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Autore: Kaileena1987    27/07/2011    1 recensioni
Era tutta colpa sua.
...
Della sua voce, dolce promessa di amore eterno e protettrice di segreti mai svelati.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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A Lady V.,

per il suo mondo di pizzi e merletti e segreti d'amore

Peccati di vanità

 

Quella notte le finestre erano state lasciate socchiuse, una cameriera sbadata troppo piena di cose da fare era uscita dalla camera senza prestare troppa attenzione. Pesanti cortine di velluto porpora, che solitamente servivano a schermare i timidi raggi dell’aurora, ora combattevano invano contro le rigide correnti del nord. Svolazzavano impetuose, creando strani giochi di luci ed ombre che catturarono l’attenzione della fanciulla sdraiata sul letto.

Sospirando si rigirò su un fianco; la decima volta in quel minuto, l’ennesima in una sola ora.

Il sonno tardava ad arrivare anzi, sembrava proprio non avesse alcuna intenzione di raggiungerla.

Scuri occhi castani si posarono pigri sulla lingua d’ombra che si muoveva sinuosa accanto ad una mano mollemente adagiata sulle lenzuola, seguendone ogni movimento quasi sperassero in un suo nascosto gioco ipnotico che avrebbe indotto il sonno.

Ovviamente, le speranze della ragazza erano vane. La Prima ora era già suonata da un pezzo, la Seconda si stava lentamente avvicinando. Non lenta quanto lei avrebbe voluto, comunque, la notte stava passando un po’ troppo in fretta per i suoi gusti.

Amen, avrebbe dovuto rassegnarsi.

Oh, non che desiderasse rimanere ancora a fissare il vuoto, ma la sua mente non sembrava riuscire a smettere di pensare.

Era tutta colpa sua.

Sbuffando, tornò a stendersi supina, il corpo coperto solo dalla leggera camicia da notte pregna di sudore.

Aveva la febbre, se la sentiva in ogni nervo del corpo, ma non era di quel tipo che guarisce con un semplice sciroppo dal sapore orribile.

Ah, no, quella era febbre indotta.

Era tutta colpa sua.

Va bene, forse un po’ di colpa ce l’aveva anche lei, non avrebbe dovuto lasciarsi convincere… No, doveva essere sincera. Solo così si sarebbe finalmente rilassata abbastanza da riuscire ad addormentarsi.

Forse.

Prima, però, avrebbe dovuto dimenticarsi di ciò che aveva fatto.

Più facile a dirsi che a farsi.

Gemette, rotolando sull’ampio materasso fino a ritrovarsi prona, il viso affondato nel soffice cuscino.

Insomma, non avrebbe dovuto trascinarlo dietro quella statua, con le loro famiglie che, caso strano, cenavano insieme a pochi metri di distanza.

Ma quella nicchia era stata così invitante, riparata e ombrosa, i suoi occhi seducenti e le sue carezze appena accennate così dolci, che non era riuscita a resistere.

Un bacio, solo un bacio e il suo sapore, e poi pensieri virtuosi e null’altro.

Sì, certo. Buoni propositi e basta.

Era tutta colpa sua.

E del suo sguardo, più simile a fuoco che ai cieli freschi a cui il suo colore rimandava il pensiero.

Poi la cena, i suoi occhi che fingevano di interessarsi alla conversazione, ma che in realtà non la mollavano un istante; mai quello sguardo limpido aveva desiderato abbandonarla.

Come durante il bacio in quella nicchia di fresca ombra nera, iridi blu che non la lasciavano, divorandola con l’ossessivo appetito di un affamato davanti ad un banchetto da re.

Non avrebbe saputo dire da dove fosse arrivato quello strano impulso di marchiarlo in mezzo ad un corridoio, dove chiunque, servitore o parente, avrebbe potuto sorprenderli; sapeva solamente che ne stava pagando le conseguenze.

Prima, durante la sua visita medica –mai avrebbe pensato che l’acqua calda avrebbe reso la sua pelle ancora più liscia e gradevole- e dopo, in quel momento, nel proprio letto, il giovane corpo scosso da impulsi di cui conosceva alla lettera la provenienza grazie ai suoi studi, ma che ancora la mente nella sua innocenza non registrava.

Era tutta colpa sua.

Delle sue mani, che l’accarezzavano con la stessa maestria di un esperto violinista con il proprio strumento preferito –sembrava conoscere alla perfezione ogni centimetro del suo corpo-, traendo da lei le note più dolci del loro tempestoso amore.

Dei suoi occhi, che anche durante i momenti più appassionati non la lasciavano, strumenti di oscure promesse che parlavano di corpi accaldati e alcove d’ombra.

Della sua voce, dolce promessa di amore eterno e protettrice di segreti mai svelati.

Un refolo di aria gelida si spinse lontano dalle cortine porpora, raggiungendo la fanciulla e carezzando irruente la pelle sudata. Mani tremanti si spostarono a coprire il corpo seminudo e, come un eco proveniente da lontano, il ricordo delle sue mani che le solleticavano gentili il corpo la colpì forte, quasi fosse uno schiaffo inatteso.

Sontuose coperte avvolsero in un bozzolo di calore la fanciulla, che si rigirò nuovamente sul fianco, una mano sotto la guancia, l’altra stretta a pugno sul cuore. Gli occhi si chiusero lenti, finalmente sedotta dal sonno, labbra sanguigne si socchiusero tenere mormorando una sola parola.

Nell’ala opposta del palazzo, un’altra finestra era stata lasciata aperta, ma lui ormai era avvezzo a utilizzare il gelo per placarsi. Perso in incubi pregni di segreti e in sogni soffusi di dolcezza, il giovane scalciò lontano le coltri bollenti, trovando sollievo nel soffio di vento che accarezzò impetuoso il suo corpo indurito dal fuoco oscuro di verità celate.

Una mano si posò sul cuore, stringendosi a pugno quasi a non voler lasciar sfuggire qualcosa.

Lui sapeva sempre quando le sue labbra pronunciavano il suo nome.

«Axel.»





***

Note:

 

I piggì ovviamente appartengono a Virginia de Winter e io non ho scritto questa shot con scopi lucrosi. U_U
Questa breve shot (da quando scrivo cose così brevi???) XD è ambientata nel palazzo di Aldenor, dopo il “bel momento della vasca”, come lo chiamo io, nell’Ordine della Spada. :P

Non pretendo di aver azzeccato appieno Eloise, ma mi piaceva l’idea di dedicarle una shot, visto che l’adoro. Lei ed Axel, specialmente dopo aver letto L’Ordine della Chiave.

 

Un bacino <3

   
 
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