Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: rolly too    29/07/2011    1 recensioni
«Ehi!» lo chiamai ad alta voce, cercando di sovrastare il rumore della pioggia. La voce mi uscì più roca e vibrante di quanto avessi immaginato, ma non ci feci caso. Lui non rispose. Non si mosse, e non diede nessun segno di avermi sentito. «Ehi!» ripetei più forte, e solo allora si voltò verso di me. Una macchia di sangue scuro gli copriva la parte sinistra della fronte e il liquido scarlatto, unito alla pioggia, gli era colato sul volto e sulla maglietta inzuppata di acqua. Rabbrividii, mentre il cuore iniziava a rimbalzarmi in bocca e mi coglieva un fortissimo senso di nausea. Mi si offuscò per un attimo la vista, mentre il fischio nelle orecchie si faceva insopportabile. Che cosa avevo fatto?
Genere: Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Mercoledì 26 Novembre

Salii le scale in fretta, facendo attenzione a non versarmi addosso il caffé. Ines, dietro di me, arrancava addentando un panino.
«Poteva scendere lei.» brontolava ogni tanto. «Adesso ci tocca fare le scale anche per scendere.»
Sbuffai ma non le risposi nemmeno. Ero felice di aver finalmente chiarito la questione con le mie amiche. In parte quello che avevano fatto mi bruciava ancora, ma conoscere il motivo del loro comportamento mi aveva dato la voglia di passare oltre e lasciarmi quella storia alle spalle. E dentro di me speravo che, dal momento che avevano chiesto aiuto a Gioele per riuscire ad avvicinarmi, non si sarebbero dimenticate di lui. Forse gli avrebbe fatto bene.
Quando arrivammo nella loro classe non c'era ancora nessuno.
«Hanno avuto ginnastica.» spiegò Ines guardandomi. «Te l'avevo detto che era meglio se aspettavamo che venisse lei.»
«Quanto sei pigra! Alla fine, sono solo due scalini in croce...»
«Parla quella che prende il motorino anche per attraversare la strada.»
Incassai il colpo e rimasi in silenzio.
«Cerchi qualcuno?» mi domandò all'improvviso un ragazzo che non avevo mai visto prima, appena entrato nella classe. Gettò a terra la borsa di ginnastica e si allungò oltre a un banco per afferrare un pacchetto di cracker dalla cartella.
«Francesca.»
«E Gioele.» rincarò Ines.
«Ah, sì.» commentò lui alzando le spalle. «Arrivano.»
Se ne andò, in fretta com'era venuto, e dopo poco arrivarono anche, in effetti, Francesca e Gioele. Nonostante ci avessi sperato, fui sorpresa di vedere che parlavano tra loro.
«Hai ragione,» stava dicendo Francesca «ma non mi sembra comunque il caso... Ah, guarda chi c'è.» s'interruppe quando ci vide. «Com'è che hai convinto Ines a fare le scale?»
«E' stata dura.» replicai con un finto sospiro. «Come va?»
«Bene.» rispose lei, mentre Gioele, che mi salutò con un breve sorriso, gli occhi bassi, si limitò ad annuire. «Lo sai che Gabriele questa mattina ha chiamato Gioele a casa?»
«Cosa?» esclamò Ines, facendosi avanti. «Ci prendi in giro?»
«E' la verità.» sussurrò allora Gioele, guardandola per un secondo. «Questa mattina, prima della scuola.»
«Che voleva?» gli chiesi, esterrefatta.
«Parlare con me, credo.» mormorò lui in risposta, torcendosi le mani. «Ha risposto Nguyet. Non ha voluto passarmelo... Ha detto... che vuole... incontrarmi.»
Tacque. Credevo di capire di che cosa lo spaventasse. L'ultima volta che aveva incontrato Gabriele era finita a cazzotti, e quello che ne era uscito peggio era sicuramente lui. Immaginavo che non fosse così entusiasta di ripetere l'esperienza. Tanto più che ora Gabriele doveva supporre che mi avesse detto tutto, e, quindi, aveva un motivo in più per avercela con Gioele.
«Ma tu pensa che tipo.» commentò Ines. «Uno che viene a rompere alla mattina presto per questo... E tu» proseguì rivolgendosi a Gioele, che sembrava a disagio, in mezzo a quelle attenzioni «che cosa hai intenzione di fare? Incontrarlo e chiarire?»
Lui chinò ancora di più lo sguardo, rosso in volto.
«Io...» sussurrò, e la sua voce era talmente bassa che tutte e tre dovemmo avvicinarci per sentirlo. «Io... Non voglio vederlo di nuovo. L'ultima volta...» scrollò le spalle e ci guardò. Quando incrociai il suo sguardo mi resi conto di quanto fosse spaventato in realtà. Gli occhi erano lucidi di lacrime, ma sapevo benissimo che non si sarebbe messo a piangere. «Io non sono un eroe.»
Nessuna di noi tre parlò, quindi lui proseguì a bassa voce:
«Gabriele mi fa paura. Non sono...  non mi piace... fare a pugni. E non mi va di prenderle ancora.»
«Be', non mi sembra così scema come considerazione.» commentò Francesca. «Ma come ti ho detto prima, se non chiarisci con lui ti tormenterà in continuazione.»
«Questo lo so.» mormorò Gioele, ma poi scrollò le spalle, come a far intendere che, comunque, non aveva una soluzione.
«Lascia perdere.» suggerii io, nello stesso momento in cui Ines esclamava:
«Certo che dovrai incontrarlo!»
Ci guardammo, allibilite, ma lei fu più rapida di me nel dare la propria giustificazione.
«Be', scusa, Gabriele è un idiota e non lo lascerà mai in pace se non accetta di incontrarlo. Tanto vale che ci vada e che si tolga il pensiero.»
«L'ultima volta è finita a pugni.» ribattei io inarcando le sopracciglia.
«Verremo con te.» propose allora Ines guardando Gioele, che ricambiò con uno sguardo spaurito. «Se proverà anche solo ad avvicinarsi lo faremo a pezzi!» Battè con forza il pugno contro la mano e annuì.
Gioele sembrò spaventato da quella possibilità, e si affrettò ad alzare pacatamente le mani, con un sorriso sghembo sul volto e gli occhi che brillavano di una strana luce.
«Non credo che sia il caso.» mormorò. «Io... gli parlerò. Se volete venire... va bene. Ma niente violenza.»
«Non ascoltarla, Gio'» intervenni io. «Non sei costretto.»
«No» ammise lui a bassa voce «ma Ines ha... ragione. Devo... andare.»

Così andammo. Tutti e quattro, insieme. Gioele telefonò a Gabriele e si misero d'accordo per incontrarsi fuori da scuola. Sapevo bene che cosa significasse quella scelta, ma Gioele mi disse che non era importante. Dubitava che l'avrebbero picchiato, se ci fossimo state anche noi. Io non ne ero sicura, ma annuii.
Gabriele era già lì, e vedemmo da lontano che era solo.
«Forse è meglio se vado solo io.» mormorò Gioele in un soffio.
«Noi ti aspettiamo qui, al bar.» annuì Ines. «Ma se hai bisogno di aiuto, vedi di tirare fuori un po' di voce e metterti a urlare. Guarda che io faccio boxe, so come si prende a pugni una persona.»
Gioele non rispose. Scrollò le spalle e si diresse verso Gabriele. Io, senza consultarlo, lo seguii. Lui non disse nulla e non si voltò nemmeno a guardarmi. Camminava lento, con le mani affondate nelle tasche dei jeans chiari e il giubbotto nero aperto. Stava curvo, ripiegato su se stesso, come se ci fosse stato un vento tremendo a respingerlo. Quando Gabriele si accorse che c'ero anch'io mi rivolse un sorriso speranzoso.
«Totta...» salutò piano, timoroso. Lo ignorai e guardai Gioele. Ma lui teneva lo sguardo su Gabriele senza vederlo davvero. Quando Gabriele si rese conto che Gioele non aveva intenzione di parlare, si rivolse di nuovo a me.
«Sono stato talmente stupido, Totta...»
«Sono della stessa opinione.» replicai. «Non volevi parlare con Gioele?»
«Sì, ma dato che sei qui tu preferisco parlare con te.»
Gioele non sembrava per nulla interessato a me e Gabriele. Se ne stava immobile, ricurvo, a fissarsi la punta delle scarpe da ginnastica consunte. O almeno, così pareva a me.
«Mi sono arrabbiato per nulla, Totta...» cominciò Gabriele con il tono più patetico che riuscì a tirare fuori. «Non avrei dovuto, il fatto è che ero geloso. Lo sai.»
«Lo so?» ripetei io. «No. Quello che so io è che ho sprecato parecchio tempo con te.» Parlavo lenta, senza particolari inflessioni. Mi resi conto che non me ne fregava più niente di Gabriele. Questa constatazione non mi fece effetto. Non mi importava, semplicemente.
«Totta...»
«Quello che intendo dire è che sono stata molto stupida. Ma questa volta ho imparato e non mi freghi più. Puoi piangere, strillare, agitarti, fustigarti, se vuoi. Non mi farai mai abbastanza pena da farmi convincere a tornare con te.»
«Sono cambiato!» esclamò Gabriele, risentito.
«Un cambiamento straordinariamente veloce!» esclamai io, ironica.
«Tu non... cambi mai.» mormorò Gioele senza guardare nessuno. Nel silenzio della strada la sua voce raggiunse anche Gabriele, che avvampò.
«Che cazzo ne sai tu?» lo aggredì. «Non stavo parlando con te.»
«Carlotta... Sa... tutto.»
«Cosa vuol dire?»
«Vuole dire che mi ha detto perché avete litigato.»
Gabriele si voltò verso Gioele, furioso. Gli si avvicinò con un balzo e lo afferrò per il colletto della camicia a quadri.
«Tu hai fatto cosa?» gridò sputando ogni parola come se fosse stata un sasso.
«Io le ho detto tutto.» sussurrò Gioele. «Ogni... cosa. Se davvero... ci tenevi, a lei... Avresti dovuto... dirglielo tu.»
La voce di Gioele era tanto bassa e tremante che faticai a capire che cosa stesse dicendo. Ma Gabriele non si era perso nulla e aveva già stretto il pugno, pronto a colpire Gioele... Che però fu più veloce. Con uno scatto che non seppi spiegarmi e che non riuscii nemmeno a distinguere, simile al guizzo di un serpente, Gioele aveva afferrato Gabriele alla base del collo e con una forza che non era sua l'aveva tirato contro di sé. Il naso e la bocca di Gabriele si scontrarono con la spalla ossuta di Gioele e produssero un rumore nauseabondo. Gioele lasciò andare Gabriele come se fosse stato infuocato e fece due passi all'indietro per allontanarsi da lui. Lo guardai e vidi i suoi occhi stranamente vuoti e inespressivi. Gabriele, piegato metà dal dolore, sputò a terra. Insieme al sangue riuscii a distinguere due denti.
«Gio'...» mormorai, sconvolta. Ma lui non sembrava toccato da ciò che aveva fatto. Si fece ancora più piccolo e sprofondò le mani più a fondo nelle tasche.
«Tu non cambi mai.» sussurrò di nuovo. Mi guardò, come colpito da una consapevolezza improvvisa, poi piombò di nuovo nei suoi pensieri e non mi badò più.
Gabriele si raddrizzò barcollando e puntò un dito tremante contro Gioele.
«L'hai visto?» urlò. «L'hai visto che cosa ha fatto? Ecco con chi ti vai a mettere! Con un pazzo!»
«L'unico pazzo, qui, sei tu.» risposi, acida, ma in cuor mio anch'io pensavo che Gioele fosse impazzito. E lui, che sembrava aver colto quel mio pensiero, si limitò a scrollare le spalle. Non disse nulla e non sollevò lo sguardo da terra. Era talmente distante, in quel momento, talmente incomprensibile... Mi voltai di scatto verso Ines e Francesca, che ci guardavano dal bar, e loro mi rivolsero un'occhiata scioccata. Io, tra Gioele e Gabriele, iniziai ad avere paura. A quel punto, non sapevo come si sarebbe evoluta la situazione. Ma poi, all'improvviso, Gioele si sedette a terra. Incrociò le caviglie, sollevò le ginocchia e le cinse con le braccia. Intrecciò le dita e puntò lo sguardo davanti a sé. Rimase immobile come una pallida statua di gesso. Non gliene importava niente di tutto quello che aveva intorno. Immaginai che Gabriele avesse capito che, per il momento, Gioele era innocuo, perciò tornò a concentrarsi su di me. Il sangue gli era colato dalla bocca e dal naso sul mento e da lì gocciolava sui vestiti. Lo ignorò.
«Se torni con me sarà diverso da prima. Mi concentrerò solo su di me.»
«Non penso proprio che andrà così.» sibilai io, disgustata da quel patetico tentativo di ingannarmi di nuovo. «Io penso che non tornerò con te, anche se dovessi essere l'ultimo uomo sulla Terra e a quel punto penso che mi sparerei così da essere sicura di non incontrarti mai più. Comunque, a parte queste ipotesi apocalittiche, credo che faresti meglio a trovarti qualcuna talmente cretina da esserlo più di me, che ti creda. Oppure qualcuna che si comporti proprio come te, a cui non interessa quello che fai. Comunque, come ti ho già detto, tutto quello che dici o fai è totalmente inutile. Sprechi il tuo tempo.»
«E' perché ti piace lui?» urlò Gabriele puntando il dito contro Gioele. «E' così? Ti piace lui?»
Sì, Gioele mi piaceva. Molto più di quanto mi fosse mai piaciuto Gabriele, in verità, ma avrei lasciato perdere Gabriele anche se non fosse stato così. E non mi sembrò il caso di turbarli entrambi con quell'informazione. Anche se era rimasto immobile, sapevo bene che Gioele non si era perso un sospiro della nostra discussione. Aveva ascoltato tutto, dall'inizio alla fine. E a quella domanda si era fatto particolarmente attento.
«Lascia stare Gioele, sei tu il problema.» sbottai. «Sei tu che sei patetico e che mi fai schifo. Ecco qual è la verità. E non ho più tempo da perdere con te.»
Mi avvicinai a Gioele, lo presi per un braccio e lo costrinsi ad alzarsi. Lui obbedì senza discutere. Guardò per un istante Gabriele, poi abbassò lo sguardo. Io mi voltai, decisa, e lasciato andare Gioele tornai al bar dalle mie amiche.
Non mi voltai nemmeno a guardare Gabriele. Tra me e lui era finita per davvero.

   
 
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: rolly too