(Prima che iniziate a leggere, vorrei informarvi che sì, questa è la storia che avete letto fino ad ora. Questo capitolo sarà diverso rispetto agli altri, perché sarà scritto in prima persona, tuttavia il nono capitolo sarà nuovamente scritto in terza persona.)
~
Sono
un uomo peccaminoso, se prendiamo l'accidia come un reale peccato,
quindi pochi giorni prima ero comodamente seduto sul vecchio divano
del mio appartamento – sì quello che tempo prima
condividevo con
Isabella – quando accesi un computer comprato quello stesso
giorno
e iniziai a giocare a The Sims (creai Meredith, era praticamente
identica, ma non stiamo parlando di questo, giusto?). Mentre Robert
sedeva al mio fianco e giocava al nuovo Nintendo 3DS, e Lucas si
arrampicava su di me per guardare Philadelphia ridursi ad un insieme
di strade senza senso dal minuscono finestrino dell'aereo, ripensai a
come quegli esserini fatti di pixel ci assomigliano. Siamo stati
tutti creati dai nostri genitori, quando loro non possono
più
comandarci cosa fare, però, sono altre le cose che ci
guidano; non
sto parlando di un dio, o di una fede in particolare, perché
una
persona potrebbe agire anche in nome della scienza e della medicina,
di un hobby o di un'aspirazione. Tutti abbiamo un obiettivo nella
vita, altrimenti ci ritroveremo a fare la pipì nei nostri
pantaloni
fuori dalla piscina comunale di Sunset Valley.
Nella mia testa,
pensieri come questo si sono sempre sovrastati, si prendevano a pugni
per la posizione del più importante, del più
urgente, del più
ricordato, del più rimandato,... Forse è per
questo che la mia
espressione è sempre la stessa, uguale, immutabile da quando
ero
adolescente, cioè da quando ho capito che volevo scrivere e
che per
farlo serviva pensare. Perfino in quel momento, con Matthew e Olivia
nelle poltrone di fronte e me stesso costipato contro il finestrino,
la mia testa cercava di vagare lontano mentre con sguardo perso
osservavo il paesaggio scorrere sotto di me come un film di due ore
visto in cinque minuti.
Ero di nuovo vittima di un'azzuffata,
infine prevalse uno strano pensiero, cioè che molte persone
credono
che saranno salvi fin quando il loro cane abbaierà a ogni
sconosciuto che entra in casa così, se per caso un assassino
tenterà
di ammazzarli nel sonno, almeno il loro cane li avrà
svegliati prima
in un modo orribile. Poi però vengono fregati da
telefilm/film/libri
gialli e polizieschi che tirano a caso una percentuale, e che
dicono:"Si, bhe, ma il 78,6% degli assassini è una persona
conosciuta", e si rimane fregati da queste piccole cose. Ma
allora, la sicurezza, dove sta? Magari rimanendo tutto il giorno
seduti in casa, senza parenti o amici stretti, sarà il tuo
stesso
cane ad ammazzarti nel sonno.
Lo so, in quel momento sarei dovuto
scendere dall'aereo, tornare a Philadelphia e riprendere i contatti
con il terapista, ma che volete farci?
Ormai
volavamo da un'ora. Il tempo passava veloce tra pensieri inutili
rimasti segregati a lungo in un angolo della mente o idee peccaminose
riguardanti Meredith e una lattina di panna spray, però
forse non
troppo veloce da isolarmi dai continui commenti di Olivia su quanto
sia stato egoistico da parte mia pretendere il viaggio in "economico"
invece della prima classe pagata da lei. Il servizio non era
abbastanza veloce, il cibo abbastanza buono o la poltrona abbastanza
comoda; fortuna che c'erano i figli a distrarla un po'. Matthew
intanto doveva sorbirsi anche le lamentele di un uomo sulla moglie
che aveva partorito dall'altra parte del Paese, come se l'avesse
fatto apposta. Era un tizio sulla quarantina e quando si
alzò per
andare in bagno notai che, seppur fosse alto il suo metro e sessanta,
le braccia e le gambe poco più corte della norma lo facevano
sembrare affetto da nanismo, il che mi aveva fatto immaginare una
moglie snella e graziosa dalla la pelle candida.
«Zio Peter,
perché le persone si sono trasfigurate in
formiche?» mi sussurrò
Lucas all'orecchio mentre accostava alla bocca una mano a coppa.
Sperai che Robert non gli avesse davvero fatto leggere Harry Potter
come promesso da lui sotto forma di minaccia, ma la conversazione
andò via via peggiorando. «Non posso parlare
davanti a questi
Babbani, ma ora i maghi possono smetterla di nascondersi da
Voldemort" e mormorò il nome di Voi-Sapete-Chi con tono
fiero.
«Harry ha ucciso gli Orcuc anni fa!».
«Si dice Horcrux, non ti
ho imparato nulla?» sibilò in tutta risposta
Robert che stava
alzando gli occhi dopo tanto tempo dal nuovo DS sul cui schermo
volteggiavano coriandoli per il primo posto guadagnato da
Luigi.
«Lucas...» iniziai prendendolo in braccio e
facendolo
sedere sulle mie gambe. I genitori erano occupati e io dovevo fare il
possibile per addolcire la pillola. Insomma, mi sembrava di
distruggere un mito come Babbo Natale! «I maghi...»
sospirai. Forse
non c'era soluzione. «Hai presente quando nei libri si parla
spesso
di Purosangue e di come gli umani servano per la procreazione anche
se creano Mezzosangue o maghi Nati Babbani?»
«Cosa significa
procreazione?» chiese cercando inutilmente di scompigliarmi i
capelli impregnati di gel, con l'unico fine di sporcarsi le mani e di
fiondarsi poi da Olivia. Comunque, feci finta di nulla e andai
avanti; anche se non stava ascoltando – cosa che giocava a
mio
favore – non potevano certo accusarmi di farlo vivere nelle
favole.
Insomma, almeno c'avevo provato.
«Ecco... imaghisonoestinti»
sbottai tutto insieme e, con mio enorme piacere, Lucas era ancora
tutto preso dalla mia capigliatura e provava, con lo sguardo fisso e
la bocca leggermente socchiusa in una smorfia di concentrazione, a
ricreare una perfetta cresta stile punk.
Il risultato, constatai
accompagnandolo in bagno a pulirsi le mani, era niente male. La
cresta però mi stava da schifo. Ma deludere il bimbo era
l'ultimo
dei miei obiettivi, perciò lasciai i capelli così
com'erano e
tornai sulla poltrona fieramente, poi riallacciai la cintura a Lucas
sul suo posto e tornai al mio.
Il viaggio fu... normale.
Esiste un viaggio normale? Non ne ho idea e di
sicuro non devo
preoccuparmene ora che sto semplicemente qui a scrivere questo
racconto in modo davvero poco formale. Non credo che lo
pubblicherò
mai sotto questa forma, ma chi lo sa... magari sono davvero un
pessimo scrittore come sostiene il mio agente. Che dite, sto
divagando? Mha.
Olivia aveva finalmente smesso di sbraitare (a
proposito, dopo la piccola conversazione quella notte a casa sua,
tutto è tornato alla normalità per mio grande
piacere) e aveva
iniziato a comportarsi da madre. Con una mano occupata dal beauty
case e l'altra stretta in quella del più piccolo dei Ford,
non era
nulla a confronto con Matthew che portava la valigia della moglie, la
propria, e quella più piccola dei ragazzi. Ovviamente quello
era un
loro compito, quindi io mi limitai a trasportare soltanto il mio
borsone mentre seguivo Robert a passo lento, ancora impegnato in una
sfida a squadre a Mario Kart, e non chiedetemi come ho fatto a
indovinare il nome del gioco perché non ho intenzione di
rivelarlo.
Ho però un punto bonus – perché state
contando i punti, credo,
visto che ora mi credete tutti un bastardo egocentrico –: ho
dovuto
pagare la macchina in affitto e caricarci su tutti i bagagli.
Già,
lo so, sono un vero gentiluomo quando voglio.
Per l'hotel avevo
ascoltato Olivia, quindi assomigliava molto all'ultimo in cui ero
stato: hall gigantesca, ristorante enorme, sala conferenze, sala
video, millemila stanze, suite e così via... ma se volete
continuo.
Da piccolo immaginavo che avrei iniziato a lavorare in un hotel di
lusso e la cosa non mi dispiaceva affatto: avrei avuto finalmente
modo di osservare persone che non fossero bambini della mia stessa
età. Purtroppo questo sogno è scomparso con un
sonoro "Puff"
quando ho letto il mio primo libro di Wilde.
Ero praticamente
rimasto immobile davanti al bancone dell'entrata, con lo sguardo
congelato sulla chiave della suite all'ultimo piano.
«Io prendo
quella» dissi indicandola, senza neanche accertarmi che
l'uomo
dietro al bancone mi stesse realmente ascoltando. Dio, era passato
troppo tempo dall'ultima volta che avevo dormito in un attico!
«Peter, cosa diavolo stai dicendo? Abbiamo già
prenotato, non
puoi aspettarti che tutto d'un tratto un uomo ti ceda la sua
stanza»
mi sbottò Olivia acida come sempre. Dire che la detesto
è poco,
farò di tutto quindi per farla sembrare una iena. Mpf.
«In
verità,» iniziò il receptionist posando
lo sguardo su di me con
aria compiaciuta, «l'attico è attualmente libero.
Se vuole darmi la
carta di credito, signore...» disse l'uomo continuando a
ignorare il
piede di Mrs Ford che continuava a battere ripetutamente sul
pavimento.
Guardai sorridente Olivia, poi Matthew che mi guardava
come se al mio posto ci fosse stato Robert, e che avessi appena
rovesciato a terra una bottiglia di ottimo whisky invecchiato. Bhe,
forse è un brutto esempio, perché a quel punto mi
sarei
rimproverato da solo. In quel momento, però, poco
m'importava della
stanza al quinto piano già prenotata.
Fui accompagnato dal
facchino che portava il mio borsone e che, una volta arrivato
all'ultimo piano, mi mostrò la stanza in modo dettagliato.
Era, se
possibile, più grande di quella al Plaza di Philadelphia. Vi
si
accedeva direttamente dall'ascensore e all'entrava si veniva colpiti
dalla luce diretta del sole che penetrava dalla vetrata che prendeva
il posto del solito muro.
Il ragazzo poggiò il borsone in una
stanza a destra con la porta a due ante, poi si piazzò di
fronte a
me e, senza voltarsi, battè due volte le mani. Il muro alternativo
fu oscurato completamente da delle tende nere, probabilmente di seta.
«Piuttosto fico, eh?» commentò divertito.
«Già, piuttosto
fico». In realtà non lo trovavo molto fico visto
che non riuscivo a
vedere assolutamente nulla e non conoscevo la stanza, ma sono
dettagli. Altri due battiti e la luce tornò costringendomi a
chiudere gli occhi per un minuto.
«L'effetto può colpire, se
capisce cosa intendo». Continuava a ridere. Forse gli ormoni
da
adolescente non aiutavano; probabilmente era ancora impressionato
dalle auto modificate. E anche qui, il fatto che mi diverto anch'io
con poco è solo un dettaglio e non siete autorizzati a fare
commenti. Però non lo saprò mai, quindi fate
pure! Urlate al mondo
i miei difetti! Disprezzatemi!
Risposi con un cenno della testa e
lui iniziò a mostrarmi la stanza mentre io lo seguivo
diligente.
«Quindi... come vede il vetro sostituisce il muro solo nel
salotto e di fronte all'ascensore, in modo da, appunto, colpire chi
entra. Qui a destra, come può vedere, c'è un
televisore al plasma
da 80 pollici. Qui a terra può trovare ogni tipo di console,
come
può vedere, e per giocare può comodamente
allungarsi su questo
divano di pelle nera. Qui c'è lo stereo d'ultima generazione
– o
così lo chiamano – e l'armadietto con alcolici che
arriveranno a
breve come da lei richiesto, di fianco alla porta della camera da
letto principale.» Si girò nella mia direzione e
aprì la grande
porta con la schiena. «Letto a baldacchino, due comodini con
sopra
sveglia e orologio. Qui di fronte un'altra televisione, più
piccola
di quella vista in salotto, ma comunque piuttosto fica. Però
qui
sotto al posto dei videogiochi c'è un piccolo
comò, come può
vedere. Non ha ante, ha delle piccole lastre scorrevoli.»
Piegò le
ginocchia fino a ritrovarsi a livello del piccolo armadietto e lo
aprì. «Ci sono una serie di film più
conosciuti, alcuni CD
musicali e roba del genere. Non le consiglio di rubarli o "prenderli
in prestito" perché hanno una specie di inventario e la
possono
beccare. Non sto suggerendo che lei sia un ladro, sa, ma non si
può
mai sapere. Se torniamo in salotto le faccio vedere la camera
più
piccola.»
La porta a sinistra dell'armadietto vuoto portava,
appunto, in una camera più piccola senza televisione ma
ugualmente
grande perché, di fronte al letto, stava uno scaffale in
stile
moderno che conteneva ogni tipo di libri, compreso uno dei miei. Non
me ne facevo nulla di quella stanza, ma non potevo dirgli di
eliminarla. Due porte a vetri, una in ognuna delle due stanze,
portava al bagno.
«La vasca idromassaggio al centro è
assolutamente fantastica, ovviamente. Non che io l'abbia mai provata,
eh, ma ci sono molti clienti soddisfatti. Già.»
Non mi fidavo molto
del suo continuo annuire mentre guardava sognante la vasca quadrata,
ma feci finta di non aver intuito che, di tanto in tanto sgattaiolava
nell'attico per un po' di divertimento. «Non c'è
molto da mostrare
a parte lo specchio che occupa parte di questa parete e la grande
varietà di profumi, sali da bagno e prodotti per il corpo e
per i
capelli. Oh, devo mostrarle anche una cosa in salotto!»
Lo
seguii all'entrata e lo osservai con sguardo assorto mentre premeva
un bottone di fianco alla porta a sinistra e si voltava di
180°. Il
pavimento a qualche metro dalla vetrata iniziò a ruotare e
apparve
una poltrona azzurra e un tavolino affianco. «Fico, eh?
Così può
godersi il panorama!»
Questa volta non potei dargli torto.
Mi sedetti sulla poltrona e rimasti sinceramente sconvolto dalla
vista che non avevo notato prima di allora. Da lì potevo
vedere
tutta la città. Altri hotel a qualche miglio di distanza, lo
Space
Needle, alcuni ospedali, e da lì il mio pensiero
scattò a Meredith.
Solo un paio d'ore, massimo, e l'avrei rivista. E lì mi
persi a
immaginare il nostro incontro e a ricordare il suo corpo nudo
perfetto. Quando ritrovai me stesso, il ragazzo era in piedi e mi
copriva la visuale, ma si dondolava sui talloni visibilmente contento
del suo lavoro. Lo ringraziai e lo congedai con una banconota da 20.
Avevo intenzione di andare direttamente da Meredith chiedendo
al receptionist della hall l'indirizzo dell'ospedale, ma Matthew mi
precedette raggiungendomi nella suite.
«Bastardo traditore.»
Sibilò sedendosi sulla macchia azzurra che si distingueva a
malapena
quando i raggi del sole la colpivano direttamente. «Io sto in
una
suite, certo ma di sicuro non all'ultimo piano, mentre tu ti godi
questo panorama del cazzo.»
«Sì, e tra un'ora non sarà
l'ultima cosa che mi godrò» borbottai chiudente le
grate
dell'ascensore che era già partito per il secondo piano. Mi
era
scappato, di sicuro non potevo dirgli che ero venuto solo per
incontrare Meredith.
«Non voglio sapere nulla, sul serio. So solo
che di sicuro non sei venuto per me o per i bambini. Non nomino
nemmeno Olivia; da come vi guardate e vi parlate spero solo che non
siate amanti» disse alzandosi dalla poltrona. Stava
scherzando, era
palese, tuttavia mi finsi indignato. Non volevo che sospettasse una
cosa del genere per nulla al mondo e mi chiesi come diavolo fosse
arrivato a quella conclusione.
Nonostante le premesse, mi sentivo
comunque in dovere di dirgli la verita. «Sono venuto per
andare a
trovare... un ospedale.» Okay, forse non proprio tutta la
verità.
«La dottoressa» mormorò semplicemente
appoggiandosi
allo schienale. Si passò una mano sugli occhi. Si era
rassegnato
alla verità, cioè che pensavo davvero di poter
avere un futuro con
Meredith. Forse ero davvero un idiota, ma non potevo credere che
fosse tutta una balla, vero? il mio innamoramento per una donna che
non conoscevo neanche.
«Non ho parlato di Meredith, in verità.
E se la ritroverò per caso qui a Seattle, beh, una cosa in
più
giusto?» Sapevo che fingere non era la mossa migliore
specialmente
con Matthew che mi conosceva da anni.
«Sei un
ipocrita.»
«Probabile, ma cosa c'entra ora?» L'atmosfera
iniziava a riscaldarsi e con lui succedeva spesso in quegli ultimi
tempi.
«Due mesi fa stavi per sposarti, cos'è successo?
Sei
arrivato distrutto a casa mia, quella notte, quando hai trovato tua
moglie a letto con tuo padre. Te lo sei forse dimenticato?»
Anche
se la situazione era piuttosto delicata e Matthew aveva cercato di
non parlarne, forse pensando che così avrei dimenticato
Meredith e
che lui aveva raccontato tutto a mia madre, quella megera, stavamo
tenendo la voce a livelli normali. «Certo che lo so, grazie
per
ricordarmelo. E finalmente ho anche capito doveva vuoi arrivare. Stai
cercando di dirmi che dovrei rimanere in lutto per altri 12
mesi?»
«Sto dicendo che dovresti essere ancora incazzato
per quello che è successo solo poche settimane fa, e invece
eccoti!
Prendi al volo la primo opportunità per trasformare una
sveltina
nell'amore della tua vita!»
«Già, sembro proprio un uomo in
crisi di mezza età, vero? Peccato che lei non sia rimasta
con me
nonostante tutti i soldi che si sta fottendo il mio agente grazie a
quel dannato film. Ebbene sì, ho passato 7 ore su un
fottutissimo
aereo solo per portarmi di nuovo a letto una donna che mi ha fatto
dimenticare quella stronza di Isabella. Hai un problema con questo?
Problemi con il mio stare bene?»
«Oh, ma bravo, ora riesci ad
ammetterlo?» Applaudì in modo teatrale e le luci
si spensero e si
riaccesero così velocemente da poter causare un'attacco di
epilessia. «Cosa diavolo sta succedendo?»
S'interruppe
improvvisamente e alzò gli occhi al cielo, io scoppiai
semplicemente
a ridere.
«Attento, qualche mostro potrebbe venire a
ucciderti!»
Le fantasie di Lucas lo avevano contagiato, a quanto
pareva.
Mezz'ora e una pacca sulla spalla dopo, stavo
chiedendo al fattorino di prima – che continuava ad usare le
stesse
parole e esclamazioni come una macchinetta – dove si trovava
l'Harborview Medical Center.
«A cosa le interessa, eh? Non è che
si sente male? C'è un infermeria, sa, se le serve... oppure
posso
chiamare un'ambulanza!»
«Grazie, ma sono... uhm... costretto
a rifiutare l'ambulanza» dissi con ben poca sicurezza, non
perché
volessi fare una grande entrata in ospedale, ma perché un
aiuto in
quell'hotel mi sarebbe stato utile. Gli allungai una banconota da 50,
che in occasioni del genere possono sempre servire, e il ragazzo mi
spiegò con precisione come arrivare da lei.
Trovai
l'ospedale con semplicità e m'intrufolai dentro. Vagai per
vari
corridoi e finalmente mi resi conto che non avevo idea del reparto in
cui si trovasse la dottoressa che cercavo. Tornai al primo piano e mi
avvicinai allo sportello di quella che sembrava una segreteria.
«Salve, cerco una tirocinante... Meredith Williams»
scandii
bene il nome e guardai la donna nera che mi osservava
scettica.
«Meredith, eh? Sta lavorando in questo momento, se
vuole l'avverto che è qui, ma non posso dirle il nome del
reparto in
cui si trova» disse in tono neutro, come da mamma orso, che
non
assicurava nulla di buono.
Una voce mi dissolse dal volto
dell'anziana, una voce melodica che avevo già ascoltato in
precedenza, seguita dall'inconfondibile profumo dei suoi capelli
mori. «Sto sognando, vero?» e un brivido mi
percorse la schiena.
~
(Bhe,
ci ho messo un po' per pubblicare questo capitolo e l'ho scritto
nell'aria della Germania, quindi spero che vi piaccia :3 PS: Joshua
Jackson è il mio nuovo Peter u_u
Lucas Ford -> Jackson
Brundage
Robert Ford -> Ryan Hanson Bradford)