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Autore: pandacattivo    26/07/2011    4 recensioni
Questa storia partecipa al concorso one-shot dell'estate!
"Per un attimo pensai di lasciarmi andare, semplicemente. Di non lottare con l’acqua e fare si che lei mi inghiottisse. Meglio lei che i ricordi. Meglio lei che il mio amore. Ma quando sentii il sole sul mio viso, il profumo di lavanda e le onde leggere che si infrangevano sul mio corpo refrigerandolo, non me la sentii di lasciarmi affogare. Non in quel paradiso. "
[James/Dominique]
Genere: Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, James Sirius Potter
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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La Francia d'estate.






La Francia d’estate non era male. Mi sedetti alla scrivania della mia camera color verde mela. Dalla finestra potevo vedere l'immenso campo di lavanda al centro del quale mia zia Gabrielle aveva costruito quella graziosa villetta. L'odore della pianta mi riempiva le narici ed il cuore, mentre una leggera brezza smuoveva gli steli violacei, creando delle piccole onde asimmetriche. In lontananza il mare si stagliava con la sua immensità. Davanti a me vedevo solo lillà e blu, il cielo e la terra che si mescolavano in una meravigliosa tavolozza di colori pastello. Dei gabbiani poco distanti volavano liberi e felici, si stagliavano come adroni indiscussi del cielo. Nemmeno una nuvola li disturbava, il quella giornata estiva. Il cielo era sgombro, era il loro regno privato. Mi domandai come fosse, poter volare così, senza pensieri, senza nessuna preoccupazione. Mi chiesi come fosse vivere la libertà. Sentirla nelle proprie vene, mentre ti accarezza le piume, mentre ti fa spiegare le ali per raggiungere la tua prossima meta. Io non ero mai riuscita a volare. Riabbassai lo sguardo verso al terra a cui ero incatenata e notai che alla mia sinistra intravedevo anche un olivo solitario, una pianta antica come la mia tristezza. Doveva essere lì da decenni, forse anche più. Era prigioniera anche lei di quel suolo? Portava anche lei delle pesanti catene che la ancoravano al suo posto, che le ricordavano giorno dopo giorno quale era il suo dovere? Per quanto quella pianta mi facesse pena - la stessa pena che provavo per me stessa -, dovevo ammettere che era la perfetta coronazione di quel quadretto rurale. Mi sentivo sprofondata nell'antica Arcadia, nell'epoca d'oro in cui i contadini giravano nudi, suonando i loro flauti rudimentali, amando senza costrizioni. Ma tutto era solo una finta. Io avevo addosso dei vestiti, non sapevo suonare nessuno strumento musicale ed, infine, non potevo amare. Non chi avrei voluto. E quel paesaggio idilliaco mi faceva ricordare giorno dopo giorno che era tutto falso. I gabbiani, la lavanda, l'ulivo solitario...tutto era perfetto, ma ingannevole. quel posto poteva sembrare il Paradiso, ma io lo sentivo sulla mia pelle che invece era l'Inferno. Il mio Inferno personale. Perchè lui non era con me e perchè io mi ero rinchiusa da sola in quella ingannevole perfezione in scatola. Distolsi lo sguardo dalla finestra e tirai le tendine di pizzo bianco. Cosa stavo facendo? Non lo sapevo neppure io. Mi sentivo sciocca, mi apparivo sempre più instabile mentalmente. Quel posto era meraviglioso, quel posto era un vero paradiso terrestre. Dovevo iniziare a pensare positivo, sforzarmi di fare ciò per cui mi ero recata in Francia: vivere senza di lui. per quanto l'idea non mi piacesse uscii dalla mia camera per la prima volta da quando avevo messo piede sul suolo francese, esattamente 3 giorni prima.

Scesi le scale con circospezione stando attenta a non fare troppo rumore. Avevo paura che un gradino scricchiolasse, che tutto quell'oceano di silenzio si infrangesse per colpa mia. Quando raggiunsi il soggiorno sentii un fortissimo odore di biscotti appena sfornati. Di quelli grossi, pieni di burro e calorie. Di quelli che ti sogni la notte, con le piccole gocce di cioccolato incastonate in essi. Seguii la scia del profumo ed entrai nella piccola cucina di mia zia. La trovai con la bacchetta in mano mentre con vari incantesimi rimetteva tutto in ordine. Era un piacere vederla così, spensierata e felice, sola, ma con un enorme sorriso stampato in viso.
Mi assomigliava mia zia Gabrielle. Avevamo gli stessi lunghi capelli biondi ondulati, gli occhi enormi e trasparenti come il ghiaccio. Io ero leggermente più alta di lei, ma avevamo lo stesso fisico esile come un giunco. L'unica lampante differenza tra noi due era il naso. Mentre il mio era piccolo e leggermente all'insù, quello di mia zia era forse leggermente troppo grosso per il suo piccolo viso a forma di cuore. Inoltre il suo non aveva la  tipica spruzzata di lentiggini alla Weasley, l'unica cosa che avevo effettivamente ereditato da mio padre.
"Ti sei decisa a venire fuori dalla tua camera, alla fine!" esclamò la donna, posando la bacchetta sul tavolo della cucina e dandosi una sistemata ai capelli.
"Non potevo perdermi i tuoi biscotti appena sfornati." dissi, facendo un sorriso tirato.
Mi porse un vassoio con quelle piccole delizie. Afferrai una di quelle meraviglie in miniatura e le detti un morso a cuor leggero. Non avrei dovuto farlo...




"Nicky cosa stai sfornando?" fece una voce alle mie spalle.
"Biscotti che tu non mangerai, Jim..."
"Perfida."
"Grazie mille." risposi secca, sperando che lui non si avvicinasse.
Ma lui lo fece. Perchè era un testardo, perchè sapeva come sarebbe andata a finire e non vedeva l'ora. Era il suo modo di fare, era come pensava e come agiva. Sempre il contrario di quello che volevo io. Oppure, lui faceva semplicemente quello che era giusto, ciò che anche io avrei voluto fare, ma che mi negavo giorno dopo giorno. Forse era per quel motivo che lo adoravo. Mi faceva fare quello che desideravo, mi  faceva diventare la persona voluto essere. James mi faceva sentire vera e libera.
Sentii il suo respiro sul mio collo, poi le sue labbra si posarono lievi sulla mia pelle. Si soffermò più del dovuto, provocandomi dei brividi freddi lungo tutta la spina dorsale. Chiusi momentaneamente gli occhi mentre lui continuava a lasciare baci sulla mia spalla. Quando interruppe il contatto ero così avvolta nelle mie emozioni che quasi non me ne resi conto.
"Adesso me lo merito un biscotto?" sussurrò.
Lo imboccai come un bambino piccolo, lasciando che lui leccasse la punta delle mie dita. Poi lui fece lo stesso. Con la bocca impastata di burro e cioccolata si avvicinò a me. in un attimo di lucidità improvvisa, lo bloccai, fissandolo, scrutandolo nel profondo dell'anima.
"James, cosa stiamo facendo?"  soffiai con l'ultimo filo di voce che mi era rimasto.
"Non so cosa stai facendo tu, Nicky...ma io ti sto per baciare..." rispose lui, prima di imprigionarmi tra le sue labbra che sapevano di biscotti, amore e speranza.


 

Buttai giù il biscotto, insieme a quel ricordo che mi lasciò un sapore amaro in bocca, difficile da lavare via. Mi scusai velocemente con mia zia e corsi fuori dalla casa. In un attimo mi ritrovi immersa in quella distesa violacea che era il campo di lavanda. L'odore era fortissimo, denso come il dolore. Si insinuava in me, senza lasciarmi scampo. Vedevo lillà ovunque, mi sentivo in trappola, circondata. L'unica via di fuga era il mare. Iniziai a correre senza prendere fiato, cercando di non pensare al fatto che faceva caldo, al fatto che ero scalza e i miei piedi dolevano di più ad ogni passo che compievo.
Speravo che correndo i ricordi mi avrebbero abbandonata, che avrebbero smesso di cacciarmi come se fossi la loro preda preferita. Ma non lo fecero. Presero ad inseguirmi con sempre più foga, assalendomi con la loro violenza. Con il sole alto nel cielo mi trovai inginocchiata in terra a piangere lacrime amare come la vita. James che sorrideva nella mia mente ed un passato che non riuscivo a sopportare.
 
 
Scesi l’ultima scalinata prima di arrivare alla Sala Grande con le ginocchia che tremavano e gli occhi fissi su James. La maschera che portava copriva il suo meraviglioso volto e i capelli biondi lo rendevano irriconoscibile. Seppi che era lui solo da i suoi occhi nocciola che mi mangiavano mentre scendevo l’ultimo grandino. Lui mi afferrò la mano con delicatezza e la baciò come se fosse la cosa più rara del mondo. Era il primo contatto in pubblico che ci permettevamo, era la prima volta che osavamo sfiorarci davanti ad altri occhi oltre che i nostri. Portavo una maschera, ma in quel momento mi sentii più me stessa che mai prima di allora. Mi coprivo per svelare al mondo ciò che veramente ero e James lo faceva con me.
“Sei meravigliosa…” disse semplicemente, senza lasciare la mia mano, ma anzi, stringendola più forte.
“In realtà questi capelli neri non mi piac…” mi zittì con un bacio. Davanti a tutti. Per un attimo ebbi la paura di essere scoperta, che qualcuno ci riconoscesse. Ma quando incontrai i suoi occhi mi sentii al sicuro. Se anche fosse successo qualcosa, quella notte, lui sarebbe rimasto con me. Non avevo bisogno di altro.
Entrammo nella Sala Grande e iniziammo a ballare. Mi strinsi forte a lui, mi immersi tra le sue braccia e mi sentii felice come non mai. Per un paio d’ore non dovetti fingere, recitare una parte che non mi si addiceva. Per un paio d’ore James mi fece sentire viva come non mai. Ma sapevamo entrambi che non sarebbe durato per sempre. Che era solo un’illusione di felicità. Finita quella serata ci saremmo tolti quelle maschere luccicati, per indossarne altre di cera, pesanti come macigni e non più tollerabili. Sapevamo di essere arrivati al limite, che il nostro amore ci stava spingendo troppo in là. Ma fingemmo di non accorgersi, mentre la pista da ballo si svuotava e noi rimanemmo l’ultima coppia a cullarsi con le dolci note del coro.
 
 
Faceva troppo caldo, stavo scoppiando. Sentivo la testa pulsare ed ebbi paura che il cranio stesse per esplodere. Ma dovevo continuare a scappare, a correre lontano da quei ricordi che altrimenti mi avrebbero divorata. Iniziai ad annaspare, mentre il mare si faceva sempre più vicino ed io mi accorgevo che in realtà non era una via di fuga. Era solo l’ennesimo scoglio, un altro stupido muro impenetrabile. James, cosa ho fatto? Perché sono scappata qua? Cosa speravo di trovare?
Non trovavo più risposte a nulla, mentre continuavo a correre verso quella macchia scura che era il Mar Mediterraneo. Ma il mio passato fu più veloce di me e, mentre mi ferivo i piedi sugli scogli che mi separavano dall’acqua, mi colpì dritto al cuore. Il ricordo più lacerante di tutti mi colpì in pieno, nel preciso istante in cui mi tuffai.
 
 
“Nicky non te ne puoi andare così…non puoi!” urlò James, devastato. Mi guardava con quegli occhi enormi, più marroni del miglior cedro del Libano, più profondi di qualsiasi pozzo. Quegli occhi mi stavano uccidendo.
“Jim è finita, fattene una ragione!” urlai dilaniata dai miei stessi sentimenti. Ero distrutta ed anche James lo era. Ci eravamo spinti troppo oltre. Avevamo preteso che il nostro amore potesse bastare, ma non ci eravamo accorti che ci stavamo consumando a vicenda. Stavamo bruciando lentamente uno accanto all’altro, incapaci di reagire, troppo persi nell’illusione che potesse funzionare. Avevamo vissuto una menzogna e adesso era troppo tardi. Non c’era più nulla da fare.
“Non è finita…noi possiamo farcela, lo supereremo…”
“Sono gli altri che non possono farcela, Jim! Non hanno mai capito e mai capiranno!” sputai, liberandomi degli spettri che mi avevano divorata per nottata intere. Ci avevano scoperti, nudi ed indifesi, e ci avevano attaccati. I nostri parenti non avevano retto all’impatto, non erano stati abbastanza forti. E cadendo loro, eravamo caduti anche noi. Il nostro amore aveva corroso troppo, non potevamo più stare in piedi . La pressione era troppa, il dolore immenso. Ci eravamo ritrovati come due pellegrini in un deserto, soli ed assetati. E adesso ci stavamo divorando a vicenda.
“Ma io ti amo…” sussurrò James, senza più maschere, senza più orgoglio. Le sue lacrime mi fecero morire.
“Io no.” Dissi, chiamando a me le uniche forze che mi erano rimaste. Mi smaterializzai sperando che quelle mie ultime parole avessero ferito James nel profondo, che lo avessero svegliato dal sogno in cui avevamo preteso di vivere. Sperai che mentire fosse la cosa giusta per assicurargli una vita vera. Una vita senza di me.
 
 
Riemersi a galla boccheggiando. Per un attimo pensai di lasciarmi andare, semplicemente. Di non lottare con l’acqua e fare si che lei mi inghiottisse. Meglio lei che i ricordi. Meglio lei che il mio amore. Ma quando sentii il sole sul mio viso, il profumo di lavanda e le onde leggere che si infrangevano sul mio corpo refrigerandolo, non me la sentii di lasciarmi affogare. Non in quel paradiso. Rimasi in acqua, cercando di riprendere il controllo di me stessa, della mia vita. Avevo lasciato James per assicurargli un futuro migliore. Era stata la scelta giusta, dovevo farlo. Arrivai alla conclusione che sarebbe stata dura, che tutto sarebbe stato contro di me. Che forse non lo avrei mai scordato e che sarebbe rimasto per sempre nel mio cuore. Ma capii che ne valeva la pena. Perché pur di rendere la vita di James migliore, io avrei fatto qualsiasi cosa. Chiusi gli occhi lasciando che l’acqua mi cullasse ed il sole scaldasse il mio corpo.
No, alla fin fine la Francia d’estate non era male.

   
 
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