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Autore: icanalwaysdream    21/07/2011    2 recensioni
"I sogni son desideri di felicità"...così canta Cenerentola! Ma quelle sono favole! E secondo Alyssa,la protagonista della mia storia,le favole fanno crescere male,ti fanno credere cose che nella realtà non esistono.E se incontrasse il principe anche lei? E i suoi sogni diventasserò realtà? Sarà disposta Alyssa a stravolgere la sua vita? Chissà che la nostra cara Alyssa, durante questa storia non cambi idea....
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Joe Jonas
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ed eccomi con una nuova storia... La protagonista si chiama Alyssa, ha vent'anni e non mi soffermo tanto su di lei, tanto la imparerete a conoscere nel corso della storia...
Devo dire la verità: ho tante idee per questa ff e questo primo capitolo mi piace davvero tanto...
Spero piaccia tanto anche a voi, o almeno un po' di quanto piace a me...
Un abbraccio e buona lettura




I   CAPITOLO

 

Una ragazza normale, dovrebbe avere degli amici e divertirsi, ma per Alyssa non è così: lavora ed ha una (e ripeto una) sola grande amica: Elenoir! La sua vita è cambiata dal giorno di quel dannato incidente.

L’ultimo vero ricordo che aveva di quegli attimi orribili, era la luce accecante dei fari della macchina sulla corsia opposta su una strada di Phoenix, la città dove era cresciuta. Tornava da una scampagnata felice con i genitori se non ricordava male.

Fatto sta, che il nero che venne dopo lo scontro era silenzioso e freddo, avrebbe messo paura a chiunque, anche a se stesso.

Furono attimi di panico quelli che seguirono: immobilizzata dalla paura e dalle lesioni che riportò in seguito all’incidente, la ragazza perse i sensi. Il tunnel nel quale venne catapultata, sembrava non avere vie d’uscita, né tanto meno campanelli di allarme a cui ricorrere per chiedere aiuto, per lei e per i suoi genitori che erano intrappolati in quell’inferno con lei.

Eppure, quando anche le minime speranze sul quale aveva fatto affidamento fino a quel momento sembravano svanire del tutto, il viso di un angelo a lei apparentemente sconosciuto, le si avvicinò e le sussurrò qualcosa all’orecchio: -Ci sarò io con te-

Alyssa non riuscì a dare una giusta interpretazione a quelle parole, forse non ce l’avevano neanche, o addirittura non voleva trovarne, o forse ancora stava impazzendo, in fin dei conti perché parlare al futuro se non si è neppure certi di averlo: il suo unico desiderio in quel momento era quello di farla finita con tutta quella sofferenza, anche se quello voleva dire mettere fine alla sua vita.

Ma il futuro invece Alyssa ce l’aveva avuto: si era risvegliata dal coma dopo 3 mesi, senza nessun danno grave, se non il dolore atroce, insopportabile e troppo profondo per la morte di entrambi i genitori.

Decise allora di trasferirsi in un altro posto, a Casa Grande più precisamente; non si spostò di tanto visto che Casa Grande si trova approssimativamente a metà strada tra Phoenix e Tucson, ma che ci volete fare, l’unica casa disponibile che trovò in vendita e che poteva permettersi con i soldi che aveva ereditato dai genitori defunti erano quelli che erano. E poi la speranza era sempre e solo quella: poter dimenticare più in fretta, smettere di soffrire e riniziare a vivere; il suo obiettivo era solo quello, il resto non le importava gran che.

Ed ora eccola lì, a vent’anni si trova sola, in una casa dai muri bianchi perché qualcuno una volta gli aveva detto che “rallegrano le giornate più buie”, ma la verità era che le ricordavano tremendamente le pareti di un ospedale e lei non aveva per niente un bel ricordo degli ospedali… Dai parliamoci chiaramente, a chi è che piacciono gli ospedali? Non scomodatevi a rispondere, già si sa: nessuno!

Proprio per questo motivo si trovava con una tuta bianca stile CSI e un secchio di vernice grigia: “Che razza di colore è il grigio?” continuava a chiedersi tra sé e sé; però l’aveva visto in un film, le era piaciuto e aveva avuto l’idea di prendersi qualche giorno dal lavoro per pensare a sé e a cambiare quel colore così… così… Non sapeva classificare il bianco fra i colori, non riusciva neanche ad immaginare che il bianco fosse un colore. 

Comunque quando stava per intingere il pennello nella vernice, qualcuno suonò alla porta; solo lei suonava in quel modo e solo lei, unicamente lei suonava alla sua porta: Elenoir!

-E’ qui la festa?- chiese l’amica dando una spallata a Alyssa per spostarla ed entrare -Accomodati pure- le rispose lei scherzosamente, ma l’amica incurante della battuta ricevuta ci ripensò, la prese per un braccio e la trascinò fuori casa, -Aiutami a portare dentro i secchi di vernice- disse l’amica aprendo il portabagagli della sua macchina -Ma l’ho comprata già io la vernice- cercò di ricordarle lei, ma subito quella ragazza dai capelli rossicci l’ammutolì -E’ grigia, me l’hai detto, e proprio per questo ho comprato altra vernice: sei colori, tutti diversi… un colore per ogni stanza. Alla faccia di chiunque di abbia detto che il bianco rallegri le  giornate più buie-

Alyssa cercò di fermare l’amica, ma le fu impossibile: sui secchi di vernice lesse rosso, arancione, viola, celeste, giallo e verde, -Beh, almeno i colori sono decenti- pensò ad alta voce.

Elenoir le sorrise.

-E le sorprese non sono finite qui- parlò ancora -Ho chiesto dei giorni di ferie a lavoro, sarò con te 24 ore su 24, mangeremo, dormiremo, rideremo, faremo esattamente tutto ciò che un giorno noi racconteremo ai nostri figli e poi ai nipoti e poi ai pronipoti…-

-Ok, ok, ho afferrato l’idea grazie- la fermò Alyssa.

Ci misero un po’ a decidere come spartire i colori nelle varie camere, e ce ne misero altrettanto per pitturarle (tre giorni precisamente) ma la casa, una volta finita, beh…… meritava!

-Ottimo lavoro socia- ruppe il silenzio Elenoir dandole il cinque con la mano, -Grazie- rispose di rimando Alyssa, buttandosi fra le braccia dell’amica.

-I tuoi genitori sarebbero orgogliosi di te- le sussurò l’amica nell’orecchio, mentre l’abbraccio continuava ancora, e ancora, e ancora… In fondo, che motivo c’era di interrompere quel momento.

-Ora una bella doccia però!- disse Alyssa, per rompere quella situazione un po’ troppo malinconica per i suoi gusti.

Che portento di ragazza, aveva trovato il modo di interromperlo!

Non fece in tempo a mettere piede fuori dalla doccia che il suo iphone iniziò a squillare

-Chi diamine è che mi chiama?- disse la ragazza mentre a piedi scalzi e naturalmente come suo solito, ancora bagnati, corse verso il tavolo dove era poggiato l’aggeggio che continuava a “cantare” la sua canzone preferita: “Iris” dei Goo Goo Dolls.

-Pronto?- chiese Alyssa con tono interrogativo portando il telefono all’orecchio -Ciao Aly, sono Liza. Lo so che ti sei presa dei giorni di permesso, ma dobbiamo assolutamente vederci. Ti devo parlare- concluse la donna dall’altro capo del telefono, -Ok, dammi il tempo di vestirmi e sono da te- chiuse la telefonata la ragazza ancora in accappatoio e senza avere la minima idea di cosa indossare.

Spostò il telo impolverato che aveva messo sull’armadio per proteggerlo dalla vernice, riuscì ad aprire leggermente l’anta per tirarne fuori a mosca ceca, un jeans stretto, una maglietta “total white” e il giacchetto di pelle che tanto amava. Ai tacchi di certo non riusciva a resistergli.

Tornò in bagno per vestirsi in fretta e furia, senza smettere però di maledire il giorno in cui aveva avuto l’idea di voler pitturare casa.

Uscì di casa con i capelli ancora umidi, “Finiranno di asciugarsi da soli” si riprometteva sempre lei quando doveva compiere quell’azione che odiava tanto, ma che purtroppo le era indispensabile compiere se non voleva sentirsi ronzare le mosche sulla testa; “Dio che schifo” pensò ancora nella sua testa cercando di cancellare l’immagine che si era appena fatta di sé.

Per fortuna casa sua non era tanto distante da quel palazzo in cui sorgeva l’ufficio della direttrice della sua agenzia, così tempo un quarto d’ora e fu lì, pronta a chiamare l’ascensore premendo il pulsante rosso sul muro color avorio.

-Salve signor Finchel- salutò Alyssa l’uomo con i capelli brizzolati che uscì dall’ascensore per fare spazio a lei.

Stranamente quel giorno nessuno chiamò l’ascensore mentre lei vi era dentro, “Strano” pensò la sua testa, “Miracolo” precisò lei.

Le porte dell’ascensore si aprirono, lei si stampò un sorriso in faccia ed iniziò a percorrere il corridoio di parquet lucido, fino ad arrivare alla porta con la targhetta oro che recitava “Mrs Liza Chole - Direttrice” per bussarci sopra e aspettare quella voce al suo interno che diceva –Avanti-

La situazione che trovò lì dentro era la solita: scrivania coperta di fogli in disordine con dietro una donna con le sue mani nei capelli color cenere, disperata e….senza speranze! O almeno era quello che pensava sempre Alyssa

-Liza…- attirò la sua attenzione la ragazza

-Siediti! Ho un lavoro per te…-


   
 
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