Serie TV > Glee
Segui la storia  |       
Autore: WilKia    29/07/2011    2 recensioni
Che cavolo ci faceva in quel posto dimenticato da Dio?
Ah, già.. non ho un posto migliore in cui andare.
Ricordò con una smorfia autoironica.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Nuovo personaggio, Santana Lopez, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
I’ll Stand by You
 
 
“Oh e quella storia del odio tutti quindi non ho amiche da visitare, non me la bevo neanche per un secondo, sono sicura che c’è almeno una persona che non odi..”
Esclamò Rain dando le spalle alla latina per andare a mettere le stoviglie della colazione nel lavello.
Sentì gli occhi della ragazza puntarsi sulla sua schiena.
“Ma davvero? E come puoi esserne sicura?”
“Lo so perché stanotte oltre che cercare di acchiappare folletti, ogni tanto parlavi e ripetevi sempre lo stesso nome. So che non sono affari miei e se non vuoi parlarne..”
Disse voltandosi verso di lei.
La frase le morì sulle labbra quando vide la ragazza con la testa appoggiata tra le mani e le lacrime che le rigavano il volto.
Ma brava, complimenti! E l’oscar per la più idiota va a.. Rain!
Si disse.
“Ehi, ragazzina.. – sussurrò avvicinandosi a lei – scusa, sono davvero una deficiente! Non sono proprio capace di tenere chiusa questa ciabatta.”
Allungò lentamente una mano e la appoggiò sulla spalla della più piccola.
La ragazza fece uno scatto improvviso gettandole le braccia al collo e nascondendo il viso contro la sua spalla, iniziando a singhiozzare disperata.
Rain si irrigidì, il contatto fisico la metteva a disagio.
In battaglia aveva imparato a reagire in un certo modo, ad ascoltare il suo corpo fino al punto di agire muovendosi per puro istinto, senza pensare.
Questo le aveva salvato la vita innumerevoli volte.
Gli effetti collaterali si erano presentati dopo, una volta tornata dal fronte, quando il suo corpo non sapeva che quell’allerta costante non era più necessaria e interpretava come una minaccia, la mano di un passante che le si appoggiava su una spalla per chiederle l’ora, facendola scattare come una molla per atterrare il malcapitato in mezzo alla strada, nell’ora di punta.
Ancora adesso aveva dei seri problemi a controllare le sue reazioni se qualcuno la toccava dopo esserle arrivato alle spalle.
Per fortuna aveva visto Santana muoversi prima che le sue braccia si stringessero intorno al suo collo, e per fortuna era riuscita a mantenere la mente abbastanza lucida da ordinare ai suoi muscoli di non muoversi di un millimetro.
Ma l’ispanica doveva aver interpretato la sua reazione come un rifiuto, perché iniziò ad allontanarsi.
Si affrettò a rilassare i muscoli e appoggiò delicatamente le mani sulla sua schiena, invitandola a rimanere.
Strinse le braccia intorno al suo corpo esile, appoggiando la guancia sulla sua testa.
“Ok. È tutto ok, lasciati andare, sfogati, ti tengo io.”
Sussurrò.
È così piccola..
Si accorse che quello scricciolo tra le sue braccia faticava a stare in piedi, allora indietreggiò fino ad un mobile e si lasciò scivolare a terra facendola sedere sulle sue gambe.
Accarezzò quei capelli di seta nera, mormorando parole rassicuranti.
Lentamente i singhiozzi si placarono riducendosi a dei caldi respiri tremolanti che Rain avvertiva sulla sua pelle attraverso la stoffa bagnata di lacrime.
“Senti – disse piano – lo so che ci conosciamo da meno di 12 ore, ma forse parlarne con qualcuno potrebbe farti bene. Non so di cosa si tratta e non voglio certo forzarti, ma sono qui e se vorrai sono pronta ad ascoltarti.. ok?”
La sentì annuire impercettibilmente contro la sua spalla.
“Grazie.”
Rispose in un sussurro spezzato.
Allentò la presa e le passò una mano sul viso, asciugandole le lacrime.
Santana prese alcuni lunghi respiri per ricomporsi e poi si alzò, passandosi le mani sugli occhi per bandire le ultime lacrime vagabonde che vi affioravano.
Rain si alzò da terra scrollandosi i pantaloni e scuotendo la testa con un’espressione di disappunto sul viso.
“Accidentaccio.. – esclamò attirando l’attenzione della latina – temo proprio che questi li dovrò bruciare.”
Con sollievo vide le sue labbra dischiudersi in un sorriso.
“Allora sei sicura di voler passare una noiosissima giornata di pulizie generali?”
L’ispanica tirò su con il naso e annuì.
“Come ti ho detto non ho nulla di meglio da fare.”
“Va bene, allora sarà meglio vestirci e metterci all’opera, la maggior parte della mattina se n’è già andata.”
“Possiamo passare da casa mia prima? Così recupero dei vestiti adatti..”
“Certo, nessun problema. Ah, sono riuscita a rimettere in moto lo scaldabagno, l’acqua esce appena tiepida, ma almeno non è ghiacciata. Non so, se vuoi farti una doccia..”
La più piccola la guardò di sbieco.
“È il tuo modo per dirmi che puzzo?”
Chiese ritrovando il suo tono strafottente.
“Già, puzzi come una fogna.. – rispose con un ghigno – stavo solo pensando che potresti voler toglierti di dosso le schifezze che aleggiano nell’aria di questa topaia..”
“In effetti, non è una cattiva idea.”
“In bagno trovi il necessario, asciugamani e tutto.. ti ho preso anche uno spazzolino.”
L’ispanica annuì e uscì dalla cucina, fermandosi però sulla soglia e voltandosi a guardarla.
“Grazie. Di tutto.”
Disse prima di sparire su per le scale.
Rain lavò i piatti e quando sentì l’acqua iniziare a scorrere nel bagno al piano di sopra tornò in camera per cambiarsi.
Sostituì i morbidi pantaloni della tuta con i jeans della sera prima e si sfilò la canotta ancora umida di lacrime.
Oh, dannazione!
Pensò vedendo l’enorme macchia nera che si era formata sul retro della canotta, dove si era appoggiata al mobile.
Gettò l’indumento in un angolo e si sedette sul bordo del letto tuffandosi poi dentro il suo borsone in cerca di una maglietta pulita.
In quel momento, un urlo terrorizzato le giunse alle orecchie.
Il suo corpo reagì all’istante.
Si alzò di scatto, coprì in un attimo la distanza che la separava dal bagno e diede una spallata alla porta.
I cardini arrugginiti cedettero subito e la porta si ribaltò all’interno atterrando con uno schianto sul pavimento.
Rain entrò nel bagno e si bloccò alla scena che le si presentò davanti.
Santana era in piedi sul water, avvolta in un asciugamano, con l’acqua che le colava ancora dai capelli bagnati e una buffa espressione di disgusto misto a stupore dipinta in volto.
“Che succede? Perché hai urlato?”
Per tutta risposta la latina sollevò un dito ad indicare qualcosa che si muoveva sotto il lavandino.
Rain scoppiò a ridere.
“Tutto qui? – disse dandole le spalle e chinandosi per prendere l’animaletto in mano e farlo uscire dalla finestra – Tutto questo chiasso per un topolino? Eppure mi era sembrato di capire che Santana Lopez non ha paura di niente..”
Si girò con un ghigno e notò la strana espressione con cui la guardava la ragazza.
E si rese conto di essere piombata lì con addosso solo i pantaloni e il reggiseno.
“Che ti è successo?”
Chiese l’ispanica con un filo di voce.
“Oh, ti riferisci a queste?”
Esclamò indicandosi la schiena con un gesto vago.
La latina si avvicinò e passò le dita su una delle cicatrici che le solcavano la pelle.
Rain s’irrigidì e si allontanò da lei di un passo.
“Sono solo souvenir di battaglia, niente di che.”
Disse con voce fredda, scrollando le spalle.
Vedendola allontanarsi la ragazza abbassò gli occhi imbarazzata per il suo gesto istintivo.
“Scusa, mi sono presa troppe libertà..”
Datti una calmata, Rain! È solo una ragazzina, non sei  più in guerra.
“Non importa, Santana. Ma già che ci siamo, e visto che passeremo la giornata insieme, ci tengo a darti delle piccole istruzioni per l’uso.”
Rispose con voce un po’ nervosa.
La ragazza sollevò lo sguardo, puntandolo nei suoi occhi, in attesa.
“Sai, funziono in modo un po’ strano, ricordi prima, quando ti ho detto che ci sono cose che una volta acquisite non ti lasciano più?”
La mora annuì.
“Bene. Vedi, il mio corpo si è talmente abituato a stare sempre sul chi vive che tende ancora ad interpretare ogni tentativo di contatto come una minaccia e a reagire di conseguenza. Ci sto lavorando e sono molto migliorata rispetto a qualche mese fa, ma il contatto fisico mi crea ancora seri problemi. Quindi se proprio non puoi evitare di toccarmi assicurati sempre di farlo quando sei all’interno del mio campo visivo, in modo che il mio cervello registri la tua presenza prima del mio corpo. L’ultima cosa che voglio è rischiare di farti male perché non riesco a controllare le mie reazioni.”
Santana annuì.
“Capisco.”
Rain abbassò la testa, stringendo i pugni.
“Spero di non averti spaventata con questo discorso.. ora penserai che sono una pazza violenta..”
Una piccola mano ambrata entrò nel suo campo visivo per poi andare a posarsi delicatamente sulla sua.
Sollevò lo sguardo, stupita.
Con un cenno del capo Santana le indicò la finestra, dove il colpevole del precedente trambusto le guardava incuriosito da dietro il vetro.
“Chiunque avrebbe preso una scopa e avrebbe inseguito quel topolino finché non fosse riuscito a spiaccicarlo sul pavimento. Tu, invece, lo hai preso in mano e l’hai lasciato andare, non lo definirei il comportamento di una pazza violenta.”
Sentì la tensione abbandonare il suo corpo e prese la mano della ragazza nella sua stringendola per un attimo.
“Grazie di aver capito.”
Sussurrò, mentre la latina ricambiava la sua stretta.
Prese un respiro sollevato.
“Wow, meno di 24 ore a Lima e guarda quante cose ti sono già successe, hai fatto a botte, sei entrata in una casa degli orrori, hai sfondato porte.. – elencò contando sulle dita e guardando il soffitto con aria pensosa -  starti accanto sembra interessante..”
Rain rise sommessamente al commento della mora.
“Veramente la mia giornata a Lima era stata del tutto noiosa finché non ho incontrato te. – commentò con il suo tipico mezzo sorriso – ho paura di essere inciampata in una calamita per guai!”
Le lasciò la mano e si chinò per raccogliere la porta.
“Ecco un’altra cosa da aggiungere alla lista riparazioni.”
Disse appoggiandola alla parete.
“Dai, vestiti che è tardi.”
La incitò uscendo dal bagno per tornare in camera.
Si lasciò cadere sul letto, stendendosi a braccia larghe e fissando il soffitto.
L’ultima ora l’aveva spossata, molto più del viaggio e della rissa il giorno prima.
La fatica fisica non era mai stata difficile da sopportare per lei.
Le emozioni erano un discorso a parte.
Si passò le mani sul volto sospirando e si rimise seduta, tornado a frugare nel suo borsone.
La sua mano incontrò un pezzo di carta e istintivamente lo afferrò estraendolo da quella bolgia.
Rain fissò la lettera stropicciata per alcuni minuti, rifiutandosi però di leggerla per l’ennesima volta.
Già troppe nuove emozioni per una sola mattina, meglio non mescolarle con le vecchie.
Rimise la lettera al suo posto e s’infilò una maglietta nera su cui spiccava una Harley Davidson cavalcata da uno scheletro sormontato dalla scritta “I’m on the Higway to Hell!”
“Ma quante ne hai di quelle magliette?”
Chiese Santana affacciandosi dalla porta.
“Ho SOLO queste magliette.”
Rispose sollevando le sopracciglia.
“Problemi al riguardo?”
“Nono!! Ero solo curiosa. Allora tiratardi, andiamo?”
Chiese sparendo dietro l’angolo in un turbinio di capelli neri.
Rain scosse la testa e la inseguì giù dalle scale.
 
Due ore più tardi Rain spingeva un carrello strabordante di prodotti per le pulizie e oggetti d’arredo più o meno indispensabili, molti dei quali erano stati scelti da Santana al grido di “Non puoi vivere senza!”.
Mentre si dirigeva al parcheggio, non poteva non domandarsi come avrebbe fatto a far entrare tutta quella roba nel bagagliaio della sua auto.
Arrivate alla macchina aprì il portellone e si mise le mani nei capelli.
“Cazzo, mi sono dimenticata di levarla dal bagagliaio!”
“Che succede?”
Chiese Santana spuntando da dietro il carrello con la sua tipica faccia inquisitoria.
Rain estrasse una custodia tappezzata di adesivi di gruppi rock.
“Hai una chitarra? Suoni la chitarra e non me lo hai detto?”
“Scusa tanto se nelle – si guardò l’orologio – 11 ore che abbiamo passato insieme da quando ci siamo conosciute, non ti ho rivelato questo dettaglio fondamentale.”
Rispose sarcastica, mentre appoggiava amorevolmente la custodia nella parte posteriore dell’abitacolo, dietro il sedile passeggero.
Intanto la latina aveva cominciato a scaricare il carrello, disponendone il contenuto alla rinfusa dentro al bagagliaio.
“Ferma, ferma! Che stai facendo? Così ci starà a malapena 1/4 della roba che abbiamo preso.”
Disse raggiungendola e prendendo in mano la situazione.
Mezzora e varie imprecazioni in tre lingue diverse dopo, tutto quanto era stato stivato nel bagagliaio della macchina, che sembrava sul punto di impennarsi tanto era il peso caricato nel vano posteriore.
Rain si sedette al volante sospirando.
“Non so tu, ma io sto morendo di fame!”
Esclamò l’ispanica, lasciandosi cadere sul sedile.
“Anche io. Conosci un posto dove poter mettere qualcosa sotto i denti?”
Chiese voltandosi verso di lei.
La ragazza le rivolse un sorriso enorme.
“Ci puoi giurare!”
 
“Breadstix.”
Recitava l’insegna sopra la porta del ristorante.
Rain si domandò chi era il genio che aveva scelto quel nome per il locale visto che i grissini che vi venivano serviti erano praticamente immangiabili.
Per il resto la cucina era degna di nota e le due giovani si godettero un buon pasto.
Stavano aspettando il conto, quando un uomo passò accanto al loro tavolo e si fermò.
“Santana.. ”
“Oh, professor Schue, buongiorno.”
Rain osservò l’uomo, doveva avere meno di una decina d’anni più di lei.
Alto, fisico atletico capelli ricci castani.
Indossava un paio di jeans, una camicia azzurra e un gilet nero.
Si era rivolto alla ragazza con un ampio sorriso che si era esteso anche agli occhi castani.
“William Schuester.”
Si presentò porgendole la mano.
“Rain.”
“Cosa la porta da queste parti professore?”
Chiese la latina.
“C’è un problema per il Glee – spiegò lui -  ieri ho ricevuto una lettera, martedì dovrò partire per un corso di aggiornamento e starò via tutta la settimana. Purtroppo la signorina Hollyday è a Cleveland e non può sostituirmi, così ero venuto ad incontrare un possibile sostituto, ma non si è presentato. Per la classe di spagnolo c’è già un supplente, ma il Glee è scoperto. E tra poco abbiamo le regionali..”
“Il suo sostituto deve essere per forza un insegnante?”
Chiese l’ispanica con un’espressione pensierosa che fece passare un brivido lungo la schiena di Rain.
Sta architettando qualcosa, e ho paura che non mi piacerà.
“A questo punto mi accontenterei anche di Howard Bamboo..”
Rispose il professore con un sospiro scoraggiato.
“Ho qualcosa di meglio a disposizione.”
Disse l’ispanica indicandola con un cenno della mano e ignorando totalmente i sempre più frenetici cenni di diniego che le stava rivolgendo.
Lo sguardo del professore si illuminò.
“Lei ha esperienza con la musica?”
Le chiese.
“Prima di tutto, possiamo darci del tu?”
L’uomo annuì con un sorriso.
“Come preferisci. Allora, hai esperienza con la musica?”
“Ha una voce bellissima, gusti musicali ottimi, e suona anche la chitarra.”
Elencò Santana senza darle il tempo di rispondere.
“È meglio di quanto sperassi. E saresti in grado di occuparti di dodici adolescenti?”
“È stata nell’esercito, una settimana al Glee sarà una passeggiata per lei.”
Continuò la ragazza, sempre impedendole di parlare.
“Fantastico, patriottico com’è, Figgins non farà nessun tipo di problema!”
“Naturalmente non ti chiedo di farlo gratis, verrai pagata per il tuo lavoro e per il disturbo di aver avuto così poco preavviso.”
Continuò William sempre più su di giri.
“È fantastico Mr. Schue. Assolutamente perfetto.”
“Allora siamo d’accordo, ti aspetto domattina nel mio ufficio, per sistemare i particolari, e poi domani pomeriggio alle 15.30 ti farò conoscere i ragazzi, magari prepara un paio di canzoni per presentarti. – esclamò lui stringendole forte la mano – Oh, grazie, grazie mille, mi stai salvando la vita!
Ciao Santana, ci vediamo domani a scuola.”
Concluse allontanandosi verso l’uscita.
“Arrivederci Mr. Schue.”
Trillo la latina rivolgendogli un cenno della mano.
“Che c’è? Non stavi cercando lavoro?!”
Le chiese guardandola negli occhi con quella che probabilmente doveva essere un’espressione angelica, non fosse stato per il sorrisetto diabolico che l’accompagnava.
“Questa me la paghi ragazzina!”
Esclamò tentando di suonare minacciosa, ma fallendo miseramente il tentativo scoppiando a ridere.
 
 
 
Angolo della pazza
Hi everyone!
Come va la vita?
Eccovi qui il 5 capitolo, la canzone di oggi la trovate nella prima serie di Glee, naturalmente, nell’episodio 1x10, la versione originale la cantano i Pretenders.
Sto iniziando a mescolare un po’ le carte in tavola, quali atroci tormenti attendono Rain nella famigerata William McKinley High School?
Lo saprete tra una settimana, perché domani parto e dove andrò, non c’è la connessione internet e non potrò aggiornare.
Grazie ancora e ancora a chi legge i miei deliri e a chi recensisce, a chi mi segue, ricorda, preferisce.
Un mega bacio a tutti voi, ci risentiamo tra sette giorni.
WilKia >.< 
   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Glee / Vai alla pagina dell'autore: WilKia