DUALISMO
Tutto
di corsa, di corsa;
tutto questo, di fretta.
I
passi frettolosi risuonano nel corridoio, sebbene siano attutiti dal parquet.
Come
sempre, per forza di cose, si arriva all’ultimo minuto.
L’organizzatrice
in fondo al corridoio, i suoi gesti mettono fretta;
la faccia spazientita; la sacca pesa
sulle spalle, picchiando contro la schiena.
Ma proprio oggi doveva piovere?!
Il cuore gli rimbombava nelle orecchie
per: l’ansia, la fretta, la tensione;
la forza di star calmo e di costringersi
a tenere tutto in mano.
Tutti quelli che incontrava,
indaffarati, lo salutavano;
nella mano destra la custodia pareva
leggerissima.
Poche
parole in fretta e furia, la porta si richiude dietro di sé.
La
borsa gettata in un angolo, un rapido cambio di vestiti;
elastici e mollettine per i
capelli infilate con frettolosa precisione.
Poi,
un attimo di calma…. Estrarre i pattini dal borsone;
bianchi come la neve,
perfettamente puliti,
con il tacchetto nero; la lama sottile
sotto riluceva, tagliente.
Calzavano
a pennello. Menre li allacciava sentiva la folla sugli spalti,
grida, battiti di mani e la
musica che rimbombava per tutta la pista;
poteva vederli davanti a
sé; un brivido la percorse
facendole tremare leggermente le
mani.
Il suo piccolo camerino era caldo ed accogliente; intimo.
C’era solo una luce fioca,
proveniente dalla lampada sul comò.
Si tolse il giubbotto fradicio, si
asciugò e poi aprì la custodia;
il nero lucente rifletteva la luce della
stanza.
Con maestria lo montò, pezzo
per pezzo;
poi, un attimo di calma…. Con
attenzione prese in mano il clarinetto.
Era perfetto, assolutamente perfetto. Fuori sentiva gli ultimi accorgimenti, pronunciati
a bassa voce;
in lontananza l’eco delle voci e
dei passi che rimbombavano
dall’auditorium in fondo alla struttura;
davanti ai suoi occhi si formò
l’immagine dell’enorme stanza: ampia, lunga, addobbata in stile
classico, i tendaggi rosso scuro del palco, la gente
seduta, il piano a sinistra della scena;
era ora…
era ora;
si avviò per i corridoi
silenziosi; il corpo in tensione, il cuore che cavalcava frenetico.
Arrivò
all’entrata della pista: tutti i faretti accesi ad
illuminarla di luce bianca contro il
Nero dello sfondo, gli spalti pieni, e ai lati della
pista le telecamere;
appena entrò,
scivolando veloce e leggera come un pesce, una marea
di applausi la
accolse febbricitante.
Si
fermò al centro della pista;
mentre camminava, gli sudavano le mani sullo
strumento;
gli occhiali miracolosamente ancora fermi
sul naso.
Sbirciò fuori,
le sedie tutte piene;
si impose calma e controllo;
sapeva che appena sarebbe uscito si sarebbe
subito sentito a suo agio.
Un passo, deciso, da felino che ti
lancia una sfida;
uno scroscio di applausi, non violento,
composto,
da chi viene a sentire un concerto di
musica classica, al conservatorio.
Si fermò al centro del palco,
rivolto verso il suo spartito;
un respiro a pieni polmoni, era pronto.
La
musica iniziò leggera, come l’aria, iniziò
A
muoversi; lentamente, con precisione;
calma, una calma estrema, controllata,
apprezzabile, ammirabile.
Sentiva
le lame scivolare sul ghiaccio, fluide;
poi perse persino quella concezione, si
lasciò andare, abbandonandosi in quel mare;
lasciandosi trasportare dai
movimenti del tutto naturali del suo corpo, dalla musica, dai ricordi
di quella danza.
Uno sguardo al suo pianista,
iniziò a suonare;
un soffio pieno, da prima deciso: poi,
con tranquillità e naturalezza, calma;
tutto era così familiare, e
naturale; il suono del piano in parte a lui.
Gli occhi che guardavano lo spartito
davanti a sé, seguendo precisamente
Le note e il ritmo di quella musica;
le dita
Si muovevano sicure e veloci sullo
strumento;
sentiva gli occhi degli spettatori puntati su
di loro.
Volteggiava
veloce come un uccello, avanti, indietro;
saltellando con le punte, piccoli
passetti, piccole crepe nel ghiaccio.
Allungamenti,
spaccate, piccoli salti; sentiva il caldo invaderla
I
muscoli tendersi mentre si stirava o si sollevava una gamba in aria,
la punta della lama del pattino scalfire
la fredda lastra bianca,
piccoli soffi d’aria e
d’ossigeno durante le giravole e i salti;
tutto era assolutamente
perfetto.
Ma c’era qualcosa di strano quella
sera,
come se le persone che li
guardavano non fossero gli unici spettatori;
sguardi
fissi, giudicatori,
che li mettevano alla prova; in attesa di
qualcosa;
il ritmo incalzante, ormai mancava poco
alla fine;
tutto stava andando perfettamente.
Ancora un paio di battute e poi il
pezzo cruciale,
quello veloce, assolutamente ritmato;
che andava ritmato bene, senza fare
alcuno sbaglio;
un respiro, o risucchio da parte di
tutti; come se il tempo e lo spazio potessero trattenere
il respiro;
prese velocità, colpi
forti, decisi, secchi; dei pattini..
ultima battuta, il cuore iniziò ad
accellerare il battito per l’emozione;
iniziò a spostarsi
leggermente, posizionandosi per saltare;
nessuno parlava;
le dita iniziarono a muoversi
velocemente, a ritmo con il cuore, con il tempo, con
la musica; in un ritmo irrefrenabile ed
incontenibile;
movimento conclusivo, si
levò in aria ed iniziò a girare; era tutto perfetto.
Il
corpo teso, immobile, che assecondava il movimento della spinta;
sfrecciò nell’aria.
Giri
velocissimi e precisi: uno, due, tre, quattro..
Nessuno
respirava; solo mille cuori palpitanti, agitati..
..era alla
fine; ultime due battute, dita in tensione;
ultima battuta, nota acuta .. e lunga;
riversò l’ultimo suo respiro e
l’ultimo brandello della sua anima di musicista in quella nota.
In quel respiro;
..cinuqe, sei, sette; stava ridiscendendo per toccare il
ghiaccio.
La
lama toccò la superficie ghiacciata; scivolò.
Accadde
tutto velocemente, in un attimo;
se ne rese conto all’istante;
immediatamente.
La
lama scivolò, la velocità era ancora troppa; non riuscì a
frenare;
cadde, fu trascinata di lato;
la violenza del colpo fu troppa.
Sbattè
contro il ghiaccio, strisciò fino alla
balaustra; un colpo violento alla gamba.
Un
colpo violento alla testa; una posizione scomposta.
Staccò le dita, e la musica
finì; poi, silenzio.
Molto
lentamente il respiro venne rilasciato, nessuno
parlava; nessuno osò parlare. Il battito
Riprese
con più calma.
Respirò normalmente,
recuperando il fiato che aveva usato per suonare;
un sorriso d’educata
soddisfazione, ma anche il suo animo era contento.
Rimase
là immobile; tutto si era spento all’improvviso, proprio
Come
poco prima tutto si era affollato nella sua testa, adesso tutto era buio e
silenzio.
La
platea rimase zitta ed immobile; confusa, stupita,
allibita.
Qualcuno
si precipitò in aiuto, in soccorso; ma, ormai,
una consapevolezza muta, silenziosa,
orribile era entrata nella testa di tutti quelli che
avevano assistito; qualcosa era
andato storto.
La
pattinatrice aveva fatto il suo ultimo salto;
la gente in silenzio se ne andò.
Ma lo spettacolo non era ancora finito;
adesso che era tutto finito sembrava fosse
durato così poco, tutto così veloce;
ma la platea stava ancora guardando;
mentre saliva in macchina, gli rimbombava
ancora in testa quell’applauso fragoroso, di apprezzamento;
ma c’era ancora quella strana
sensazione..
sguardi puntati su di lui,
silenzio assoluto.. il nulla;
la strada scorreva via, veloce nella
notte, le striscie di luce dei lampioni e dei locali;
un cd di musica classica ad un volume
non troppo alto; per poterlo apprezzare appieno.
Nella sua testa risuonò una
melodia, una strana melodia; non l’aveva mai
sentita.
Quella strana sensazione si
accentuò;
trattennero il respiro;
prese un bel respiro, era in tensione; le
mani sul volante, aveva il pieno controllo della vettura;
la musica divenne incalzante; non capiva
.. ;
una morsa d’estrema tensione;
dallo specchietto una luce improvvisa, lo
abbagliò; socchiuse gli occhi, fu una frazione di secondo;
un rumore di freni; qualcuno urtò
contro di lui, venne spinto via; frenò, per non andare a sbattere;
la macchina strisciava verso sinistra,
non la teneva più; la musica era assordante;
una macchina lo colpì nella
fiancata destra; due fari lo abbagliarono davanti..
.. i violini
si alzarono di tonalità, erano alla fine, fu un riflesso;
si portò le braccia davanti al
volto, inevitabile e innegabile quello che sarebbe accaduto:
uno schianto.
La musica cessò di colpo;
sentì tutto il terribile contraccolpo;
venne spinto in avanti,
la cintura lo trattenne, un colpo
terribile alla schiena; come se qualcuno lo prendesse
a calci nell’osso sacro; uno
strappo al collo; sentì gli occhiali scivolargli via;
il parabrezza andò in frantumi;
scoppiando con fragore; i vetri lo graffiarono.
Un dolore alle gambe;
la macchina picchiò contro lo
spartitraffico. Il buio.
Un clacson suonò per strada.
Il
respiro venne rilasciato;
gli spettatori avevano osservato bene;
un clacson suonò per strada,
ripetutamente, a lungo:
tutto attorno piccoli incendi, pezzi di
macchine e vetro rilucenti; come stelle in un cielo
d’asfalto;
le macchine ferme a fare da contorno ad
altre macchine: distrutte, sfasciate;
tre addossate ad una quarta, schiacciata
contro lo spartitraffico.
Le emozioni di quel momento: tensione,
paura, incomprensione, consapevolezza, arrendevolezza;
morte; non è un’emozione ma
è quello che aveva portato.
Un ragazzo stava seduto in
quell’auto, le mani in grembo; la testa di lato, appoggiata
Contro il sedile; gli occhiali
semidistrutti sull’altro sedile del passeggero;
gli occhi chiusi; il viso pallido, con
alcuni graffi rosso sangue; nessuna emozione
traspariva;
il musicista aveva suonato il suo ultimo
pezzo.
Un clacson aveva continuato a suonare
per strada, ripetutamente, a lungo;
ma nessuno era arrivato; era troppo
tardi. Silenzio;.
Fine dell’opera.
Un
applauso, composto; la scena era stata gradita.
Indifferenza,
nessuna emozione; solo il nulla.
Nessuna
parola venne sprecata; non c’era niente da dire;
quella sera due giovani
innocenti avevano perso la vita;
quella sera, era una sera
speciale;
adesso bisognava andare a far
festa.
I
posti si svuotarono, se ne andarono:
non c’era più nessuno,
nessun rumore, nessuna musica.
Solo
silenzio; solo cordoglio.
La
morte aveva finito di suonare.
Da
sola, fece l’inchino a sé stessa.
Se
ne andò anche lei;
nella stanza buia sul pavimento, rimase
solo
un clarinetto nero, in mezzo a due
pattini bianchi; una luce.
Shh, shh; silenzio.
In memoriam.
….
....