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Promessa
Tifa Lockhart
fermò la volante accanto al viale d’accesso di una casa a due
piani che fino a un paio di mesi prima recava un cartello con la scritta Vendesi. Era una villetta sobria ma
elegante, in un quartiere in vista, solo due strade più in là
rispetto a un ristorante Ienzo. Mise il cambio in
folle e la indicò al suo passeggero.
«La casa è
quella. L’abbiamo trovata senza problemi.»
Il viso del giovane si
rifletteva sul finestrino. Tifa vide l’emozione e il sentimento nei suoi
occhi verdi prima ancora che si voltasse verso di lei.
«Non so come
ringraziarla. Invitarla a cena fuori sarebbe troppo poco.»
Tifa scoppiò a
ridere.
«Soprattutto
considerando le tue attuali finanze.» Scosse la testa. «Per ora mi
basta saperti là dentro, chiaro?»
«Chiaro.» Il
ragazzo annuì, sganciò la cintura di sicurezza e aprì la
portiera. «Grazie ancora, tenente, per tutto quanto.»
La donna sorrise,
guardandolo scendere dalla macchina. «Grazie a te.»
Sorpreso, lui tenne lo
sportello aperto e si chinò a guardarla. «Per quale motivo?»
«Per avermi
ricordato cosa significa l’uniforme che porto.»
Demyx ricambiò il
sorriso. Fece un cenno di saluto con la mano, chiuse la portiera e si
allontanò lungo il viale.
Tifa lo osservò
ancora per un solo istante. Alla fine innestò la prima, fece scattare la
freccia a sinistra e s’immise di nuovo in strada. Non riusciva a smettere
di sorridere.
Erano le storie come
quella, ciò per cui valeva davvero la pena di fare quel mestiere.
* * *
Ascoltando l’allontanarsi della macchina
della polizia fuori servizio, Demyx sollevò lo
sguardo sulla villetta bianca e si ripeté la parola che gli aveva
cambiato tutto, che gli aveva permesso di essere lì quel giorno.
Assolto.
Per un attimo rivide
nella mente il momento in cui si era ritrovato a dirle la verità: chi era diventato, che cosa era stato negli
ultimi anni, quel che aveva fatto – e per chi – dalla fuga fino al
risveglio, e ciò cui sarebbe andato incontro. Rivide due occhi chiari
farsi lucidi, prima che lei si
stringesse a lui senza parlare.
Aveva avuto così
tanta paura che lo odiasse che, in quel momento, quell’abbraccio gli era
sembrato il più bel regalo del mondo.
Ma adesso c’era
un’altra svolta...
Alle immagini dei suoi
pensieri si sovrappose la vista presente del cancello in ferro battuto che delimitava
il confine della casa e di un mondo a parte. Si fermò, cercò con
gli occhi il citofono e premette un pulsante.
Qualche secondo dopo,
una voce femminile e sconosciuta gli chiese chi fosse.
«Buongiorno,
signora. Mi chiamo Demyx. Mi rincresce disturbare
così presto, ma ho urgente bisogno di parlare con sua figlia.»
Nonostante la lieve
esitazione con cui aveva pronunciato l’ultima parola, dovette ammettere
– con un po’ di amarezza – che il vecchio Marluxia
sarebbe stato ancora una volta fiero delle sue doti oratorie.
La donna all’altra
parte dell’apparecchio parve rifletterci su.
«Mia
figlia?» Un breve silenzio. «Posso chiederti il motivo di tanta...
urgenza, caro?»
Demyx sorrise. «Le ho
fatto una promessa.»
Un’altra pausa
dubbiosa. Poi una concessione che valeva un riscatto.
«Va bene. Un
secondo.»
La voce si spense. Demyx sospirò, intrecciando le dita alle sbarre del
cancello. Un secondo poteva fare una differenza infinita.
Chiuse gli occhi,
appoggiò la fronte al ferro gelido e tornò indietro, ancora.
«Non
voglio che mi lasci di nuovo» gli aveva detto a bassa voce, su quel
divano, mentre lui le accarezzava i capelli – come da bambini.
«Lo
so» le aveva risposto, «non lo voglio neanch’io...»
Uno scatto improvviso,
metallico, lo richiamò al presente; il cancello si dischiuse e lui perse
l’equilibrio. Si raddrizzò e, superando la confusione, fece
qualche passo nel vialetto che attraversava un giardino verdeggiante e curato.
Non arrivò
neppure a metà.
La porta
d’ingresso si spalancò di colpo; una figurina scura si
materializzò sul portico, volò giù per i gradini e gli
corse incontro.
Demyx ebbe solo il tempo di
sollevare le braccia: lei lo stava
già abbracciando. Sorridendo, il ragazzo ricambiò forte la
stretta e le sussurrò all’orecchio quella parola che aveva segnato
la fine e l’inizio.
Assolto.
La ragazzina dai capelli
neri pianse e rise insieme, stringendolo ancora di più. Sembrava che non
avesse mai provato tanta gioia in vita sua – nemmeno il giorno in cui si
erano ritrovati.
«Non sparire
più» gli mormorò.
Demyx si ritrasse, le
baciò la fronte, il naso, le guance, l’abbracciò di nuovo.
«Promesso.»
Sul portico c’era
una donna bionda, con gli occhi gentili, che assisteva stupita alla scena.
Piangeva anche lei.
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Non potevo lasciare in sospeso il
ricongiungimento tra Demyx e la ragazzina misteriosa
del suo passato. Tenete bene a mente questi due: si sarà ancora da
parlare di loro.
Perdonatemi se non mi dilungo, ma la mia
connessione è kaputt e sto
aggiornando clandestinamente da un altro pc xD Vi ringrazio tutti comunque di seguirmi ancora!
Aya ~