Magonò
« Ehi,
voi! Smettetela di pastrugnarvi in quel modo! »
Guardo
con disgusto quei gesti d’amore, quelle carezze, quei sguardi languidi che gli
studenti si scambiano. Mi avvicino, riluttante, e separo due ragazzi Corvonero
che si stanno mangiando la faccia.
« Che
schifo » commento guardandoli con disprezzo, e poi me ne vado, diretto al mio
ufficio.
Posso
sentirla distintamente la voce che alle mie spalle dice: « Sei tu che fai
schifo! », ma decido di non curarmene.
Dopotutto
che cosa posso dire? Quel ragazzo ha ragione.
Non era
sempre così. Una volta, da giovane, ero ben stimato dalla mia famiglia.
Ricordo
ancora quando mio padre mi raccontava delle avventure che aveva vissuto a
Hogwarts, dei sotterfugi, degli amori che aveva provato. Me li raccontava
talmente bene che io rimanevo anche per ore attento ad ascoltare, con gli occhi
sgranati dalla meraviglia, ed un solo pensiero.
Anche io, un giorno,
vivrò tutto questo.
Ricordo i
miei undici anni, quelli più sofferti. Perché avevo una speranza, avevo un
sogno che mi stava per raggiungere.
Non so
nemmeno come definire la delusione di tutti quanti quando non mi arrivò nessuna
lettera per Hogwarts. Quando finalmente scoprii di essere diverso. Di non aver alcun potere.
Era stato umiliante,
a dir poco.
La mia
famiglia mi guardava in modo diverso. Ogni volta che mia madre usava un
incantesimo pronunciava la formula a bassa voce per non farsi sentire. Era
convinta che mi avrebbe fatto sentire meglio se non mi fossi accorto della
magia che girava per casa.
Magia di cui io non
avevo possesso.
Mio
padre, invece, era ostinato a non crederci. Voleva che io avessi dei poteri.
Diceva che era impossibile. Secondo lui avevo ascoltato le sue storie con una
luce negli occhi, una luce di magia. Non potevo essere un Magonò. La sola parola
lo disgustava.
Allora
continuava a dirmi di impugnare la sua bacchetta e di mormorare qualche stupida
formula magica. Cercava di farmi uscire un potere, anche minimo, per dire: «
Sì! Sei anche tu un mago! »
Non ci riuscì mai.
Un giorno
era davvero arrabbiato, continuava a spronarmi e a dirmi che non ci credevo
abbastanza.
«
Argus! Devi concentrarti! » mi sbraitò dopo l’ennesimo invano tentativo.
Cominciai
a piangere e per la prima volta urlai contro mio padre.
«
Smettila, papà! Sono un Magonò! Un Magonò! Accettalo e basta! »
E, con
quelle parole, ero scappato in camera.
Lui capì.
Si arrese, finalmente. Ma tra noi tutto era cambiato. Non mi raccontava più
delle sue avventure, non parlava più di Hogwarts. Semplicemente, non parlava più.
L’avevo deluso.
Me ne
andai di casa quando avevo diciassette anni. Non salutai nessuno. Lasciai solo
un biglietto dove avevo scritto che non sarei più tornato. Nessuno mi cercò
più.
Avevano
finalmente tagliato quel ramo sbagliato
della famiglia, che senso aveva desiderare che tornasse? Che senso aveva
ritrovare un figlio che aveva disonorato
tutti loro?
Avevo
passato i primi tempi in una stanza al Paiolo Magico, ma dovevo guadagnarmi dei
soldi per vivere.
Così, un
giorno, mentre passavo per Diagon Alley, incontrai il famoso Albus Silente. Non
so perché, ma si fermò a parlare con me. Mi chiese di raccontargli la mia
storia, e lui mi offrì un posto a Hogwarts.
Accettai,
anche curioso di veder finalmente quel luogo di cui tanto avevo sentito
parlare. Speravo di ritrovare la pace, di ritrovare un posto dove esser
finalmente felice ed esser amato.
Il giorno
in cui mi trasferii a Hogwarts trovai un gatto nel giardino. Rimasi immobile a
guardarlo per un pezzo, e poi lui mi raggiunse e cominciò a fare le fusa
attorno alle mie caviglie.
Credo che
quella fosse la prima volta dopo aver scoperto di essere un Magonò in cui ero
veramente felice. Chiamai la gatta –
scoprii in seguito che era una femmina – Mrs Purr. E mi sentii nuovamente
amato.
Ma può un
animale sopperire ad una mancanza d’affetto così grande?
Ero
contento all’inizio del mio nuovo lavoro. Lo svolgevo in allegria, soddisfatto.
Ma vedere
gli studenti imparare ciò che a me era stato tolto mi faceva arrabbiare. Con il
tempo diventai scorbutico; i ragazzi cominciarono a prendermi in giro ed io
cominciai a detestarli, dal primo all’ultimo, indistintamente.
Ed ora chi sono?
Sono
semplicemente un custode che tutti detestano, una persona ripugnante, senza
alcun affetto.
« La mia
vita è sola ed infelice » mormoro rivolto a Mrs Purr appena entro nel mio
ufficio. « Se non ci fossi tu, sarei solo uno stupido Magonò ».
Lei mi
guarda con i suoi grandi occhi gialli. È il suo modo per consolarmi. Si
avvicina al tavolo, e indica con la zampa una busta sbiadita. La afferro, ma mi
basta vedere il destinatario per gettarla nel fuoco.
Speedy Magic.
Quel
corso stupido che ti fa credere di poter acquisire i poteri. Ci ho anche
creduto, per un pezzo, e sono anche andato. Ma ogni volta che impugno una
bacchetta riesco solo a sentire la voce di un bambino che grida: « Smettila,
papà! Sono un Magonò! Un Magonò! Accettalo e basta! »
E quando
ho fatto la prima lezione con quel corso mi sembrava di rivedere sulla faccia
dell’insegnante la stessa delusione che portava in volto mio padre.
Devo accettarlo anch’io.
{ Spazio HarryJo.
Questa storia si è
classificata terza al Dreams – sogno o son desto? – Contest di Alyssia98. ^^
Mi sono innamorata di
Gazza, scrivendola.
Spero vi sia piaciuta,
ditemi che ne pensate!
A presto,
Erica ♥