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Autore: ponlovegood    28/07/2011    3 recensioni
Raccolta di cinque storie, una per ognuno di loro.
«Certo che ci farebbe davvero comodo un altro musicista per la band» sospirò e lentamente iniziò a raccogliere le sue cose per poi rimetterle nella borsa.
«Ehi, solo perché sbavi dietro a quel tipo io non acconsentirò a fargli far parte della band. Poi un chitarrista c’è già» esclamò Ryo con convinzione.
«Uno, io non gli sbavo dietro e due, era solo un commento generale. So perfettamente che un altro chitarrista non serve» replicò l’altro un po’ stizzito.
«Ah ok, mi stavo già preoccupando»
La campanella suonò. Era ora di ritornare alla triste realtà scolastica.

[da cap. 1 Sveglia pt. 4]
«Il mese prossimo vado a trovare i miei. Voglio presentarti a loro»
Al suono di quelle parole mi andò di traverso il the che stavo bevendo; lui invece continuò a guardarmi con tutta tranquillità.
«C-che… che cosa?»

[da cap. 2 La porta di casa pt. 1]
Genere: Commedia, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Aoi, Kai, Reita, Ruki, Uruha
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Sveglia

 

[pt. 4]

Era un ozioso primo pomeriggio di inizio settembre. Quei giorni si trascinavano dietro ancora un po’ del calore dell’estate e il sole brillava pallido in cielo. Tutto faceva pensare a una perfetta giornata di puro e spensierato relax.

Qui, però, si parlava sempre del punto di vista di Ryo Suzuki.

«Deduco dalla tua aria rilassata che tu abbia finito la relazione» sentenziò il ragazzo seduto accanto a lui, senza però staccare gli occhi dal libro che teneva sulle ginocchia. Quel giorno portava i lunghi e folti capelli dorati legati in una coda, ma qualche ciuffo ribelle gli ricadeva sul volto. Girò appena il capo per controllare la reazione dell’amico –che solo ora si stava decidendo ad aprire un occhio- poi si risistemò gli occhiali sul naso e tornò a scribacchiare qualcosa sulle pagine del libro.

«Relazione?» domandò pacato il biondo ossigenato, completamente ignaro.

«Mh, già..» rispose brevemente senza prestargli troppa attenzione. Si chiedeva quanto ci avrebbe messo a ricordarsene; di solito impiegava una media di 10 secondi e 3 decimi.

«Io non… No! La relazione. Sono morto» guaì mettendosi le mani nei capelli.

Gli ci erano voluto 6 secondi e 4 decimi, un record.

«Credo proprio di sì» commentò l’amico con tono distratto e poco interessato.

«No… no… no» continuava a lagnarsi incessantemente.

Poi improvvisamente a un sottile filo di speranza sembrava essersi teso davanti ai suoi occhi. «Ehi Kouyou… vedo che stai scrivendo… allora neanche tu l’hai finita, vero? Vero che non l’hai finita?» ridacchiò isterico e l’altro ragazzo pensò bene di allontanarsi un po’, guardandolo preoccupato.

«Tu non stai bene» sentenziò. «E comunque anche se sto scrivendo non vuol dire che si tratti della relazione. E tanto per la cronaca la mia l’ho finita una settimana e mezzo fa»

Il mondo sembrò cascare addosso a Ryo. In effetti, pensandoci, la sua affermazione era risultata davvero stupida e preoccupante.

«Tu sei inquietante a volte» disse Kouyou tornado a sedersi più vicino.

«Oh no, io credo che la cosa più preoccupante sia il fatto che mi sto cominciando ad interessare della scuola. Tutto ciò è grave. Io l’ho sempre detto che hai una cattiva influenza su di me»

«Va bene, come preferisci. Comunque ecco qua la tua relazione, l’ho finita ieri e oggi stavo controllando le ultime cose» disse con tutta calma porgendo a un esterrefatto Ryo un piccolo plico di fogli.

«Io…»

«Non dire nulla o potrei avere l’improvviso desiderio di riprendere indietro tutti quei fogli» intimò il ragazzo dalla chioma dorata.

Ryo fece un segno con la mano lungo la bocca come se la stesse chiudendo con una cerniera.

«Bravo, scimmiakun» ridacchiò.

Il biondo ossigenato si dimenticò di ribattere su quel nuovo ‘grazioso’ soprannome datogli da secchionesan perché qualcos’altro attirò la sua attenzione.

Da dove erano seduti, vedevano perfettamente l’entrata della scuola e attorno al cancello si era radunato un capannello di ragazze. Per quanto si sforzassero non riuscivano né a vedere né ad intuire chi si celasse in mezzo a tutta quella gente.

Ad un certo punto un ragazzo del terzo anno si districò dalla folla –con un’enorme fatica- e si diresse verso alcuni amici del club di calcio che erano usciti dal campo per vedere cosa stesse succedendo.

«C’è Shiroyama, quello della sezione G» annunciò il ragazzo e tutti annuirono come a dire che aveva perfettamente capito quale fosse la situazione.

«Shiroyama? Sezione G? Qui non ci sono sezioni G» esclamò Ryo guardando verso l’amico e aspettando che confermasse ciò che aveva appena detto.

«Certo che quando i professori hanno parlato il primo giorno di scuola tu dovevi essere in coma profondo»

«Devo sentirmi offeso?» sbottò Ryo.

«Ah non so, fa come preferisci. Comunque, l’edificio che vedi dall’altra parte della strada fa sempre parte di questa scuola, è una specie di succursale» annunciò con tono saccente.

«Ah. Ma allora quel Shiroyama…?»

«E’ un senpai del terzo anno che, appunto, sta in quell’edificio»

«Ciò comunque non spiega quell’afflusso di ragazze lì davanti al cancello» fece un gesto distratto verso il nugolo di persone febbricitanti.

«Immagino che sia molto popolare» rispose Kouyou con non curanza.

«Mh, capisco» disse l’altro lanciando uno sguardo scettico nella medesima direzione di prima.

«Ehi, un momento! Tu come fai a conoscerlo?!» domandò con un tono di voce eccessivamente alto.

«Era seduto vicino a me durante la cerimonia di apertura» disse pacatamente. «Niente, ci siamo presentiti e poi lui se n’è stato zitto» aggiunse vedendo l’espressione esterrefatta dell’amico che sembrava dire ‘e ci hai parlato? Sei serio?!’.

Improvvisamente dal gruppo di studentesse si staccò una figura alta e slanciata che si mosse verso la porta con passo leggero. Aveva lunghi capelli neri all’altezza delle spalle molto ben curati e anche da quella distanza si capiva il perché ci fosse quella folla di ammiratrici ad attenderlo.

«Credo che per uno come lui potrei anche diventare gay» commentò improvvisamente Kouyou con il suo solito tono calmo, ma fece sobbalzare Ryo che era concentratissimo a fissare il nuovo venuto.

«Ma non lo eri già?» chiese l’altro sorridendo sornione, subito ripresosi dallo spavento.

«Ah ah ah, sei esilarante» rispose ironico.

«Comunque mi sembra solo uno sbruffone» disse secco Ryo mentre osservava il moro sparire oltre la porta della scuola.

«Oh, ma lo è. Però è bello, è stato bocciato –caratteristica che lo rende particolarmente figo-, è misterioso e suona la chitarra. In pratica, un gran bel cazzone. Davvero bello.»

«Io riconfermo la mia teoria sulla tua omosessualità» concluse con convinzione testa-ossigenata.

Kouyou ignorò beatamente il commento dell’amico e si mise a fissare un punto indistinto all’orizzonte. «Certo che ci farebbe davvero comodo un altro musicista per la band» sospirò e lentamente iniziò a raccogliere le sue cose per poi rimetterle nella borsa.

«Ehi, solo perché sbavi dietro a quel tipo io non acconsentirò a fargli far parte della band. Poi un chitarrista c’è già» esclamò Ryo con convinzione.

«Uno, io non gli sbavo dietro e due, era solo un commento generale. So perfettamente che un altro chitarrista non serve» replicò l’altro un po’ stizzito.

«Ah ok, mi stavo già preoccupando»

La campanella suonò. Era ora di ritornare alla triste realtà scolastica.

 

«Punizione signor Suzuki!» la voce risuonò chiara e spietata per classe. Nessuno fiatava.

Ryo era ancora fermo sulla porta aperta con il fiatone per via della corsa e senza cravatta, dimenticata sul bordo del letto.

«Credo anche…» continuò in modo fastidiosamente lento «…che il preside gradirà vederti. E ricorda: non accetterò altri ritardi durante la mia ora»

Ryo lanciò uno sguardo sconsolato dal sensei alla classe, poi di nuovo verso il sensei in infine verso Kouyou. Lo guardò supplichevole, ma lui rimase seduto composto e si limitò a fissarlo con disappunto. Ecco, perfetto! Era stato abbandonato anche dal suo amico.

Sapeva che non c’erano obbiezioni da fare e borbottando come una pentola a pressione –per la maggior parte si trattavano di ingiurie rivolte al sensei e agli dei che sembravano avercela con lui- si voltò pronto a dirigersi verso l’ufficio del preside.

Tutto quello non era assolutamente giusto a suo avviso. Non si meritava di essere mandato dal signor preside in persona. In ogni caso non era completamente colpa sua se era arrivato tardi. Non aveva di certo programmato che le pile della sveglia di scaricassero nel bel mezzo della notte.

Con le mani ficcate nelle profondità delle tasche salì fino al terzo piano, ma prima di raggiungere l’ala dove si trovava l’ufficio del preside, perse cinque minuti buoni a guardarsi intorno con la scusa di volersi godere ancora un po’ di libertà. Si sentiva come un condannato all’ergastolo.

Andava ricordato, che era un tipo al quale piaceva trasformare la sua vita in un’opera tragica.

Con passi lenti si diresse verso la sala d’aspetto che si trovava davanti all’ufficio. L’anno prima aveva già avuto l’onore di farci qualche capatina di tanto in tanto. Sapeva la strada a memoria e altrettanto perfettamente sapeva cosa lo aspettava una volta svoltato l’angolo: quattro sedie imbottite ma tremendamente scomode, di un verdino sbiadito, un tavolino basso sormontato da riviste di almeno tre o quattro anni prima, una vecchia pianta moribonda (dato che nessuno le prestava molte attenzioni) e le pareti di un giallo estremamente pallido. La prima volta che si trovò in quel luogo, gli ricordò spiacevolmente la sala d’attesa di uno studio dentistico.

Appena superato l’angolo, tuttavia non fu sorpreso né dalle pareti tinteggiate da poco dello stesso verde delle sedie, né dalla nuova pianta grassa che aveva preso il posto dell’altra. Un ragazzo sedeva al posto che era stato solito occupare lui. Un ragazzo che avrebbe riconosciuto tra mille, con lunghi e curati capelli neri e un portamento altezzoso.

«Che ci fai tu qui?» chiese con una voce più acuta di quanto si aspettasse.

Il moro alzò il volto con una lentezza esasperante e prima di rispondere esaminò Ryo come una macchina a raggi X. «Immagino la stessa cosa che ci fai tu» disse e tornò a sfogliare una rivista dalle pagine ingiallite.

Ryo si rimproverò per essere stato così avventato nel fare quella domande e si mise a dondolare da un piede all’altro, in notevole imbarazzo, ma cercando comunque di mantenere un’aria indifferente.

«Senti, è inutile che te ne stai lì in piedi a…» lo osservò per un attimo con l’aria di chi cerca di comprendere ciò che fa un bambino piccolo, «…far finta di fare l’indifferente. Siediti. Mi dai sui nervi» sbottò infine.

Ryo non si sarebbe seduto solo per dargli ancora più fastidio, ma sapeva che l’altro si aspettava esattamente quel comportamento, così alla fine si sedette. Il più distante possibile.

«Siete tu e quel Takashima che qualche tempo fa avete tappezzato la scuola con quegli avvisi ‘Cercasi membri per una band’, non è così?» domandò improvvisamente sempre con un certo tono di fastidiosa superiorità.

Ryo alzò lo sguardo verso di lui e inarcò leggermente le sopracciglia. «Mh, potrebbe anche essere» disse evasivo, ma sapeva perfettamente che la risposta gliela si leggeva in faccia. «Ma tu come fai a saperlo? Non stai nell’altro edificio?» mosse leggermente il capo in direzione della finestra, come a sottolineare che il moro faceva quasi parte di un’altra scuola.

«Spesso sono costretto a venire qui. Convocazioni dal preside e cose varie». Disse tutto quello come se stesse parlando del tempo atmosferico. «Un giorno mi è caduto l’occhio su uno dei volantini, tutto qui»

Ryo per un attimo rimase in silenzio poi puntò lo sguardo verso la porta dell’ufficio del preside, nella speranza di vederla aprirsi in quel momento.

«Mh, bene. Comunque non credo che tu saresti il candidato ideale per la nostra band, vedi..»

«E perché mai?» lo interruppe il moro «Ci sei tu, poi c’è quel tuo amico secchione e poi ci sarei io, quello bello, per intenderci» disse con naturalezza.

Ma quel tizio si ascoltava quando parlava?

«Poi basterebbe qualcun altro che faccia un po’ di scena e sarebbe tutto perfetto»

Ryo ormai era certo di una cosa: quel tizio non era solo un arrogante, spocchioso bambino troppo cresciuto, ma anche un vero e proprio coglione.

Era senza parole. Cosa avrebbe dovuto dire in una situazione del genere? ‘Sì, molto volentieri, ne sarei felicissimo!’?

Neanche per sogno.

In quel momento la segretaria fece la sua comparsa nella saletta con addosso un completo rosso acceso in netto contrasto con il verdino pallido delle pareti, delle sedie e della nuova pianta grassa.

«Shiroyamakun, il preside ti sta aspettando» annunciò per poi sparire nuovamente nel suo piccolo ufficio. Il moro si alzò e rimise al suo posto la rivista. Quando ormai aveva già la mano poggiata sulla maniglia si voltò verso Ryo. «Pensaci, mi raccomando» gli disse ammiccando ed infine entrò.

«Se se, come no…» borbottò Ryo a bassa voce.

Quel tizio era l’ultima persona che avrebbe fatto entrare nella loro band. Non gli avrebbe chiesto di unirsi a loro neanche se fosse stato l’ultimo musicista rimasto sulla faccia della Terra. Assolutamente non se ne parlava.

 

* * *

 

Mentre sistemava la custodia del basso sulla spalla si chiese quanto doveva essere alta la febbre quando aveva deciso di prendere sul serio quel volantino.

Era l’inizio di settembre e le vacanze erano tristemente finite.

Ryo cercò di tergiversare ancora un po’ facendo finta di legarsi una scarpa che non aveva bisogno di essere legata. Infondo era ancora in tempo, si disse. Poteva cambiare idea. Poi sarebbe stato rischioso; l’unico modo per raggiungere il luogo dell’audizione comprendeva il passare proprio davanti alla sua scuola.

Ma i suoi piedi andavano avanti e senza che se ne accorgesse aveva già superato l’angolo e casa sua non era più visibile.

Si rannicchiò nel suo giubbotto con la vana speranza di nascondersi almeno un po’. Tuttavia la sua testa ossigenata era davvero difficile da occultare. Avrebbe dovuto prendere un cappello, pensò con amarezza.

Da quando aveva messo un piede fuori casa si chiedeva incessantemente che cosa lo avesse spinto a fare una tale cretinata. Tanto non lo avrebbero mai preso. Si sarebbe solo messo nei guai.

I suoi piedi però andavano avanti.

Passo dopo passo i contorni imponenti della scuola si facevano più chiari. Ecco i grandi cancelli aperti, il cortile e il grande orologio-occhio.

Quando finalmente si lasciò il grande edificio scolastico alle spalle si sentì come sollevato e un senso di potenza lo pervase.

Chi era lui?

Suzuki Ryo.

E aveva paura di una possibile punizione?

Certo che no.

In ogni caso cercò di allontanarsi il più in fretta possibile.

 

Era certamente mezzogiorno passato quando si ritrovò nuovamente nei pressi della scuola.

L’ audizione, beh… era andata. Non sapeva se bene o male; non che avesse fatto schifo, ma non era riuscito a capire cos’avessero pensato i ragazzi che lo giudicavano. Tra di loro c’era anche la tizia dai capelli blu; come si era aspettato. Non gli aveva rivolto la parola, ma, appena aveva messo piede nel locale, lo aveva guardato come a dire ‘Te l’avevo detto che saresti venuto’. In quel momento le avrebbe volentieri lanciato in basso in testa. Ora non rimaneva che aspettare, ma cercava di non illudere se stesso.

Se ne stavano dall’altra parte della strada a guardare il cortile, aspettando il momento propizio per passare. Molti  studenti si godevano gli ultimi giorni di caldo. Il club di calcio era intento a giocare mentre molti altri ragazzi e ragazze semplicemente se ne stavano seduti sotto l’ombra degli alberi. Ryo scorse Takashima, il suo compagno di classe, intento a leggere un libro. Era solo sotto l’albero.

Improvvisamente qualcos’altro catturò la su attenzione: diverse ragazze si erano radunate attorno al cancello e Ryo scorse una figura alta dai capelli corvini varcarlo e sparire tra la folla. Quell’agitazione aveva richiamato l’attenzione di alcuni sensei che uscirono in cortile per controllare cosa stesse succedendo. Fu in quel momento che uno di loro lo notò.

Ryo non ricordava l’ultima volta che aveva corso in quel modo, sapeva solo che doveva allontanarsi di lì il più in fretta possibile. Tuttavia qualcuno doveva averlo riconosciuto.

Quando tornò a casa trovò la madre ancora con la cornetta del telefono in mano. Ha chiamato la scuola, disse lei, Non sono affatto contenta del tuo comportamento, Vedi di darti una regolata, continuò lei, ma per Ryo quello era solo un flusso di parole senza senso.

 

Il giorno dopo lui e la madre raggiunsero l’ufficio del preside. Lei camminava a testa bassa per la vergogna, ma Ryo non riusciva comunque a sentirsi dispiaciuto per lei.

Arrivati nella piccola saletta adiacente all’ufficio, il biondo neanche si accorse dei cambiamenti adottati, non fece caso alle pareti verdi e alla nuova pianta. Teneva gli occhi fissi a terra. Infuriato con se stesso per essere stato colto in flagrante. Avrebbe dovuto stare più attento, continuava a ripetersi.

In quel momento un ragazzo alto dai lunghi capelli neri con indosso la divisa della scuola uscì dall’ufficio del preside e si diresse verso il corridoio lanciando una breve occhiata a Ryo. Lui ricambiò lo sguardo con una smorfia poco amichevole.

Era il loro turno. Pochi istanti dopo erano spariti dietro la porta con sopra la targhetta con su scritto ‘Presidenza’.

 

~

 

Eccomi nuovamente  tra voi con un nuovo capitolo uwù

Non credo ci sia molto da dire, se non che… finalmente è comparso il vecchio *A* *grabba nonno-Aoi*

Ehm ehm, è meglio che la pianti.

Mi sento stupida a non sapere cosa scrivere .-.

Questo capitolo direi che mi soddisfa, mi piace soprattutto la prima parte. Il prossimo che posterò sarà il penultimo e, personalmente, lo adoro *A* Appariranno un sacco di personaggi; avranno un ruolo marginale, ma io li ho adorati u_ù Ok, la smetto di spoilerare <___<

Grazie a tutti quanti  ♥

Lasciate un commentino e vi regalerò dei cioccolatini :D

Chu~

Pon.

  
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