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Autore: icanalwaysdream    27/07/2011    3 recensioni
"I sogni son desideri di felicità"...così canta Cenerentola! Ma quelle sono favole! E secondo Alyssa,la protagonista della mia storia,le favole fanno crescere male,ti fanno credere cose che nella realtà non esistono.E se incontrasse il principe anche lei? E i suoi sogni diventasserò realtà? Sarà disposta Alyssa a stravolgere la sua vita? Chissà che la nostra cara Alyssa, durante questa storia non cambi idea....
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Joe Jonas
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Eccomi qui con il secondo capitolo di questa fanfiction.
All'altro capitolo vi avevo confessato che ero particolarmente contenta di quello che avevo scritto e come l'avevo scritto...Anche questo di capitolo non mi dispiace per niente...
Inizio a pensare seriamente che questa storia mi ispiri parecchio...Meglio così!
Comunque volevo ringraziare colore che l'hanno letta; chi l'ha messa tra le preferite: miry jonas, ryry_ , Sophiaa e _MoonLightLover_ ; chi l'ha inserita tra le ricordate: LadyJonas4ever e Sophiaa; e chi l'ha messa tra le seguite: JustALittleLie.
Spero che con questo capitolo aumentiate ancora e che aumentino anche le recensioni.
Ok basta, mi dileguo e vi lascio al capitolo... "Buona Lettura!"
Ops, quasi dimenticavo di dirvi che, tutto ciò che leggerete tra virgolette ed in corsivo, sono i pensieri che fa Alyssa.
Ora ho finito veramente.





II CAPITOLO

 

-Allora, mia cara Aly- parlò la direttrice Chole -se ti dico Los Angeles cosa ti viene in mente?- terminò la frase la donna con tono interrogativo e facendo diventare due fessure i suoi occhi grigi (quel colore stava diventando una persecuzione), come se volesse trasmettere il suo pensiero alla ragazza seduta di fronte a lei.

-In realtà- iniziò a parlare –a niente!- concluse Alyssa con un’esclamazione, scuotendo lievemente la testa.

-Ma mia cara, è la città delle star- disse infine la donna con un sospiro ed alzando le braccia al cielo come se quella frase fosse stata per lei una liberazione.

Ma quale liberazione e liberazione, Alyssa pensò seriamente che il suo capo fosse più entusiasta di lei e che, se solo avesse potuto e non fosse incastrata dietro quella scrivania, ci sarebbe andata volentieri lei al suo posto, a fare che cosa poi non si sa visto che ancora non le era stato riferito.

-Compreso! Ma………..io cosa dovrei fare?- si interrogò la ragazza

-Il tuo lavoro, che domande- le rispose Liza quasi scocciata

–Avrei ancora un paio di giorni di ferie nel caso te lo fossi scordata- ribatté prontamente Alyssa forse con tono ancora più scocciato del suo capo –e una casa da sistemare- blaterò con un filo di voce che quasi sicuramente Liza non udì.

-Lo so, mia cara, ma sei il miglior elemento che possediamo e…- prese fiato la donna che ancora non sembrava aver abbandonato l’immagine di sé stessa a Los Angeles al posto di Alyssa –il cliente in questione non possiamo non affidarlo a te!- la donna si stampò un sorriso sulla faccia convinta che con quello sarebbe riuscita a convincerla, ma agli occhi di lei sembrava quasi che la sua direttrice avesse avuto una paresi facciale.

Altro che arma segreta! Quello era l’arma di un delitto!

Brutta immagine. Meglio cancellarla subito dalla testa.

-E chi sarebbe il cliente in questione tanto importante?- parlò la ragazza con un tono quasi di sfida

-Mai sentito parlare dei Jonas Brothers?- farneticò la donna.

Ed eccolo di nuovo lì quel sorriso agghiacciante che aveva sfoderato anche qualche minuto prima

-No! Mai! Chi sono?- cercò di trovare una risposta lei, ma a quanto pare Liza quel giorno andava per le lunghe.

Inizio a pensare che forse quei fogli in disordine sulla scrivania ce li ha messi apposta lei per far sembrare che fosse piena di lavoro e senza tempo per respirare”, pensò Alyssa che trattenne un ghigno per non far notare che la sua testa quando ci si metteva sapeva essere davvero tremenda.

-Tre fratelli musicisti famosissimi in tutto il mondo! Ma….- Liza lasciò incompleta la frase alzando l’indice della mano destra, come se volesse attirare l’attenzione di Alyssa che, per non perdere la pazienza ma anzi farsi vedere curiosa, iniziò a toccarsi i capelli, forse in modo convulsivo, ma Alyssa non era solita fare queste farse, quindi non era capace di fingere, voleva solo sapere quello che doveva sapere.

Niente di più. Niente di meno.

-Joe Jonas!- urlò la donna quasi per l’entusiasmo.

-Oh Mio Dio! Davvero? Non posso crederci! Insomma non pensavo che avrei mai raggiunto questi livelli durante la mia carriera di organizzatrice di eventi!- iniziò a blaterare Alyssa senza rendersi conto di quello che stava dicendo e del modo in cui lo stava facendo: iniziò a gesticolare e a camminare per lo studio del suo capo che quasi non la riconosceva più; ma la verità era che la vocina nella sua testa in quel momento sembrava sapesse dire solo un’unica frase: “Chi-diamine-è-ora-questo-Joe-Jonas?

-Alyssa! Alyssa! Bene, sono contenta che tu sia entusiasta! Ti manderò tutto il materiale sull’e-mail; potrai tranquillamente lavorare a casa!- concluse la donna che per attirare l’attenzione della ragazza, uscì da dietro quella scrivania per piazzarsi di fronte a lei e fermarle le mani che sembravano essere pilotate da fili simili a quelle delle marionette.

-Ah, bene allora! Quindi posso andare? Ma certo che posso andare! Aspetto con ansia la tua e-mail per poter così iniziare a lavorare! Bene! Benissimo! Ciao Liza, grazie per aver pensato a me per questo importante incarico! Te ne sarò eternamente grata!-

Sono più finte le mie parole o il sorriso che mi sono stampata in faccia? Dettagli…

Mentre Alyssa continuava a parlare praticamente a vanvera, strinse la mano a Liza e si diresse verso la porta per aprirla e poi chiudersela alle spalle.

Tirò un sospiro di sollievo e iniziò a camminare verso l’uscita.

Perché sono sollevata? Ho una casa da sistemare e pulire. A quanto pare una valigia da preparare e oltretutto per una meta che non è ai miei livelli.

Una tipa come me a Los Angeles. Ma mi ci vedete? Parliamoci chiaro: non ho un soldo, mi muovo sempre  e solo con i mezzi perché il mio lavoro non frutta abbastanza soldi da potermi permettere nemmeno una macchina, non ho una e dico una maglietta firmata, vesto solo con capi che trovo al mercato e che pago una miseria.

E questo perche? Perché sono sola, sola come un cane.

Ho vent’anni, sono orfana perché non ho più i genitori, ho una sola amica alla quale devo ancora i soldi con i quali mi ha pagato gli studi…

Insomma, che razza di vita è la mia? Sempre se la mia si può definire vita!

E poi, sinceramente? Non ho la minima idea di chi sia questo benedetto Joe Jonas!

Alyssa si asciugò la lacrima che aveva rigato il suo viso e che si era fermata giusto sull’angolo della sua bocca quando si era inarcata un po’ prendendo una vaga forma di un sorriso alla vista della sua amica fuori dalla porta di casa sua.

-Perché piangi?- le chiese Elenoir con voce gentile, ma Alyssa si limitò a scuotere leggermente la testa per dire alla sua amica che il “suo momento no” era finito.

-Uno dei tuoi momenti un po’ così, capito…- le rispose l’amica donandole un sorriso di conforto –Allora dove sei stata?-

-In ufficio. Mi ha chiamata il lavoro- le spiegò la ragazza che si mise a sedere sui scalini fuori la porta di casa sua invece di rientrare. Fece cenno anche all’amica di mettersi a sedere vicino a lei.

-E che volevano?- le chiese l’amica

-Farmi lavorare- le rispose lei con voce rassegnata. A quel punto Elenoir si scostò di poco dall’amica perché aveva visto nei suoi occhi una luce strana e conoscendo l’amica, si preparò al peggio

-Ely, tu lo conosci Joe Jonas?- nel formulare quella domanda, Alyssa inclinò la testa per studiare bene l’espressione che avrebbe assunto il viso dell’amica

-Più o meno! Sai com’è, con mia sorella nei paragi della mia camera….-

Quella frase non ebbe mai una conclusione perché da quel momento in poi le due amiche scoppiarono in una grassa risata, che le ridusse in lacrime per lo sforzo.

Ogni muscolo del corpo di Alyssa era contratto in quella risata, ma la sua testa no! La sua testa era troppo impegnata a pensare a come avrebbe formulato il discorso da fare alla sua amica,quando sarebbe arrivato il giorno di dirle che a breve sarebbe dovuta partire, e che l’avrebbe dovuta lasciare per quello che per lei era un perfetto sconosciuto.

Alyssa, quello non è uno sconosciuto. E’ solo il tuo lavoro” continuava a ripetersi “E’ solo il tuo lavoro”.

   
 
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