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Autore: Ruri    30/07/2011    1 recensioni
Non c'è poi tanta differenza fra i vicoli malfamati di una città e gli spazi oscuri dell'Inferno: entrambi i luoghi possono ardere di fiamma imperitura. L'unica cosa realmente diversa sono le stelle: nel cielo del Meikai sono solo centootto, che brillano di una luce malefica e crudele. Questa è la storia di uno di loro e delle fiamme che porta con sé.
{Spectre-Centric; Nuovo Personaggio}
Genere: Dark, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Nuovo Personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo X

 

 

 

Era felice.

Una gioia sorda, profonda, che gli rimbombava nel petto e nelle orecchie come le fiamme. Tanto intensa da fargli lacrimare gli occhi. 

Soheil piangeva ed era felice, per la prima volta da moltissimo tempo. 

Aveva il demonio, il suo demonio davanti agli occhi e non capiva una sola parola di quella lingua che si ostinava ad utilizzare.

Aveva il corpo di Javeed raggrinzito ai piedi, il viso ormai distrutto dal fuoco che l’aveva bruciato dall’interno condannandolo ad una morte atroce e bellissima.

Aveva la città attorno a sé che ardeva incessantemente, ripiegandosi su sé stessa con urla e gemiti quasi umani. O forse erano veramente le grida degli uomini intrappolati dal fuoco e dal fumo.

Ed era felice.

Il demonio fece qualche passo avanti, incurante delle fiamme che arrivavano a lambirgli i piedi, gli occhi violetti che risplendevano come tizzoni in quell’inferno rosso e ardente. Si fermò davanti a Soheil, riprendendo a parlare.

Lentamente il ragazzo capì. Non tutto, non subito. Prima una parola, poi una frase.

Hades.

Incubus.

All’interno del suo animo si dibattevano memorie di un tempo tanto antico da sfumare nel mito e nella leggenda. Una parte di lui voleva aprire quella piccola porta che ancora teneva i ricordi lontano dal suo io cosciente. Ma ne aveva paura. Perché c’erano ricordi, molto più recenti, che Soheil non voleva in alcun modo risvegliare.

Se l’avesse fatto, lo sapeva molto bene, quel poco d’intatto che era rimasto in lui si sarebbe frantumato. Quel che non conosci non può ferirti d’altronde.

E faticava a fare questa cernita, distinguere dagli altri i ricordi del mito e separarli, analizzarli e accoglierli pienamente.

Il demonio appariva anche in quelli.

Ricordava gli occhi violetti e i capelli candidi. Ma c’erano altri occhi dorati, con uno stridio e un battere d’ali incessante.

E su tutto c’era un Dio con molte ali e una spada nera come la pece.

“Vieni con me, Incubus.”

E Soheil seguì il demonio, le labbra tese in un sorriso e le guance bagnate dalle lacrime. Forse avrebbe dovuto provare rimorso, o qualcosa di simile, per la distruzione che si stava lasciando alle spalle.

Ma se ne dimenticò.

Perché ora sapeva, con una precisione quasi inumana, che quel luogo non gli era mai appartenuto e lui non ne aveva mai fatto parte veramente. Che il suo posto era altrove.

Che nel suo cielo splendevano solo centootto stelle, altri centootto demoni pulsanti di malignità. 

Soheil seguì il demonio. 

E le fiamme dietro di lui danzarono di gioia.

 

Soheil non aveva la minima idea di dove fosse e non gl’importava. La sua mente era concentrata su altro: il difficile tentativo di rimettere a posto i ricordi nella sua testa; l’accettazione di aver appena dato alle fiamme mezza città. Non che di Shush gl’importasse veramente.

Ma non riusciva a distogliere la mente dall’ultima immagine degli occhi di Javeed. 

Imploranti e terrorizzati.

Cos’altro era arso lassù? Era rimasto qualcosa del suo animo?

Era sicuro di sì, eppure era qualcosa che, in qualche modo, gli faceva paura.

Così rideva e piangeva, istericamente, senza dare troppo peso al mondo che si spiegava ai suoi piedi. Era felice e insieme profondamente triste: quello era il suo mondo ma avvertiva una netta mancanza. C’era qualcosa che lo aspettava, laggiù, e lui non riusciva ad identificarla pur provando una devastante nostalgia.

Si rese conto passivamente di aver attraversato un fiume e l’arco che ora lo sovrastava recava incisa una scritta in una lingua sconosciuta.

Quelle poche parole eleganti lo spaventarono a morte, anche se non aveva idea di cosa ci fosse scritto.

Ma per ora doveva solo continuare a seguire il suo demonio, non gli era richiesto altro e questo faceva, diligentemente, il significato di quell’iscrizione gli sarebbe stato chiarito in futuro forse. O forse l’avrebbe ricordato.

Rideva e piangeva.

Poi il demonio si fermò e Soheil alzò lo sguardo su una costruzione imponente. Le pietre che costituivano quel palazzo erano così bianche da dare l’impressione di essere illuminate dall’interno, un fulgore candido e inappellabile. 

Inappellabile è la parola giusta per questo posto pensò, senza far troppo caso a quei pensieri che gli vorticavano nella mente da fin troppo tempo ormai. 

Il demonio continuava a fissarlo e il ragazzo rise piano, asciugandosi le lacrime che gli avevano scavato solchi salati sul viso.

Poi Soheil alzò lo sguardo e la risata gli morì in gola, soffocata da una lama gelida ed affilata. Si ritrovò a fissare il cielo consapevole che poteva perdersi in quell’immensità di tenebra, in quel viola carico e crudele. Freddo come la morte.

“Dèi santissimi…” mormorò. 

Per un attimo si chiese per quale stupido motivo aveva usato il plurale, poi non ci fece semplicemente più caso, gli occhi sgranati come a voler includere dentro di sé quelle immensità violette.

“Silenzio”

La voce del demonio lo riportò bruscamente alla realtà, spegnendo con un soffio tutte le sue elucubrazioni. Parlava la sua lingua e questo lo sorprese, oltre ad infastidirlo.

“Non potevi parlarmi in maniera comprensibile da subito?” sibilò, ma il demonio si limitò a lanciargli uno sguardo tagliente prima di dischiudere le porte del palazzo, invitandolo ad entrare.

Soheil si passò una mano sulla gola, come rassicurato dal proprio battito cardiaco, prima di decidersi a varcare quella soglia.

Il Regno del Silenzio.

Dio, come sto diventando poetico.

Il ragazzo si trovò immerso nel buio e attese, trepidante. Quando il demonio riprese a camminare lo seguì, ben meno docile di prima. Scalpitava, quasi, e quel silenzio opprimente non gli era di nessun aiuto.

Ma dove diamine stiamo andando?!

Con immenso sforzo di volontà cercò di calmarsi e attendere, mentre lanciava occhiate incuriosite alle numerose stanze che formavano quel palazzo, cercando d’imprimersi nella mente la strada che stava percorrendo.

Ancora un po’ di pazienza, poi sarebbe stato tutto chiaro.

Fin troppo.

 

“Che luogo pensi che sia?”

Soheil era seduto per terra, a gambe incrociate. C’erano delle sedie in quella stanza ma le aveva evitate accuratamente. Gli davano un vago senso di prigionia che in quel momento non sarebbe riuscito a sopportare.

Inoltre lo divertiva, e non poco, cercare di affrontare quel demonio almeno ad armi pari.

Quindi non si sarebbe piegato alle normali regole dell’etichetta, per ora. Non gliene importava assolutamente niente di fare bella figura o altre idiozie del genere, visto che si trovava davanti ad un demone. Per di più era cosciente della situazione disastrata del suo corpo fra vestiti a brandelli e fuliggine ovunque, a quel punto tanto valeva godersi l’espressione perplessa del demone.

“Questo è l’Inferno, Soheil”

“Ah. Quindi sono morto”

Un po’ si sorprese, ma l’eventualità non lo spaventava affatto. Provava un vago dispiacere all’idea ma nessuna paura. Negli ultimi tempi aveva invocato la morte così tante volte da aver perso qualsiasi timore reverenziale nei suoi confronti.

Anche se non voleva ricordare perché l’aveva fatto.

“Questo è il Tribunale dove vengono giudicati i Morti”

Inappellabile.

“Tu sei stato giudicato?” il demonio si tolse l’elmo, mostrando un volto che di demoniaco aveva ben poco. Soheil ebbe reazioni contrastanti: da una parte quell’uomo appariva molto più rassicurante ora che non in precedenza; dall’altra era come se gli avessero sottratto quel demone che lo accompagnava ormai da tanti mesi.

“Forse mi stai giudicando tu adesso” rispose, con una certa mal celata arroganza. Tanto difficile limitarsi ad un sì o un no nelle risposte?

“Non è questo il luogo deputato, ma la grande sala che ci siamo lasciati alle spalle. E nessuno verrà giudicato in questo giorno di Risvegli”

Soheil ebbe la netta impressione di rimanere indietro. Di non avere tutti i pezzi necessari per mettere ordine in quella situazione. Pezzi che l’uomo seduto dietro la scrivania invece dava per scontati.

“Sono già stato qui” mormorò, come fulminato dalla rivelazione. L’aveva già visto tutto questo, già vissuto in qualche modo.

“E anche tu… ti ho già visto. Non nel pozzo non…” si portò una mano alla fronte, irritato con sé stesso e in parte anche con quel demonio che sembrava aver ingoiato un dizionario. 

Non ricordare!

Devi ricordare!

“E’ normale…? Che mi ricordi?” 

Adesso Soheil aveva paura. Paura di quel luogo che conosceva ma dove non era mai stato, paura di doversi mettere a scavare nell’intrico della sua memoria andando a ripescare eventi troppo recenti perché fosse in grado di affrontarli senza distruggersi del tutto.

Il demonio lo guardò comprensivo.

“Non ricorderai molto. Sensazioni, presentimenti, memorie inconsce. Forse nei tuoi sogni ti sembrerà di riuscire a riafferrare il passato, ma la veglia ti toglierà ogni consapevolezza”

Non devi ricordare, non è necessario. Questo va bene.

“Non sei stato qui solo una volta Soheil, ma molte. E per quanto ti sia impossibile ricordare le vite passate, puoi invece ricordare la tua essenza”

Il demonio si chinò verso di lui.

“Tu sai cosa sei?”

Fiamme.

Una creatura nera ricolma di fiamme e di potere. 

“Un cavallo”

La risposta parve spiazzare sul momento il demonio, che si ritirò assumendo un’espressione a metà fra l’incredulo e lo sconfortato.

E’ così! E’ un cavallo! Quella creatura è un cavallo e io lo conosco ma non riesco a…

“Sai, quelli che nitriscono. Ma non è esattamente un cavallo...” mormorò Soheil come per spiegare, forse più a sé stesso che al demone. Si massaggiò nuovamente le tempie, cercando di ricordare.

Sapeva il nome di quella creatura, lo conosceva. 

Gli veniva mormorato dalle fiamme ogni giorno. Un sussurro, breve, intenso, pregno di significati che andavano ben oltre la parola stessa.

“Un Incubo”

Incubus.

E’ questo che sono. Incubus.

Aveva afferrato qualcosa di sé, quella parte che cercava da tantissimo tempo. Quel lato oscuro e ardente del suo animo per il quale provava un’ardente nostalgia.

Incubus.

Soheil ascoltò le spiegazioni del demonio, mentre queste andavano a rimestare l’insieme confuso delle sue memorie ancestrali, riportando alla luce nomi, volti, significati che il ragazzo non avrebbe mai pensato di conoscere.

Parlava il demonio, con tono di voce severo ma non arrogante, illustrando a Soheil il suo mondo e chi lo abitava, lo amministrava.

“Avrai un ruolo qui, Soheil. E io sarò responsabile delle tue azioni”

“Mi pare logico, sei il mio demonio d’altro canto”

Soheil avrebbe riso a crepapelle davanti all’espressione sconcertata dell’uomo che aveva innanzi.

“Sono il tuo Maestro” specificò infatti, con lieve irritazione.

Demonio, Maestro, siamo lì.

“Rune di Balrog”

 

Da parecchio tempo ormai Soheil aveva smesso di chiedersi se fosse diventato pazzo. Per un semplice motivo, era sicuro di esserlo. Quindi si mise a ripetere quei nomi, i tanti nomi che Rune gli aveva snocciolato con tranquillità aspettandosi che li memorizzasse all’istante. E lui l’aveva fatto, ripetendoli dentro di sé fino a legarli tutti un una cadenza quasi armonica nel suo essere completamente caotica. 

Rune. Minos. Incubus.

Rhadamanthys. Aiacos. Minos. Rune.

Incubus.

Hades.

Hades.

Hades.

Mentre coccolava quei nomi, Soheil sorrise. Non un bel sorriso, quanto piuttosto un ghigno crudele. Potendo avrebbe urlato di felicità.

E pianto di disperazione.

“La tua memoria è la tua essenza. E la tua essenza è l’essenza di Hades, che ha santificato le Stelle con la sua divinità. Sei una Stella Soheil

D’altronde, Soheil voleva dire proprio questo. Stella. 

Come trovarsi in un Tribunale Infernale per lui, che era un ladro. Soheil scoppiò a ridere, notando quanto assurda fosse quella situazione.

“C’è una leggera ironia in tutto questo. Sarebbe persino irritante, se non fosse… giusto”

“Gli dèi hanno senso dell’umorismo”

Rune di Balrog sorrise, di un sorriso appena accennato.

Davanti a quel sorriso Soheil si rese conto di un particolare. Un piccolo, insignificante e forse inutile particolare.

Soheil vuol dire stella. Nella sua lingua. Ma non stava parlando la sua lingua.

“Aspetta…” la cosa lo spaventò, in maniera inconscia. Non conosceva lingue, non le aveva mai imparate ne gli era mai interessato farlo eppure…

“Che lingua stiamo parlando?” chiese, cercando di nascondere il timore. 

Assurdo. Perché me ne preoccupo? Sono all’Inferno! 

“Greco Antico”

Greco Antico.

Soheil sapeva a malapena dove situare geograficamente la Grecia e solo perché aveva passato metà della sua vita a rovistare fra ruderi che proprio i Greci avevano reso tali.

Adesso, di colpo, parlava una lingua completamente sconosciuta. Ed era stato un processo automatico, sul quale non aveva avuto il minimo controllo.

Non se n’era accorto. E questo lo sprofondò nel panico.

Era Soheil.

Era l’Incubo.

Era entrambe le cose e non riusciva ancora a conciliarle in maniera che non si distruggessero a vicenda. Soprattutto temeva, con tutte le sue forze, di perdere completamente il controllo sulla sua memoria.

Devo uscire di qui. Devo respirare. Devo…

Fuggire.

E lo fece.

 

 

Welcome to Hell

E dopo tanto tempo, rieccomi qui. Gli aggiornamenti continueranno ad essere saltuari per un po': sono lontana da casa e ho poco tempo per gestire EFP in questo periodo. Chiedo venia çOç anche perché la storia in realtà è già scritta, ma mettermi ogni volta a litigare con l'html prosciuga le mie già scarse energie. Per dopo la metà di Agosto dovrei comunque tornare a pubblicare in maniera più regolare, quindi forza e coraggio: l'Inferno ci attende.

Meiou Hades: Son contenta che il Risveglio della palmina al napalm ti sia stato gradito! Vedi, finisce fra le grinfie del Balrog e di Minos anche lui. E ora gli si presenteranno davanti parecchie difficoltà: non per niente siamo finalmente giunti all'Inferno! Vediamo come riuscirà ad ambientarsi :P

   
 
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