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Autore: loonaty    30/07/2011    4 recensioni
Io sto con te, tu con lui e lei con l'altro.
Scambio.
Pare quasi di ballare una quadriglia fra i banchi di scuola in cui, quella che sarebbe potuta essere una semplice storia d'amore, si tramuta in un alternarsi quasi frenetico di cavalieri e dame.
A chi va la colpa di tutto ciò?
Probabilmente al consiglio di un professore esaltato che stava davvero cominciando ad annoiarsi.
E cosa c'è di più divertente che ingarbugliare la vita ed i sentimenti dei propri studenti?
Chi sa che non ne nasca qualcosa di buono.
Potrebbe davvero, essere una buona lezione.
Genere: Commedia, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sorpresa, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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RIENTRI


DLIN-DLOOOOOOOOOOOOON
 
Oddio che mal di testa. Chi è che suona a quest’ora? Quest’ora? Che ore sono?
Si allungò verso l’orologio poggiato sul comodino e guardò l’orario. Le dieci di mattina. Lunedì mattina.
24 Dicembre.
Vigilia di Natale.
Vacanza.
Scuola chiusa.
Aveva un brutto presentimento.
 
DLIN-DLOOOOOOOOOOOOOON.
 
Con un gemito si mise seduto sul letto, la testa penzoloni in avanti. Osservò la cannottiera larga e bianca e i boxer neri aderenti da cui le lunghe gambe pallide spiccavano muscolose. Faceva sempre un fottuto caldo a casa sua. Forse il perché erano i riscaldamenti sempre al massimo per far spillare più soldi al fratello. Non si risparmiava mai la voglia di torturare Itachi. Al solo pensare quel nome il mal di testa aumentò. Era sicuro che il mercurio del termometro fosse schizzato a quaranta. Che schifo.
 
DLIN-DLOOOOOOOOOOOOOON.
 
No, non ci vado ad aprire.
 
DLIN-DLON-DLIN-DLON-DLIN-DLON-DLIN-DLON-DLIN-DLOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOON!
 
-HO CAPITO! ARRIVO!- La sua gola già martoriata gridò pietà mentre si alzava barcollante con una mano sulla fronte e se ne andava tossendo verso il portone.
Ci mise tre minuti buoni per riuscire a centrare la serratura ed altri tre per capire da che parte girare la chiave. Per poco non si aprì la porta su un piede e con un grugnito sporse fuori la testa, l’aria gelida lo congelò sul posto. Perché non imparava mai a mettersi una cavolo di vestaglia quando si alzava?
Davanti a lui una figurina con un sorriso esitante. Corrugò la fronte, vedeva ancora peggio del solito … Poi riconobbe una familiare chiazza rosa … E sbatté la porta, afferrò la prima maglia che trovò, a maniche corte, gettata sul divano la sera prima e rigorosamente di suo fratello che, nonostante la larghezza delle spalle fosse la stessa, gli arrivava quasi al ginocchio. Riaprì la porta. Sakura aveva un’aria esitante e leggermente curiosa. Un fiocco rosso a lato della testa e i grandi occhi verdi puntati nei suoi. Che gli facevano male per la miseria.
Dannata influenza.
Un barlume di lucidità lo colse quando si rese conto che Sakura.
Quella Sakura Haruno , era nel quartiere Uchiha.
Da sola.
E l’ultima volta non era finta granché bene da quel che ricordava. Lei era finita in ospedale e lui aveva rischiato la pelle. Deglutì pronto a duna sfuriata.
-Sakura … - Cominciò con tono minaccioso, ma lei lo precedette.
-Mi ha accompagnato Naruto, Sta portando la macchina giù nel garage, non si fida a lasciarla qui fuori. –
Ah, quindi non era venuta da sola. Perché era venuta?
-Che ci fai qui?- Fece brusco tentato di richiudere nuovamente la porta e sigillarla con una fiamma ossidrica.
Lei abbassò lo sguardo arrossendo. –S-Sono venuta a chiederti scusa , Sasuke-kun-
-Mph- Quando fa così è quasi peggio di Hinata. – Non mi importa- Mugugnò. Non gli importava di quello che gli aveva detto. Era passato tutto, se ne era anche già dimenticato invece di portare rancore e tramare vendetta come faceva di solito. Invece lei si incupì in un istante. Che cosa aveva adesso? Perché faceva così?
 
Non mi importa aveva detto.
Sakura dovette metterci tutta se stessa per non mettersi a piangere. Non accettava le sue scuse. La odiava così tanto? Non mi importa aveva detto. Strinse la borsa con più forza pensando al pacchetto che conteneva. Il suo regalo per lui, che probabilmente non avrebbe avuto il coraggio di dargli, ma che aveva impiegato diverse ore per preparare. A lui però non importava.
-S-Sasuke … Kun … - Voleva davvero chiedergli scusa per essere arrivata lì di prima mattina a porgergli delle scuse che non gli interessavano ed avergli rovinato la giornata, ma un nodo le stringeva la gola e le lacrime le pizzicarono gli occhi. –Sc … Scuuusaaa … - Si strofinò gli occhi con i pugni chiusi. Dov’era Naruto quando aveva bisogno di lui? Sentiva lo sguardo di Sasuke puntato addosso e le faceva male.
-Perché ti scusi sempre?- Le domandò con voce impastata e vagamente infastidita. Lei lo sbirciò un attimo, appoggiato con una mano ala porta, aveva il volto pallido e le orecchie rosse, era sudato.  La fissava con gli occhi neri assottigliati come se tentasse di vederla attraverso la nebbia … O semplicemente di guardarle attraverso. Ingoiò le lacrime e , cercando di non balbettare gli chiese se stava male.
Quello si limitò ad un mugolio imprecisato che non seppe bene come classificare, per cui si allungò verso di lui e gli mise una mano sulla fronte. Sasuke indietreggiò inciampando nel tappeto e finendo seduto sul bracciolo del divano, la graziosa compagna in piedi fra le gambe con una mano che gli scostava la frangia. –Sasuke-kun, hai la febbre. – Constatò.
-Grazie dell’informazione … - Il suo fu un borbottio che si perse nel silenzio di quella stanza enorme. La porta era ancora aperta. E lei? Lei si era accorta di quanto fosse equivoco quel suo modo gentile e del tutto naturale di “occuparsi” di lui?
La ragazza poggiò la borsa accanto ai suoi piedi lo spinse all’indietro. Il ragazzo, debilitato dalla malattia, perse l’equilibrio finendo sdraiato sul materasso azzurro del divano.
Lei lo fissò dall’alto con i grandi occhi verdi e luminosi.
Prese un respiro profondo. Vederlo sdraiato sul divano, inerme e con in dosso solo una maglietta enorme e dei boxer era un attentato ai suoi ormoni in tumulto. Non si senitva più minimamente timida. Lunatica come sempre.
-Preparo qualcosa da bere- Asserì dandogli le spalle e cercando con lo sguardo la cucina. Si sfilò il giubbotto e lo lasciò sulla sedia più vicina.
Sasuke la osservava. Alcuni l’avrebbero definita maleducata, ma lui era stato il primo a lasciarla gelare sulla soglia. E poi aveva sonno e non glie ne fregava niente di quello che faceva la compagna. A malapena connetteva il fatto che lei fosse a zonzo per la sua cucina e che Naruto, chissà come avesse le chiavi del suo garage.
Collassò in poco tempo, il mal di testa che lo assaliva e la gola che bruciava.
Sakura aprì qualche scaffale a caso e trovò tutto ciò che le serviva per preparare una tisana calda. Mise l’acqua sul fuoco e si rese conto che non aveva trovato la minima traccia di tazze lì attorno. Si sporse oltre la spalliera del divano per chiedere a Sasuke asciugandosi le mani con un panno in modalità perfetta casalinga. Rimase immobile.
Oh. Si era addormentato.
Respirava affannosamente e un leggero rossore gli imporporava le guance pallide. La frangia gli stava incollata alla fronte per via del sudore. Fece scivolare lo sguardo sul suo corpo affusolato. La maglietta troppo lunga che si era arricciata sul bordo scoprendo l’orlo nero sottostante. Appoggiò il mento al palmo della mano continuando ad osservarlo. L’acqua che bolliva ormai dimenticata. Era del tutto diverso da quando lo aveva visto addormentarsi in macchina ed aveva riso. Perché ora era su tutto un altro livello. Perché Sasuke le faceva tenerezza ed era una delle poche cose che Sakura era sicura di non poter associare a lui. Le sue labbra si arricciarono mentre contraeva i muscoli di una mano ed un gemito di dolore gli sfuggì dalla bocca. Si girò su un fianco per poi tornare disteso. La ragazza notò che la porta era ancora aperta e si diede mentalmente della stupida per aver pensato che lui la richiudesse alle sue spalle dopo che fosse entrata. Era quasi certa che non la volesse in casa. Chiuse l’uscio. Però non poteva lasciarlo da solo in quello stato. Si agitava nel sonno. Un incubo. Aggirò il divano e si sedette sul bordo del materasso, accanto alle sue ginocchia. Quando le dette un calcio quasi cadde.
Ma guarda tu questo …!
-M-Madre …  - soffiò nel sonno stringendo convulsamente la stoffa azzurra sotto di lui. Sakura ebbe un tuffo al cuore. Sasuke stava sognando sua madre.
Le vennero in mente le innumerevoli volte in cui lei, ammalata e sua madre le faceva impacchi freschi e la vegliava per tutta la notte dicendole che andava tutto bene. Le accarezzava le guance e le preparava da mangiare …
Sasuke invece era solo. Nessuno che lo spronasse a riprendersi, che uscisse a comprare le medicine, che sistemasse le stanze, che cucinasse o che, come quella mattina, andasse ad aprire la porta a quegli scocciatori degli amici e li congedasse perché il ragazzo era sfinito.
Si guardò intorno. La casa era evidentemente trascurata e, da quel che aveva capito, già quando Naruto lo aveva riportato lì Sasuke mostrava evidenti segni di un’imminente influenza. Di certo non si era mosso dalla sua stanza per tutti quei tre giorni.
A proposito, dov’era Naruto? Doveva andare a cercarlo?
Doveva alzarsi o restare lì?   
Si voltò facendo leva sulle ginocchia, la mano grande e sottile del ragazzo la trattenne facendola cadere riversa sul suo petto.
-No … - disse d’un fiato. Affondò le dita nella sua pelle mentre inarcava la schiena.
Sakura rimase immobile. Paralizzata.
Lui, LUI, badate bene, la stava trattenendo. Sconvolta alzò lo sguardo cristallino sul suo viso e gli scostò la frangia dagli occhi tirandola indietro, questa, umida, gli scoprì la fronte perlacea.
-Ahaa  … Mi scoppia la testa … - Sbottò in un modo talmente adorabile che non poté impedirsi di sorridere.
-Shhh, passa tutto … - Bisbigliò, le nocche fresche sulla sua guancia bollente.    Socchiuse gli occhi nerissimi mettendo su un broncio da moccioso – Che schifo- Si lamentò. Voltò la testa verso la sua mano ricercando quel contatto freddo per avere un po’ di sollievo dalla febbre. Lei gli cedette il palmo candido facendovi accomodare il suo viso. Con il pollice disegnò delicati cerchi all’angolo delle sue labbra. –Ferma- Le ordinò con voce impastata. E lei rimase ferma. Perché contraddirlo. Poggiò la testa sui pettorali muscolosi che si muovevano al ritmo con il suo respiro. Si trovava in paradiso. Questo era un sogno vero? Era un sogno. Non voleva essere svegliata.
-Ti … Stai riscaldando … - Mgugnò il ragazzo esigendo prepotentemente l’altra mano. Lei ghignò. Lo trovava assurdamente presuntuoso e dittatore anche quando stava male. Solo ora che poteva dire di conoscerlo un po’ meglio poteva anche dire di trovarlo anche un po’ buffo. Un po’ scemo. Non al livello di Naruto, ma scemo in modo sentimentale. Lei da quel punto di vista era davvero fin troppo esagerata, mentre al compagno biondo quella nozione mancava totalmente.
Sasuke invece le pareva un bambino a digiuno di coccole da troppo tempo.
Già, i suoi genitori erano stati uccisi.
E suo fratello era sparito.
Sospirò lentamente. 
Sentiva il capo di Sasuke pesarle sul braccio che si stava addormentando. Stava scomoda. Puntellò una mano sollevando il busto e fece sgusciare via l’arto che lui teneva intrappolato. Con quel gesto però lo ridestò, il ragazzo scattò seduto sollevandola con lui. Sakura si ritrovò ancora una volta sballottata secondo i comodi del signorino ritrovandosi a cavalcioni sul suo bacino, il busto aderente al suo, le sue braccia allacciate dietro alla schiena, il suo fiato caldo sulla spalla.
-Non andartene!- Gemette aumentando la presa tanto da soffocarla.
-S-Sas’kè kun … - Tentò di staccarselo di dosso ma lui era scosso dai fremiti e non pareva intenzionato a lasciarla andare.
-Sas’kè –kun … Staccati!- Dannazione dove sei NARUTO!
 
Viveva in una nebbia offuscata. Nera e pressante che gli allagava la vista ed ogni volta che apriva gli occhi percepiva tutto in modo sbagliato. Sentiva dei rumori in cucina. Uno strofinaccio che veniva usato per asciugare le mani bagnate, il peso di un corpo che abbassava il materasso accanto a lui. La presenza di un altro corpo oltre al suo gli ricordava quando ancora aveva una madre. Queste parole gli sfuggirono dalle labbra, senza che se ne rendesse conto, come soffi delicati. Traeva conforto da una presenza che non fosse unicamente la sua. Dopo tanto tempo non gli dispiaceva sapere che c’era qualcuno lì ad aspettare. Non ricordava nemmeno chi fosse. Poco male. L’importante era che stesse lì e non si muovesse. La presenza cambiò posizione. Si alleggerì, come ad aver sentito il suo pensiero e a volergli fare un dispetto, si allontanò appena. Tese una mano per riprendere quel fantasma che gli stava accanto – No – Fece contrariato. Perché non poteva lasciarlo solo.
Non era giusto che tutti avessero qualcuno e lui no.
Non poteva permettere che se ne andasse.
La presenza raddoppiò, ne sentiva il peso sul corpo. La sentiva vicina e viva. Il respiro fresco sul collo, il solletico dei capelli sottili sul mento.  Bene, ora che c’era qualcuno ad ascoltarlo si sentiva in tutto diritto di lamentarsi per il dolore disumano che provava per i suoi, aveva controllato poco prima, 39 gradi di febbre. Che i ragazzi della sua età la febbre a trentanove e mezzo non la prendono mica più, certo e gli asini volavano.
A risposta delle sue lamentele una voce, che gli ricordava vagamente quella di Sakura lo rassicurò. Qualcosa di fresco sul viso. Ah, si ragionava! Voltò il capo alla ricerca di quella carezza fredda e la trovò ad attenderlo. Dita sottili come farfalle volavano sulle sue labbra rendendo ancora più reale quel contatto. –Ferma- Mugugnò. Giusto per vedere se avrebbe risposto al suo comando, per testare quanto fosse vero quello che accadeva. Le dita si fermarono lasciandolo beare della loro essenza ed il peso su di lui non accennava a diminuire, non fuggiva. Forse perché non era ancora del tutto sveglio e nemmeno addormentato. Come accadeva spesso il dormiveglia favoriva la creazione di presenze che popolavano l’enorme villa deserta. Con il sonno o appena si svegliava queste sparivano lasciandolo nuovamente ed irrimediabilmente …
-Ti stai riscaldando – Proclamò tra sé e sé senza aspettarsi, ovviamente, un qualche miglioramento, quando esso avvenne ne rimase infatti alquanto stupito. Non fece domande e si limitò a farsi padrone di quelle membra così rinfrescanti. Lentamente sentì di sprofondare in un sonno liquido e scuro. Il mal di testa pulsante che gli rimbombava nelle orecchie e ad ogni scarica di dolore corrispondeva un’immagine di sangue. Sempre più velocemente. Un susseguirsi di flash da cinema dell’orrore. Strade insanguinate e corpi su corpi.
Per ultima sua madre. Lì. Stesa a terra davanti a lui.
Il suo volto candido macchiato di sangue.

-Madre!-
La stanza imbrattata, la donna accasciata nel centro.
I capelli sparsi come cenere in un camino.
Il bambino che le si avvicina.
-M-madre … -
Niente sorrisi né parole dolci lo attendono.
Solo silenzio.
Silenzio e vuoto.
-M-ma … -
La stanza vortica e sparisce ed il corpo della donna che ora teneva fra le braccia
Paffute comincia a svanire.
Solo.
-Non andartene!-

 
Fra le braccia stringeva un corpo di ragazza stretto a lui. La mano morbida che gli passava sulla nuca in carezze gentili. Arresa alla sua stretta Sakura tentava di far calmare i tremori.
-Era un incubo Sas’kè kun-
-S-Sakura-chan …?- La voce fu un sussurro appena accennato e lei non potè che rabbrividire a sentire il suo nome pronunciato così  da lui.
-Sono io Sas’kè-kun- Bisbigliò. Sentì la sua presa venire meno mentre spostava indietro il suo peso sui gomiti e la osservava corrucciato. Appollaiata sul suo bacino, le ginocchia stretta attorno alle sue anche. Si torturò le mani. 
-Sakura-  Ripetè come a prendere coscienza di quel nome. La squadrò un’altra volta strizzando gli occhi e poi la sua mandibola cadde verso il basso.
Ecco.
Sakura alzò gli occhi al cielo pregando i Kami che non avesse una reazione esagerata.
Era troppo bello per essere vero.
Sasuke invece si limitò a richiudere la bocca con un “tlack” simil-robotico, per poi ripetere l’operazione un altro paio di volte. La ragazza decise di andargli in contro sollevandosi e spingendosi indietro liberandogli i movimenti. Lui ritirò le gambe mettendosi seduto sul versante opposto del divano. Sakura guardava verso la porta, Sasuke dalla parte opposta, la finestra.
Qualcuno suonò al campanello nell’esatto istante in cui la rosa stava per aprire la bocca e parlare a vanvera come al solito.
Si alzò prima del proprietario di casa pronta ad urlare i peggiori improperi al biondo cafone. Le parole le morirono in gola.
Dietro al volto disperato di Naruto stava in piedi un’alta figura scura. Tutti poterono sentire il respiro di  Sasuke interrompersi. La calma e l’allegria di Sakura spezzarsi.
Il ragazzo le sorrise ma lei non ricambiò quella gentilezza.
-Cosa ci fai tu qui?- La voce dura del ragazzo corvino che le si era messo alle spalle spazzò l’aria fredda dell’esterno che si scontrava impietosa con quella termale dell’interno.
-E’ ovvio otouto, sono tornato a casa.-
Il ringhio di Sasuke parve a Sakura quello di una tigre frustata dal domatore.
 
 
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Kakashi sfogliava le scartoffie quando Asuma entrò tranquillamente in sala insegnanti e si sedette sul tavolo accanto a lui. Si accese una sigaretta.
-E’ vietato fumare qui, Sarutobi. –  Il professore di latino ammiccò. -Se si parla di ciò che è vietato ti avrei denunciato per atti osceni in luogo pubblico già da un po’.-
-Mh … - Non era in vena. Estrasse un plico dai documenti che stava controllando e li porse all’altro.
-Cos’è?- Domandò Asuma stringendo fra le labbra la sigaretta.
-Il nuovo docente di musica – Disse atono il bigio con un’occhiata significativa.
Il collega sgranò gli occhi. –Ma questa non è …? –
Annuì. –Comincerà subito dopo le vacanze. Prende il posto di Guren. Si è trasferita dopo che è il capo della sua “setta” è finito in prigione.-
- M-Ma questa … - L’altro ancora faticava a crederci. Dopo tutto quello che le era accaduto?
-Ah, sono tornati.-
Asuma cadde dal tavolo. –E LO DICI COSI’?!-
Kakashi sollevò un sopracciglio. –Come dovrei dirlo? Sono tornati. Punto. Un dato di fatto. Hanno sentito che l’Orco … -
-Orochimaru-
-Quello che è, è finito in prigione e sono tornati. Ta Daaaaan!- Il suo tono non era affatto scherzoso. L’amico si schiaffò una mano sul volto.
- Prima quell’attrice mentalmente labile poi questa!- Sventolò i fogli mentre Kakashi si massaggiava la radice del naso. –Ed ora pure la banda al completo?-
-Sì Asuma, non lo facevo così difficile. – Era leggermente spazientito, non tanto dall’amico quanto dal constatare che luogo amaro fosse Konoha.
-Nessun ragazzo qui ha vita facile Kakashi- Il castano si lasciò scivolare sulla sedia accanto a quella del collega che sospirò. –Conosco bene la Yamanaka … -
-La bionda?-
-Sì.-
-Le mie condoglianze.-
-Ah-ah. Non è così terribile.-
-Se lo dici tu.-
Silenzio.
-Chi altri c’è nella lista nera?- L’uomo con la maschera si alzò dirigendosi verso un casellario ed estrasse un vecchio fascicolo per poi riportarlo al tavolo.
-A parte l’Uchiha e l’oca giuliva intendo- Continuò aprendolo e portandoselo davanti al volto. Asuma glielo strappò di mano. –Non vale se tu leggi.-
Entrambi presero fiato e disposero davanti a loro le schede con le fotografie dei vecchi alunni.
Sembrava un allegro gioco di società.
Tutt’altro che allegro.
-Naruto … - Kakashi indicò una fotografia e l’altro annuì.
-Uzumaki. Degno del suo cognome. E Hoshigaki?-
-Il fratello pare che incomincerà da noi dopo le vacanze.-
Ancora un cenno d’assenso.
-Poi ci sono Kuroshiro … -
-Lo schizzofrenico?-
-Sì … Yamanada … - Guardò l’altro che stava per aprire bocca. –Il guardiacaccia, sì. –
- Pover’uomo. -
-La figlia nemmeno lo sa. – Tornarono alle fotografie. – Akatsuna … Hai notizie dei fratelli Sabaku? Sono ricomparsi?-
-Alcuni dicono di sì, ma l’inverno non è esattamente la loro stagione. Solitamente passano solo le stagioni estive qui a Konoha.-
-Già … E Aokawa?-
-Non se ne ha più avuto notizia ... Come l’altro Uchiha d’altronde.-
I due professori rimasero in silenzio per un po’ mentre l’amara consapevolezza si fissava sui vestiti, nella pelle …
Asuma spense la sigaretta.
-E Kioko?- La domanda giunse, la domanda che Kakashi attendeva. Unì i palmi delle mani davanti al volto. –Tu lo sai-
Scosse la testa. –Tutti lo sanno. Sanno la tua versione dei fatti. Ma non ti sto chiedendo quella. Ripeto la domanda: e Kioko?-
Kakashi si passò le mani tra i capelli. Era una dannatissima fregatura. Quella carogna.
-Recita- Glissare le domande era il suo forte, ma con Asuma, che lo conosceva bene, raramente attaccava, e questa non era una di quelle volte in cui faceva finta di essere convinto.
-E Kioko cosa ha fatto perché venisse spedita qui a Konoha?-
-La scuola è finita no? Perché siamo ancora qui? Io vado a casa … -
-Vai a leggere quelle porcate?-
-Ci vediamo-
Asuma sospirò rimasto solo in sala insegnanti. Accese l’ennesima sigaretta e stette ad osservare le volute di fumo che lasciavano le sue labbra decorando l’aria tutt’attorno.
Kakashi. Sbuffò e sorrise. Con la sua tecnica del “fate l’amore, non fate la guerra” tentava di salvare il salvabile in quel paese di disperati.
Aspirò il tabacco.
Quei ragazzi sarebbero davvero riusciti a ricucire le loro ferite?
Guardò fuori dalla finestra.
Konoha high school, l’unica scuola ad avere del filo spinato avvolto lungo tutto il cancello ed il perimetro dell’edificio.
 
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Ad aprirle venne una ragazza. Forse un po’ grande, vestita con un maglione di un colore indefinito ed un paio di pantaloni larghi, la cuffia che stringeva la folta chioma rosa scuro.
Non parlò, rimase a fissarla, la pelle mulatta in contrasto con la neve.
La bionda batté a terra un piede irritata. –E Shikamaru-kun? – Domandò stizzita. Choji dal canto suo si dannava per il fatto di dover sempre fare la candela per quei due. La tipa sulla porta scrollo le spalle e rimise la testa dentro chiamando il ragazzo che li raggiunse con lentezza dalla terrazza sulla quale stava giocando a scacchi con il padre. –Hi Hi Ino-chan – Esordì pigramente trattenendo uno sbadiglio. Incredibile la voglia di cacciargli la sciarpa di Choji giù per la gola. –Vai Tayuya – san – Congedò la ragazza ancora ferma sulla porta che, con un cenno, si diresse verso la cucina. –Che vuoi?- Domandò scorbutico all’amica che lo osservava ora palesemente arrabbiata.
-Sono venuta a vedere come stavi. Perché hai saltato la scuola?-
-Ahi Ino-chan, abbassa la voce!-
Lei lo fulminò.
-Avevo da fare-
-Con quella sgualdrina?-
-Non parlare così di Tayuya- L’avvertì con tanta freddezza che la bionda sentì qualcosa dentro di se spezzarsi.
-Io … - Il cellulare suonò interrompendola. Rispose. Era sua madre ed aveva un tono preoccupato. Ino impallidì mentre Shikamaru inarcava un sopracciglio.
-Co … E’ torna- … Sì … Arriv- … Già? … Ma … !- Fissò il display del cellulare come se non lo riconoscesse. –Ha chiuso- fece incredula. Poi riposto l’apparecchio nella borsa si allontanò di corsa verso casa senza dare spiegazioni e senza salutare. I due amici rimasero a fissarsi per poi scrollare le spalle. –Ti va qualcosa Cho?-
Sapeva che non doveva specificare cosa per far gola all’amico. Questi accettò e la porta si chiuse.
Intanto Ino nella neve correva.
E le lacrime scioglievano i fiocchi che piano avevano cominciato a cadere.
Perché adesso?
Si chiedeva.
Domanda inutile, perché lui era tornato e tutto ciò che aveva costruito con tanta fatica sarebbe crollato come un castello di carte.
 
 
   
 
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