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Autore: _CrazyWriters_    28/07/2011    2 recensioni
Chi avrebbe mai pensato che la cosa che amavo di più al mondo mi si sarebbe rivolta contro? Chi avrebbe mai pensato ad una cosa simile? Una sola domanda… perché? Forse una risposta non la troverò mai… forse dev’essere così e basta…
E poi… lui è un vampiro. Insomma chi sarebbe tanto scema da mettersi con un vampiro? Ovvio, solo io...
*Ila*
Genere: Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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*Ila*

Capitolo 16: Un’anima persa

Uscita dalla porta di Villa Salvatore piombai nel panico.
Non per il fatto che avevo appena mandato a quel paese Damon, ma più che altro perché non sapevo cosa fare o dove andare.
La Villa era diventata la mia casa da parecchio e a pensarci era da molto che non vedevo i miei genitori.
Elena mi aveva coperto tutte le volte che avevano chiamato da lei per sapere quando avevo intenzione di tornare a casa e lei rispondeva semplicemente “Qui si diverte, siamo buone amiche, e vuole restare un altro po’.”.
Ma era arrivato il momento di rivederli… e forse per l’ultima volta.
Sapevo che ormai non mancava molto tempo all’arrivo di Klaus.
Iniziai a correre con il vento che mi scompigliava i capelli.
 
Avevo le chiavi di casa e quindi non bussai ne suonai il campanello, volevo fare loro una sorpresa, per vedere la reazione.
Cercai di fare il più piano possibile e poi sbirciai in cucina.
Mamma stava cucinando e papà leggeva il giornale.
“Sorpresa!!” gridai ad un tratto.
“Oddio!” disse mia madre che per lo spavento si tagliò leggermente un dito.
“Oh mamma scusa…” dissi avvicinandomi di corsa per aiutarla.
“Tranquilla amore, è solo un graffietto. E’ bello rivederti…” rispose lei mentre si medicava sorridendo tranquilla.
L’odore del sangue mi fece girare la testa e dovetti lottare molto per resistere alla tentazione di morderla.
Era davvero incredibile, il sangue di chiunque mi faceva sempre lo stesso effetto, sia che si trattasse di un estraneo, sia che si trattasse di una persona a qui volevo bene.
Indietreggiai e mi sedetti su una sedia cercando di distrarmi.
“Allora, come mai questa visita? Non hai le valige, quindi presumo  che tornerai dai Gilbert.” disse mio padre riponendo il giornale.
Mamma si sedette accanto a lui.
“A proposito dei Gilbert…” iniziai abbassando lo sguardo sul tavolo.
Avevo un piano e dovevo rispettarlo, anche se era difficile.
“Devo raccontarvi un bel po’ di cose…” continuai fissandoli negli occhi.
Così, con il cuore in gola, cominciai.
 
“Quindi ci stai facendo credere che per tutto questo tempo sei stata ospite nella Villa dei Salvatore? Ci stai dicendo che tu e Jeremy vi siete mollati quasi subito e sei andata con il fratello più grande dei Salvatore, cioè Damon, e da quando questo è successo hai subito un “cambiamento” tale che ti ha spinto ad ammazzare quei due giovani nel bosco?” disse mio padre tutto d’un fiato.
“Più o meno… la prima parte era corretta, la seconda quasi. Stare con Damon mi ha fatto diventare come lui e suo fratello Stefan… un vampiro.” dissi io.
“Ma andiamo! I vampiri non esistono.” continuò mio padre.
“Esistono invece. Io lo sono, Damon e Stefan Salvatore lo sono… e questa città si era già imbattuta in queste creature nel passato.” risposi.
“Sono tutte leggende tesoro.”  intervenne mia madre.
“Piccola, non hai mai dato segni di vampirismo quando eri bambina, il che mi fa credere che non sei un vampiro.” scherzò papà iniziando a ridere.
“Perché non lo sono dalla nascita! Ve l’ho detto prima, ho un gene dentro di me che mi fa mutare in base alle persone che amo. Se amo un umano, sono umana, se amo un vampiro sono un vampiro. Riuscite a capire?” controbattei io iniziando a scaldarmi.
“Adesso basta, finisco di cucinare così pranzi con noi prima di tornare dai Gilbert.” disse mia mamma alzandosi e dirigendosi verso la cucina.
Non ci pensai due volte.
Mutai gli occhi e feci spuntare i denti… mi morsi il polso facendo colare il sangue.
I miei genitori avevano assistito a tutta la scena e ora guardavano quel mostro che era la loro figlia.
“Mamma, se berrai il mio sangue, la ferita del dito guarirà in un secondo…” dissi per rompere la tensione, poco prima di tornare “normale”.
Il morso sul polso si era già richiuso.
Mia madre tornò a sedersi vicino a papà ed entrambi erano sconcertati e se ne stavano con gli occhi sbarrati e la bocca aperta.
“Come hai fatto a…” farfugliò mio padre ma non riuscì a finire la frase per lo stupore.
Abbassai lo sguardo e poggiai la testa sulle mie braccia, conserte sul tavolo.
Sapevo che non avrei concluso niente in quel modo. Non ci credevano e pensavano che quello che avevo appena fatto era solo un trucco.
Non volevo arrivare a quel punto, pensavo che dopo aver mostrato loro la verità, oltre che dirla, ci avrebbero creduto, e invece non era così…
Dovevo farlo…
Li guardai negli occhi e sapevo quello che stavo facendo…
“Mamma, papà…” cominciai.
“Dimenticate questa conversazione, voglio che sappiate che, anche se non sono a casa con voi e non vengo a trovarvi, io sto bene e starò sempre bene. Voglio che crediate che sono andata a vivere dalla zia Mary a New York, ma non preoccupatevi per me, non chiamatela e non cercatemi. Se qualcuno vi chiede come sto, rispondete che sto alla grande…” sorrisi con le lacrime che mi uscivano rapide dagli occhi.
I loro sguardi erano fissi e vuoti sul mio.
“Sparirò per un po’ e c’è la possibilità che non mi vediate mai più, ma sappiate che starò bene, sempre. Ma, vi prego, non cercatemi… Vi voglio bene e ve ne vorrò per tutta la vita…” conclusi mentre le lacrime avevano riempito il mio viso.
Li baciai entrambi sulla fronte e poi mi alzai dirigendomi verso la porta.
“Ciao amore, divertiti!” disse mia madre mentre mi guardava.
“Ciao tesoro!” esclamò mio padre.
Aveva funzionato…
Non mi voltai a salutarli, ne a guardarli. Dovevo semplicemente andarmene.
Chiusi la porta alle mie spalle e mi abbandonai ad un pianto ininterrotto.
Ripresi a correre, diretta chissà dove.

...continua...

  
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