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Autore: BigMistake    29/07/2011    1 recensioni
2026 - Il futuro rispecchiato nelle due versioni, il buono ed il malvagio. Eileen è una ragazza particolare che cresce in un ambiente diverso da quello in cui tutti conosciamo dove la magia viene condannata. Il suo destino verrà intrecciato a quello della speciale famiglia Halliwell in due modi diversi. Come i salti temporali hanno cambiato le cose, così la sua vita muterà.
[Ambientata in parte durante la sesta stagione, in parte dopo l'ottava]
Dal primo cap.: Io l'ho amato, ma lui?
No. Forse mi ha amata in un primo momento.
Poi il suo amore si è trasformato in qualcosa di diverso: necessità, morbosità, senso di possessione.
Sono diventata il suo giocattolo, nient’altro. la sua bella finestra nella mente altrui con la mia potente telepatia e la mia capacità di plasmare i sogni.
Genere: Fantasy, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro Personaggio, Chris Halliwell, Wyatt Matthew Halliwell
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Vago nella molteplicità dei sogni da quando ho avuto il coraggio di chiudere le palpebre, immersa una volta in un incubo, altre in qualcosa di più lieto. È difficile che lo trovi visto che ci separa non solo la distanza fisica bensì anche il tempo, oltre alle difficoltà che subentrano con l’influsso che questo posto ha sulla mia forza.

Vero, non potrà fare molto per me da dove si trova ora, ma devo contattarlo e in questa stanza i miei poteri sembrano indebolirsi ad ogni minuto. Sarà complicato riuscire in questa impresa disperata ora, se non impossibile.

Ho iniziato a cercarlo appena entrata nel mio reame provando da subito a compiere il miracolo.

La mente, sia essa umana, demoniaca o di strega, è un terreno particolare dove passeggiare. Si potrebbe paragonare ad un lungo corridoio disposto su di un asse infinita, dove si aprono milioni di porte tutte uguali all’apparenza le quali nascondono i pensieri di tutti. Da ogni porta si diramano altri corridoi, altri accessi, altri pensieri in una sorta di matriosca multi direzionale ed illimitata sempre più articolata che solo alcuni hanno il privilegio di poter comprendere.

Un gomitolo fittissimo impossibile da districare se non si è un plasmatore della mente.

Come me, come mio padre, come mio nonno e tutti i miei avi. In effetti io sono stata la prima strega donna dopo generazioni di stregoni nella mia famiglia. Ognuno di noi aveva una peculiarità sul controllo del pensiero, sviluppando la telepatia a seconda delle proprie inclinazioni personali.

Il corpo non esiste senza la mente, come la mente non esiste senza corpo.

Un binomio inscindibile. Delle poche nozioni che mio padre mi ha trasmesso ho sempre in mente questa: ciò che accade nella propria testa influisce anche sul resto, se non apertamente ha comunque un effetto sulla nostra vita.

Io, la mia famiglia da quello che ho saputo, non possiamo essere definiti semplicemente telepatici.

Noi siamo viaggiatori del pensiero, quel genere di poteri che attirano sventure su sventure.

Ma ci sono molti modi in cui la mente assume un’importanza rilevante nella vita fisica.

I sogni ad esempio: liberano dai dogmi, lasciano che la mente vaghi oltre i propri doveri, ti permettono di essere libero dalle mille catene che ci vincolano ad un modo di ragionare o di vivere la nostra esistenza. Ogni inibizione, regola o paura scompare sotto il lieve velo grigiastro di un mondo parallelo, ma diverso. Sono composti da ogni genere d’emozione, pensiero, sensazione, esperienza che incontriamo sul nostro cammino anche se a prima vista non ci segna ed agiscono radicandosi nella nostra coscienza, nel nostro io più profondo, in quello strato della mente che rimane sconosciuta persino a sé stessi.

Ogni sogno è di per sé un mondo a sé stante ed io sono in grado di forgiare la materia di cui sono fatti.

Ecco io sono questo: una manipolatrice onirica.

Posso rimanere una semplice spettatrice, oppure imprimere l’impronta del mio passaggio. Posso plasmare scenari, spostare le persone da un mondo all’altro, posso incontrare, far incontrare, far vivere i desideri, le speranze, i timori rendendo il sogno invivibile, folle, assurdo. Posso scoprire dove si nasconde qualcuno osservando le sue paure più torbide e raramente i miei ospiti si accorgono di essere studiati a meno che io non voglia.

È una realtà fittizia complessa, difficile da gestire. Anche i sogni sono fatti di porte, di entrate ed uscite. Persone come me, le così dette “catene di congiunzione”, hanno la facoltà di riconoscere tali porte, varcarle significa risvegliarsi prima che il sogno sia finito, senza rimanerne intrappolati, uno dei gravi rischi di chi può saltare da un universo scibile umano all’altro.

Io vivo nel bilico fra le porte e il mondo reale, attraversando di strato in strato le varie menti che la compongono quando in rari casi s’intrecciano i sogni di diverse persone, talvolta addentrandomi in uno in particolare così come ho fatto con Wyatt la notte in cui l’ho visto la prima volta.

Entrai nella sua porta per noia, forse. Avevo avuto una giornata dura, un po’ come le altre che mi trovavo a passare vivendo con il terrore dei miei poteri. Ero così inesperta allora che per me era un continuo vociare insensato di gente, non potevo chiudere la spia che s’insinuava nel pensiero altrui se non con l’isolamento. Non avevo amici, non riuscivo nemmeno a parlare con una persona senza confondere ciò che diceva realmente da quello che pensava, ma conoscevo comunque il parere che avevano di me ogni singolo mio compagno di scuola.

D’altronde pensavo di essere io l’elemento sbagliato, non la stupidità della gente.

Era un sogno strano il suo. Mi attirò per la singolarità del suo richiamo, protetto da una singolare luce accecante a metà fra la benefica e l’assoluto panico, di quelle che ti sconquassano, ti prendono e catturano anche se conosci la loro pericolosità del loro possibile volta faccia.

Lui si trovava ad un bivio, due strade bianche e battute che attraversavano altrettante foreste: da una parte una verde e rigogliosa, un vero Paradiso in Terra, con il canto degl’uccellini e la danza delle farfalle, dall’altra un bosco triste e spoglio mangiato dall’inverno, che emanava un alone sinistro di terrore. Dietro di lui invece c’era solo una distesa bianca, neutra, senza alberi né strade, il nulla più assoluto. L’osservavo alle sue spalle, m’incuriosiva la sua indecisione, il suo tormento.

Non mi aveva notata e non l’avrebbe fatto se io non avessi tentato di fermarlo quando lo vidi intraprendere la foresta oscura. Tentai di nascondermi, ma fu tutto vano. Lui è Wyatt, la sua magia supera quella di chiunque altro, persino quella della sua stessa famiglia. La mia in confronto, anche se abbastanza forte, è niente.

Non mi restò che scappare anche se mi ritrovò e non in sogno, nella vita vera.

Fu lui ad iniziarmi alla magia, vide in me un grande potenziale e mi volle al suo fianco.

Prima come compagna, poi solo come un mezzo. Gli ero estremamente utile con il mio potere di influenzare il decorso dei sogni.

In molti sono stati uccisi a causa mia.

Sto rischiando, ma ho decisamente bisogno di risposte di quel genere che qui è vietato avere e lui forse potrà darmele. Spero che il nostro legame mi guidi nel trovare la sua mente .

Sono in un altro sogno.

Credo di essere in una specie di deposito.

Vi sono mobili molto vecchi accatastati disordinatamente lungo le pareti con le travi e i pilastri a vista, oggetti della più disparata natura, libri di ogni genere, addirittura un piccolo calderone annerito dal fuoco. In un angolo c’è una casa delle bambole bellissima, perfetta in ogni piccolo particolare  come quelle che io sognavo da bambina e che mia madre mi vietava perché mi avrebbe costretta alla mia condizione di donna casalinga. Vorrei muovermi, andare a vederla più da vicino, ma non posso ora.

Se ho imparato con l’esperienza devo prima farmi un idea di cosa mi aspetta.

Alzando gli occhi invece noto come il soffitto s’inclina spiovente, tipico delle case di montagna o quelle di vecchia data.

Forse, più che un deposito è un ripostiglio molto grande, una mansarda, un sottotetto … una soffitta.

L’aria qui è diversa e non per l’odore di chiuso che ne impregna ogni singola particella. È più qualcosa che mi lascia con ogni scudo mentale sollevato, all’erta come un cane che avverte l’uragano.

Qualcosa di troppo vivido, quasi tangibile.

Un potere forte che opprime i miei sensi fino a farli confondere fra di loro.

Non è un sogno come gl’altri.

Questo è un sogno di un bambino.

Si distinguono facilmente da quelli degli adulti, hanno come una visione del mondo in technicolor che aumenta le gradazioni della tricromia fino a farli divenire quasi reali. Questo immagino sia per la capacità dei bambini di vivere di fantasia e realtà contemporaneamente.

Dalla finestra si dipinge sulla moltitudine di tappeti polverosi un gioco coloratissimo fatto di luci brillanti, piccoli ritagli di una splendente giornata inondata dal sole che pare indicarmi qualcosa di molto più rispetto al semplice tempo. Un’indicazione, un segno di qualcosa che devo vedere.

Al centro della stanza si erge su di un leggio in metallo e legno, un particolare libro dalle notevoli dimensioni, la copertina pesante, rigida di grande spessore scenico con il suo verde logorato dal tempo e lo strano simbolo che non riesco a distinguere tra le ombre. Sembra antichissimo, molto più che le pareti da cui e contornato, consunto nelle sue pagine ingiallite e i due nastri che pendono come lingue forcute a segnare un punto inespresso di consultazione.

D’un tratto la copertina si solleva e con essa le pagine iniziano a sfogliarsi freneticamente. Qualcosa m’invade, uno strano senso di possesso. Non voglio che altri lo leggano, lo sento mio, soltanto mio, nessuno nemmeno una forza invisibile si deve permettere di toccarlo. Mi precipito a chiuderlo investendo il leggio, quasi l’abbraccio per tenerlo stretto prima che io possa realizzare cosa stia facendo.

Sono involontariamente incappata in un’emozione del proprietario del sogno.

No, non va assolutamente bene.

Stacco precocemente le mie mani dal leggio e dal libro quasi ne fossi rimasta scottata, combattendo l’impulso a prenderlo e scappare quando sento un lievissimo rumore ovattato dietro di me.

Non sono più da sola.

Mi volto lentamente e c’è un bambino piccolissimo, in piedi ad osservarmi con il suo sguardo vivace e tra le braccia un orsacchiotto di pezza. Ha un aria intelligente, vispa, contrariata per la mia evidente incursione nel suo sogno. Lo conosco, di sicuro ha qualcosa che si riflette nei miei ricordi o forse è solo un’impressione dovuta all’eco della sua mente che si ripercuote nella mia.

Rallento ogni mio movimento, scendo in ginocchio, seduta, in modo da essere alla sua altezza e parlargli con la voce più bassa, rimanendo sempre a distanza.

Non voglio che mi veda come una minaccia.

Amo i sogni dei bambini, meno gl’incubi.

Mi spaventano le loro paure.

Un uomo adulto di media trasforma le sue preoccupazioni in brutti sogni: un lavoro andato male, il mutuo da pagare, tutte cose tangibili e materiali che si possono facilmente superare. Invece quando un bambino ha un incubo non c’è mai la certezza di riuscire a farcela, come se non si è mai abbastanza forti o protetti, come se sentissimo tutti la paura di essere abbandonati.

Sono gli incubi delle giovani menti i più labirintici, oppressivi, i più complicati da gestire, i più dispersivi, i più coinvolgenti, quelli che t’intrappolano nel mondo dei sogni senza possibilità di trovare l’uscita.

Se dovesse cambiare idea, vedermi come un pericolo sarebbe difficile convincerlo del contrario.

«Ciao, scusami se ho toccato il tuo libro …» alle mie parole stringe a sé teneramente ancora di più il suo orsacchiotto. «Io mi chiamo Lee … stavo cercando un mio amico. Purtroppo credo di essermi persa …»

Devo ammettere che mi sorprende la razionalità del sogno di questo bambino, avrà neanche due anni e controlla benissimo il suo subconscio. Di solito a questa età, l’attenzione, così come la voglia di apprendere e conoscere, sfuma facilmente da un obbiettivo a l’altro, per cui capita di cambiare scenario in un battito di ciglia.

Invece lui sa benissimo cosa vuole, è cosciente di dove è e del fatto che io sia un’estranea. Sembra sia stato educato ad una certa diffidenza, ma al contempo non ha paura perché sa anche che può benissimo difendersi – e non ho alcuna intenzione di scoprire il come possa farlo-. Percepisco la sua curiosità, ma anche la sua profonda incertezza, come se non sapesse decidersi realmente se sono o no un pericolo.

Sia avvicina a me dondolando sui suoi passi incerti, studiandomi ancora. Guardo i delicati lineamenti del suo viso contrarsi, assumendo quasi un’espressione adulta. Sul mio viso si dipinge un sorriso spontaneo a cui il piccolo risponde con un altro quasi timidamente, cercando di coprire con il suo peluche i piccoli dentini che spuntano dalle labbra.

Devo essere cauta, molto cauta, non ho alcun desiderio che tutto muti all’improvviso.

Quando solleva le mani indicando il mio collo invitandomi a prenderlo in braccio, lo accolgo molto delicatamente, sostenendo la sua schiena e lasciando che la sua testa trovi spazio sulla mia spalla in maniera naturale.

È dolcissimo ed è il bimbo più bello che abbia mai visto. Ha splendidi capelli dorati e occhi grandi, le gote coperte da un delicato rossore. Somiglia molto ad un putto, un angioletto di quelli che arricchiscono gli affreschi parietali delle chiese.

Il senso di beatitudine che mi pervade, la pace e la tranquillità che il battito del mio cuore provoca in lui, mi offre una nuova gamma di emozioni, sua non mia ma di cui sento non potrei fare a meno.

Non importa, non ora che ho questo bambino tra le braccia. Sospira rilassato mentre mi azzardo ad accarezzargli le spalle minute. Chiudo gli occhi, mi viene naturale beneficiare del profumo di borotalco che emana la sua pelle. Ho un vago ricordo, una cosa che mi appartiene e sono sicura che sia mia: un piano e le note dolcissime di una ninna nanna in un carillon, le braccia di un uomo che si muovevano al ritmo della musica che invadeva il nostro appartamento di New York.

Inizio a canticchiarla con le labbra socchiuse, solo per lasciarmi trasportare dalla malinconia di quelle note dal sapore dell’addio, volare assieme ad esse nel mio passato, mentre un lieve formicolio cattura ogni parte del mio corpo. Forse lo sto facendo, forse sto proprio volando perché sento il mio corpo smaterializzarsi e fluttuare oltre ogni luogo, totalmente rapita, incatenata ad una sensazione che non ho intenzione di abbandonare.

Voglio restare così, sempre abbracciata al fragile corpo di questa creatura benedetta e tenerla con me.

L’immedesimazione è uno dei più gravi pericoli che corriamo noi viaggiatori della mente: provare gli stessi ricordi, avere le medesime sensazioni del nostro ospite, l’empatia che si produce una volta superata la soglia è una lama a doppio taglio. Ci aiuta da un lato a percorrere i sentieri conoscendo tutte le buche e gli avvallamenti, ma allo stesso tempo può inghiottirci, annegare nel mare di una personalità diversa, divenire talmente assuefatto a quella di non riconoscersi più rimanendo per sempre incatenato in un sogno non tuo o nel limbo che lo precede senza ritrovare il proprio corpo.

Sento il mio nome in lontananza, qualcuno mi chiama, forse mi vogliono svegliare.

Lee … Lee …

Sì è il mio nome, lo conosco.

Non voglio nemmeno più sentirlo. Ma non stanno tentando di svegliarmi.

È qualcuno all’interno del mio sogno.

«Apri gli occhi Lee …»

Apri gli occhi Lee. Apri gli occhi Lee, ma non quelli veri. Quelli dell’anima.

Apri gli occhi Lee.

Una mano accarezza la mia guancia, è fredda, mi fa rabbrividire il suo contatto costringendo le mie ciglia a sbattere tre volte prima che riesca a riprendermi del tutto e a focalizzare chi ho davvero di fronte.

«Chris?» fatico a parlare.

«Lee, non so come tu abbia fatto …» è lui. Tiene le sue mani sulle mie spalle, i suoi occhi verdi brillano attraverso la patina ologrammata che vive attraverso i sogni.

L’ho trovato, è qui e sono attonita dall’esserci riuscita.

Agisco d’istinto aggrappandomi a lui, come se fosse dimentica di tutto e tutti.

« Chris! Sono riuscita ad arrivare a te! Non posso crederci …»

Lo stringo sempre più forte, non voglio lasciarlo andare e neanche lui a giudicare da come mi ha cinto la vita e sollevato. Con Chris ho sempre avuto un rapporto speciale e Wyatt non ha mai potuto soffrire l’intesa che dimostravo di avere con suo fratello. Ne era geloso, scommetto che anche ora lo sarebbe se sapesse che la sua sonda personale è in combutta con lui per cambiare il futuro. Sono molto affezionata a Chris, molto più che affezionata.

«Come hai fatto a raggiungermi?»

Ci stacchiamo mal volentieri per permetterci di guardarci negl’occhi. Siamo spaventati, tristi e felici di ritrovarci. Sono contenta di vederlo quasi sereno.

Ma qualcosa manca all’appello, come se mi fosse scivolato dalle mani.

«Dov’è il bambino?»

«Bambino?»

«Quello che avevo in braccio, il bambino che mi … ha condotto … da te …» sono perplessa da quello che ho vissuto. Io stessa sono stata una viaggiatrice bambina, mai così piccola e nemmeno così brava da poter saltare da un mondo all’altro senza muovermi.

L’ambiente è cambiato, la soffitta è scomparsa, i colori sono sbiaditi.

Siamo accanto ad un divano tappezzato di bianco con sopra stampati dei grandi fiori arabescati rosa antico e beige, l’arredamento circostante è molto simile alla camera dove tristemente alloggio.

Ho oltrepassato un varco, senza nemmeno accorgermene.

Finalmente riprendo coscienza di me, di ciò che mi circonda.

«Siamo in casa Halliwell?»

«Sì, a meno che tu non decida di spostarci …»

«No, meglio restare qui. Almeno il luogo deve essere lo stesso …» Chris è confuso almeno quanto me, si guarda attorno come se cercasse di capirlo lui visto che io non mi decido a dare spiegazioni.

«Lee cosa sta succedendo? Hai rischiato molto cercandomi …»

«Mi ha trovata Chris …» Sospira affondando nello schienale del divano. Immagino che se lo aspettasse dal momento in cui non vi è più Bianca a coprirmi. Porta una mano al viso per massaggiarsi gli occhi e stringere fra due dita la base del naso, come se un’improvvisa stanchezza lo avesse colto. «Mi ha imprigionata con un incantesimo qui a casa Halliwell …»

«Come?»

«Io sto bene, più o meno, non mi ha eliminata intendo. Sono viva e vegeta in una delle stanze delle sorelle suppongo …» I nostri occhi s’incontrano ed in quello sguardo c’è tutto.

La paura, lo stupore, le emozioni che ho vissuto incontrando Wyatt, tutto è racchiuso nel nostro sguardo. «Anche tu suppongo sei qui altrimenti non ti avrei trovato …»

«Ricordo che stavo seguendo una pista su dei Demoni Scabbia e cercavo qualche informazione sul Libro delle Ombre … credo di essermi addormentato qui … » Passa una mano sul cuscino, saettando con lo sguardo da una cosa all’altra presente nella stanza. Non so a cosa stia pensando, non voglio rischiare d’indebolirmi ulteriormente utilizzando altra forza magica. «Deve aver chiuso il museo dopo quello che è successo …»

«Riguarda la morte di Bianca?»

Sospiro, ho decisamente bisogno di sedermi.

Mi appoggio sul divano e prendo la mia testa fra le mani, in un gesto disperato.

Chris mi è subito accanto, nemmeno avessi palesato il mio bisogno di conforto di sentirmi protetta.

Forse lui lo sa, mi conosce da tanto.

Ma non c’è tempo per i rimorsi o i rimpianti, l’ho cercato per un motivo.

Delle domande necessitano delle risposte, lui me le può dare. Sarà così.

«Bianca è morta …» Sollevo la mia testa per guardarlo, mentre i suoi occhi vagano sul pavimento alla ricerca della risposta giusta da darmi. Non può guardarmi, non riesce a farlo. «Non mentirmi!»

Afferra nuovamente le mie spalle costringendomi a fissare il mio sguardo nel suo.

La vede, so che vede la ferita che sta lacerando la mia anima.

È morta ed io l’ho capito.

Annuisce con un semplice cenno del capo, non riesce nemmeno a dire un semplice sì.

«Oh, Chris, non dirmi che è stato lui …» non risponde, il linguaggio del suo corpo parla per lui. C’è solo un verso eloquente, un movimento del suo pomo d’Adamo mentre deglutisce a fatica un pugno d’angoscia bloccato nella sua gola. Diviene rigido, la sua mano dapprima adagiata sulla mia spalla si chiude ermeticamente in un pugno. Incredibile come abbia gli stessi atteggiamenti del fratello quando viene messo in difficoltà. «… allora non è cambiato di molto …»

«Cosa significa non è cambiato di molto?»

Finalmente mi guarda, proprio mentre la mia testa torna pesantemente sorretta dal braccio.

«Ascolta Chris ho bisogno che tu mi chiarisca un dubbio, prima che sia costretta ad andarmene …» Sento che il tempo sta per scadere, il sonno inizia a scemare, almeno il suo. «Come funziona il potere della guarigione?»

Capisce la mia urgenza, inizia a sentire il lieve risveglio del corpo fisico invadergli l’anima, ma è confuso dalla mia domanda. Sbuffa cercando di riordinare le idee, dondolando la testa mentre gesticola nervoso come ogni volta che gli metto fretta nel fare qualsiasi cosa.

Siamo ragazzi in fondo, ragazzi che si sono sbrigati a crescere troppo in poco tempo.

«So che è un potere difficile da gestire, ci vogliono anni per apprenderlo e i sangue misto come me non è detto che lo abbiano. Comunque è un potere buono scaturito da emozioni positive, dall’amore principalmente …»

Dall’amore …

Quest’affermazione rimbomba nella mia testa al pari dei battiti del mio cuore.

Dall’amore …

«Come è possibile allora che lui mi abbia guarita?»

Rimane con la bocca letteralmente aperta, non si aspettava una cosa anche solo simile ed io non so fare altro che mordermi le labbra fino a sanguinare.

Il tempo è quasi giunto al termine, noi due di nuovo costretti da due mondi lontani nel tempo. Il mio angioletto tornerà presto alla nuova realtà remota per salvare il nostro futuro ed io resterò ancora più turbata di prima.

Ci abbracciamo.

Un abbraccio silenzioso ma fatto di mille parole non dette, un abbraccio costruito da uno spiraglio di luce appena accennato in questo mondo così tetro. Stringo le mie braccia sul suo torace, affondo il viso nell’incavo del suo collo, sento le sue labbra posarsi fra i miei capelli. È un fratello per me ed è probabilmente per le nostre affinità che riusciamo a captarci facilmente attraverso i nostri poteri. Lui sente i miei richiami ed io ho gli accessi alla sua mente totalmente spalancati, come neanche con i miei genitori ho mai avuto. È un po’ come se fosse il mio Angelo Bianco, immagino che sarebbe stato perfetto come tale se solo vi fosse ancora qualcuno lassù che regolasse questo genere di cose.

«Non è tutto perduto Chris!»

«Tieni duro sorellina … » ci scostiamo, sento gli occhi inumidirsi, le mie solite inibizioni totalmente liberate. Mi accarezza il viso, bacia la mia fronte e vedo attraverso i suoi splendidi occhi verdi la speranza che forse noi due riusciremo a combattere il destino, a cambiarlo, a sovvertire lo spazio ed il tempo.

Mi regala uno di quei suoi sorrisetti strafottenti, da spaccone mentre scompiglia la mia testa arruffando i capelli. Questa volta non protesterò per il suo gesto affettuoso. Anzi, gli sorrido di rimando mentre il suo viso traspare ai miei occhi nel risveglio al passato.

«Ci vediamo nel futuro, fratellino ... »

 

Note dell'autrice: Eccomi qui l'ultimo capitolo prima delle vacanze... purtroppo non credo che potrò postare per tutto Agosto e forse non potrò nemmeno rispondere alle recensioni immediatamente ma prometto che appena posso se ci saranno lo farò... rinnovo la mia disponibilità per dubbi, domande perplessità etc etc...

Veniamo a noi: eh già!Il bambino del sogno che incontra Lee è proprio ... ma sì lo so che lo avete capito però non ve lo dico apertamente ...

Comunque spero che vi piaccia questo po' di Chris che vi ho messo, vi garantisco che nel futuro positvo ce ne sarà molto di più!

Allora nel passato dovremmo essere nel periodo tra la puntata 16 e la 18 (Un magico arrivo e Teenager per caso), quindi Leo non sa ancora che Piper è incinta ecc.

Qui abbiamo anche la spiegazione di come funziona più o meno il potere dei sogni di Lee, spero vi piaccia e sia chiaro.

Credo di aver detto tutto gente!

Eh eh quindi un SUPER BUONE VACANZE A TODOS.

Besitos e ci rivediamo a settembre!!!

Mally

   
 
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