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Autore: barboncina85    30/07/2011    6 recensioni
Comincia l'estate, il mare, il sole le spiagge...ma Bella vuole lavorare, non vuole stare a casa, e si troverà al Tortuga, chi incontrerà, e a tutto questo chi è Anthony? lo scoprirete presto!!
(questa storia partecipa al concorso estivo!! Aiutatemi a vincerlo!!)
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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OK HO MODIFICATO QUALCHE ERRORE E AGGIUNTO QUALCHE PAROLA, NON è CAMBIATO NIENTE INSOMMA. SONO PUR SEMPRE LE 2:03.
ORA, PER CHI ERA INTERESSATO AD UN CONTINUO...SE VOLETE HO UNA BOZZA DEL POV DI EDWARD. FATEMI SAPERE VOI!! BUONA NOTTE EFP




Terminò la scuola, i primi di giugno, cominciava l'estate, finalmente!!

Già mi immaginavo, le spiaggie di Jacksonville piene e caotiche, mi immaginavo mia madre stesa sulla spiaggia a prendere il sole... eppure in tutto questo non riuscivo a vedermi.

Vedevo lei, bella, abbronzata, con quel viso a cuore, tanto simile al mio. Vedevo Phill, il suo compagno, che le spalmava la crema. Eppure, in questo quadretto tanto idilliaco, io non mi trovavo.

Una mattina, seduta al tavolo della cucina, con mia madre che spremeva un pompelmo dall'altro lato del tavolo, Phill scese e con un bacio sulla tempia mi diede il buon giorno, per poi andare da mia madre e salutare anche lei con un tenero bacio sulle labbra, decisi di parlare ad entrambi.

<< Mamma credo che quest'estate mi cercherò un lavoro! >> non li guardai, fissavo la mia tazza con il mio caffè americano, già immaginandomi che tipo di faccia potessero avere.

<< Oh! >> questo fu l'unico commento di mia madre.

Al che sollevai lo sguardo per capire cosa intendesse con quel commento asciutto. La sua espressione, era un mix tra il preoccupato e il deluso, ma non al punto di offesa, ma più semplicemente era l'espressione di un bambino, che giocando amabilmente con i suoi video game, perde la partita.

<< E che tipo di lavoro pensi di cercarti? >> mi chiese Phill, notando la situazione di stallo.

Phill, non è mio padre, è quello che mia madre chiama, la seconda possibilità di una vita felice. E' un brav'uomo, un bravo lavoratore, e un bravo marito, non che uno strano quanto affidabile padre.

<< Pensavo a qualcosa tipo una biblioteca >> buttai li.

<< Ma dai!! >> intervenne mamma. << Posso capire che tu voglia lavorare! >> continuò << Ma ti sembra normale alla tua età uscire da scuola e tuffarti tra i libri l'intera estate?? Mi sembra una tortura, quella che darebbe una madre ad un figlio che a scuola ha preso tutte insufficienze?? E su!! >>

Non aveva tutti i torti, questo non lo nego, ma apparte quello, non so proprio che altro tipo di lavoro potrei fare?

<< Avresti un altro suggerimento? >> chiesi titubante, e sinceramente me ne pentii subito dopo, perchè conoscevo mia madre e il suo carattere la portava a parlare senza riflettere.

Infatti << Potresti fare l'aiutante nello studio di Hanna, lo sai che ha bisogno di un aiutante parrucchiera. O Diego, ha bisogno di una modella per il servizio fotografico di agosto. O Miguel, nel negozio di suvenir in spiaggia. O ... >>

<< Perchè non Anthony? >> intervenne Phill, interrompendola.

Lei lo guarda con un' espressione interrogativa << Chi, il barman del Tortuga? >>

Oramai avevano preso una discussione tutta loro, non sembrava neanche che stessero parlando con me. Il che capita spesso, hanno un alchimia cosi elevata che anche per parlare di cose che riguardano altri si rinchiudono nella loro bolla e ne escono sorridendo, e dato che ho imparato a conoscerli, so anche in che momento. Quando si fermano, si guardano estasiati negli occhi e sorridono, raggiungendo un compromesso mentale.

Raggiunto.

<< Si, da Anthony credo sia perfetto >> conclude mia madre con un sorriso.

<< Il barman del Tortuga? >> chiedo perplessa, che cosa potrei mai fare io al Tortuga?

<< No, quello è il cugino, Ronald. Anthony dirige la sala insieme alla sorella di Ronald, Lillian. >> mi spiega, probabilmente nel momento in cui loro discutevano nella loro bolla, io mi devo essere estraniata.

<< E quindi?? >> io so che il tortuga si trova sulla spiaggia e che hanno allestito intorno al chiosco rettangolare un palco di legno dove da una parte servono da bere e dall'altra opposta, più grande, servono da mangiare.

<< E quindi, dato che la scuola è finita Anthony mi ha detto che gli servirebbero dei ragazzi ai tavoli. >>

Cominciò cosi l'estate più strana e assurda della mia vita. L'estate in cui lavorai per la persona più odiosa del creato.

La settimana seguente mi presentai con Phill al chiosco. La parte anteriore del chiosco si raggiungeva tranquillamente dalla strada, e il palco di legno era largo più o meno due metri.

<< Buon giorno Ronald! >> lo saluto Phill con una stretta di mano, che sembrava più un cinque, dato il rumore delle mani scontrate.

<< 'Giorno Phill, cosa ti porta da queste parti? >>

Chiacchierarono per dieci minuti buoni, tant'è che mi sedetti su uno sgabello guardando in strada le macchina che passavano.

<< Marie?? >> questo suo modo di usare i secondi nomi mi mandava al manicomio, che poi non dico che Marie non mi piace, ma si chiama secondo nome proprio perche non dev'essere usato principalmente, no?

Mi alzai dalla sedia raggiunsi il bancone, ritrovandomi davanti un ragazzone dall'aspetto "leonino" con dei folti capelli biondo miele, alto, magro ma muscoloso e assurdamente bello, nonostante spicchino due cicatrici vicino all'occhio sinistro.

<< Questa é Marie, la mia figlioccia. Vorrebbe trovare lavoro per l'estate >> continua, io non sapendo che fare allungo la mano, nel vano tentativo di presentarmi, lui la stringe continuando a guardare Phill.

<< Guarda, fosse per me lo sai che non ci sarebbero problemi, devi chiedere al rosso di la! >> Ronald, tira su il pollice indicandosi dietro la schiena, dopo aver lasciato la mia mano.

<< Ok! E dove lo trovo? >> gli chiede allungando il collo. Dietro il bancone c'erano due porte all'estremita della parete piena di bottiglie, forse per permettere a chi vi lavora di non dover uscire dal bancone in caso dovesse andare dalla parte opposta.

<< Lo sai, starà scocciando la cugina per la sistemazione dei tavoli >> dice sollevando le spalle, nel farlo si notano altre cicatrici sul collo, e quasi mi preoccupo, come può essergli accaduto, essere sfreggiato così per un ragazzo bello come lui non dev'essere facile.

Quando Phill si allontana per fare il giro dello stabile, Ronald mi guarda e con un sorriso da furbetto mi fa l'occhiolino. Non so perchè ma credo di essete arrossita fino alla punta dei capelli, e ritrovarmi a scappare dietro Phill non fa che imbarazzarmi ancora di più.

Quando giro l'angolo ancora guardando Ronald, che sorride sotto i baffi non staccandomi gli occhi di dosso, vado a sbattere contro la scienda di Phill, sbilanciandolo a malapena. Sta assistendo sorridendo ad una discussione.

La prima cosa che noto appena giro lo sguardo verso l'oggetto dell'interesse di Phill, sono dei lunghi boccoli biondi che ricatono sulla spalla destra di una ragazza, ne vedo solo il profilo, ma basta a notare quanto sia bella, e quando con uno scatto tira in tavolino verso di se, noto l'abiliamento. Un vestito che le cade fino ai piedi, giusto un centimentro sopra il pavimento, con dei meravigliosi gigli bianchi su uno sfondo blu.

Discute animatamente con qualcuno, che la figura di Phill mi copre finchè non decido di spostarmi un pò più a sinistra.

E lo vedo.

Alto, un fisico slanciato e muscoloso ma non massiccio. La prima cosa che noto più che in fisico sono gli strani capelli, completamente disordinati, senza un verso ma di un intenso color bronzo, non rosso come pel di carota, ma scuro.

In quel momento sospira poggiando i palmi delle mani agli angoli del tavolo e si volta nella nostra direzione. Sorride, addrizzandosi e poggiando le mani sui fianchi ci viene in contro.

<< Guarda un pò! Ti stavo giusto pensando!! >> dice guardando Phill.

Più si avvicina, più Phill sembra di una statura inferiore, lo credevo un uomo abbastanza alto, visto il suo metro e ottantacinque, ma eventualmente non basta in confronto al "Rosso"

<< Spero non cose brutte >> commenta ridendo Phill.

<< Cose orribili! >> interviene la ragazza, dai lunghi capelli oro. Abbraccia Phill un attimo per poi guardarmi con un sorriso di benvenuto << Piacere, io sono Rosalie, ma Phill mi chiama Lillian, adora i secondi nomi >> allunga la mano, affusolata, quasi delicata.

<< Piacere, Isabella. Succede anche a me, adora chiamarmi Marie >> lascia la mia mano sorridendomi per poi guadare Phill << Quindi è lei? >> commenta.

<< Si, voleva avere un lavoro per l'estate >> dice ai due poggiandomi un braccio sulla spalla.

Sia Phill che Rosalie si voltarono a guardare Il "Rosso" e lui fissava me con le braccia conserte, neanche stesse esaminando un mobile d'arredo, con la decisione finale che forse in un angolo potrebbe essere utile.

I suoi occhi di un verde intenso mi squadravano centimetro per centimetro, dal viso ai piedi e ritorno, per due o tre volte per poi guardare di nuovo Phill.

<< Se come hai detto non ha esperienza, posso provarla per una settimana, poi ti do conferma se la tengo o meno >>

Non so cosa fu, se il fatto che non parlasse con me, se il suo sguardo da mercante, se il semplice fatto di essere sotto esame non era nella prospettiva della giornata, ma reagii, e anche in malo modo.

<< Senti carino. >> Feci un passo in avanti << non mi interessa quello che puoi aver pensato nel guardarmi come fossi carne da macello, l'ardua scelta se comprare o no. Io sono una persona, e se parli di quello che dev'essere la mia vita nei prossimi giorni o mesi, parli con me. Non fai finta che non ci sono. Chiaro? >> avevo avanzato altri due passi, nel fra tempo, trovandomi accanto Rosalie senza accorgermene.

Il suo sguardo era di puro odio, le sopraciglia increspate al centro, le labbra arricciate, e la mascella cotratta. Se avevo una minima possibilità di lavorare qui, me la sono giocata in quattro secondi netti.

<< Sei libera domani? >> mi chiede Rosalie toccandomi lievemente la spalla sinistra.

<< Si! >> le rispondo fissando ancora con rabbia la faccia del "Rosso"

<< Allora domani alle cinque, puntuale! >> mi dice allontanandosi verso il tavolo per il quale stava discutendo.

<< E ti pareva! >> fu l'unico commento del "Rosso" mentre seguiva Rosalie.

***

In macchina ero ancora nervosa.

<< Anthony è un bravo ragazzo >> commenta Phill

<< E' lui Anthony? >> riesco solo a chiedere, e mi esce fuori quasi in un ringhio.

<< Si è lui >>

<< Bell'estate che mi aspetta! >>

***

Il giorno dopo alle cinque meno cinque, la parte davanti del locale, quella che affaccia sulla strada era stracolmo di ragazzi, e il povero Ronald, si sbatteva da tutte le parti come se la cosa non lo disurbasse per niente.

Nell'avvicinarmi mi saluta con in mano uno straccio << Ti aspettano dietro >>.

Faccio il giro e trovo Rosalie con dei Jeans tagliati all'altezza del ginocchio e una maglietta con su scritto "Tortuga" che spazzava per terra. Non feci in tempo a salutarla che una voce mi fece girare a destra.

<< Sei venuta sul serio >> Anthony, mi guardava poggiato al bancone con le braccia conserte e un sorrisino di sfida sulle labbra.

<< Non avrei dovuto? >> gli chiedo con altrettanta sfida.

<< Ah, non lo so >> solleva il posteriore dal bancone e si avvicina appena << Poggia le tue cose dietro il pancone, alla fine li ... >> mi indica con il mento a malapena << ... troverai una maglia da mettere. Benvenuta all'inferno bambina >> cosi dicendo si volta e sparisce dalla vista arrivando dietro il bancone per poi entrare in una porta a doppie ante movibili.

Grazie Devil!!

***

Tre settimane dopo. Ero ancora li. Dopo molti disastri e qualche piatto volato resistevo, resistevo al dolore costante ai piedi, resistevo al calore della cucina, resistevo all'incopetenza dei nuovi arrivi (neanche fissi l'esperta), resistevo ai commenti dei ragazzi mentre giravo per i tavoli, resistevo al Diavolo Rosso.

L'unica cosa che mi faceva capitolare era il sorriso di Ronald, il suo primo nome è Jasper, ma a lui, al contrario di molti, Ronald gli piace, e ogni volta che gli porto un ordinazione mi sorride, ogni volta che prendo un vassoio lo completa con i sotto bicchieri e mi sorride, e io ogni volta mi ritrovo con le gambe molli e le farfale nello stomaco.

<< Sveglia bambina >> e ogni volta quel maledetto mi prende dalle nuvole e con uno spintone mi riporta nell'inferno.

***

<< Arriverà il giorno che lo prendo e lo uccido! >> entro in cucina sbattendo i piatti sporchi sul tavolo, dove poi Kate li prende per lavarli.

<< Ma lascialo stare!! >> Emmett è il tutto fare della cucina. Cucina fa le pizze, e via discorrendo, praticamenta la organizza, per quello quando arriva il lavoro pesante lascia le incombenze ai ragazzini e lui si ritrova a non far niente. << Lo sai che è cosi! >>

<< Quello non mi sopporta! >> insisto cominciando ad alzare la voce.

<< Ah le donne! Se davvero non ti sopportava ti ignorava >>

<< E magari mi ignorasse, ero più serena >>

Con un sospiro fece cadere la conversavione, io tornai fuori continuando a combattere nel mio inferno, tra angeli e demoni.

***

La prima settimana di Agosto, alla fine della serata rimanemmo sulla spiaggia, era il compleanno di Emmett ed io dopo la bellezza di sei settimane scoprii che Emmett e Rosalie stavano insieme. Guarda fino a che punto mi sono esclusa dal mondo per colpa di quell'idiota, per pensare a lui e a quanto non lo sopporto, non mi sono guardata intorno.

Guardavamo le stelle, Emmet e Rosalie erano sdraiati l'uno accanto all'altra, con Rosalie che teneva una gamba sopra quelle di Emmett e una mano appoggiata sul suo petto.

Anthony, comodone, prese una sedia e si piazzo dietro tutti noi, i ragazzi che lavoravano con noi in sala erano sparsi sul bagnasciuga e io e Ronald ci siamo seduti vicini.

Era un piacere parlare con lui, aveva sei anni più di me ed essendo in procinto di laurea mi raccontava tante cose sulla storia e sulla lettertura, mi piaceva ascoltarlo, e a lui piaceva ascoltare me, nonostante le mie di storie erano più infantili, ma non me lo faceva pesare, anzi era stranamente curioso di conoscere la mia vita, le mie storie, di mio padre e della sua vita a Forks, scoprendo così che anche i suoi vivono a Seattle, poco distante.

Come ogni sogno c'è sempre qualcuno che ti riporta sula terra, o in questo caso all'inferno. Anthony si piazza tra di noi e prima guarda me poi con un sorriso che di stronzo ha molto guarda Ronald << Bagno?? >>

L'idea malsana è presa subito al volo da tutti, che si levano al volo la roba e si buttano subito in acqua, lasciandomi seduta in riva alla spiaggia da sola. Ora, non è che voglia fare l'asociale, ma io il costume non l'ho portato.

Dopo dieci minuti abbondanti, dove nessuno sembrava rendersi conto che io ero rimasta a riva, chi vedo far ritorno? Il diavolo ovvio!

Mi venne incontro cosi alla svelta che ebbi paura che mi prendesse sotto i piedi non vedendomi. Cosi mi alzai togliendomi la sabbia dal posteriore dei Jeans.

<< E tu? >> mi chiese fermandosi a due passi da me.

La sua vicinanza mi infastidiva cosi feci due passi intietro. << Non ho il costume, e comunque non so nuotare >> una balla colossale, ma almeno non mi costringono ad entrare in acqua, almeno cosi credevo.

<< Ma smettila! >> il suo movimento fu fulmineo, il due secondi mi ritrovai sulla sua spalla come un sacco di patate, e dopo altri dieci buttata, come lo stesso sacco di patate, in acqua.

Ne usci inbestialita, e tra le risate generali diedi uno schiaffone in pieno viso ad Anthony, che per la forza con cui lo ricevette rimase piegato di lato accusando il colpo.

Non rimasi a guardarne la faccia che fece, usci dall'acqua di corsa e ritornai a casa.

***

Nei giorni successivi il comportamento di Anthony nei miei confronti fu nullo, non mi sfotteva, non mi guardava, sembrava che non esistessi, tranne che per l'essenziale che doveva dirmi per forza, e anche in quel caso non mi guardava in faccia.

La cosa avrebbe dovuto farmi piacere, invece, il senso di colpa crebbe cosi in fretta che non mi rendevo conto neanche dei sorrisi di Ronald, pensavo sempre alla scena dello schiaffo, al viso apparentemente sereno di Anthony quando è uscito dall'acqua, l'unico che si è reso conto che non c'ero.

Dovevo chiedergli scusa.

Nel momento in cui l'ho deciso andai da lui in cassa. << Anthony? >>

Non mi guardo, stava completando il conto al tavolo. Finì. << Anthony?? >> continuava a non voltarsi.

<< Per favore ... >>

<< La luce della cucina è accesa, muoviti >> non alzo neanche lo sguardo.

Andai via, e mi resi conto che se volevo parlargli avrei duvuto aspettare la fine della serata.

***

Poche ore dopo stavamo gia spazzando e sistemando i tavoli, Anthony non si era mosso dalla cassa per tutto il tempo.

Era il momento.

<< Anthony, possiamo parlare? >>

<< La paga anticipata non posso dartela lo sai, devi aspettare domenica >> non alza neanche lo sguardo.

<< Ok, ho capito, non vuoi parlarmi ma non puoi impedire a me di farlo. Mi dispiace per l'altra sera, mi hai fatto arrabbiare, e lo schiaffo è stato un gesto istintivo e irrazionale. Ti chiedo scusa, non avrei dovuto. >> finisco di parlare aspettandomi una sua reazione che non arriva, e mi ritrovo a fissarlo mentre lui guarda lo schermo del compiuter continuando a chiudere cassa.

Perchè mi scappò un singhiozzo non seppi spiegarlo, ma nel momento in cui usci dalla mie labbra mi resi conto che stavo piangendo e continuando a non avere nessuna reazione da parte sua, mi girai per andarmene, con la consapevolezza che non sarei più tornata in quel locale.

Il mattino dopo chiesi a Phill il favore di portare le magliette che mi avevano dato intietro, non mi chiese spiegazioni, e gliene fui infinitamente grata per questo.

Un ora prima dell'ora di pranzo suonarono al campanello. Mamma era fuori con delle vicine, Phill a lavoro, chi poteva essere?

Scesi le scale lentamente, le gambe mi facevano sempre male, nonostante i tanti giorni passati non mi passava il dolore che provavo ogni mattina, spostai la tendina dell'ingresso, dietro non c'era nessuno, feci per girare i tacchi e tornarmene in camera mia a riposare, ma come mossi due passi il campanello suonò di nuovo.

Aprii la porta stavolta e dieto ci trovai l'ultima persona che mi aspettavo di trovarci Anthony, con le magliette del Tortuga tra le mani.

<< Rosalie mi ha detto che se non ti riportavo le tue magliette non avrebbe più lavorato al Tortuga, e con lei sarebbero andati via anche Emmett e Ronald >> non alzo lo sguardo dalle magliette, il suo tono era scocciato, come quando mandi un bambino a trovare un parente che non sopporta. Questa fu la goccia.

Afferrai le magliette, consapevole che comunque, non le avrei ne indossate, ne sarei tornata a lavorare, e gli chiusi la porta in faccia.

Non passò neanche mezzo secondo che il campanello suonò di nuovo, ma stavolta non aprii, continuai a camminare versole scale, finchè il suono insistente del campanello divenne un bussare tonante.

<< Aprimi!! >> lo ignorai continuando a salire le scale.

<< Aprimi Isabella, altrimenti butto giù la porta >> non gli diedi retta continuai a salire le scale, non avrebbe mai potuto buttarla giù.

Il bussare terminò e io mi ritrovai a due passi dalla mia camera, quando l'aprii, senti la sua voce giù in casa. << Dove sei? >>

Non ci potevo credere che avesse davvero buttato giù la porta?

Come una sciocca scesi le scale correndo, sbattendogli contro sull'ultimo gradino, le magliette mi volarano dalle mani, e chiusi gli occhi preparandomi all'impatto con il suolo, ma questo non avvenne. Le sue braccia mi sostenevano dalla vita, e mi ritrovai a fissarlo sbalordita per la prontezza di riflessi mentre le magliette erano sparse a terra.

Lo schoch durò un poco. << Come sei entrato? >>

<< Dalla finestra >> mi disse sorridendo, quel sorriso che avevo imparato a conoscere e odiare adesso era la cosa più bella del mondo, in questi giorni non l'avevo visto e strano a dirsi mi era mancato. Sorrisi anch'io inconsapevole.

Guardai le sue labbra distese e poi lo guardai negli occhi, ma anche lui guardava le mie labbra e fu un attimo. Mi bacio.

Un bacio veloce, a fior di labbra, ma altrettanto bollente.

Mi raddrizzai visto che avevo ancora il peso su di lui e mi lascio la vita. Non dissi niente non riuscivo a dire niente, mi toccai solo le labbra con la punta delle dita guardandolo come una stupida.

<< Ok, ho capito, non vuoi parlarmi ma non puoi impedire a me di farlo. >> cominciò, e queste parole mi sembrava di averle già sentite << Mi dispiace, mi hai fatto arrabbiare, e il bacio è stato un gesto istintivo e irrazionale. Ti chiedo scusa, non avrei dovuto. >> cosi dicendo si gira e si avvicina alla porta.

<< Non avresti dovuto, però l'hai fatto >> le parole mi uscirono senza pensarci e poi visto che il danno era fatto continuai << Perchè? >>

Si fermo e lentamente mi guardò, per poi abbassare lo sguardo su una della magliette che era sul pavimento e raccoglierla. << Vedi, non capita tutti i giorni di avere uno schiaffo da una ragazza >> si solleva con la maglietta in mano, posandola sul mobile dell'ingresso. << Mi aspettavo >> si avvicina prendendo la seconda maglietta da terra, per poi appoggiarla sul tavolino vicino a me << di riceverlo ora lo schiaffo >> mi dice ad un millimetro dalle mie labbra per poi baciarmi di nuovo.

Ora, io dovrei staccarmi e darglielo, allora perchè mi ritrovo a fare un passo avanti per averlo più vicino?

E' lui ad allontanarsi.

E mentre si dirige alla porta << Ti vengo a prendere alle cinque, fatti trovare pronta >>

Lo fa apposta! << Non vedo perche mi debba far trovare pronta? Credi che basti venire qui, darmi due bacetti per riportarmi a lavoro? Per cosa poi, non perdere i tuoi operai. Guarda se Rose, Emmett e Ronald se ne vanno sono contenta! >>

Mi guarda sorridendo << Ne vuoi tre? >>

<< Vuoi un altro schiaffo? >> non lo so perche si sta comportando cosi!!

Si avvicina velocemente, prendendomi il viso tra le mani e baciandomi, stavolta non a fior di labbra, ma impetuoso, il mio labbro inferiore succhiato e lentamente la lingua che preme per entrare, il tempo di far si che entri, che lo spingo facendo leva con le mani sul suo petto, per poi dargli uno schiaffo, la metà, se non un trezo, della forza che impiegai con il primo.

Non passò neanche un secondo che mi guardò sorridendo e mi avvicinò a lui prendendomi per la vita. << Mi piace che non cedi al nemico >> e ricominciò a baciarmi, stavolta però restituii il bacio senza ribellarmi.

<< Alle cinque fatti trovare pronta >> mi disse ad un millimentro dalle mie labbra, mi sposto una ciocca di capelli dalla fronte, sistemandola dietro l'orecchio << Non antiamo a lavoro, ti voglio far conoscere Edward >> e con un altro piccolo bacio si allontana.

<< Chi è Edward? >> confusa per confusa almeno questo me lo deve spiegare, non credo di capire a chi si riferisca.

Con una mano sulla maniglia si volta con un sorriso. << La parte meno stronza di me >> e con un lieve inchino apre la porta e se la richiude alle spalle.

  
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