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Autore: hellomelancholy    30/07/2011    1 recensioni
Hayley Williams, la cantante rosso fuoco dei Paramore, si risveglia in un posto che non conosce. Si guarda intorno, ma nulla di ciò che la circonda, le è familiare. Il letto, la finestra, i fiori. Solo poche ore prima era con i suoi amici e compagni di band Jeremy e Taylor. Dove sono?, si chiede, senza riuscire a darsi una risposta. Tutto ciò che deve fare è cercare di capire da sola cos'è successo, sconfiggendo il silenzio del luogo abbandonato in cui si ritrova.
Genere: Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hayley Williams, Jeremy Davis, Taylor York
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Camminai a lungo per quel corridoio, e tuttavia non credevo di aver percorso una grande distanza. Stavo camminando più lentamente possibile, un po' perché il buio di quel luogo mi immobilizzava e terrorizzava (era come un buco grande, nero e vuoto, privo di qualsiasi anima viva o buona che fosse), un po' perché avevo cominciato a sentire dei rumori. Il silenzio che avevo intorno poco prima, che gravava su di me, si era rotto. Potevo sentire tonfi, scricchiolii, suoni di mobili che si spostavano e sedie dalle rotelle cigolanti muoversi, porte sbattere e passi. Ovviamente, stava a me interpretare questi suoni. Non sapevo se ciò che sentivo potesse essere davvero, ad esempio, il rumore di una sedia. La mia mente lo immaginava e basta. Avrebbe potuto essere il vento, che da qualche parte muoveva le cose e le faceva cadere, oppure suoni esterni. Semplici suoni esterni, della vita che andava avanti, mentre io ero imbottigliata li.
Ma era logico che, la fuori, ci fosse un mondo che viveva, almeno che non fossi stata rapita dagli alieni e portata sulla luna. La fuori c'erano persone che vivevano e mandavano avanti la loro vita. Quindi, se i miei ragionamenti erano esatti, c'era persino un modo di uscire. Com'ero arrivata non lo sapevo, ma intuivo che una porta, una finestra accessibile (non come quella della stanza) o un buco da qualsiasi parte ci doveva essere. Non potevo semplicemente essermi smaterializzata in quel luogo, soprattutto senza neanche rendermene conto. Ma a un certo punto, decisi di bloccare quelle fantasie, quelle congetture per scappare. Non perché non avessi bisogno di andarmene, ma perché dentro al buio era facile lasciar andare la mente lontana, senza riuscire più a riacchiapparla, e in effetti a un certo punto mi chiesi anche se ciò che stavo sentendo era reale. E se anche quei rumori fossero stati invenzione della mia mente? Nient'altro che un'invenzione, solo per riempire quello spazio vuoto e silenzioso? Le cose sarebbe potute andare così, e io non avrei mai saputo se avevo ragione o meno.
Man mano che ero andata avanti, ero riuscita ad abituare i miei occhi al buio; almeno una fortuna, in tutta quella strana situazione. Nonostante ciò, questo non mi impediva di andare a sbattere contro quelli che avevo appurato veramente essere lettini per i malati di un ospedale, sparsi nel corridoio. Cercavo di stare il più attenta possibile, ma mi riusciva difficile esserlo, mentre mi lasciavo distrarre dai rumori che sentivo, nonostante cercassi di convincermi fossero tutti nella mia mente. La maggior parte delle volte riuscivo a vedere quei lettini e ad evitarli, ma le altre volte ne urtavo gli angoli e se ci posavo le mani sopra, mi accorgevo che erano completamente squarciati e polverosi. Per terra, poi, mi imbattei qualche volta in grandi pietre che rischiarono di farmi cadere. Riuscivo comunque a scorgere i muri e sino a dove si estendevano; erano molto lunghi, perciò non potevo vederne chiaramente la fine. Cominciai sperare, per quanto mi fosse possibile, di arrivare a qualcosa; delle scale, che potessero portarmi in un eventuale piano alto, o un posto con più luce.
Durante la camminata notai moltissime altre porte lungo quel corridoio, ma non osai entrare in nessuna di esse. La mia mente stava cominciando a viaggiare velocemente, ancor più velocemente di prima, perciò non osavo aprire un'altra per ritrovarmi chissà cosa davanti. Zombie, mostri, vampiri? Io volevo stare lontana da queste cose. Nella vita reale potevo sembrare molto coraggiosa, invece non sempre lo ero. E forse, in quel momento, stare nascosta nel buio era la soluzione migliore. Io non vedevo loro e loro non potevano vedere me; almeno che non avessero avuto gli occhi da gatto, e allora speravo fossero soltanto dei innocui felini, e non strani esseri con occhi da gatto, coda da dinosauro e denti da squalo, nonostante il luogo fosse perfetto per qualcosa del genere, ma ancor di più per qualche fantasma.
Mentre la mia mente galoppava, mi ritrovai a quello che al buio mi sembrava la biforcazione del corridoio in cui stavo camminando, in altri due corridoi. Così, presi quello di destra istintivamente. Iniziai a percorrere il nuovo corridoio che mi sembrava leggermente più illuminato del primo, sino a che vidi in lontananza una fioca luce; mi diressi in quella direzione, sempre diritto, mentre vedevo il puntino di luce che stavo cercando di raggiungere diventare man mano che mi avvicinavo sempre più grande. -Fin che, tutto accadde molto velocemente. Mentre cercavo di raggiungere quella luce, sentii il pavimento tremare e delle urla. Non compresi subito che erano delle urla e neanche cosa ciò volesse dire, ovvero che c'era qualcuno in quel posto insieme a me. Se già quel luogo era fatiscente, probabilmente lo sarebbe stato ancora di più. Tutto tremava; le pareti, il pavimento e io, e ben presto iniziarono a cadere dal soffitto altri pezzi di muro. Non sapevo in che direzione andare, presa dal panico, perché qualsiasi direzione avessi preso mi avrebbe messo in pericolo, ma persino restare impalata li lo avrebbe fatto. Nell'incertezza, tentai di iniziare a correre. Ma non ci riuscivo.

Chiunque tu sia, non da questa parte!” disse una voce maschile. Mi accorsi all'improvviso che c'era qualcuno che correva nella direzione opposta in cui stavo cercando di muovermi io, e che, quindi, arrivava dalla luce. La persona mi raggiunse ancora correndo e mi spintonò con forza indietro per il corridoio da cui ero venuta. Quella persona fu la mia salvezza; se non mi avesse spintonato probabilmente sarei rimasta lì imbambolata. Tutto continuava a tremare incessante e dei rumori, come di muri che crollavano, si sentivano chiari e forti, come se tutto stesse cadendo dietro di noi. Quando finalmente tutto si fermò, eravamo ormai arrivati di nuovo alla biforcazione dei corridoi. Ci fermammo per respirare, e ne approfittai per cercare di guardare in faccia il ragazzo che mi aveva spintonato.

Taylor!” Urlai felice.

  
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