Dammi Tre Parole
- Capitolo
uno. La casa al mare di Alice
- -Sai, se
sparissi dalla faccia della terra,
faresti un regalo immenso all’umanità!- ringhiò una piccola ragazza dai
capelli
mori, diventando tutta rossa per la rabbia.
- Il ragazzo
di fronte a lei, strinse forte i pugni
lungo i fianchi, talmente forte da sentire intorpiditi i palmi delle
mani, e la
guardò con astio.
- -Vale la
stessa cosa per te!- sibilò in
risposta, -Chiara, sei solo una bambina! Non capisci mai niente!-
- Chiara
arrossì, se possibile, ancor di più, mentre
le parole di Christian le arrivavano dritte dritte nel cuore. Le veniva
da
piangere per la frustrazione. Che voleva ancora da lei? Non l’aveva già
fatta
soffrire abbastanza?
- -Cosa non
capisco, sentiamo?- sbraitò Chiara,
trattenendo le lacrime.
- -Oh,ma
lasciamo perdere..se ti dicessi che mi
piaci cambierebbe qualcosa?-
- .
- Chiara si
risvegliò di soprassalto, con uno strano batticuore.
- A distanza
di dieci anni, quel giorno le era riapparso in sogno, lasciandola
assolutamente
gelata nel cuore. Oh, per la miseria, a quel tempo aveva solo quindici
anni,
non c’era motivo di pensarci. Che razza di sogni andava a fare! Così
imparava a
mettersi a guardare le foto di quando era più giovane prima di andare a
letto,
e a parlare per più di un’ora al telefono con Viola.
- Sospirando,
si girò su un fianco, cercando di riprendere sonno, ma le era
impossibile.
Continuava a rimuginarci, come una povera scema.
- -Ehi,
Chià, che hai?- mormorò roco Marco, il suo fidanzato, stiracchiandosi.
- Lei volle
sprofondare nel materasso. –Scusa..non volevo svegliarti.- rispose,
mortificata. Lui mugugnò qualcosa d’indefinito, e aprì le braccia per
accoglierla. Lei lo assecondò facendosi stringere da Marco.
- Si sentiva
così inquieta dopo quel sogno, che le pareva di star tradendo il suo
fidanzato.
Era una vera stupidata, se lo ribadì mentalmente: erano passati dieci
anni, ne
era passata di acqua sotto i ponti.. possibile che si sentisse pentita
della
risposta?
- -Allora..che
hai?- insistette Marco, sentendola ancora pietrificata tra le braccia.
- -Ho..fatto
un incubo.- mentì lei, sentendo le guance prendere fuoco per il
pentimento. Per
fortuna gli dava la schiena.
- Lui la
strinse, e a Chiara parve che la stesse soffocando. –Tranquilla..ci
sono qui
io. Ora cerca di riaddormentarti..- consigliò in un soffio sui suoi
capelli.
Chiara sospirò; qualche istante dopo, il respiro di Marco era tornato
pesante e
regolare, segno che si era riaddormentato.
- Chiara ci
mise tanto tempo per prendere sonno, fin troppo, e quando finalmente
era
sprofondata nella pace dei sensi, la sveglia era suonata. Imprecò
svariate
volte, contro la miseria, i cani, le mucche,e il
comodino contro cui aveva picchiato il
mignolo del piede. Decretò, con un’aria corrucciata, che una doccia
calda e
rilassante avrebbe potuto sistemarle l’alzataccia.
- Si guardò
allo specchio, e stentò a riconoscersi. Pareva tanto Samara di The
ring, non
c’era che dire: faceva paura, bianca come un cencio, con le occhiaie
marcate,
il trucco del giorno prima che aveva dimenticato di lavar via sbavato
in modo
osceno, e gli occhi rossi e gonfi, segno che le stava pure venendo la
congiuntivite.
- Non
aspettò oltre, si spogliò dal pigiama tre volte più grande di lei di un
rosa
confetto regalatole da sua nonna, e si buttò sotto il getto della
doccia.
Ringhiò tra i denti, sentendo arrivarle addosso l’acqua gelata. Ma
bene: l’acqua
calda sembrava essere andata in sciopero. Perciò, si fece una
velocissima
doccia gelata: se non altro l’aveva svegliata.
- Si vestì
con dei jeans e una felpa pesante, e scese a far colazione. Preparò un
caffè
scuro come la notte, e quando lo bevve, sentì un conato di vomito
colpirla.
Sputò tutto nel lavandino, e guardò il barattolo da cui aveva preso lo
zucchero. Le venne voglia di picchiarsi la testa contro al muro: aveva
messo il
sale nel caffè, non lo zucchero. Con un sospiro, si massaggiò le
palpebre,
sentendo il mal di testa assalirla. Era chiaro come il sole che quella
era
proprio una giornata no: se il buongiorno si vede dal mattino..
- Si spostò
di nuovo in camera sua, indossò un paio di All Star, e dopo aver
indossato il
giubbotto e recuperato la borsa, uscì fuori. Per poco non scoppiò a
piangere
come una disperata: stava diluviando, la macchina era fuori uso, Marco
era già
andato al lavoro, e indossava le scarpe di tela che si sarebbero
sicuramente
inzuppate. Questa era pura e mera sfiga.
- Guardò
l’orologio, e sentì il cuore schizzarle in gola: era tardissimo, e non
aveva
nemmeno il tempo di rientrare per cambiarsi le scarpe.
- Tirò su il
cappuccio, e cominciò a correre verso la redazione di un piccolo
giornaletto
per teenagers.
- Quando
entrò, sentì il calore avvolgerla completamente, e per la prima volta
in quella
pessima mattinata sorrise. Si levò il cappuccio, e proseguì verso la
sua
scrivania, di fronte a quella di Bea, che appena la vide si accigliò.
- -Chià,
sembri una sopravvissuta al diluvio universale..- commentò,
ridacchiando appena
davanti allo sguardo truce di Chiara. La ragazza si lasciò sprofondare
nella
poltrona girevole, e sospirò.
- -Non
parlarmene, per piacere..la mattina è proprio cominciata nel peggiore
dei
modi..e ho il lago di Garda nelle scarpe.- borbottò, passandosi
stancamente una
mano tra i capelli scuri.
- Bea aprì
la bocca per ribattere, ma in quel momento entrò il loro capo, che
pretese
silenzio e che cominciassero tutti a lavorare.
- Chiara
aveva una piccola rubrica, chiamata “La posta del cuore di Kia”. In
effetti, la
cosa non la entusiasmava molto. Era sempre stata una frana con le
questioni di
cuore, e, secondo lei, era già tanto che Marco la volesse ancora al suo
fianco.
Comunque, siccome doveva pagarsi l’affitto dell’appartamento, si
accontentava
di quell’impiego. All’inizio, era tutta elettrizzata..poi pian piano,
si
accorse che effettivamente dare consigli su cose così futili come “cosa
mi devo
mettere al mio primo appuntamento?” , o comunque, che doveva sperperare
delle
sue perle di saggezza per gente che nemmeno conosceva, era veramente
una barba
assurda.
- La
mattinata passò lenta, tra le lettere e i messaggi d’amore; si sentiva
solo il
rumore delle tastiere e il ticchettare della pioggia scrosciante sui
vetri
della redazione. Ogni tanto Chiara alzava il naso dalle lettere delle
ragazzine, per sospirare a quel cielo plumbeo e minaccioso. Il ricordo
del
sogno di quella notte spesso faceva capolino, ed era piuttosto
difficile per
lei tornare a concentrarsi sul suo lavoro. Non
aveva senso, si ripeteva. Perché si faceva tutte queste paturnie
mentali su una
cosa successa quasi dieci anni prima, quando ancora aveva l’età di
quelle
ragazzine disperate che le chiedevano quale smalto scegliere tra il
rosa antico
e il perlato? Non aveva senso.
- Fortunatamente
arrivò il momento della pausa pranzo, e la fame e le chiacchiere con
Bea
l’avevano distratta da quei pensieri stupidi, inutili e ridicoli.
- Andarono
nel bar di fronte alla redazione, e ordinarono due tranci di pizza con
una
cocacola.
- -Allora..che
piani hai per le vacanze di Natale?- esordì Bea, azzannando il suo
pasto e
guardandola con i suoi grandi occhioni color acqua sporca.
- Prima che
potesse risponderle di non aver niente da fare, il suo cellulare prese
a
squillare, e lei rispose quasi subito.
- -Pronto?-
- -Chià‼-
esclamò Alice, con un’aria euforica, -Hai impegni per le vacanze
natalizie?-
chiese. Chiara si accigliò.
- -No, non
ne ho, perché?-
- -Benissimo!
Che dici, ti va di venire alla casa in Sardegna di Diego? Ci saranno
anche
Andrea e Viola, dai..- chiese, sempre
con quella nota eccitata all’inverosimile.
- -Beh..pensavo
di passare del tempo con Marco..- spiegò.
- -Non c’è
problema..porti anche lui!-
- Chiara
sospirò. In effetti, non era una brutta idea, passare le vacanze con
tutte le
sue amiche. Ne aveva terribilmente bisogno, voleva il loro supporto, e
poi
erano quasi tre mesi che non si vedevano. E poi, Marco non avrebbe
fatto
storie.
- -Sì, va
bene. Ma sei sicura?- domandò poi; non voleva causar nessun disturbo.
- -Chià, è
già tutto organizzato! Mancavi solo tu! E non c’è alcun problema, cara,
la casa
è grande, ci sta mezzo mondo…ti piacerà! C’è pure la piscina al
coperto!-
- Chiara
ridacchiò per l’entusiasmo di Alice, che continuava a farneticare. Le
faceva
piacere sentirla, ma dovette stopparla e riattaccare, anche se di
malavoglia.
La pausa pranzo era quasi finita, e la sua pizza era quasi totalmente
fredda. Ingoiò
il suo pranzo, e chiacchierando con Bea tornò alla redazione. Stava
ancora
piovigginando, il cielo era scuro e tutto sembrava grigio e tetro. Qua
e là per
le vie, degli addetti stavano appendendo delle luci di Natale, che
avrebbero
dato un po’ di colore alla cittadina.
- Il
pomeriggio, se possibile, fu ancor più noioso e pesante. Se la mattina
aveva
risposto alla posta del cuore, il pomeriggio il suo incarico era stato
quello
di correggere delle bozze di alcuni articoli.
- Quando
tornò a casa, si lasciò totalmente andare sul divano, e il suo cervello
volò
indietro nel tempo, a quando era solo una ragazzina, a quando era
davvero
innamorata di quel ragazzo indisponente e maleducato che continuava a
prenderla
in giro. Quello stesso ragazzo che l’aveva fatta soffrire come non mai,
e che
per questo motivo aveva rifiutato.
- -Ehilà,
tesoro!- la voce di Marco la distrasse da quei ricordi, e si mise
seduta,
attirando le ginocchia al petto e posandoci sopra il mento.
- -Marco, ho
una proposta da farti.- esordì lei, e il suo fidanzato che si stava
togliendo
il giubbotto, la guardò curioso. –Alice mi ha proposto di passare le
vacanze in
Sardegna..cioè, io e te. Ci saranno anche Viola e Andy..- spiegò,
assumendo
un’aria quasi implorante.
- Marco si
strinse nelle spalle. –Okay. Devo prenotare il volo?- Chiara si alzò e
lo
abbracciò forte, ringraziandolo a macchinetta, facendolo sorridere.
- -Okay,
okay! Deduco sia un sì..-
- *
- -Pirla!
Cretino! Deficiente! Testa d’uovo! Cos’hai nella zucca, segatura?-
Jacopo
attese pazientemente che il fiume d’insulti svanisse dalla bocca della
sua fine mogliettina, le braccia incrociate
al petto, il sopracciglio alzato, e una smorfia appena accennata al
posto del
suo solito sorriso sghembo. La pacatezza del ragazzo era l’opposto
dello stato
d’animo di Andrea, che sentiva le corde vocali dolere per le urla, le
tempie
che pulsavano per il troppo sangue che arrivava, e sulle sue guance si
poteva
benissimo cuorere un uovo talmente erano bollenti e rosse.
- Finì di
insultarlo, e lui meccanicamente si avvicinò a lei con una falcata ben
assestata, e le arrivo a un palmo dal naso. –Finito?- alitò, fissandola
con
intensità nelle iridi, e facendole perdere l’uso della ragione, mentre
nella
sua testa la voglia di picchiarlo veniva accantonata da istinti
decisamente più
violenti e prementi. Non passò un istante, che Andrea si ritrovò le
labbra di
Jacopo incollate alle sue. Per quanto la cosa le facesse molto
piacere, era ancora molto
incazzata, perciò, con una forza di volontà disumana, lo staccò da sé.
- -Giordani,
sei proprio un vile. Ho appena finito di insultarti, e mi salti addosso come se niente fosse! Piuttosto, fatti
divorare dal rimorso e dammi ragione.-
- -Preferisco
farmi divorare da te.- disse lascivo, con un sorrisetto malizioso.
- Le guance
di Andrea erano paonazze. –Sei un maiale, Jacopo!- ribattè fintamente
indignata,
senza riuscire a non ridacchiare un po’.
- -Mi hai
sposata, però.- l’apostrofò, -E abbiamo fatto dei piccoli capolavori..-
Andrea
sorrise tra sé, ma se ne pentì per la frase che seguì. –Segno che non
ti è
dispiaciuto..- non lo lasciò continuare, e gli diede un buffetto sul
braccio,
divincolandosi da lui.
- -Va a
prendere i bambini, fila!-
- Cacciò il
marito fuori casa, e sospirò. Sposarsi con Jacopo: una disgrazia!
- Peccato
che lo amasse troppo, per non farlo.
- Si mise ad
apparecchiare, canticchiando tra sé, quando il suo fido cellulare
cominciò a
suonare. Si catapultò a rispondere, e sorrise sentendo che era la
piccola
ClèClè. –Weh ciao!- esclamò la sua amica, con un tono estatico.
- -Ciao
Chiara!- rispose Andrea, tenendo bloccato il telefonino tra la spalla e
l’orecchio, mentre con le mani cercava di mescolare quello che cuoceva
sul
fuoco.
- -Ho saputo
che ci sarai anche tu da Alice per Natale!- trillò, euforica. Andrea
rise. –Non
vedo l’ora di partire sai? Ho bisogno di staccare.- borbottò.
- -Piccole
Pesti crescono?- domandò divertita Chiara, riferendosi al figlio più
grande di
Andrea. Mirko, chiamato anche La Peste Bionda per ovvi motivi, aveva
quasi sei
anni, ed era inarrestabile quanto uno Tzunami.
- Mentre
Luca, il più piccolo dei biondissimi figli di Andrea e Jacopo, aveva da
poco
compiuto i due anni, ed era un angelo.
- -No.
Cervello di un marito pirla, si rimpicciolisce.- rispose esasperata.
Chiara
rise allegramente.
- -Scommetto
che avete appena discusso.- dedusse.
- Andrea
assunse un’aria scettica, come se la sua amica potesse vederla; il suo
tono era
altrettanto cinico. –Chiara, non c’è momento della giornata in cui non
battibecchiamo.- le ricordò, -Comunque sì. L’ho insultato a dovere, e
sai lui
cos’ha fatto? Mi ha baciato. Gli ho detto che dovrebbe essere divorato
dal
rimorso, e lui ha risposto: “preferico farmi divorare da te.”- Chiara
venne
colpita da un attacco quasi isterico di risate, e Andrea si preoccupò
seriamente.
- -Chià..-
- La ragazza
cercò di ricomporsi, ma solo al ricordo della frase le veniva ancora da
ridere.
–Scusa..- farfugliò.
- -Invece,
te come va con..?- Inutile, si disse Andrea, non ricordava mai il nome
del
ragazzo di Chiara. Forse perché l’unica volta che l’aveva visto, da
lontano,
additato da Viola, al matrimonio della sorella di Diego, le era subito
stato
sulle scatole. Forse, perché da dieci anni a questa parte, aveva
sperato nel
miracolo. Forse perchè sperava da quasi tre anni, ovvero da quando si
erano
messi insieme, che si lasciassero. Perché, come diceva lei, il culo di
un uomo
non è tutto, e francamente, quello di quel tipo non era granchè.
- -Marco.-
le ricordò con un tono macabro Chiara, che si era improvvisamente
incupita.
–Bene..credo.- Andrea si accigliò.
- -Come credi?-
incalzò, senza mascherare la
perplessità nella voce.
- -Non lo
so, Andy! Lui è perfetto..sto bene con lui: ma non so se potrei essere più felice di così..- Andrea sorrise
appena, tra sé e sé, intenerita.
- -Su,
tesoro! Non farti questi problemi! A proposito, Coso, lì, il tuo
fidanzato,
viene in Sardegna con te?-
- -Sì-
sospirò Chiara, -riuscirò a presentarvelo una buona volta.-
- -Mh..okay!-
fece fintamente entusiasta Andrea. Lo strillo di Mirko, che entrava in
casa, le
diede un pretesto per riattaccare e non continuare l’argomento “vi
presento il
mio tipo”, perché di quel passo anche per telefono Chiara si sarebbe
accorta
che l’idea non la toccava, se non addirittura infastidiva. –I miei
figli mi
chiamano..un bacio, a domani!-
- -Okay. A domani..- ecco di nuovo il tono tetro, ma non
potè dire nient’altro perché Chiara aveva già riattaccato.
- Servì in
tavola il pranzo, mentre Mirko, totalmente sconvolto, sorrideva
soddisfatto.
Matteo aiutò il piccolo Luca a mangiare, mentre Andrea era assorta dai
discorsi
del figlio più grande, che raccontava le sue avventure alla scuola
materna.
Andrea non se ne capacitava: sembrava ieri quando aveva infamato Jacopo
durante
il parto, per averla messa incinta e farle passare quella tortura. E
solo
qualche mese dopo, il suo bambino sarebbe andato alla scuola
elementare.
- -Mamma,
quindi domani prendiamo l’aereo?- chiese il bambino, euforico.
- Andrea
annuì, quasi distrattamente.
- -E quindi,
andiamo a trovare zia Alice?-
- -Sì
Mirko.- rispose Jacopo, con un sorrisone.
- -E c’è
anche zia Chiara, e zia Viola?-
- -Certo!-
esclamò Andrea, di buonumore già a quella prospettiva.
- -E quindi-
ricominciò, a macchinetta, inarrestabile, -c’è anche Giulia‼- e quella,
che non
era una domanda, bensì una constatazione, si aprì in un sorriso
magnifico. –E
quindi, dato che c’è zio Matteo, ci sarà anche zio Christian!-
- In quel
momento,il sorriso sulle labbra di Andrea si congelò, e Jacopo tenne a
mezz’aria il cucchiaio, e si voltò immediatamente a guardare la moglie.
Luca si
lamentò, affamato e indignato, perché il padre non si decideva a dargli
il suo
pasto.
- -Cacchio.-
commentò Jacopo, stralunato. –Non ci avevo pensato.-
- -Già..Nemmeno
io.- Andrea ricambiò lo sguardo preoccupato del suo uomo. –Non credo
che Alice
abbia detto a Chiara che ci sarà Christian. Sono anni che non si
vedono..-
deglutì a vuoto, -Insomma, non ci saranno problemi..Gesù, avevamo
quindici
anni!-
- Jacopo
diede il cucchiaio a Luca, che prese a mangiare da solo, tutto
soddisfatto.
Mentre Mirko ascoltava curioso le parole dei suoi genitori, capendone
forse due
o tre.
- -Chissà
com’è..- Jacopo si schiarì la gola, -vedere tutti i propri amici stare
insieme..con la consapevolezza che la propria storia, a differenza
delle altre,
non è andata nemmeno in porto..-
- -Io credo
che ce l’avrei con me stesso.- continuò poi, -Decisamente. Se non ti
avessi
avuta prima, ora cercherei in ogni istante di conquistarti.- Andrea gli
sorrise, e lui la guardò con quel suo sguardo innamorato che le faceva
sciogliere il cuore e andare in pappa il cervello.
- -Beh..comunque,bisogna preparare le valigie!-
- Andrea gli
puntò addosso la forchetta: -Vedi di non svignartela, eh, mi dai una
mano!-
- *
- -Mamma!
Mamma!-
- -Un
attimo, tesoro!- esclamò Viola dalla sua camera, mentre tentava con
tutte le
sue forze di chiudere la valigia straripante. Si passò una mano tra i
capelli
per toglierli dal viso, scompigliandoli. Lei stessa sapeva di star
commettendo
un oltraggio, non era da lei avere i capelli in disordine!
- Riuscì a
tirare la cerniera, e sorrise soddisfatta. Si spostò in salotto, dove
la sua
piccola di quasi sei anni rideva in braccio al padre, che le faceva
fare
l’aeroplano.
- Li guardò
con un sorrisetto e un sopracciglio alzato. I suoi più grandi amori.
- -Mamma! E’
caduto!- trillò Giulia, dimenandosi. Matteo ridendo la fece scendere, e
la
bambina corse dalla madre, sorridendo entusiasta: indicò con il piccolo
dito la
finestrella nei denti, e Viola la prese in braccio e le scoccò un bacio
sulla
guancia. –La mia bambina ha perso il dentino!-
- La piccola
Giuly ridacchiò, lanciando i pugnetti in aria ed esultando.
- -Bisogna
festeggiare!- esclamò Matteo, assumendo un’aria composta e seria. –Che
ne dici
di una cioccolata, Chicca?-
- -Sì!-
rispose Giulia, scendendo dalle braccia di Viola agilmente e prendendo
per mano
il padre, e tirandolo in cucina.
- -Matteo,
dev’essere una cosa veloce! Tra due ore abbiamo il volo, non voglio
arrivare
tardi!- gli ricordò.
- Un’ora e
mezza dopo, Matteo, con un’aria tutt’altro che calma e pacata, stava
bussando
alla porta del bagno, dentro cui vi era Viola.
- -“Non
voglio arrivare tardi!”- le fece il verso, sbuffando. –Seriamente,
muoviti o
perdiamo davvero il volo!-
- -Sì, ci
sono, un attimo!- esclamò. In quel momento la porta si aprì, e Viola ne
uscì con
in mano ancora la spazzola, che accennò una corsetta sui tacchi verso
il
salotto.
- -Dove vai
col pettine in mano?- la riprese, accigliato il marito, mentre le
passava a
fianco.
- -Tesoro!
Vieni dalla mamma!- esclamò Viola, ignorando le parole di Matteo.
Giulia
trotterellò sorridendo dalla madre, soddisfatta di poter mostrare la
finestrella. Viola le pettinò la frangetta, e scaraventò la spazzola
sul
tavolo.
- -Okay, si
può andare.-
- Salirono
in auto, e Matteo uscì dal garage, imboccando la strada per l’aeroporto
che per
fortuna non distava molto da casa loro.
- Ad un
certo punto, Viola trasalì, e fece prendere un colpo a Matteo. –Che
hai?-
- -Ho
dimenticato la piastra accesa!- Matteo imprecò tra i denti, e fece
marcia
indietro il più veloce possibile. Viola corse in casa, spense la
piastra per i
capelli che aveva usato poco prima, controllò i fornelli, e richiuse la
porta.
- Appena
risalì in auto, Matteo le riservò un’occhiata severa: -Spento tutto?-
Viola
annuì, riprendendo fiato, e il marito mise in moto.
- -Che
fortuna sfacciata..- sbadigliò Matteo, lasciandosi andare sulla comoda
poltrona
dell’aereo. Appena fatto il check-in, era risuonata nello stabile
l’ultima
chiamata del loro volo, e l’avevano preso davvero per un miracolo.
- -Già-
brontolò Viola, appoggiando il capo sulla spalla di suo marito, -Non
vedo l’ora
di atterrare-.
- Giulia era
entusiasta, sembrava un vulcano in eruzione e non riusciva a star
ferma. Ma la
sua euforia aumentò a livelli disumani quando decollarono.
- -Mamma!
Mamma! Le nuvole!- indicò fuori dal finestrino, con uno scintillio di
pura
meraviglia negli occhi color miele, un mix tra le tonalità di quelli
dei
genitori. La piccola rimase tutto il viaggio incollata al vetro,
ridacchiando e
stupendosi di ogni cosa. –Le casette! Formichine, papi!- Matteo rise,
accarezzando i capelli di Viola, che si era addormentata beatamente con
la
testa abbandonata su di lui. Adorava vederla dormire, e si sentì male a
doverla
svegliare quando atterrarono.
- L’entusiasmo
di Giulia sparì del tutto, e scesi dall’aereo, si lasciava trascinare
dai
genitori che la tenevano per mano, mentre andavano a recuperare le
valigie.
- -Ehi, tesoro..che
hai?- le chiese dolcemente Viola chinandosi alla sua altezza, mentre
Matteo
prendeva i bagagli.
- -Voglio
tornare dalle nuvolette.- borbottò, gonfiando le guanciotte.
- Matteo la
prese da dietro, alzandola in aria e facendola urlacchiare per lo
spavento. Le
fece fare una giravolta sospesa a mezz’aria, e Giulia cominciò a
trovarci
gusto. –Sì, papà! Più in alto!-
- Matteo
posò a terra la loro bambina, che sbuffò. –Uffi, ancora!-
- Il padre
fece scricchiolare le ossa, e le fece un sorrisetto. –Dopo tesoro, a
papà si è
slogata la spalla.- Viola rise apertamente, abbracciando da dietro il
marito.
- -Povero
paparino..- mormorò, sorridendo, -Ha il mal di schiena..- Matteo le
afferrò un
braccio e la trascinò davanti a sé per baciarla; Giulia, disgustata, si
coprì
gli occhi con le manine, facendo ridere i genitori. –Che schifo!-
- -Eh..ti fa
schifo ora figlia mia..vedremo quando sarai grande e avrai un ragazzo!-
commentò Viola, prendendola in braccio per scoccarle un bacio sulla
guancia.
- -Co..cosa?
Viola, cosa ti fa credere che lascerò mia figlia sotto le grinfie del
primo
caco dagli ormoni troppo sballati?- fece, totalmente sconvolto, Matteo.
- Viola gli
fece una linguaccia, poi si voltò verso la figlia. –Stai tranquilla,
amore,
papà non ti romperà le scatole quando sarai una bellissima ragazza.-
Giulia scoppiò
a ridere, mettendo in bella mostra la sua dentatura bucherellata, e
fece una
pernacchia a Matteo. Lui la guardò sconvolto. –No..la cosa non mi
piace.-
- -Ti farò
fare un tatuaggio, e tutti i piercing che vorrai! E ti comprerò pure
una moto
da cross!- scherzò Viola, provocando in Matteo la voglia di segregare
in casa
sua moglie e soprattutto sua figlia.
- -Tesoro,
non scherzare..- disse, pallido. La moglie rise, e gli scoccò un bacio
sulla
guancia. –Oh, suvvia gelosone!- poi diede un buffetto sulla guancia di
Giulia,
- -Tesoro, a
te l’onore e l’onere di trovare zia Alice.-
- Giulia cominciò subito
a guardarsi intorno, spalancando i suoi bellissimi occhioni,
finchè non vide un viso conosciuto e punto il dito in fronte a sé.
- -Mamma,
c’è zia Chiara!- Viola mise a terra sua figlia, che sparì tra la gente.
Seguì
la sua risata cristallina, e la trovò in braccio alla sua amica, che le
riservò
un sorriso euforico. –Viola!- esclamò. Posò a terra la bambina, e corse
dalla
sua amica, abbracciandola con tutto il calore che poteva trasmetterle.
- -Oh..Mi
sembra passato così tanto tempo..- mormorò Chiara, sorridendo alla sua
tenera,
scontrosa Ragnetta Impanata. –E non hai fatto la lebbrosa, facciamo
passi
avanti Viò!- Rise da sola, sotto lo sguardo cinico dell’amica, e si
voltò a
salutare Matteo.
- Due
istanti dopo, arrivò Marco, trascinando da solo due valigie. –Chiara..-
la
chiamò. Lei si ricordò improvvisamente di aver lasciato indietro il suo
fidanzato con tutti i bagagli, e diventò leggermente rossa. –Scusa
Marco!-
- -Figurati…-
ansimò, passandosi una mano sulla fronte. Sorrise appena a Viola e Matteo, in un modo piuttosto freddo e
distaccato. Non si conoscevano bene, infatti. Le volte che Chiara
andava a
trovarli lui non la seguiva mai, e lei, dal suo canto non insisteva.
Era sicura
che a Marco non stessero simpatiche le sue amiche e i loro compagni. Ma
si era
rassegnato alle partenze improvvise di Chiara, sapeva che non poteva
stare
troppo tempo senza le sue amiche.
- -Zia
Chiara..guarda!- Giulia si aprì in un grande, enorme sorriso, e a
Chiara
scintillarono gli occhi. Urlacchiò, chinandosi all’altezza della sua
Giulietta,
e le tirò le guance: -Oh cara, ti è caduto il dentino!-
- La bimba
si gonfiò d’orgoglio, e annuì: -Sì, stamattina!-
- Viola
guardò sua figlia e la sua amica, e poi si rivolse a Matteo, divertita:
-Secondo te chi è più euforica, Chiara o Giulia?-
- Matteo
assunse un’aria corrucciata e pensierosa. –Mmh, questo si che è un
quesito
davvero difficile, Watson.-
- -Sì, Emma-
borbottò Viola, alzando gli occhi al cielo.
- -Allora,
cerchiamo o no Alice? Sapete com’è, vorrei arrivare a casa prima di
Natale!-
Scherzò.
- Chiara si
alzò,e tese la mano a Giulia, che l’afferrò di buon grado.
- -Toh
guarda, tra un po’ Giulietta supera Chiara!- una voce familiare giunse
dalle
loro spalle, e sorpresi si voltarono verso Jacopo, che aveva in groppa
un
biondissimo bimbo-che riconobbero come Mirko. Rivolse loro un caloroso
sorriso,
e diede una poderosa pacca sulla spalla di Matteo, che gemette appena.
- -Ehilà!-
soggiunse Andrea, sorridendo alle sue amiche, e avvicinandosi con Luca
per
mano. –Nemmeno volendo ci saremmo trovati tutti in aeroporto, non
trovate?-
rise, abbracciando prima Chiara e poi Viola. Riservò un’occhiata
obliqua dietro
alle spalle di Chiara, dove, in disparte, se ne stava rigido Marco.
Chiara
arrossì, e la portò dal fidanzato. –Andrea, lui è il mio fidanzato
Marco.
Marco, Andrea. Il barbone là-e indicò il marito dell’amica, -è Jacopo,
e quello
in groppa a lui è Mirko. Mentre questo piccolo orsacchiotto è Luca. – e
sorrise
teneramente, chinandosi dal bambino, che le sorrise.
- -‘Ia..-
pigolò, posandole una manina sulla guancia, che quasi fece piangere per
la
commozione Chiara. –Oddio, io adoro questo piccino picciò!- farfugliò
la
ragazza, su di giri. Poi si rialzò, e fece “ciao” a Mirko, che di
risposta le
fece una pernacchia e rise.
- -Ma
Mirko!- lo riprese Andrea, facendo solo ridere Chiara. La Peste Bionda
aveva la
stessa età di Giulia. I due andavano pericolosamente d’accordo: quando
erano
insieme erano pappa e ciccia, e ne combinavano di tutti i colori.
Mentre il
piccolo Luca, era più mite di un agnellino. E per questo, la domanda
era sempre
la seguente: “siamo sicuri che sia figlio vostro?”. Perché era risaputo
che
Andrea e Jacopo erano tutto, fuorchè calmi e pacati, e infatti per
Mirko non si
avevano dubbi: era peggio di un terremoto, proprio come i suoi.
- -Benissimo!
Diego, guarda quante fave e piccioni abbiamo trovato!-
- Gli amici
si girarono quasi contemporaneamente verso Diedo e Alice, sorridenti
più che
mai. Dopo i soliti convenevoli, saluti e mezze lacrime di commozione da
parte
di Chiara, qualche insuto mandato a Jacopo con gentilezza da Matteo, e battibecchi tra Andy e Ali, riuscirono ad
arrivare al parcheggio. Chiara, Viola e Andrea salirono sull’auto di
Alice,
portandosi dietro Giulietta. Mentre gli uomini, con figli maschi in
allegato,
salirono con Diego.
- -Ali, sei
sicura di voler guidare nelle tue condizioni?- la riprese Andrea,
accigliata,
seduta accanto al sedile del conducente.
- Alice, in
risposta, sbuffò. –Sai meglio di me che essere incinta non significa né
inferma
né malata! Quindi sì, sono sicura di guidare nelle mie “condizioni”.-
Chiara
ridacchiò, Viola alzò gli occhi al cielo, e Andrea sprofondò nel
sedile,
borbottando cose senza senso.
- Alice era
euforica, un po’ per l’idea di diventare mamma, per quel pancione
enorme di
otto mesi che spiccava nonostante il giubbotto pesante, un po’ per gli
ormoni
che le sballavano l’umore. Diego, per quanto fosse felice ed
emozionato, era
anche terrorizzato all’idea del parto. Una delle tante volte che si
erano
ritrovati con Jacopo e Andrea, lui gli aveva raccontato che in quel
momento
Andrea lo aveva insultato tanto da farlo sbiancare, e quasi gli aveva
rotto il
polso tanta era la forza con cui lo stringeva. Da quel momento, era
quasi in
panico, solo al sentire la parola “parto”.
- Non ci
misero molto, a raggiungere la casa di Alice,
tra chiacchiere e risate.
- -Domani
verrà anche Paul, sapete?- le informò la padrona di casa, mentre
entravano nel
vialetto. Era un vero peccato che fosse inverno: erano a circa
cinquanta passi
dalla spiaggia, e il mare sembrava stupendo.
- -Ah sì?-
chiese Chiara, sorridendo. –E’ da tantissimo che non lo vedo! Ogni
tanto ci
sentiamo..ma l’ultima volta, probabilmente, è stato capodanno dell’anno
scorso..Sapete che si è messo con una francese?-
- -Davvero?-
Viola strabuzzò gli occhi. –Mi sa che ho qualcosa da
rimproverargli..come ci si
può dimenticare di informare le proprie amiche di una cosa del genere?-
- -Ah..Paul,
Paul, Paul..cosa dobbiamo fare con te!- fece esasperata Andrea, come se
ce l’avesse
davanti. Le ragazze risero, e Alice tranquillamente aprì la porta di
casa.
- -Non hai
chiuso?- le chiese Viola accigliata.
- In
risposta, Alice entrò in casa, e loro la seguirono, rimanendo poi
paralizzate
appena dentro. –Ehi barbone!- lo salutò tranquillamente Alice,
riponendo le
chiavi sulla credenza.
- -C-Christian?-
Viola strabuzzò gli occhi.-Oh santo cielo, come sei cambiato!-
- Lui rise,
stravaccato sul divano della casa di Diego.
- -Che
accoglienza! Sembra che abbiate visto un fantasma!- Giulia saltellò dal
ragazzo, accigliata. Lo squadrò per un po’, e poi si aprì in un
sorrisone: -Io
non so chi sei.-
- Lui
sorrise. –Io invece so chi sei tu!- Giulia parve stupita. –Tu ti chiami
Giulia,
e hai quasi sei anni! E io sono Christian. L’ultima volta che ci siamo
visti,
tu eri ancora piccolina, per quello che non ti ricordi.- le spiegò.
Giulia
sembrava euforica di quella scoperta.
- -Ho
capito!- disse, allegra.-Sei un amico della mia mamma e delle mie
ziette? Cioè.
Non sono davvero delle mie zie, però io le chiamo così perché mi stanno
simpatiche!-
- -Quindi io
non ti sto simpatico?-
- -Sì che mi stai simpatico! Però tu sei mio amico.- decretò. Poi gli prese la guancia, e la tiracchiò: -Sai che sei proprio bello?-
**
Oddio, oddio, oddio: NON ci posso crede, l'ho messa DAVVERO.
Non ci credo. Mi vergogno profondamente xD Vabbè, ormai il danno è fatto. Spero che nessuno sia stato male leggendo :P
Un bacio a chiunque legga.
Ps: A te, Elisetta.
A te, Micholina.
A te, Pupattola.
A te, Mirkolin.
Vi voglio benissimo! Anche se mi fate dannare tutti, e tutti i giorni. U.U