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Autore: Sh_NT    26/07/2011    1 recensioni
"Peter Widmore era estremamente calmo per aver appena scoperto che la sua fidanzata, presto sposa, lo aveva tradito con Charles Widmore, il suo ricco e disaffettuoso padre."
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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(Prima che iniziate a leggere, vorrei informarvi che sì, questa è la storia che avete letto fino ad ora. Questo capitolo sarà diverso rispetto agli altri, perché sarà scritto in prima persona, tuttavia il nono capitolo sarà nuovamente scritto in terza persona.)

~

Sono un uomo peccaminoso, se prendiamo l'accidia come un reale peccato, quindi pochi giorni prima ero comodamente seduto sul vecchio divano del mio appartamento – sì quello che tempo prima condividevo con Isabella – quando accesi un computer comprato quello stesso giorno e iniziai a giocare a The Sims (creai Meredith, era praticamente identica, ma non stiamo parlando di questo, giusto?). Mentre Robert sedeva al mio fianco e giocava al nuovo Nintendo 3DS, e Lucas si arrampicava su di me per guardare Philadelphia ridursi ad un insieme di strade senza senso dal minuscono finestrino dell'aereo, ripensai a come quegli esserini fatti di pixel ci assomigliano. Siamo stati tutti creati dai nostri genitori, quando loro non possono più comandarci cosa fare, però, sono altre le cose che ci guidano; non sto parlando di un dio, o di una fede in particolare, perché una persona potrebbe agire anche in nome della scienza e della medicina, di un hobby o di un'aspirazione. Tutti abbiamo un obiettivo nella vita, altrimenti ci ritroveremo a fare la pipì nei nostri pantaloni fuori dalla piscina comunale di Sunset Valley.
Nella mia testa, pensieri come questo si sono sempre sovrastati, si prendevano a pugni per la posizione del più importante, del più urgente, del più ricordato, del più rimandato,... Forse è per questo che la mia espressione è sempre la stessa, uguale, immutabile da quando ero adolescente, cioè da quando ho capito che volevo scrivere e che per farlo serviva pensare. Perfino in quel momento, con Matthew e Olivia nelle poltrone di fronte e me stesso costipato contro il finestrino, la mia testa cercava di vagare lontano mentre con sguardo perso osservavo il paesaggio scorrere sotto di me come un film di due ore visto in cinque minuti.
Ero di nuovo vittima di un'azzuffata, infine prevalse uno strano pensiero, cioè che molte persone credono che saranno salvi fin quando il loro cane abbaierà a ogni sconosciuto che entra in casa così, se per caso un assassino tenterà di ammazzarli nel sonno, almeno il loro cane li avrà svegliati prima in un modo orribile. Poi però vengono fregati da telefilm/film/libri gialli e polizieschi che tirano a caso una percentuale, e che dicono:"Si, bhe, ma il 78,6% degli assassini è una persona conosciuta", e si rimane fregati da queste piccole cose. Ma allora, la sicurezza, dove sta? Magari rimanendo tutto il giorno seduti in casa, senza parenti o amici stretti, sarà il tuo stesso cane ad ammazzarti nel sonno.
Lo so, in quel momento sarei dovuto scendere dall'aereo, tornare a Philadelphia e riprendere i contatti con il terapista, ma che volete farci?


Ormai volavamo da un'ora. Il tempo passava veloce tra pensieri inutili rimasti segregati a lungo in un angolo della mente o idee peccaminose riguardanti Meredith e una lattina di panna spray, però forse non troppo veloce da isolarmi dai continui commenti di Olivia su quanto sia stato egoistico da parte mia pretendere il viaggio in "economico" invece della prima classe pagata da lei. Il servizio non era abbastanza veloce, il cibo abbastanza buono o la poltrona abbastanza comoda; fortuna che c'erano i figli a distrarla un po'. Matthew intanto doveva sorbirsi anche le lamentele di un uomo sulla moglie che aveva partorito dall'altra parte del Paese, come se l'avesse fatto apposta. Era un tizio sulla quarantina e quando si alzò per andare in bagno notai che, seppur fosse alto il suo metro e sessanta, le braccia e le gambe poco più corte della norma lo facevano sembrare affetto da nanismo, il che mi aveva fatto immaginare una moglie snella e graziosa dalla la pelle candida.
«Zio Peter, perché le persone si sono trasfigurate in formiche?» mi sussurrò Lucas all'orecchio mentre accostava alla bocca una mano a coppa. Sperai che Robert non gli avesse davvero fatto leggere Harry Potter come promesso da lui sotto forma di minaccia, ma la conversazione andò via via peggiorando. «Non posso parlare davanti a questi Babbani, ma ora i maghi possono smetterla di nascondersi da Voldemort" e mormorò il nome di Voi-Sapete-Chi con tono fiero. «Harry ha ucciso gli Orcuc anni fa!».
«Si dice Horcrux, non ti ho imparato nulla?» sibilò in tutta risposta Robert che stava alzando gli occhi dopo tanto tempo dal nuovo DS sul cui schermo volteggiavano coriandoli per il primo posto guadagnato da Luigi.
«Lucas...» iniziai prendendolo in braccio e facendolo sedere sulle mie gambe. I genitori erano occupati e io dovevo fare il possibile per addolcire la pillola. Insomma, mi sembrava di distruggere un mito come Babbo Natale! «I maghi...» sospirai. Forse non c'era soluzione. «Hai presente quando nei libri si parla spesso di Purosangue e di come gli umani servano per la procreazione anche se creano Mezzosangue o maghi Nati Babbani?»
«Cosa significa procreazione?» chiese cercando inutilmente di scompigliarmi i capelli impregnati di gel, con l'unico fine di sporcarsi le mani e di fiondarsi poi da Olivia. Comunque, feci finta di nulla e andai avanti; anche se non stava ascoltando – cosa che giocava a mio favore – non potevano certo accusarmi di farlo vivere nelle favole. Insomma, almeno c'avevo provato.
«Ecco... imaghisonoestinti» sbottai tutto insieme e, con mio enorme piacere, Lucas era ancora tutto preso dalla mia capigliatura e provava, con lo sguardo fisso e la bocca leggermente socchiusa in una smorfia di concentrazione, a ricreare una perfetta cresta stile punk.
Il risultato, constatai accompagnandolo in bagno a pulirsi le mani, era niente male. La cresta però mi stava da schifo. Ma deludere il bimbo era l'ultimo dei miei obiettivi, perciò lasciai i capelli così com'erano e tornai sulla poltrona fieramente, poi riallacciai la cintura a Lucas sul suo posto e tornai al mio.

Il viaggio fu... normale. Esiste un viaggio normale? Non ne ho idea e di sicuro non devo preoccuparmene ora che sto semplicemente qui a scrivere questo racconto in modo davvero poco formale. Non credo che lo pubblicherò mai sotto questa forma, ma chi lo sa... magari sono davvero un pessimo scrittore come sostiene il mio agente. Che dite, sto divagando? Mha.
Olivia aveva finalmente smesso di sbraitare (a proposito, dopo la piccola conversazione quella notte a casa sua, tutto è tornato alla normalità per mio grande piacere) e aveva iniziato a comportarsi da madre. Con una mano occupata dal beauty case e l'altra stretta in quella del più piccolo dei Ford, non era nulla a confronto con Matthew che portava la valigia della moglie, la propria, e quella più piccola dei ragazzi. Ovviamente quello era un loro compito, quindi io mi limitai a trasportare soltanto il mio borsone mentre seguivo Robert a passo lento, ancora impegnato in una sfida a squadre a Mario Kart, e non chiedetemi come ho fatto a indovinare il nome del gioco perché non ho intenzione di rivelarlo. Ho però un punto bonus – perché state contando i punti, credo, visto che ora mi credete tutti un bastardo egocentrico –: ho dovuto pagare la macchina in affitto e caricarci su tutti i bagagli. Già, lo so, sono un vero gentiluomo quando voglio.
Per l'hotel avevo ascoltato Olivia, quindi assomigliava molto all'ultimo in cui ero stato: hall gigantesca, ristorante enorme, sala conferenze, sala video, millemila stanze, suite e così via... ma se volete continuo. Da piccolo immaginavo che avrei iniziato a lavorare in un hotel di lusso e la cosa non mi dispiaceva affatto: avrei avuto finalmente modo di osservare persone che non fossero bambini della mia stessa età. Purtroppo questo sogno è scomparso con un sonoro "Puff" quando ho letto il mio primo libro di Wilde.
Ero praticamente rimasto immobile davanti al bancone dell'entrata, con lo sguardo congelato sulla chiave della suite all'ultimo piano.
«Io prendo quella» dissi indicandola, senza neanche accertarmi che l'uomo dietro al bancone mi stesse realmente ascoltando. Dio, era passato troppo tempo dall'ultima volta che avevo dormito in un attico!
«Peter, cosa diavolo stai dicendo? Abbiamo già prenotato, non puoi aspettarti che tutto d'un tratto un uomo ti ceda la sua stanza» mi sbottò Olivia acida come sempre. Dire che la detesto è poco, farò di tutto quindi per farla sembrare una iena. Mpf.
«In verità,» iniziò il receptionist posando lo sguardo su di me con aria compiaciuta, «l'attico è attualmente libero. Se vuole darmi la carta di credito, signore...» disse l'uomo continuando a ignorare il piede di Mrs Ford che continuava a battere ripetutamente sul pavimento.
Guardai sorridente Olivia, poi Matthew che mi guardava come se al mio posto ci fosse stato Robert, e che avessi appena rovesciato a terra una bottiglia di ottimo whisky invecchiato. Bhe, forse è un brutto esempio, perché a quel punto mi sarei rimproverato da solo. In quel momento, però, poco m'importava della stanza al quinto piano già prenotata.

Fui accompagnato dal facchino che portava il mio borsone e che, una volta arrivato all'ultimo piano, mi mostrò la stanza in modo dettagliato. Era, se possibile, più grande di quella al Plaza di Philadelphia. Vi si accedeva direttamente dall'ascensore e all'entrava si veniva colpiti dalla luce diretta del sole che penetrava dalla vetrata che prendeva il posto del solito muro.
Il ragazzo poggiò il borsone in una stanza a destra con la porta a due ante, poi si piazzò di fronte a me e, senza voltarsi, battè due volte le mani. Il muro alternativo fu oscurato completamente da delle tende nere, probabilmente di seta. «Piuttosto fico, eh?» commentò divertito.
«Già, piuttosto fico». In realtà non lo trovavo molto fico visto che non riuscivo a vedere assolutamente nulla e non conoscevo la stanza, ma sono dettagli. Altri due battiti e la luce tornò costringendomi a chiudere gli occhi per un minuto.
«L'effetto può colpire, se capisce cosa intendo». Continuava a ridere. Forse gli ormoni da adolescente non aiutavano; probabilmente era ancora impressionato dalle auto modificate. E anche qui, il fatto che mi diverto anch'io con poco è solo un dettaglio e non siete autorizzati a fare commenti. Però non lo saprò mai, quindi fate pure! Urlate al mondo i miei difetti! Disprezzatemi!
Risposi con un cenno della testa e lui iniziò a mostrarmi la stanza mentre io lo seguivo diligente.
«Quindi... come vede il vetro sostituisce il muro solo nel salotto e di fronte all'ascensore, in modo da, appunto, colpire chi entra. Qui a destra, come può vedere, c'è un televisore al plasma da 80 pollici. Qui a terra può trovare ogni tipo di console, come può vedere, e per giocare può comodamente allungarsi su questo divano di pelle nera. Qui c'è lo stereo d'ultima generazione – o così lo chiamano – e l'armadietto con alcolici che arriveranno a breve come da lei richiesto, di fianco alla porta della camera da letto principale.» Si girò nella mia direzione e aprì la grande porta con la schiena. «Letto a baldacchino, due comodini con sopra sveglia e orologio. Qui di fronte un'altra televisione, più piccola di quella vista in salotto, ma comunque piuttosto fica. Però qui sotto al posto dei videogiochi c'è un piccolo comò, come può vedere. Non ha ante, ha delle piccole lastre scorrevoli.» Piegò le ginocchia fino a ritrovarsi a livello del piccolo armadietto e lo aprì. «Ci sono una serie di film più conosciuti, alcuni CD musicali e roba del genere. Non le consiglio di rubarli o "prenderli in prestito" perché hanno una specie di inventario e la possono beccare. Non sto suggerendo che lei sia un ladro, sa, ma non si può mai sapere. Se torniamo in salotto le faccio vedere la camera più piccola.»
La porta a sinistra dell'armadietto vuoto portava, appunto, in una camera più piccola senza televisione ma ugualmente grande perché, di fronte al letto, stava uno scaffale in stile moderno che conteneva ogni tipo di libri, compreso uno dei miei. Non me ne facevo nulla di quella stanza, ma non potevo dirgli di eliminarla. Due porte a vetri, una in ognuna delle due stanze, portava al bagno.
«La vasca idromassaggio al centro è assolutamente fantastica, ovviamente. Non che io l'abbia mai provata, eh, ma ci sono molti clienti soddisfatti. Già.» Non mi fidavo molto del suo continuo annuire mentre guardava sognante la vasca quadrata, ma feci finta di non aver intuito che, di tanto in tanto sgattaiolava nell'attico per un po' di divertimento. «Non c'è molto da mostrare a parte lo specchio che occupa parte di questa parete e la grande varietà di profumi, sali da bagno e prodotti per il corpo e per i capelli. Oh, devo mostrarle anche una cosa in salotto!»
Lo seguii all'entrata e lo osservai con sguardo assorto mentre premeva un bottone di fianco alla porta a sinistra e si voltava di 180°. Il pavimento a qualche metro dalla vetrata iniziò a ruotare e apparve una poltrona azzurra e un tavolino affianco. «Fico, eh? Così può godersi il panorama!»
Questa volta non potei dargli torto. Mi sedetti sulla poltrona e rimasti sinceramente sconvolto dalla vista che non avevo notato prima di allora. Da lì potevo vedere tutta la città. Altri hotel a qualche miglio di distanza, lo Space Needle, alcuni ospedali, e da lì il mio pensiero scattò a Meredith. Solo un paio d'ore, massimo, e l'avrei rivista. E lì mi persi a immaginare il nostro incontro e a ricordare il suo corpo nudo perfetto. Quando ritrovai me stesso, il ragazzo era in piedi e mi copriva la visuale, ma si dondolava sui talloni visibilmente contento del suo lavoro. Lo ringraziai e lo congedai con una banconota da 20.

Avevo intenzione di andare direttamente da Meredith chiedendo al receptionist della hall l'indirizzo dell'ospedale, ma Matthew mi precedette raggiungendomi nella suite.
«Bastardo traditore.» Sibilò sedendosi sulla macchia azzurra che si distingueva a malapena quando i raggi del sole la colpivano direttamente. «Io sto in una suite, certo ma di sicuro non all'ultimo piano, mentre tu ti godi questo panorama del cazzo.»
«Sì, e tra un'ora non sarà l'ultima cosa che mi godrò» borbottai chiudente le grate dell'ascensore che era già partito per il secondo piano. Mi era scappato, di sicuro non potevo dirgli che ero venuto solo per incontrare Meredith.
«Non voglio sapere nulla, sul serio. So solo che di sicuro non sei venuto per me o per i bambini. Non nomino nemmeno Olivia; da come vi guardate e vi parlate spero solo che non siate amanti» disse alzandosi dalla poltrona. Stava scherzando, era palese, tuttavia mi finsi indignato. Non volevo che sospettasse una cosa del genere per nulla al mondo e mi chiesi come diavolo fosse arrivato a quella conclusione.
Nonostante le premesse, mi sentivo comunque in dovere di dirgli la verita. «Sono venuto per andare a trovare... un ospedale.» Okay, forse non proprio tutta la verità.
«La dottoressa» mormorò semplicemente appoggiandosi allo schienale. Si passò una mano sugli occhi. Si era rassegnato alla verità, cioè che pensavo davvero di poter avere un futuro con Meredith. Forse ero davvero un idiota, ma non potevo credere che fosse tutta una balla, vero? il mio innamoramento per una donna che non conoscevo neanche.
«Non ho parlato di Meredith, in verità. E se la ritroverò per caso qui a Seattle, beh, una cosa in più giusto?» Sapevo che fingere non era la mossa migliore specialmente con Matthew che mi conosceva da anni.
«Sei un ipocrita.»
«Probabile, ma cosa c'entra ora?» L'atmosfera iniziava a riscaldarsi e con lui succedeva spesso in quegli ultimi tempi.
«Due mesi fa stavi per sposarti, cos'è successo? Sei arrivato distrutto a casa mia, quella notte, quando hai trovato tua moglie a letto con tuo padre. Te lo sei forse dimenticato?»
Anche se la situazione era piuttosto delicata e Matthew aveva cercato di non parlarne, forse pensando che così avrei dimenticato Meredith e che lui aveva raccontato tutto a mia madre, quella megera, stavamo tenendo la voce a livelli normali. «Certo che lo so, grazie per ricordarmelo. E finalmente ho anche capito doveva vuoi arrivare. Stai cercando di dirmi che dovrei rimanere in lutto per altri 12 mesi?»
«Sto dicendo che dovresti essere ancora incazzato per quello che è successo solo poche settimane fa, e invece eccoti! Prendi al volo la primo opportunità per trasformare una sveltina nell'amore della tua vita!»
«Già, sembro proprio un uomo in crisi di mezza età, vero? Peccato che lei non sia rimasta con me nonostante tutti i soldi che si sta fottendo il mio agente grazie a quel dannato film. Ebbene sì, ho passato 7 ore su un fottutissimo aereo solo per portarmi di nuovo a letto una donna che mi ha fatto dimenticare quella stronza di Isabella. Hai un problema con questo? Problemi con il mio stare bene?»
«Oh, ma bravo, ora riesci ad ammetterlo?» Applaudì in modo teatrale e le luci si spensero e si riaccesero così velocemente da poter causare un'attacco di epilessia. «Cosa diavolo sta succedendo?» S'interruppe improvvisamente e alzò gli occhi al cielo, io scoppiai semplicemente a ridere.
«Attento, qualche mostro potrebbe venire a ucciderti!» Le fantasie di Lucas lo avevano contagiato, a quanto pareva.

Mezz'ora e una pacca sulla spalla dopo, stavo chiedendo al fattorino di prima – che continuava ad usare le stesse parole e esclamazioni come una macchinetta – dove si trovava l'Harborview Medical Center.
«A cosa le interessa, eh? Non è che si sente male? C'è un infermeria, sa, se le serve... oppure posso chiamare un'ambulanza!»
«Grazie, ma sono... uhm... costretto a rifiutare l'ambulanza» dissi con ben poca sicurezza, non perché volessi fare una grande entrata in ospedale, ma perché un aiuto in quell'hotel mi sarebbe stato utile. Gli allungai una banconota da 50, che in occasioni del genere possono sempre servire, e il ragazzo mi spiegò con precisione come arrivare da lei.

Trovai l'ospedale con semplicità e m'intrufolai dentro. Vagai per vari corridoi e finalmente mi resi conto che non avevo idea del reparto in cui si trovasse la dottoressa che cercavo. Tornai al primo piano e mi avvicinai allo sportello di quella che sembrava una segreteria.
«Salve, cerco una tirocinante... Meredith Williams» scandii bene il nome e guardai la donna nera che mi osservava scettica.
«Meredith, eh? Sta lavorando in questo momento, se vuole l'avverto che è qui, ma non posso dirle il nome del reparto in cui si trova» disse in tono neutro, come da mamma orso, che non assicurava nulla di buono.
Una voce mi dissolse dal volto dell'anziana, una voce melodica che avevo già ascoltato in precedenza, seguita dall'inconfondibile profumo dei suoi capelli mori. «Sto sognando, vero?» e un brivido mi percorse la schiena.

~

(Bhe, ci ho messo un po' per pubblicare questo capitolo e l'ho scritto nell'aria della Germania, quindi spero che vi piaccia :3 PS: Joshua Jackson è il mio nuovo Peter u_u
Lucas Ford -> Jackson Brundage
Robert Ford -> Ryan Hanson Bradford)

   
 
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