Il cuore ha le sue ragioni che la ragione non conosce.
- Amare è sempre pericoloso, Martin. Amare significa sperare
di vincere tutto rischiando di perderlo e significa anche,
a volte, accettare il rischio di essere meno amati di quanto
non si ami.-
- Bè, ecco, questo rischio credo di non essere più disposto
a correrlo.-
(G. Musso, Perché l’amore
qualche volta ha paura.)
Erano giorni che lui non
osava rivolgerle la parola. Camminava a testa bassa, quando la incontrava. Guardava
ovunque tranne che nella sua direzione, quando erano nella stessa stanza. Rispondeva
a tutte le domande che gli venivano rivolte, ma non alle sue. Sembrava volesse
dimostrare qualcosa a se stesso, magari che lui era capace di starle alla
larga, magari non sentiva la sua mancanza. Forse,
semplicemente, aveva paura di affrontare la realtà.
Ma lei, avrebbe dovuto
saperlo, non era un tipo facile alla resa. Se al cinquanta percento era una
Tonks, famiglia da generazioni dedita al proseguimento della pace e della
rassegnazione, nell’altro cinquanta percento era una Black e lui, che come
migliore amico aveva un Black, sapeva che l’orgoglio e la testardaggine
avrebbero prevalso. Soprattutto quando in gioco c’era la sua vita e il loro
amore.
Dalla sedia sulla quale
era seduta riusciva a scorgere dalla finestra un piccolo sprazzo di blu,
puntellato da argentei segnetti. Al contrario di tutte le altre volte che aveva
preso posto sempre su quella sedia, era ferma: la sua gamba, perennemente
nervosa, non si muoveva neanche di un millimetro e persino le sue mani erano
ferme, raccolte in grembo. A vederla così, con quei lunghi capelli grigio topo
e le profonde occhiaie accumulate da notti insonni sotto gli occhi, si poteva
benissimo scambiarla per un’altra persona. Ad essere sinceri, odiava quell’aspetto.
Odiava alzarsi la mattina e vedere riflessa nello specchio l’immagine di una
ragazza di appena ventitré anni che ne dimostrava almeno quaranta. Odiava quei
capelli lisci e morti, privi dei
colori vivaci che l’avevano sempre caratterizzata. Odiava quegli occhi neri
come la notte e privi di qualsiasi scintilla. In quei momenti voleva
rassegnarsi, gridare al cielo che si arrendeva, solo perché voleva tornare ad
essere quella di prima. Ma qualcosa si era irrimediabilmente spezzato nel suo
animo e solo una persona sarebbe stata in grado di riattaccare tutto.
Arthur, a capotavola,
discuteva ormai da mezz’ora con Kingsley sul recente colpo messo a punto dai
Mangiamorte: il negozio di Olivander era stato ritrovato in pessime condizioni
solo la sera prima e dal puzzo di magia nera della quale era pregno, gli unici
responsabili di tale scempio potevano essere loro soltanto. Molly, seduta
accanto al marito, non sembrava invece presa dalla conversazione e le sue
occhiate erano tutte per lei: lo stato in cui versava era una fonte di
preoccupazione per tutti, ma per la donna lo era ancora di più. Non riusciva
davvero a capire quali fossero sul serio i motivi che spingessero lui a
rifiutarla, ma di certo, vista la sua natura, poteva provare ad afferrarli.
- Tonks cara, hai un brutto
livido sulla guancia, cosa è successo?-
Di colpo gli occhi di
tutti furono su di lei. In casi come quello, la maggior parte delle volte i
suoi capelli viravano all’arancione, ma non c’era più nulla che potesse
ridestare i suoi poteri sopiti.
- Sono inciampata in una
sedia, a casa. Non è nulla di cui preoccuparsi.- tentò di abbozzare un lieve
sorriso. Sentì sul viso solo una smorfia.
Ognuno dei presenti tornò
ad occuparsi dell’accesa discussione tra Arthur e l’Auror. Ognuno dei presenti
tranne lui.
Lui, che fino a quel
momento aveva evitato qualsiasi contatto, seppur platonico con lei, continuava
a fissarla. Decise che non era in grado di sostenere quello sguardo e così si
alzò, con la scusa di avere sete.
La cucina, le sembrò il
Paradiso.
Non era per niente facile
andare avanti in quel modo. Sapeva di dover trovare al più presto una strategia
di attacco, o magari di difesa. Il vero problema non consisteva nel non essersi
arresa, ma nella facilità con cui gli lasciava troppo tempo per svignarsela. Doveva
affrontare la situazione come un ragno: immobilizzare la preda, innanzitutto. Doveva
comportarsi da ragno. Anche se i ragni le facevano terribilmente schifo.
Svuotò il bicchiere d’acqua
– pieno per metà – nel lavandino e si girò per ritornare a prendere posto nella
stanza della riunione. Erano passati dieci minuti da quando si era alzata,
ormai lui doveva essere ritornato al piano iniziale.
Non fu così.
L’aveva seguita in cucina.
Per un attimo – un attimo
soltanto – rimase immobile a guardarlo.
Era
bello. Nonostante quelle
cicatrici che gli deturpavano parte di una guancia, nonostante gli abiti
usurati dal tempo. Era bello. Quegli occhi
color dell’ambra non facevano che sembrare più vividi più passava il tempo e il
ciuffo biondo che ricadeva a coprirli la maggior parte delle volte, seppur
striato da capelli grigi, pareva soffice come la sabbia dorata del deserto. Era bello.
- Come … come stai?- le
chiese.
Che domanda sciocca. Che domanda
idiota. Come poteva stare? Non si vedeva?
- Oh molto bene. Proprio
ieri sono tornata da una riposante giornata in un centro benessere, dopo aver
passato una ventina di giorni in Francia a cenare a lume di candela con
chiunque mi capitasse sotto tiro. Contento?-
Ninfadora Tonks, a detta
di molti che la conoscevano, era sempre stata la perfetta Hufflepuff: leale,
divertente, ligia al proprio dovere e mai acida. Quei molti che la conoscevano,
dopo aver sentito le sue parole, si sarebbero chiesti se per caso il mondo si
fosse capovolto.
- Ninfadora …- mormorò
lui, supplicante quasi.
Merlino, persino il suo
nome, detto da quella bocca, sembra più bello.
- No. Non voglio sentire
una stramaledetta acca detta da te. Sono stanca di dover ascoltare le tue
assurde scuse, i tuoi stupidi discorsi e tutta la pappardella che mi rifili
ogni volta. Cosa credi Remus, che io sia stupida? Beh mi dispiace tanto, ma
credo che tu abbia capito male. Ora, se non ti dispiace, vorrei tornare alla
riunione.-
Chi stava scappando in
quel momento? Lui no di certo. Era testarda, orgogliosa, ma forse dopo tutto
quel tempo passato a combattere senza un minimo di risultato era stanca anche
lei.
- Ascoltami Dora,
ascoltami per un momento soltanto.-
Il cervello le gridava di
scappare via, correre il più lontano possibile.
Il suo cuore, infingardo e
traditore fino in fondo, le intimava di rimanere.
Il
cuore ha le sue ragioni che la ragione non conosce.
- Hai ragione quando dici
che i miei discorsi sono stupidi. In fin dei conti, tutto ciò che faccio è stupido.
Credo che tu sappia quale sia la cosa più stupida che io abbia fatto in vita
mia: mi sono innamorato. Cosa credi Dora, che tu sia l’unica a soffrire? Credi davvero
che io abbia deciso di evitarti perché sei molto più piccola di me o perché pensi
di non essere alla mia altezza? No. Non è così … la verità, Dora, è che sono io
a non essere alla tua altezza. Io sono sbagliato. Non dovrei esistere. Tu lo
sai e …-
- E cosa? Cosa Remus?
Diamine, perché cerchi scuse ovunque? Hai detto di esserti innamorato: amare è
la cosa più bella al mondo, ma perché tu ne hai paura? Perché? Non capisco.-
- Ho amato tante persone
in vita mia e tutte sono scomparse ogni volta per la stessa ragione. Non voglio
più correre il rischio di rimanere deluso. Di non essere più amato.-
Gli occhi di Tonks si
velarono di lacrime. Prima che lui decidesse di evitarla una volta per tutte,
avevano affrontato quel discorso innumerevoli volte. Solo allora, però, si era
deciso a rivelare la verità.
- Ma ci sono state persone
che hanno ricambiato … Sirius, James … persino Minus. Sono stati con te, non ti
hanno abbandonato dopo la verità …-
- Con loro era diverso,
Dora. Loro avevano anche altre cose su cui fare affidamento … loro non dovevano
passare necessariamente l’intera esistenza con me. Guardati, invece. Sembra che
tu abbia fatto di questo povero licantropo l’unica tua ragione di vita. Cosa
succederebbe se un giorno ti rendessi conto di non poter più sopportare le mie
trasformazioni, la mia povertà? Cosa succederebbe se un giorno, per sbaglio, ti
attaccassi? Ne usciremmo malconci tutti e due e io non posso permettere che tu
soffra …-
- Mi fai già soffrire! Oh
Remus, non lo vedi? L’hai detto tu stesso … tu sei la mia unica ragione di vita
al momento e starti lontana … essere costretta da te a starti lontana mi
uccide. Come puoi pensare che io possa stancarmi di te? Io ti amo Remus Lupin,
così tanto che tu non puoi immaginare. Così tanto che la tua licantropia, è
nulla in confronto.-
Ormai quelle gocce che
fino a qualche minuto prima avevano solamente velato i suoi occhi, ricadevano
delicate lungo le guance, scavando un percorso che difficilmente si sarebbe
cancellato.
Come poteva, si chiedeva
Remus, una ragazzina di ventitré anni amarlo così tanto? Come aveva potuto
pensare che dopo tante sofferenze, il destino lo lasciasse in pace? Era costretto
ad amare in silenzio anche lui. Se c’era una cosa che più di altre avrebbe
voluto fare, era quella di affondare il viso tra i capelli della sua Dora,
stringerla tra le sue braccia e non staccarsi mai più, risvegliarsi la mattina
accanto a lei per tutta la vita. Voleva semplicemente lasciarsi andare,
staccare definitivamente quell’ormai minuscolo filo che collegava il cuore al
cervello. Ma forse non ne era in grado. Anzi no, lui non poteva.
Per quanto tempo ancora si
sarebbe nascosto dietro quel verbo e quella negazione? Per quanto tempo ancora
avrebbe lasciato che il suo animo venisse corrotto dalla paura, infida e
maligna?
Le braccia di lei improvvisamente
gli si strinsero attorno al collo e lasciò che lo cullasse, per quei lunghi
minuti che gli parvero pochi battiti del suo cuore. Lasciò che lei posasse le
labbra umide e rosse sulle sue, cercando di farne un ancora di salvezza. Lasciò
che per un attimo il mondo smettesse di esistere per far sì che loro due soli
fossero vivi.
Ma poi Tonks si staccò e
guardandola, nonostante gli occhi gonfi e rossi, nonostante i capelli ancora
orrendi, nonostante la paura che gli attanagliava le viscere, seppe di amarla
davvero senza poter tornare più indietro e che ormai scappare non sarebbe più
stato facile.
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Ultimamente
passo più tempo a scrivere e a decidermi a pubblicare che non a fare altro. Quarta
shot pubblicata in pochi giorni.
Per
citare il mio ultimo professore di latino: mi stupisco di me stessa!
Oggi
pomeriggio stavo sfogliando il mio quadernetto di frasi prese dai libri e mi
sono soffermata per un attimo a leggere quella che trovate all’inizio. Per colpa
di mia zia io sono terribilmente innamorata dei libri di Musso e sono ancora
più innamorata del caro Remus. Quindi, visto che la citazione mi sembrava
terribilmente appropriata a lui e alla sua riluttanza nel cedersi a Tonks mi
sono detta: perché non farne uscire fuori una bella shot? E così eccomi qui
nuovamente alla ribalta.
Ormai
è inutile, io quell’uomo lo amo. Perché da personaggio di carta non può
trasformarsi in uomo di carne? Merlino crudele!
Ok,
evaporo.
Smack!