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Autore: CaptainKonny    29/07/2011    5 recensioni
Una giornata iniziata come tante. Due giovani con due passioni diverse, ma in cui mettono la stessa dose di passione. La loro quotidiana, grande, ultima giornata....
Genere: Drammatico, Poesia, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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DUALISMO

               DUALISMO

 

Tutto di corsa, di corsa;

tutto questo, di fretta.

I passi frettolosi risuonano nel corridoio, sebbene siano attutiti dal parquet.

Come sempre, per forza di cose, si arriva all’ultimo minuto.

L’organizzatrice in fondo al corridoio, i suoi gesti mettono fretta;

la faccia spazientita; la sacca pesa sulle spalle, picchiando contro la schiena.

 

Ma proprio oggi doveva piovere?!

Il cuore gli rimbombava nelle orecchie per: l’ansia, la fretta, la tensione;

la forza di star calmo e di costringersi a tenere tutto in mano.

Tutti quelli che incontrava, indaffarati, lo salutavano;

nella mano destra la custodia pareva leggerissima.

 

Poche parole in fretta e furia, la porta si richiude dietro di sé.

La borsa gettata in un angolo, un rapido cambio di vestiti;

elastici e mollettine per i capelli infilate con frettolosa precisione.

Poi, un attimo di calma…. Estrarre i pattini dal borsone;

bianchi come la neve, perfettamente puliti,

con il tacchetto nero; la lama sottile sotto riluceva, tagliente.

Calzavano a pennello. Menre li allacciava sentiva la folla sugli spalti,

grida, battiti di mani e la musica che rimbombava per tutta la pista;

poteva vederli davanti a sé; un brivido la percorse

facendole tremare leggermente le mani.

 

Il suo piccolo camerino era caldo ed accogliente; intimo.

C’era solo una luce fioca, proveniente dalla lampada sul comò.

Si tolse il giubbotto fradicio, si asciugò e poi aprì la custodia;

il nero lucente rifletteva la luce della stanza.

Con maestria lo montò, pezzo per pezzo;

poi, un attimo di calma…. Con attenzione prese in mano il clarinetto.

Era perfetto, assolutamente perfetto. Fuori sentiva gli ultimi accorgimenti, pronunciati a bassa voce;

in lontananza l’eco delle voci e dei passi che rimbombavano

dall’auditorium in fondo alla struttura;

davanti ai suoi occhi si formò l’immagine dell’enorme stanza: ampia, lunga, addobbata in stile classico, i tendaggi rosso scuro del palco, la gente seduta, il piano a sinistra della scena;

era ora…

 

era ora;

si avviò per i corridoi silenziosi; il corpo in tensione, il cuore che cavalcava frenetico.

Arrivò all’entrata della pista: tutti i faretti accesi ad illuminarla di luce bianca contro il

Nero dello sfondo, gli spalti pieni, e ai lati della pista le telecamere;

appena entrò, scivolando veloce e leggera come un pesce, una marea

 di applausi la accolse febbricitante.

Si fermò al centro della pista;

 

mentre camminava, gli sudavano le mani sullo strumento;

gli occhiali miracolosamente ancora fermi sul naso.

Sbirciò fuori, le sedie tutte piene;

si impose calma e controllo;

sapeva che appena sarebbe uscito si sarebbe subito sentito a suo agio.

Un passo, deciso, da felino che ti lancia una sfida;

uno scroscio di applausi, non violento, composto,

da chi viene a sentire un concerto di musica classica, al conservatorio.

Si fermò al centro del palco, rivolto verso il suo spartito;

un respiro a pieni polmoni, era pronto.

 

La musica iniziò leggera, come l’aria, iniziò

A muoversi; lentamente, con precisione;

calma, una calma estrema, controllata, apprezzabile, ammirabile.

Sentiva le lame scivolare sul ghiaccio, fluide;

poi perse persino quella concezione, si lasciò andare, abbandonandosi in quel mare;

lasciandosi trasportare dai movimenti del tutto naturali del suo corpo, dalla musica, dai ricordi

di quella danza.

 

Uno sguardo al suo pianista, iniziò a suonare;

un soffio pieno, da prima deciso: poi, con tranquillità e naturalezza, calma;

tutto era così familiare, e naturale; il suono del piano in parte a lui.

Gli occhi che guardavano lo spartito davanti a sé, seguendo precisamente

Le note e il ritmo di quella musica; le dita

Si muovevano sicure e veloci sullo strumento;

sentiva gli occhi degli spettatori puntati su di loro.

 

Volteggiava veloce come un uccello, avanti, indietro;

saltellando con le punte, piccoli passetti, piccole crepe nel ghiaccio.

Allungamenti, spaccate, piccoli salti; sentiva il caldo invaderla

I muscoli tendersi mentre si stirava o si sollevava una gamba in aria,

la punta della lama del pattino scalfire la fredda lastra bianca,

piccoli soffi d’aria e d’ossigeno durante le giravole e i salti;

tutto era assolutamente perfetto.

 

Ma c’era qualcosa di strano quella sera,

come se le persone che li guardavano non fossero gli unici spettatori;

sguardi fissi, giudicatori,

che li mettevano alla prova; in attesa di qualcosa;

 

il ritmo incalzante, ormai mancava poco alla fine;

tutto stava andando perfettamente.

Ancora un paio di battute e poi il pezzo cruciale,

quello veloce, assolutamente ritmato;

che andava ritmato bene, senza fare alcuno sbaglio;

 

un respiro, o risucchio da parte di tutti; come se il tempo e lo spazio potessero trattenere

il respiro;

 

prese velocità, colpi forti, decisi, secchi; dei pattini..

 

ultima battuta, il cuore iniziò ad accellerare il battito per l’emozione;

 

iniziò a spostarsi leggermente, posizionandosi per saltare;

 

nessuno parlava;

 

le dita iniziarono a muoversi velocemente, a ritmo con il cuore, con il tempo, con

la musica; in un ritmo irrefrenabile ed incontenibile;

 

movimento conclusivo, si levò in aria ed iniziò a girare; era tutto perfetto.

Il corpo teso, immobile, che assecondava il movimento della spinta; sfrecciò nell’aria.

Giri velocissimi e precisi: uno, due, tre, quattro..

Nessuno respirava; solo mille cuori palpitanti, agitati..

 

..era alla fine; ultime due battute, dita in tensione;

ultima battuta, nota acuta .. e lunga;

riversò l’ultimo suo respiro e l’ultimo brandello della sua anima di musicista in quella nota.

In quel respiro;

 

..cinuqe, sei, sette; stava ridiscendendo per toccare il ghiaccio.

La lama toccò la superficie ghiacciata; scivolò.

Accadde tutto velocemente, in un attimo;

se ne rese conto all’istante; immediatamente.

La lama scivolò, la velocità era ancora troppa; non riuscì a frenare;

cadde, fu trascinata di lato; la violenza del colpo fu troppa.

Sbattè contro il ghiaccio, strisciò fino alla balaustra; un colpo violento alla gamba.

Un colpo violento alla testa; una posizione scomposta.

 

Staccò le dita, e la musica finì; poi, silenzio.

 

Molto lentamente il respiro venne rilasciato, nessuno parlava; nessuno osò parlare. Il battito

Riprese con più calma.

 

Respirò normalmente, recuperando il fiato che aveva usato per suonare;

un sorriso d’educata soddisfazione, ma anche il suo animo era contento.

 

Rimase là immobile; tutto si era spento all’improvviso, proprio

Come poco prima tutto si era affollato nella sua testa, adesso tutto era buio e silenzio.

La platea rimase zitta ed immobile; confusa, stupita, allibita.

Qualcuno si precipitò in aiuto, in soccorso; ma, ormai,

una consapevolezza muta, silenziosa, orribile era entrata nella testa di tutti quelli che

avevano assistito; qualcosa era andato storto.

La pattinatrice aveva fatto il suo ultimo salto;

la gente in silenzio se ne andò.

 

Ma lo spettacolo non era ancora finito;

 

adesso che era tutto finito sembrava fosse durato così poco, tutto così veloce;

 

ma la platea stava ancora guardando;

 

mentre saliva in macchina, gli rimbombava ancora in testa quell’applauso fragoroso, di apprezzamento;

ma c’era ancora quella strana sensazione..

 

sguardi puntati su di lui, silenzio assoluto.. il nulla;

 

la strada scorreva via, veloce nella notte, le striscie di luce dei lampioni e dei locali;

un cd di musica classica ad un volume non troppo alto; per poterlo apprezzare appieno.

Nella sua testa risuonò una melodia, una strana melodia; non l’aveva mai sentita.

Quella strana sensazione si accentuò;

 

trattennero il respiro;

 

prese un bel respiro, era in tensione; le mani sul volante, aveva il pieno controllo della vettura;

la musica divenne incalzante; non capiva .. ;

 

una morsa d’estrema tensione;

dallo specchietto una luce improvvisa, lo abbagliò; socchiuse gli occhi, fu una frazione di secondo;

un rumore di freni; qualcuno urtò contro di lui, venne spinto via; frenò, per non andare a sbattere;

la macchina strisciava verso sinistra, non la teneva più; la musica era assordante;

una macchina lo colpì nella fiancata destra; due fari lo abbagliarono davanti..

.. i violini si alzarono di tonalità, erano alla fine, fu un riflesso;

si portò le braccia davanti al volto, inevitabile e innegabile quello che sarebbe accaduto:

 uno schianto.

La musica cessò di colpo;

sentì tutto il terribile contraccolpo; venne spinto in avanti,

la cintura lo trattenne, un colpo terribile alla schiena; come se qualcuno lo prendesse

a calci nell’osso sacro; uno strappo al collo; sentì gli occhiali scivolargli via;

il parabrezza andò in frantumi; scoppiando con fragore; i vetri lo graffiarono.

Un dolore alle gambe;

la macchina picchiò contro lo spartitraffico. Il buio.

Un clacson suonò per strada.

 

Il respiro venne rilasciato;

gli spettatori avevano osservato bene;

 

un clacson suonò per strada, ripetutamente, a lungo:

tutto attorno piccoli incendi, pezzi di macchine e vetro rilucenti; come stelle in un cielo

 d’asfalto;

le macchine ferme a fare da contorno ad altre macchine: distrutte, sfasciate;

tre addossate ad una quarta, schiacciata contro lo spartitraffico.

Le emozioni di quel momento: tensione, paura, incomprensione, consapevolezza, arrendevolezza;

morte; non è un’emozione ma è quello che aveva portato.

Un ragazzo stava seduto in quell’auto, le mani in grembo; la testa di lato, appoggiata

Contro il sedile; gli occhiali semidistrutti sull’altro sedile del passeggero;

gli occhi chiusi; il viso pallido, con alcuni graffi rosso sangue; nessuna emozione

traspariva;

il musicista aveva suonato il suo ultimo pezzo.

Un clacson aveva continuato a suonare per strada, ripetutamente, a lungo;

ma nessuno era arrivato; era troppo tardi. Silenzio;.

Fine dell’opera.

 

Un applauso, composto; la scena era stata gradita.

Indifferenza, nessuna emozione; solo il nulla.

Nessuna parola venne sprecata; non c’era niente da dire;

quella sera due giovani innocenti avevano perso la vita;

quella sera, era una sera speciale;

adesso bisognava andare a far festa.

I posti si svuotarono, se ne andarono:

non c’era più nessuno, nessun rumore, nessuna musica.

Solo silenzio; solo cordoglio.

La morte aveva finito di suonare.

Da sola, fece l’inchino a stessa.

Se ne andò anche lei;

 

nella stanza buia sul pavimento, rimase solo

un clarinetto nero, in mezzo a due pattini bianchi; una luce.

Shh, shh; silenzio.

In memoriam.

….

....

  
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