniziale e Stefan cominciò a giocherellare muovendo le gambe penzolanti avanti e indietro contemporaneamente. Alla fine il piccolo salvatore si arrese e parlò per primo.
 
-Damon... Mi dispiace, è tutta colpa mia... Sei arrabbiato con me?-
 
Damon continuò quell'estenuante gioco del silenzio. Stefan era ormai certo di aver perso la fiducia del fratello maggiore per sempre...e la fiducia era l'unica cosa che li legasse... in tutti quegli anni, Damon non aveva mai dimostrato affetto o amore nei suoi confronti. Era sempre stato distante, freddo, scontroso... pensandoci meglio, Stefan ricordò di non averlo mai visto esternare i suoi sentimenti verso qualcuno... forse perché aveva più bisogno di ricevere amore che di donarlo... All'improvviso, Damon alzò la testa voltandola verso il fratello. I ricci neri che, solitamente, contornavano i suoi lineamenti, aderirono sulla fronte sudata, gli occhi ancora lucidi e le palpebre pesanti faticavano a rimanere aperti, gli zigomi, particolarmente rossi, emergevano da un viso pallido e stremato.
 
-Vattene via... lasciami solo...- sussurro tentando di impartire un tono autoritario nella voce debole.
 
-No, voglio rimanere con te...-
 
-Io non ti voglio quì! Non voglio nessuno! Lasciatemi in pace...- disse, e finalmente una lacrima solitaria emerse dalle piccole ciglia che, fino a quel momento, ne avevano ostruito il passaggio.
 
-Vattene via ho detto!!- urlò con la voce spezzata dal pianto.
 
Stefan si alzò immediatamente fuggendo dalla camera e lasciandolo solo come aveva richiesto... o meglio imposto. E proprio quando la porta si richiuse, Damon diede finalmente libero sfogo alle sofferenze a stento contenuta fino a quel momento! Le lacrime scivolarono una dietro l'altra sulle sue guancie, senza una direzione ben precisa... alcune finivano per scontrarsi con le lenzuola del morbido cuscino, altre s'insinuavano sotto la camicia bianca ormai ridotta a brandelli, altre ancora s'intrufolavano fra le calde labbra dischiuse per poi essere inghiottite dalla lingua ad una velocità impressionante. Era a pezzi... in tutti i sensi! Fisicamente e psicologicamente.
 
Non aveva bisogno di nessuno, continuava a ripetergli la sua mente. Ma in realtà c'era solo una persona che avrebbe voluto accanto a sé... quella stessa persona in grado di proteggerlo dal male che lo circondava... dalle tenebre che lo avvolgevano, e da quella sensazione di malessere interiore che lo estraniava sempre di più dalle persone intorno a lui. Solo lei, avrebbe potuto aiutarlo a imboccare la strada giusta, a non farsi dominare dalla rabbia e dall'odio che opprimevano il suo cuore e divoravano lentamente la sua anima. Solo di lei aveva bisogno.
 
Ma lei non c'era più.
 

***

Damon si svegliò di soprassalto dall'incubo che lo aveva assillato per tutta la notte. Alzò di scatto il torace dal letto, ansimando con affanno. Non ricordava cos'era accaduto, perché si fosse risvegliato nella sua tenda dopo quello che era avvenuto la sera precedente. Sapeva benissimo quello che aveva fatto, ma non riusciva a capire chi l'avesse trasportato sul suo letto, dopo essersi assopito al suolo mentre ammirava la luna. Improvvisamente sentì delle labbra poggiarsi sulla sua spalla. Scostò lo sguardo incontrando quello di Katherine.

-Buongiorno campione.- sussurrò Katherine.

Damon si allontanò immediatamente ponendo una doverosa distanza fra loro.

-Che ci fai quì? Cos'è successo?-

Katherine sorrise maliziosamente e, gattonando sul letto, si avvicinò nuovamente a lui, puntando dritta sulle sue labbra.

-Non ricordi?- sussurrò -eppure mi hai detto tante frasi dolci prima di infilarti sotto le lenzuola con me...-

Il suo indice risaliva lungo i tortuosi addominali del bel vampiro, per poi soffermarsi a disegnare qualcosa sul petto. Damon deglutì a fatica voltando il capo di lato, prima che le labbra di Katherine si scontrassero con le sue.

-Non mentire!- rispose prontamente alla sua provocazione -non avrei mai fatto una cosa simile.- le prese la mano allontanandole dal suo torace.

Katherine però non si arrese. Poggiando entrambe le mani sulle sue spalle, si avvicinò all'orecchio sussurrando con voce sensuale:

 -Se vuoi far finta che non sia successo nulla...per me va bene!- Scese a baciargli la guancia -ma io non dimentico mai notti come queste...-

Damon, infastidito, la spinse sul letto afferrandole la gola con una mano.

-Io non sono Stefan! I tuoi trucchetti con me non funzionano...non più. Perciò ti consiglio di non provocarmi e di essere del tutto sincera.- la liberò alzandosi dal letto. -Mi hai riportato tu quì?- chiese.

Katherine si massaggiò il collo arrabbiata,  sedendosi per bene sul materasso.

-Si, ti ho riportato dentro, e tu vaneggiavi! Credevi fossi Elena e non facevi altro che ripetere frasi sdolcinate e smielate. Poi ti sei...addormentato. Contento così?-

-E’ la verità?-

-E’ quello che vuoi sentirti dire!-

-Voglio soltanto che tu sia sincera e onesta, almeno per una vola nella vita...-

Katherine abbassò lo sguardo prima di rispondere sinceramente.

-Ti ho trovato disteso per terra, in preda ad una crisi per quello che avevi fatto a quella donna... ti ho portato dentro, e mentre tu vaneggiavi invocando il nome di Elena, ti ho ripulito il viso sporco di sangue, fino a quando sei sprofondato in un sonno profondo...- lo guardò negli occhi -è questa la verità.-

Damon ricambiò lo sguardo nella speranza di poter cogliere qualcosa di vero nei suoi occhioni castani. E, in effetti, quella versione sembrava la più realistica...se avesse fatto qualcosa con Katherine l'avrebbe di certo ricordato...

-Ti credo... però perché sei sparita ieri pomeriggio?-

-Klaus...-

-Klaus cosa?-

-Sono costretta a passare alcune ore nella sua tenda...-

Damon aggrottò le sopracciglia nere, perplesso sul reale motivo che spingesse Klaus a dedicare giornalmente il suo prezioso tempo alla Petrova.

-Damon... ci sono delle novità che dovresti sapere e....non credo ti piaceranno!-

10 Ore Prima.

‎-Quindi: riassumiamo brevemente quello che devi fare durante la mia assenza...-
 
Caroline seguiva freneticamente Elena che, indaffarata, stava sistemando gli ultimi occorrenti dentro la borsa.
 
-Punto primo: preoccuparti di non entrare da sola nello scantinato. Porta con te Bonnie, con lei sarai al sicuro. È una pur sempre una strega, no? Punto secondo: chiamarmi e tenermi costantemente aggiornata sugli sviluppi riguardanti Stefan. Spero davvero che il tuo piano funzioni e ritorni ad essere lo Stefan che noi tutti conoscevamo e amavamo. Punto terzo: Tieni...-
 
-Tieni d'occhio Jeremy ed evita che si metta nei guai.-
 
La interruppe Caroline terminando la frase al posto suo. Elena la guardò sorridendo.
 
-Molto bene, vedo che hai imparato bene la lezione.-
 
-Già, è praticamente tutta la mattinata che continui a farmi queste raccomandazioni.-
 
-Mi preoccupo per voi, io sarò assente e devo accertarmi che siate ugualmente al sicuro.-
 
-Sta tranquilla, non siamo noi quelle che si stanno avventando in un luogo sconosciuto, alla ricerca di un vampiro che in questo preciso istante potrebbe essere diventato psicologicamente instabile almeno quanto il fratello, grazie alle amorevoli cure di un ibrido di nome Klaus, che ti ha ucciso su un altare sacrificale per diventare l'essere più potente e invincibile del mondo.-
 
Caroline ed Elena si scambiarono delle occhiate fulmine, prima che Elena richiudesse la borsa e si dirigesse spedita sull'auto ferma davanti al vialetto di Casa Gilbert.
 
-Elena, non dimenticarti anche tu di fare attenzione...- aggiunse Caroline mentre l’amica si apprestava a salire in auto sul lato passeggero e abbassava il finestrino.
 
-Sta tranquilla, sono al sicuro. Ho il miglior cacciatore di vampiri con me!- sottolineò quella frase voltandosi verso Alaric.
 
L'uomo alzò un sopracciglio e inarcò l'angolo sinistro della bocca in un sottile quanto ironico sorriso.
 
-Ti ho mai detto che adoro il tuo senso dell'umorismo Elena?-
 
Elena cominciò a ridere e Alaric mise in moto l'auto, pronto a partire.
 
-Mi raccomando Caroline...- ‎
 
-Anche a te, Elena.- riuscirono a dirsi.
 
Poi Alaric fece una leggera pressione sull'acceleratore e l'auto sfrecciò velocemente sull'asfalto. Elena si sedette comodamente sul sedile, godendosi le prime ore del viaggio in tutta serenità al contrario di Alaric che era visibilmente preoccupato per l'attuale stato di salute della ragazza.
 
-Secondo me è una pazzia! Non ti sei ancora ripresa del tutto, Elena. Questo viaggio doveva essere posticipato almeno di un altro giorno.-
 
-Ti assicuro che sto molto meglio... la mia unica priorità in questo momento è di evitare che Damon si riduca nelle stesse condizioni di Stefan. Non voglio che soffra ancora, lo sai-
 
-Ok, va bene. Ma ricordati che se dovessi sentirti di nuovo male non esiterò a cambiare direzione e portarti dritta all'ospedale.-
 
Elena sorrise, voltando lo sguardo fuori dal finestrino ad osservare il paesaggio in movimento. Con il trascorrere delle ore, le vetrine dei negozi e le luci delle case si affievolirono, fino asvanire del tutto, lasciando spazio a strade sterrate, e a una discreta vegetazione dai colori sgargianti e affascinanti. Elena sembrava incantata da tutto ciò che i suoi occhi incontravano lungo il cammino. Dalle foglie che, al loro passaggio, si scuotevano con vigore dai rami degli alberi, dai piccoli fiori gialli che emergevano sull'erba verde e rigogliosa, dal sottile cinguettare degli uccelli in grado di trasmetterle una sensazione interiore di pace e tranquillità. Chiuse per un momento gli occhi, poggiando la testa sulla portiera dell'auto, e lasciandosi cullare dal caldo vento primaverile che le scompigliava i lunghi capelli castani. Erano già abbastanza distanti da Mystic Fall's e l'aria era del tutto priva di smog, era limpida e di un odore particolare, probabilmente dovuto all'erba bagnata dalla pioggia della mattina precedente. Quel temporale che si era abbattuto su di lei, distruggendo tutto quello che, con fatica, aveva cercato di ricostruire in quei mesi. Distruggendo le sue certezze, e il suo cuore. Perché da quando Damon era andato via, si era aperta un'enorme voragine nel suo petto e non aveva avuto la forza di reagire. Era Damon che aveva cambiato il suo mondo, migliorandolo notevolmente. Si era messa in discussione ad ogni passo e Damon le era stato accanto sempre, senza pretendere nulla in cambio. Se non il fatto che fosse felice. Molto probabilmente Damon era l'unico in grado di conoscere cosa fosse il vero amore. Quell'amore che ti fà crescere, rinunciando a tutto ciò che hai di più importante nella tua vita, solo per vedere felice la persona che ami. Con Katherine, Damon aveva rinunciato alla sua umanità, nutrendosi del suo sangue per poter vivere per sempre insieme a lei. Con Elena aveva rinunciato alla sua libertà, convinto di riportare la tranquillità nella sua vita con il ritorno di Stefan. Ma si sbagliava, perché Elena non era disposta a rinunciare a quell'amore che l'aveva resa la donna forte e sicura di sé che era diventa. Adesso era sicura di poterlo amare, di essere in grado di regalargli le stesse emozioni e le stesse sensazioni che aveva provato lei ogni volta che stavano insieme. Non avrebbe permesso a nessun'altro di farlo soffrire.
 
Mentre era sovrappensiero si accorse che Alaric aveva gradualmente rallentato la velocità, fino ad arrestare completamente la corsa.
 
-Che succede?- chiese Elena preoccupata.
 
Alaric non distolse lo sguardo dal cadavere posto sul ciglio della strada.
 
-A quanto pare, abbiamo quasi raggiunto la metà. Da un'occhiata!-
 
Elena rimase sbalordita perla visione sconcertante che si ritrovò davanti. Sembrava davvero che fosse stato ucciso. Elena e Alaric scesero contemporaneamente dall'auto avvicinandosi al corpo senza vita, di quella che a prima vista poteva sembrare una vittima. E invece l'uomo si alzò aggredendo Alaric e scaraventando Elena contro l'auto, facendogli perdere i sensi. Altri vampiri uscirono dai loro nascondigli, trascinando con sé i corpi dei due avventurieri nel loro covo e liberandosi dell'auto per occultare le prove.
 

***

-No, non può essere vero..-
 
Damon s’infilò immediatamente la maglietta nera, pronto a setacciare ogni angolo remoto della zona. La rivelazione di Katherine lo aveva allarmato, non riusciva ad assimilare il racconto narrato solo pochi secondi fa.
 
-E’ così, Damon. Li hanno trovati questa mattina, ma non so dove li abbiano portati...probabilmente sono già stati uccisi.-
 
Damon uscì immediatamente dalla tenda guardandosi attorno. Cercò di affinare l’udito per captare la voce di Elena, o anche solo qualche frase sconnessa che gli avrebbe permesso di individuarli. Riuscì indistintamente a sentire l’urlo di Elena provenire dalla tenda di Bryan, il vampiro con cui aveva avuto uno scontro la sera precedente. Rapidamente s’inoltrò all’interno dell’alloggio del vampiro che si era avventato su Elena pronto a morderla. Damon lo agguantò per la gola stringendo le unghie nella carne che prese a sanguinare. Poi lo scaraventò fuori dalla tenda e si avvicinò a lui con passi felpati e uno sguardo carico di rabbia per quello che aveva osato fare verso la donna che ama.
 
-Se provi anche solo a sfiorarla con un dito, ti massacro, ti torturo, ti strappo via il cuore con le mie stesse mani, chiaro?-
 
Elena, Katherine, Klaus e tutti gli altri vampiri si precipitarono fuori dalle loro tende cercando di assimilare quello che stava accadendo.
 
Bryan si rialzò, pronto a farla pagare allo stesso vampiro che per ben due volte lo aveva messo in ridicolo di fronte a tutti. La situazione sembrava essere davvero pericolosa. Damon non riusciva più a ragionare razionalmente, aveva perso il controllo divorato dall’ira e dalle tenebre che si erano nuovamente insinuate dentro di lui. Un conflitto letale stava per iniziare.
   
 
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