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Autore: Soul Sister    27/07/2011    2 recensioni
Chiara, ragazza venticinquenne solare ed allegra, crede che la sua vita sia perfetta: ha un ragazzo con cui crede di star bene,un lavoro noiosissimo in una rivista per teenager, e delle amiche splendide.
Tutto fila liscio, per lei, finchè una delle sue amiche la invita a passare le vacanze da lei, intenzionata a fare una rimpatriata con le vecchie conoscenze. Di certo, però, non crede di ritrovarsi Lui, il ragazzo che le aveva rubato il cuore e un solo bacio anni prima; lo stesso ragazzo che l'amava, ma che aveva rifiutato perchè ormai non c'era più tempo, perchè era stanca di soffrire.
Ma il cuore, traditore, le batte forte, con Christian al fianco, mentre la sua relazione è sempre più instabile e sfiancante, per lei.
Le amiche di Chiara, a conoscenza di tutta la loro tribolata storia, decidono di mettere insieme l'unica coppia scoppiata della compagnia, che merita finalmente di essere felice. Sarà così?*Estratto del terzo capitolo*
Quando, finita la birra, la accartocciò, Chiara gli riservò l’occhiata più truce che avesse mai lanciato a qualcuno, e lui si aprì in un ghigno soddisfatto. Si allungò e le sfilò il libro di mano, proprio quando lei cercava di recuperare la pazienza e la voglia di leggere quel benedetto libro.
-Ehi!- si lamentò.
Fece per riprenderselo, pronta anche ad una rissa, quando lui le fece il sorriso più furbo e affascinante che le avesse mai rivolto.
-Sei da venti minuti sulla stessa pagina, Chiara.- l’apostrofò, e lei si sentì maledettamente in imbarazzo, perché aveva ragione.
-E’ colpa tua!- sbottò, -Fai casino!- ed era la verità..se non fosse stato che, se al suo fianco ci fosse stato un’altra persona, lei non sarebbe stata così distratta. Era lui, la sua vicinanza, il suo profumo..maledetto lui, e quel suo magnetismo!
Lui ridacchiò, e lanciò la vecchia copia del libro sul tavolino.
-Dato che a casa siamo soli, io e te..- lasciò in sospeso la frase, in un sussurro pieno di doppi sensi. Chiara si sentì arrossire; il suo cervellino era andato in pappa, con pensieri tutt’altro che dovuti per una ragazza già impegnata. –Potremmo parlare.- concluse Christian, con un sorriso divertito e malizioso allo stesso tempo, osservando le reazioni della ragazza al suo fianco.
Parlare..ma chi cavolo vorrebbe solo PARLARE con Christian?!
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Estate: Amicizia, divertimento e..AMORE!'
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Dammi Tre Parole
Capitolo uno. La casa al mare di Alice
-Sai, se sparissi dalla faccia della terra, faresti un regalo immenso all’umanità!- ringhiò una piccola ragazza dai capelli mori, diventando tutta rossa per la rabbia.
Il ragazzo di fronte a lei, strinse forte i pugni lungo i fianchi, talmente forte da sentire intorpiditi i palmi delle mani, e la guardò con astio.
-Vale la stessa cosa per te!- sibilò in risposta, -Chiara, sei solo una bambina! Non capisci mai niente!-
Chiara arrossì, se possibile, ancor di più, mentre le parole di Christian le arrivavano dritte dritte nel cuore. Le veniva da piangere per la frustrazione. Che voleva ancora da lei? Non l’aveva già fatta soffrire abbastanza?
-Cosa non capisco, sentiamo?- sbraitò Chiara, trattenendo le lacrime.
-Oh,ma lasciamo perdere..se ti dicessi che mi piaci cambierebbe qualcosa?-
.
Chiara si risvegliò di soprassalto, con uno strano batticuore.
A distanza di dieci anni, quel giorno le era riapparso in sogno, lasciandola assolutamente gelata nel cuore. Oh, per la miseria, a quel tempo aveva solo quindici anni, non c’era motivo di pensarci. Che razza di sogni andava a fare! Così imparava a mettersi a guardare le foto di quando era più giovane prima di andare a letto, e a parlare per più di un’ora al telefono con Viola.
Sospirando, si girò su un fianco, cercando di riprendere sonno, ma le era impossibile. Continuava a rimuginarci, come una povera scema.
-Ehi, Chià, che hai?- mormorò roco Marco, il suo fidanzato, stiracchiandosi.
Lei volle sprofondare nel materasso. –Scusa..non volevo svegliarti.- rispose, mortificata. Lui mugugnò qualcosa d’indefinito, e aprì le braccia per accoglierla. Lei lo assecondò facendosi stringere da Marco.
Si sentiva così inquieta dopo quel sogno, che le pareva di star tradendo il suo fidanzato. Era una vera stupidata, se lo ribadì mentalmente: erano passati dieci anni, ne era passata di acqua sotto i ponti.. possibile che si sentisse pentita della risposta?
-Allora..che hai?- insistette Marco, sentendola ancora pietrificata tra le braccia.
-Ho..fatto un incubo.- mentì lei, sentendo le guance prendere fuoco per il pentimento. Per fortuna gli dava la schiena.
Lui la strinse, e a Chiara parve che la stesse soffocando. –Tranquilla..ci sono qui io. Ora cerca di riaddormentarti..- consigliò in un soffio sui suoi capelli. Chiara sospirò; qualche istante dopo, il respiro di Marco era tornato pesante e regolare, segno che si era riaddormentato.
Chiara ci mise tanto tempo per prendere sonno, fin troppo, e quando finalmente era sprofondata nella pace dei sensi, la sveglia era suonata. Imprecò svariate volte, contro la miseria, i cani, le mucche,e il comodino contro cui aveva picchiato il mignolo del piede. Decretò, con un’aria corrucciata, che una doccia calda e rilassante avrebbe potuto sistemarle l’alzataccia.
Si guardò allo specchio, e stentò a riconoscersi. Pareva tanto Samara di The ring, non c’era che dire: faceva paura, bianca come un cencio, con le occhiaie marcate, il trucco del giorno prima che aveva dimenticato di lavar via sbavato in modo osceno, e gli occhi rossi e gonfi, segno che le stava pure venendo la congiuntivite.
Non aspettò oltre, si spogliò dal pigiama tre volte più grande di lei di un rosa confetto regalatole da sua nonna, e si buttò sotto il getto della doccia. Ringhiò tra i denti, sentendo arrivarle addosso l’acqua gelata. Ma bene: l’acqua calda sembrava essere andata in sciopero. Perciò, si fece una velocissima doccia gelata: se non altro l’aveva svegliata.
Si vestì con dei jeans e una felpa pesante, e scese a far colazione. Preparò un caffè scuro come la notte, e quando lo bevve, sentì un conato di vomito colpirla. Sputò tutto nel lavandino, e guardò il barattolo da cui aveva preso lo zucchero. Le venne voglia di picchiarsi la testa contro al muro: aveva messo il sale nel caffè, non lo zucchero. Con un sospiro, si massaggiò le palpebre, sentendo il mal di testa assalirla. Era chiaro come il sole che quella era proprio una giornata no: se il buongiorno si vede dal mattino..
Si spostò di nuovo in camera sua, indossò un paio di All Star, e dopo aver indossato il giubbotto e recuperato la borsa, uscì fuori. Per poco non scoppiò a piangere come una disperata: stava diluviando, la macchina era fuori uso, Marco era già andato al lavoro, e indossava le scarpe di tela che si sarebbero sicuramente inzuppate. Questa era pura e mera sfiga.
Guardò l’orologio, e sentì il cuore schizzarle in gola: era tardissimo, e non aveva nemmeno il tempo di rientrare per cambiarsi le scarpe.
Tirò su il cappuccio, e cominciò a correre verso la redazione di un piccolo giornaletto per teenagers.
Quando entrò, sentì il calore avvolgerla completamente, e per la prima volta in quella pessima mattinata sorrise. Si levò il cappuccio, e proseguì verso la sua scrivania, di fronte a quella di Bea, che appena la vide si accigliò.
-Chià, sembri una sopravvissuta al diluvio universale..- commentò, ridacchiando appena davanti allo sguardo truce di Chiara. La ragazza si lasciò sprofondare nella poltrona girevole, e sospirò.
-Non parlarmene, per piacere..la mattina è proprio cominciata nel peggiore dei modi..e ho il lago di Garda nelle scarpe.- borbottò, passandosi stancamente una mano tra i capelli scuri.
Bea aprì la bocca per ribattere, ma in quel momento entrò il loro capo, che pretese silenzio e che cominciassero tutti a lavorare.
Chiara aveva una piccola rubrica, chiamata “La posta del cuore di Kia”. In effetti, la cosa non la entusiasmava molto. Era sempre stata una frana con le questioni di cuore, e, secondo lei, era già tanto che Marco la volesse ancora al suo fianco. Comunque, siccome doveva pagarsi l’affitto dell’appartamento, si accontentava di quell’impiego. All’inizio, era tutta elettrizzata..poi pian piano, si accorse che effettivamente dare consigli su cose così futili come “cosa mi devo mettere al mio primo appuntamento?” , o comunque, che doveva sperperare delle sue perle di saggezza per gente che nemmeno conosceva, era veramente una barba assurda.
La mattinata passò lenta, tra le lettere e i messaggi d’amore; si sentiva solo il rumore delle tastiere e il ticchettare della pioggia scrosciante sui vetri della redazione. Ogni tanto Chiara alzava il naso dalle lettere delle ragazzine, per sospirare a quel cielo plumbeo e minaccioso. Il ricordo del sogno di quella notte spesso faceva capolino, ed era piuttosto difficile per lei tornare a concentrarsi sul suo lavoro. Non aveva senso, si ripeteva. Perché si faceva tutte queste paturnie mentali su una cosa successa quasi dieci anni prima, quando ancora aveva l’età di quelle ragazzine disperate che le chiedevano quale smalto scegliere tra il rosa antico e il perlato? Non aveva senso.
Fortunatamente arrivò il momento della pausa pranzo, e la fame e le chiacchiere con Bea l’avevano distratta da quei pensieri stupidi, inutili e ridicoli.
Andarono nel bar di fronte alla redazione, e ordinarono due tranci di pizza con una cocacola.
-Allora..che piani hai per le vacanze di Natale?- esordì Bea, azzannando il suo pasto e guardandola con i suoi grandi occhioni color acqua sporca.
Prima che potesse risponderle di non aver niente da fare, il suo cellulare prese a squillare, e lei rispose quasi subito.
-Pronto?-
-Chià‼- esclamò Alice, con un’aria euforica, -Hai impegni per le vacanze natalizie?- chiese. Chiara si accigliò.
-No, non ne ho, perché?-
-Benissimo! Che dici, ti va di venire alla casa in Sardegna di Diego? Ci saranno anche Andrea e Viola, dai..- chiese, sempre con quella nota eccitata all’inverosimile.
-Beh..pensavo di passare del tempo con Marco..- spiegò.
-Non c’è problema..porti anche lui!-
Chiara sospirò. In effetti, non era una brutta idea, passare le vacanze con tutte le sue amiche. Ne aveva terribilmente bisogno, voleva il loro supporto, e poi erano quasi tre mesi che non si vedevano. E poi, Marco non avrebbe fatto storie.
-Sì, va bene. Ma sei sicura?- domandò poi; non voleva causar nessun disturbo.
-Chià, è già tutto organizzato! Mancavi solo tu! E non c’è alcun problema, cara, la casa è grande, ci sta mezzo mondo…ti piacerà! C’è pure la piscina al coperto!-
Chiara ridacchiò per l’entusiasmo di Alice, che continuava a farneticare. Le faceva piacere sentirla, ma dovette stopparla e riattaccare, anche se di malavoglia. La pausa pranzo era quasi finita, e la sua pizza era quasi totalmente fredda. Ingoiò il suo pranzo, e chiacchierando con Bea tornò alla redazione. Stava ancora piovigginando, il cielo era scuro e tutto sembrava grigio e tetro. Qua e là per le vie, degli addetti stavano appendendo delle luci di Natale, che avrebbero dato un po’ di colore alla cittadina.
Il pomeriggio, se possibile, fu ancor più noioso e pesante. Se la mattina aveva risposto alla posta del cuore, il pomeriggio il suo incarico era stato quello di correggere delle bozze di alcuni articoli.
Quando tornò a casa, si lasciò totalmente andare sul divano, e il suo cervello volò indietro nel tempo, a quando era solo una ragazzina, a quando era davvero innamorata di quel ragazzo indisponente e maleducato che continuava a prenderla in giro. Quello stesso ragazzo che l’aveva fatta soffrire come non mai, e che per questo motivo aveva rifiutato.
-Ehilà, tesoro!- la voce di Marco la distrasse da quei ricordi, e si mise seduta, attirando le ginocchia al petto e posandoci sopra il mento.
-Marco, ho una proposta da farti.- esordì lei, e il suo fidanzato che si stava togliendo il giubbotto, la guardò curioso. –Alice mi ha proposto di passare le vacanze in Sardegna..cioè, io e te. Ci saranno anche Viola e Andy..- spiegò, assumendo un’aria quasi implorante.
Marco si strinse nelle spalle. –Okay. Devo prenotare il volo?- Chiara si alzò e lo abbracciò forte, ringraziandolo a macchinetta, facendolo sorridere.
-Okay, okay! Deduco sia un sì..-
*
-Pirla! Cretino! Deficiente! Testa d’uovo! Cos’hai nella zucca, segatura?- Jacopo attese pazientemente che il fiume d’insulti svanisse dalla bocca della sua fine mogliettina, le braccia incrociate al petto, il sopracciglio alzato, e una smorfia appena accennata al posto del suo solito sorriso sghembo. La pacatezza del ragazzo era l’opposto dello stato d’animo di Andrea, che sentiva le corde vocali dolere per le urla, le tempie che pulsavano per il troppo sangue che arrivava, e sulle sue guance si poteva benissimo cuorere un uovo talmente erano bollenti e rosse.
Finì di insultarlo, e lui meccanicamente si avvicinò a lei con una falcata ben assestata, e le arrivo a un palmo dal naso. –Finito?- alitò, fissandola con intensità nelle iridi, e facendole perdere l’uso della ragione, mentre nella sua testa la voglia di picchiarlo veniva accantonata da istinti decisamente più violenti e prementi. Non passò un istante, che Andrea si ritrovò le labbra di Jacopo incollate alle sue. Per quanto la cosa le facesse molto piacere, era ancora molto incazzata, perciò, con una forza di volontà disumana, lo staccò da sé.
-Giordani, sei proprio un vile. Ho appena finito di insultarti, e mi salti addosso come se niente fosse! Piuttosto, fatti divorare dal rimorso e dammi ragione.-
-Preferisco farmi divorare da te.- disse lascivo, con un sorrisetto malizioso.
Le guance di Andrea erano paonazze. –Sei un maiale, Jacopo!- ribattè fintamente indignata, senza riuscire a non ridacchiare un po’.
-Mi hai sposata, però.- l’apostrofò, -E abbiamo fatto dei piccoli capolavori..- Andrea sorrise tra sé, ma se ne pentì per la frase che seguì. –Segno che non ti è dispiaciuto..- non lo lasciò continuare, e gli diede un buffetto sul braccio, divincolandosi da lui.
-Va a prendere i bambini, fila!-
Cacciò il marito fuori casa, e sospirò. Sposarsi con Jacopo: una disgrazia!
Peccato che lo amasse troppo, per non farlo.
Si mise ad apparecchiare, canticchiando tra sé, quando il suo fido cellulare cominciò a suonare. Si catapultò a rispondere, e sorrise sentendo che era la piccola ClèClè. –Weh ciao!- esclamò la sua amica, con un tono estatico.
-Ciao Chiara!- rispose Andrea, tenendo bloccato il telefonino tra la spalla e l’orecchio, mentre con le mani cercava di mescolare quello che cuoceva sul fuoco.
-Ho saputo che ci sarai anche tu da Alice per Natale!- trillò, euforica. Andrea rise. –Non vedo l’ora di partire sai? Ho bisogno di staccare.- borbottò.
-Piccole Pesti crescono?- domandò divertita Chiara, riferendosi al figlio più grande di Andrea. Mirko, chiamato anche La Peste Bionda per ovvi motivi, aveva quasi sei anni, ed era inarrestabile quanto uno Tzunami.
Mentre Luca, il più piccolo dei biondissimi figli di Andrea e Jacopo, aveva da poco compiuto i due anni, ed era un angelo.
-No. Cervello di un marito pirla, si rimpicciolisce.- rispose esasperata. Chiara rise allegramente.
-Scommetto che avete appena discusso.- dedusse.
Andrea assunse un’aria scettica, come se la sua amica potesse vederla; il suo tono era altrettanto cinico. –Chiara, non c’è momento della giornata in cui non battibecchiamo.- le ricordò, -Comunque sì. L’ho insultato a dovere, e sai lui cos’ha fatto? Mi ha baciato. Gli ho detto che dovrebbe essere divorato dal rimorso, e lui ha risposto: “preferico farmi divorare da te.”- Chiara venne colpita da un attacco quasi isterico di risate, e Andrea si preoccupò seriamente.
-Chià..-
La ragazza cercò di ricomporsi, ma solo al ricordo della frase le veniva ancora da ridere. –Scusa..- farfugliò.
-Invece, te come va con..?- Inutile, si disse Andrea, non ricordava mai il nome del ragazzo di Chiara. Forse perché l’unica volta che l’aveva visto, da lontano, additato da Viola, al matrimonio della sorella di Diego, le era subito stato sulle scatole. Forse, perché da dieci anni a questa parte, aveva sperato nel miracolo. Forse perchè sperava da quasi tre anni, ovvero da quando si erano messi insieme, che si lasciassero. Perché, come diceva lei, il culo di un uomo non è tutto, e francamente, quello di quel tipo non era granchè.
-Marco.- le ricordò con un tono macabro Chiara, che si era improvvisamente incupita. –Bene..credo.- Andrea si accigliò.
-Come credi?- incalzò, senza mascherare la perplessità nella voce.
-Non lo so, Andy! Lui è perfetto..sto bene con lui: ma non so se potrei essere più felice di così..- Andrea sorrise appena, tra sé e sé, intenerita.
-Su, tesoro! Non farti questi problemi! A proposito, Coso, lì, il tuo fidanzato, viene in Sardegna con te?-
-Sì- sospirò Chiara, -riuscirò a presentarvelo una buona volta.-
-Mh..okay!- fece fintamente entusiasta Andrea. Lo strillo di Mirko, che entrava in casa, le diede un pretesto per riattaccare e non continuare l’argomento “vi presento il mio tipo”, perché di quel passo anche per telefono Chiara si sarebbe accorta che l’idea non la toccava, se non addirittura infastidiva. –I miei figli mi chiamano..un bacio, a domani!-
-Okay. A domani..- ecco di nuovo il tono tetro, ma non potè dire nient’altro perché Chiara aveva già riattaccato.
Servì in tavola il pranzo, mentre Mirko, totalmente sconvolto, sorrideva soddisfatto. Matteo aiutò il piccolo Luca a mangiare, mentre Andrea era assorta dai discorsi del figlio più grande, che raccontava le sue avventure alla scuola materna. Andrea non se ne capacitava: sembrava ieri quando aveva infamato Jacopo durante il parto, per averla messa incinta e farle passare quella tortura. E solo qualche mese dopo, il suo bambino sarebbe andato alla scuola elementare.
-Mamma, quindi domani prendiamo l’aereo?- chiese il bambino, euforico.
Andrea annuì, quasi distrattamente.
-E quindi, andiamo a trovare zia Alice?-
-Sì Mirko.- rispose Jacopo, con un sorrisone.
-E c’è anche zia Chiara, e zia Viola?-
-Certo!- esclamò Andrea, di buonumore già a quella prospettiva.
-E quindi- ricominciò, a macchinetta, inarrestabile, -c’è anche Giulia‼- e quella, che non era una domanda, bensì una constatazione, si aprì in un sorriso magnifico. –E quindi, dato che c’è zio Matteo, ci sarà anche zio Christian!-
In quel momento,il sorriso sulle labbra di Andrea si congelò, e Jacopo tenne a mezz’aria il cucchiaio, e si voltò immediatamente a guardare la moglie. Luca si lamentò, affamato e indignato, perché il padre non si decideva a dargli il suo pasto.
-Cacchio.- commentò Jacopo, stralunato. –Non ci avevo pensato.-
-Già..Nemmeno io.- Andrea ricambiò lo sguardo preoccupato del suo uomo. –Non credo che Alice abbia detto a Chiara che ci sarà Christian. Sono anni che non si vedono..- deglutì a vuoto, -Insomma, non ci saranno problemi..Gesù, avevamo quindici anni!-
Jacopo diede il cucchiaio a Luca, che prese a mangiare da solo, tutto soddisfatto. Mentre Mirko ascoltava curioso le parole dei suoi genitori, capendone forse due o tre.
-Chissà com’è..- Jacopo si schiarì la gola, -vedere tutti i propri amici stare insieme..con la consapevolezza che la propria storia, a differenza delle altre, non è andata nemmeno in porto..-
-Io credo che ce l’avrei con me stesso.- continuò poi, -Decisamente. Se non ti avessi avuta prima, ora cercherei in ogni istante di conquistarti.- Andrea gli sorrise, e lui la guardò con quel suo sguardo innamorato che le faceva sciogliere il cuore e andare in pappa il cervello.
-Beh..comunque,bisogna preparare le valigie!-
Andrea gli puntò addosso la forchetta: -Vedi di non svignartela, eh, mi dai una mano!-
*
-Mamma! Mamma!-
-Un attimo, tesoro!- esclamò Viola dalla sua camera, mentre tentava con tutte le sue forze di chiudere la valigia straripante. Si passò una mano tra i capelli per toglierli dal viso, scompigliandoli. Lei stessa sapeva di star commettendo un oltraggio, non era da lei avere i capelli in disordine!
Riuscì a tirare la cerniera, e sorrise soddisfatta. Si spostò in salotto, dove la sua piccola di quasi sei anni rideva in braccio al padre, che le faceva fare l’aeroplano.
Li guardò con un sorrisetto e un sopracciglio alzato. I suoi più grandi amori.
-Mamma! E’ caduto!- trillò Giulia, dimenandosi. Matteo ridendo la fece scendere, e la bambina corse dalla madre, sorridendo entusiasta: indicò con il piccolo dito la finestrella nei denti, e Viola la prese in braccio e le scoccò un bacio sulla guancia. –La mia bambina ha perso il dentino!-
La piccola Giuly ridacchiò, lanciando i pugnetti in aria ed esultando.
-Bisogna festeggiare!- esclamò Matteo, assumendo un’aria composta e seria. –Che ne dici di una cioccolata, Chicca?-
-Sì!- rispose Giulia, scendendo dalle braccia di Viola agilmente e prendendo per mano il padre, e tirandolo in cucina.
-Matteo, dev’essere una cosa veloce! Tra due ore abbiamo il volo, non voglio arrivare tardi!- gli ricordò.
Un’ora e mezza dopo, Matteo, con un’aria tutt’altro che calma e pacata, stava bussando alla porta del bagno, dentro cui vi era Viola.
-“Non voglio arrivare tardi!”- le fece il verso, sbuffando. –Seriamente, muoviti o perdiamo davvero il volo!-
-Sì, ci sono, un attimo!- esclamò. In quel momento la porta si aprì, e Viola ne uscì con in mano ancora la spazzola, che accennò una corsetta sui tacchi verso il salotto.
-Dove vai col pettine in mano?- la riprese, accigliato il marito, mentre le passava a fianco.
-Tesoro! Vieni dalla mamma!- esclamò Viola, ignorando le parole di Matteo. Giulia trotterellò sorridendo dalla madre, soddisfatta di poter mostrare la finestrella. Viola le pettinò la frangetta, e scaraventò la spazzola sul tavolo.
-Okay, si può andare.-
Salirono in auto, e Matteo uscì dal garage, imboccando la strada per l’aeroporto che per fortuna non distava molto da casa loro.
Ad un certo punto, Viola trasalì, e fece prendere un colpo a Matteo. –Che hai?-
-Ho dimenticato la piastra accesa!- Matteo imprecò tra i denti, e fece marcia indietro il più veloce possibile. Viola corse in casa, spense la piastra per i capelli che aveva usato poco prima, controllò i fornelli, e richiuse la porta.
Appena risalì in auto, Matteo le riservò un’occhiata severa: -Spento tutto?- Viola annuì, riprendendo fiato, e il marito mise in moto.
-Che fortuna sfacciata..- sbadigliò Matteo, lasciandosi andare sulla comoda poltrona dell’aereo. Appena fatto il check-in, era risuonata nello stabile l’ultima chiamata del loro volo, e l’avevano preso davvero per un miracolo.
-Già- brontolò Viola, appoggiando il capo sulla spalla di suo marito, -Non vedo l’ora di atterrare-.
Giulia era entusiasta, sembrava un vulcano in eruzione e non riusciva a star ferma. Ma la sua euforia aumentò a livelli disumani quando decollarono.
-Mamma! Mamma! Le nuvole!- indicò fuori dal finestrino, con uno scintillio di pura meraviglia negli occhi color miele, un mix tra le tonalità di quelli dei genitori. La piccola rimase tutto il viaggio incollata al vetro, ridacchiando e stupendosi di ogni cosa. –Le casette! Formichine, papi!- Matteo rise, accarezzando i capelli di Viola, che si era addormentata beatamente con la testa abbandonata su di lui. Adorava vederla dormire, e si sentì male a doverla svegliare quando atterrarono.
L’entusiasmo di Giulia sparì del tutto, e scesi dall’aereo, si lasciava trascinare dai genitori che la tenevano per mano, mentre andavano a recuperare le valigie.
-Ehi, tesoro..che hai?- le chiese dolcemente Viola chinandosi alla sua altezza, mentre Matteo prendeva i bagagli.
-Voglio tornare dalle nuvolette.- borbottò, gonfiando le guanciotte.
Matteo la prese da dietro, alzandola in aria e facendola urlacchiare per lo spavento. Le fece fare una giravolta sospesa a mezz’aria, e Giulia cominciò a trovarci gusto. –Sì, papà! Più in alto!-
Matteo posò a terra la loro bambina, che sbuffò. –Uffi, ancora!-
Il padre fece scricchiolare le ossa, e le fece un sorrisetto. –Dopo tesoro, a papà si è slogata la spalla.- Viola rise apertamente, abbracciando da dietro il marito.
-Povero paparino..- mormorò, sorridendo, -Ha il mal di schiena..- Matteo le afferrò un braccio e la trascinò davanti a sé per baciarla; Giulia, disgustata, si coprì gli occhi con le manine, facendo ridere i genitori. –Che schifo!-
-Eh..ti fa schifo ora figlia mia..vedremo quando sarai grande e avrai un ragazzo!- commentò Viola, prendendola in braccio per scoccarle un bacio sulla guancia.
-Co..cosa? Viola, cosa ti fa credere che lascerò mia figlia sotto le grinfie del primo caco dagli ormoni troppo sballati?- fece, totalmente sconvolto, Matteo.
Viola gli fece una linguaccia, poi si voltò verso la figlia. –Stai tranquilla, amore, papà non ti romperà le scatole quando sarai una bellissima ragazza.- Giulia scoppiò a ridere, mettendo in bella mostra la sua dentatura bucherellata, e fece una pernacchia a Matteo. Lui la guardò sconvolto. –No..la cosa non mi piace.-
-Ti farò fare un tatuaggio, e tutti i piercing che vorrai! E ti comprerò pure una moto da cross!- scherzò Viola, provocando in Matteo la voglia di segregare in casa sua moglie e soprattutto sua figlia.
-Tesoro, non scherzare..- disse, pallido. La moglie rise, e gli scoccò un bacio sulla guancia. –Oh, suvvia gelosone!- poi diede un buffetto sulla guancia di Giulia,
-Tesoro, a te l’onore e l’onere di trovare zia Alice.-
Giulia cominciò subito a guardarsi intorno, spalancando i suoi bellissimi occhioni, finchè non vide un viso conosciuto e punto il dito in fronte a sé.
-Mamma, c’è zia Chiara!- Viola mise a terra sua figlia, che sparì tra la gente. Seguì la sua risata cristallina, e la trovò in braccio alla sua amica, che le riservò un sorriso euforico. –Viola!- esclamò. Posò a terra la bambina, e corse dalla sua amica, abbracciandola con tutto il calore che poteva trasmetterle.
-Oh..Mi sembra passato così tanto tempo..- mormorò Chiara, sorridendo alla sua tenera, scontrosa Ragnetta Impanata. –E non hai fatto la lebbrosa, facciamo passi avanti Viò!- Rise da sola, sotto lo sguardo cinico dell’amica, e si voltò a salutare Matteo.
Due istanti dopo, arrivò Marco, trascinando da solo due valigie. –Chiara..- la chiamò. Lei si ricordò improvvisamente di aver lasciato indietro il suo fidanzato con tutti i bagagli, e diventò leggermente rossa. –Scusa Marco!-
-Figurati…- ansimò, passandosi una mano sulla fronte. Sorrise appena a Viola e Matteo, in un modo piuttosto freddo e distaccato. Non si conoscevano bene, infatti. Le volte che Chiara andava a trovarli lui non la seguiva mai, e lei, dal suo canto non insisteva. Era sicura che a Marco non stessero simpatiche le sue amiche e i loro compagni. Ma si era rassegnato alle partenze improvvise di Chiara, sapeva che non poteva stare troppo tempo senza le sue amiche.
-Zia Chiara..guarda!- Giulia si aprì in un grande, enorme sorriso, e a Chiara scintillarono gli occhi. Urlacchiò, chinandosi all’altezza della sua Giulietta, e le tirò le guance: -Oh cara, ti è caduto il dentino!-
La bimba si gonfiò d’orgoglio, e annuì: -Sì, stamattina!-
Viola guardò sua figlia e la sua amica, e poi si rivolse a Matteo, divertita: -Secondo te chi è più euforica, Chiara o Giulia?-
Matteo assunse un’aria corrucciata e pensierosa. –Mmh, questo si che è un quesito davvero difficile, Watson.-
-Sì, Emma- borbottò Viola, alzando gli occhi al cielo.
-Allora, cerchiamo o no Alice? Sapete com’è, vorrei arrivare a casa prima di Natale!- Scherzò.
Chiara si alzò,e tese la mano a Giulia, che l’afferrò di buon grado.
-Toh guarda, tra un po’ Giulietta supera Chiara!- una voce familiare giunse dalle loro spalle, e sorpresi si voltarono verso Jacopo, che aveva in groppa un biondissimo bimbo-che riconobbero come Mirko. Rivolse loro un caloroso sorriso, e diede una poderosa pacca sulla spalla di Matteo, che gemette appena.
-Ehilà!- soggiunse Andrea, sorridendo alle sue amiche, e avvicinandosi con Luca per mano. –Nemmeno volendo ci saremmo trovati tutti in aeroporto, non trovate?- rise, abbracciando prima Chiara e poi Viola. Riservò un’occhiata obliqua dietro alle spalle di Chiara, dove, in disparte, se ne stava rigido Marco. Chiara arrossì, e la portò dal fidanzato. –Andrea, lui è il mio fidanzato Marco. Marco, Andrea. Il barbone là-e indicò il marito dell’amica, -è Jacopo, e quello in groppa a lui è Mirko. Mentre questo piccolo orsacchiotto è Luca. – e sorrise teneramente, chinandosi dal bambino, che le sorrise.
-‘Ia..- pigolò, posandole una manina sulla guancia, che quasi fece piangere per la commozione Chiara. –Oddio, io adoro questo piccino picciò!- farfugliò la ragazza, su di giri. Poi si rialzò, e fece “ciao” a Mirko, che di risposta le fece una pernacchia e rise.
-Ma Mirko!- lo riprese Andrea, facendo solo ridere Chiara. La Peste Bionda aveva la stessa età di Giulia. I due andavano pericolosamente d’accordo: quando erano insieme erano pappa e ciccia, e ne combinavano di tutti i colori. Mentre il piccolo Luca, era più mite di un agnellino. E per questo, la domanda era sempre la seguente: “siamo sicuri che sia figlio vostro?”. Perché era risaputo che Andrea e Jacopo erano tutto, fuorchè calmi e pacati, e infatti per Mirko non si avevano dubbi: era peggio di un terremoto, proprio come i suoi.
-Benissimo! Diego, guarda quante fave e piccioni abbiamo trovato!-
Gli amici si girarono quasi contemporaneamente verso Diedo e Alice, sorridenti più che mai. Dopo i soliti convenevoli, saluti e mezze lacrime di commozione da parte di Chiara, qualche insuto mandato a Jacopo con gentilezza da Matteo, e battibecchi tra Andy e Ali, riuscirono ad arrivare al parcheggio. Chiara, Viola e Andrea salirono sull’auto di Alice, portandosi dietro Giulietta. Mentre gli uomini, con figli maschi in allegato, salirono con Diego.
-Ali, sei sicura di voler guidare nelle tue condizioni?- la riprese Andrea, accigliata, seduta accanto al sedile del conducente.
Alice, in risposta, sbuffò. –Sai meglio di me che essere incinta non significa né inferma né malata! Quindi sì, sono sicura di guidare nelle mie “condizioni”.- Chiara ridacchiò, Viola alzò gli occhi al cielo, e Andrea sprofondò nel sedile, borbottando cose senza senso.
Alice era euforica, un po’ per l’idea di diventare mamma, per quel pancione enorme di otto mesi che spiccava nonostante il giubbotto pesante, un po’ per gli ormoni che le sballavano l’umore. Diego, per quanto fosse felice ed emozionato, era anche terrorizzato all’idea del parto. Una delle tante volte che si erano ritrovati con Jacopo e Andrea, lui gli aveva raccontato che in quel momento Andrea lo aveva insultato tanto da farlo sbiancare, e quasi gli aveva rotto il polso tanta era la forza con cui lo stringeva. Da quel momento, era quasi in panico, solo al sentire la parola “parto”.
Non ci misero molto, a raggiungere la casa di Alice, tra chiacchiere e risate.
-Domani verrà anche Paul, sapete?- le informò la padrona di casa, mentre entravano nel vialetto. Era un vero peccato che fosse inverno: erano a circa cinquanta passi dalla spiaggia, e il mare sembrava stupendo.
-Ah sì?- chiese Chiara, sorridendo. –E’ da tantissimo che non lo vedo! Ogni tanto ci sentiamo..ma l’ultima volta, probabilmente, è stato capodanno dell’anno scorso..Sapete che si è messo con una francese?-
-Davvero?- Viola strabuzzò gli occhi. –Mi sa che ho qualcosa da rimproverargli..come ci si può dimenticare di informare le proprie amiche di una cosa del genere?-
-Ah..Paul, Paul, Paul..cosa dobbiamo fare con te!- fece esasperata Andrea, come se ce l’avesse davanti. Le ragazze risero, e Alice tranquillamente aprì la porta di casa.
-Non hai chiuso?- le chiese Viola accigliata.
In risposta, Alice entrò in casa, e loro la seguirono, rimanendo poi paralizzate appena dentro. –Ehi barbone!- lo salutò tranquillamente Alice, riponendo le chiavi sulla credenza.
-C-Christian?- Viola strabuzzò gli occhi.-Oh santo cielo, come sei cambiato!-
Lui rise, stravaccato sul divano della casa di Diego.
-Che accoglienza! Sembra che abbiate visto un fantasma!- Giulia saltellò dal ragazzo, accigliata. Lo squadrò per un po’, e poi si aprì in un sorrisone: -Io non so chi sei.-
Lui sorrise. –Io invece so chi sei tu!- Giulia parve stupita. –Tu ti chiami Giulia, e hai quasi sei anni! E io sono Christian. L’ultima volta che ci siamo visti, tu eri ancora piccolina, per quello che non ti ricordi.- le spiegò. Giulia sembrava euforica di quella scoperta.
-Ho capito!- disse, allegra.-Sei un amico della mia mamma e delle mie ziette? Cioè. Non sono davvero delle mie zie, però io le chiamo così perché mi stanno simpatiche!-
-Quindi io non ti sto simpatico?-
-Sì che mi stai simpatico! Però tu sei mio amico.- decretò. Poi gli prese la guancia, e la tiracchiò: -Sai che sei proprio bello?-

**
Oddio, oddio, oddio: NON ci posso crede, l'ho messa DAVVERO.
Non ci credo. Mi vergogno profondamente xD Vabbè, ormai il danno è fatto. Spero che nessuno sia stato male leggendo :P
Un bacio a chiunque legga.
Ps: A te, Elisetta.
A te, Micholina.
A te, Pupattola.
A te, Mirkolin.
Vi voglio benissimo! Anche se mi fate dannare tutti, e tutti i giorni. U.U
  
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