Questa
fiction è stata scritta per il contest “Guerre
Dramionesche” del gruppo Dramione’s Elite. Partecipa nella Squadra
OOC.
*Regrets*
Hermione Granger aveva
dovuto fare una scelta importante, e per la prima volta si era trovata più che
in disaccordo con Harry e Ronald. La sua scelta era stata decisiva. E lo sarebbe stata per sempre.
Ammettere Draco Malfoy nel
loro gruppo? Dargli fiducia e un tetto sulla testa? Credere alle sue parole?
Harry si era subito
opposto. Non si fidava minimamente di lui nonostante il suo racconto sembrasse
sincero.
Aveva detto di essere
scappato da Malfoy Manor per evitare di ricevere il Marchio Nero. Gli incantesimi rivelatori non avevano
trovato alcun segno sul suo braccio.
Aveva detto di essere
stato picchiato e torturato per questo. Aveva
graffi e lividi sul corpo, segni di frusta sulla schiena, era disidratato e
malnutrito.
Aveva fornito i ricordi
delle torture, e il trio aveva appurato che quelle
memorie non erano state alterate.
Harry però non riusciva a
fidarsi completamente di lui. Hermione non gli avrebbe ciecamente affidato la
sua vita, ma credeva nella buona fede del biondo. Sapeva che Bellatrix
Lestrange sarebbe stata perfettamente in grado di alzare la bacchetta sul
nipote, l’avrebbe anche ucciso se fosse stato necessario a compiacere il suo
Lord.
Ronald invece non
concedeva a Draco neanche quel minimo che Harry, pur non fidandosi, aveva riconosciuto.
Per questo i tre giovani maghi discussero animatamente: fidarsi o non fidarsi di Draco Malfoy?
Le argomentazioni dei due
ragazzi erano valide, ma quelle di Hermione lo erano di più e meglio
presentate. Erano da soli a Grimmauld Place dopo essere scappati dalla Tana.
Avevano avuto un brutto scontro con Mundungus
Fletcher riguardo i suoi furti nella casa di Sirius,
ora proprietà di Harry, e Draco aveva detto che era stato proprio lui a
parlargli di Grimmauld Place.
– Dammi la bacchetta.–
Il ragazzo alzò il viso
verso Hermione, che gli si era avvicinata con la mano tesa e le porse la
bacchetta senza protestare. Lei la infilò nella borsetta di perline incantata e
abbozzò un sorriso – Te la ridarò, tranquillo. Ora vieni con me, cercherò di
curarti.–
Annuì e seguì la riccia in
silenzio verso la piccola mansarda, ignorando gli sguardi di fuoco di Potter e
Weasley – Non è il massimo, ma per ora è tutto quello che abbiamo.–
C’erano un divano–letto,
una piccola scrivania e due sedie, niente di più, ma al momento poteva servire
al ragazzo per rimarginare le ferite subite da sua zia. Si sedettero sul divano–letto
ed Hermione preparò bende e pozioni. Quando Draco si tolse la maglietta,
strappata in più punti e sporca di sangue, sospirò di sorpresa.
Aveva visto solo qualche
segno sulla schiena e sulle braccia. Non aveva visto… tutto.
La pelle era rossa e
presentava già alcune macchie violacee. I segni delle frustate, sia sulla
schiena che sul torace, si confondevano con quelli di lame di varia misura. Non
riusciva a contare quanti fossero. Notò che varie ferite erano aperte e
sanguinavano parecchio, così si destò dallo stupore – e orrore – per quella
vista e iniziò a trafficare con il disinfettante.
Ne imbevve del cotone e
quando sfiorò la pelle arrossata della spalla sinistra il ragazzo emise un
gemito.
– Mi dispiace.– sussurrò
Hermione.
– Non sei stata tu.–
rispose Draco con voce sommessa – Non hai motivo di scusarti.–
La ragazza non disse più
niente. Disinfettò tutte le ferite con cura, applicò unguenti e pozioni con la
punta delle dita, avvolse torso e braccia con bende immacolate là dove vi erano
ferite più profonde. Ad ogni tocco Draco stringeva i denti o tratteneva il
fiato, a volte si era morso le labbra per non gemere di dolore.
Ci vollero tre ore per completate
il tutto. Tre ore in cui né Harry né Ron si erano fatti vedere. Lo Slytherin
non credeva certamente di poter andare subito a genio a Potter, ma apprezzò di
cuore l’aiuto di Hermione.
– Bevi questo.– gli disse
dopo aver finito di curarlo, porgendogli una tazza – E’ una pozione
antinfiammatoria.– spiegò – E ti aiuterà a dormire.–
Draco annuì e si portò la
tazza alle labbra. Hermione controllò che bevesse tutto e restò con lui finché
non si stese, immobile come una statua perché il minimo movimento gli procurava
dolore ovunque.
– Torno fra un paio d’ore.
Cerca di dormire un po’.–
Gli voltò le spalle e
scese le scale, intenzionata a trovare Harry e Ronald. Li trovò nella camera
che dividevano, entrambi scuri in volto.
– E’ messo male.– disse
entrando senza salutare – Non sono sicura che le mie pozioni siano sufficienti
ad evitare un’infezione.– si posizionò di fronte a loro con le braccia
incrociate – Non vi fidate neanche di me?–
– Sei troppo buona.–
rispose il rosso – Potrebbe essere una trappola.–
– Ma se è arrivato qui
mezzo morto!– esclamò lei – Un po’ esagerato, non trovi? E poi che trappola
dovrebbe essere? Credi davvero che lui da solo possa fare chissà cosa?–
Le argomentazioni di
Hermione erano sempre fondate, riconobbe, ma la credeva comunque troppo buona.
– Ti ricordo che sono
stata io ad incantare la pergamena dell’ES.–
– E’ vero, hai ragione.–
intervenne Potter – Ma non vorrei che ti pentissi di aver dato la tua fiducia a
Malfoy.–
– Non succederà.– disse risoluta lei, assolutamente convinta di ciò
che diceva.
Senza aggiungere altro
lasciò soli i suoi amici e si chiuse nella propria stanza, accanto alla loro. Sapeva
benissimo che fidarsi di Draco poteva essere pericoloso, ma il ragazzo aveva
portato delle prove inconfutabili della sua sincerità, senza contare lo stato
in cui versava: non c’erano oggettivamente
ragioni di non credergli, e quando mai un Gryffindor manca di aiutare qualcuno
nel momento del bisogno?
Il problema era un altro: la ricerca degli Horcrux.
Dovevano partire entro
pochi giorni per andare a recuperare il medaglione dal collo della Umbridge, ma Draco sarebbe stato in grado di andare con
loro? E soprattutto… quanto avrebbero
potuto raccontargli? Harry si sarebbe sicuramente opposto all’idea di
portarselo dietro, sia per sfiducia sia per le sue condizioni, in più non
avrebbe voluto dirgli nulla.
Hermione si muoveva nel
letto girandosi più volte, senza riuscire a riposare né a pensare. Le andava
bene non parlare con Draco della ricerca dei pezzi dell’anima di Voldemort, ma non potevano lasciarlo solo, dovevano
portarlo con loro.
E così fecero.
Non si era certo rimesso
perfettamente in salute nei tre giorni che passarono, ma stava abbastanza bene
da poter essere trasfigurato. Hermione lo fece diventare un piccolo criceto
bianco e lo tenne con sé dentro una piccola borsa ventilata.
La fuga dal Ministero era
stata difficile e si era portata dietro più di un problema: Ron si era spaccato
e la borsa con Draco era volata via. Hermione medicò immediatamente il braccio
dell’amico, piangendo e scusandosi all’infinito, e chiese ad Harry di
ritrasfigurare lo Slytherin, sperando che non si fosse fatto troppo male, o
peggio.
Ron non era messo
benissimo, Draco neanche. La riccia montò immediatamente la tenda magica che
aveva portato con sé mentre Harry proteggeva tutta la zona intorno a loro.
Continuava a pensare che Malfoy non fosse altro che un impiccio: non poteva
rendersi utile né ascoltare i loro discorsi, e di certo non gli avrebbe
affidato il medaglione.
Rientrò nella tenda e vide
i due ragazzi sdraiati, Hermione che cercava di medicare entrambi.
– Ron,– disse all’amico –
tutto ok?–
– Una meraviglia.– rispose
con voce affannata – Non mi sento più il braccio.–
– Potevi non averlo più
per davvero.– guardò poi l’ospite – Lui
come sta?–
– Meglio del previsto.–
sospirò Hermione mentre gli metteva una fasciatura nuova – Ma non abbastanza
per una nuova Smaterializzazione.–
Harry imprecò sottovoce –
Quanto ci fermiamo?–
– Una settimana.–
– E’ troppo. Tre giorni.– sentenziò il moro, ma la
ragazza non era affatto d’accordo con lui.
– Sei pazzo.– scosse la
testa – Se ci spostiamo fra tre giorni loro non potranno venire con noi.–
guardò minacciosa l’amico – Nessuno dei
due.–
Il ragazzo aprì la bocca
per ribattere ma rinunciò all’impresa. In fin dei conti era lei quella che si
prendeva cura dei due moribondi. Era la migliore con gli incantesimi e con la
mente più lucida e pratica. Non aveva speranze di spuntarla, così decise di
darle una mano a prendersi cura di Ronald e Draco.
I giorni passavano, e
passavano le settimane. Il Trio custodiva il medaglione a turno, senza prendere
in considerazione di affidarlo al biondo, e gli screzi non erano mancati.
Puntualmente dopo un po’ che uno di loro portava quel maledetto ciondolo
succedeva qualcosa per cui era necessario
litigare.
– Harry, mi dispiace.–
stava dicendo Hermione all’amico, seduti fuori dalla tenda – Sto facendo il
possibile.–
– Beh, il tuo possibile non è abbastanza!– esclamò lui alzando la voce.
La ragazza sussultò per
quell’attacco così forte e inaspettato, così gli si avvicinò e con un rapido
gesto della mano gli strappò il medaglione dal collo. Aspettò qualche secondo
prima di chiedere come si sentisse.
– Meglio.– rispose
visibilmente più calmo – Mi dispiace, non volevo prendermela con te.– aggiunse
subito dopo, colpevole.
Lei sorrise – Non importa.
L’altro giorno ho cercato di darti uno schiaffo, siamo pari.– gli scompigliò il
capelli e si allacciò l’Horcrux al collo – Teniamolo su un giorno a testa, di
più non va bene.–
Harry annuì. Non sapeva
cosa fare con quel dannato ciondolo. Le avevano provate tutte, ma niente aveva
funzionato, nessun incantesimo, maledizione o pozione da loro conosciuti erano
stati in grado di distruggerlo.
Le cose a livello di
relazioni continuavano a peggiorare. Draco non parlava molto, con Harry e Ron
ancora meno, rivolgeva tutte le sue poche attenzioni ad Hermione, e i due
ragazzi erano particolarmente infastiditi da questo comportamento. Ronald era
geloso, geloso marcio. Detestava vedere quanta confidenza si fosse preso il
biondastro con quella che lui già considerava la sua ragazza, temeva che volesse allontanarla da loro, da lui. E perché lei gli dava tanta
corda? Ormai si sentiva meglio, non aveva più bisogno delle sue attenzioni
quindi poteva benissimo evitare di parlare quasi sempre solo con lei.
Draco Malfoy non gli avrebbe soffiato la ragazza sotto
al naso.
– …Ron!– esclamò Hermione
nel bel mezzo di una furiosa litigata tra lui e il suo migliore amico.
– La radio mi dà conforto,–
stava dicendo il rosso – spero di non sentire mai il nome di mamma e papà, o di
Fred, o George, o Ginny… ma tu non puoi capire.–
– Non è vero che non
capisco,– rispose Potter, parecchio su di giri anche lui, stanco di quel
continuo spostarsi e di essere totalmente incapace con l’Horcrux – ma quella
dannata radio non ci aiuterà!–
– Io ho una famiglia là
fuori, i tuoi genitori sono morti!–
Ci fu un silenzio tombale
dopo quelle parole. Hermione trattenne il respiro e vide gli occhi di Harry
sbarrati per la sorpresa e la cattiveria che aveva sentito nel tono di voce di
Ronald. Draco era rimasto in silenzio durante quel litigio nato senza motivo e
sì, anche lui pensava che l’uscita del rosso fosse stata davvero pessima.
– Se non ti sta bene, sei
libero di andartene.– sussurrò il Bambino Sopravvissuto con voce bassa e carica
di dolore, priva di tutta la rabbia che vi era stata fino a pochi istanti
prima.
– Bene. Vado.– prese il
suo zaino e se lo mise in spalla, passò velocemente lo sguardo su Malfoy e lo
fermò su Hermione – Tu che fai, vieni o resti?–
– Io…– colta di sorpresa,
la ragazza non sapeva cosa dire – Io non…– guardò Ron, poi Harry, in cerca di
una risposta che non aveva né voleva dare.
Voleva bene a Ron, così
come ne voleva ad Harry e non concepiva l’idea di dover scegliere se lasciare uno
solo o lasciar andare via l’altro. La ricerca degli Horcrux era di massima
importanza, ma anche restare uniti lo era.
– Ho capito.– il rosso
tagliò corto e girò loro le spalle.
– No… no, Ron!– esclamò
lei correndogli dietro – Ron, aspetta! Ti prego, Ron, non andare!–
Piangeva senza
accorgersene, e quando sentì il crack
della Smaterializzazione ne sentì uno identico dentro di sé. Non poteva
scegliere tra le due persone più importanti della sua vita, non poteva né
avrebbe mai potuto farlo.
Tornò alla tenda con il
volto basso e le guance rigate di lacrime tristi. Non guardò né Harry né Draco,
andò direttamente a stendersi, e lì dov’era rimase fino al mattino successivo.
Potter disse a Malfoy di andare a dormire, ma il biondo si oppose.
– Faccio io la guardia. Tu
pensa a lei.– mosse il capo in direzione della ragazza.
– Non hai la bacchetta.–
precisò Harry, e quando il biondo fece spallucce decise che comunque non gli
avrebbe mai dato una bacchetta in mano, per nessun motivo, neanche per rispetto
della fiducia che Hermione mostrava nei suoi confronti né nel buon
comportamento che lui aveva effettivamente avuto in quel periodo.
– Tieni.– gli porse la
coperta – Fa freddo fuori.–
Draco annuì, prese la
coperta e si sedette fuori dalla tenda, lasciando che Potter si prendesse cura
dell’amica.
Andarono avanti così per
una ventina di giorni, continuando a spostarsi e ad ascoltare la radio. Harry
ed Hermione non avevano più parlato di Ron e continuavano a scambiarsi la
custodia del medaglione senza farsi vedere da Malfoy. C’era sempre troppo
silenzio ora all’interno della tenda magica.
Fino ad una notte.
Harry stava facendo la
guardia, Draco ed Hermione dormivano. Una luce attirò l’attenzione del ragazzo,
che si alzò per seguirla: era una cerva. Un patronus
a forma di cerva. Non ricordava di averlo mai visto, chi poteva avere un patronus con quella forma, tra le persone che conosceva?
Seguì quella luce fatata e
si ritrovò ad un piccolo stagno ghiacciato, all’interno del quale c’era la
spada di Gordic Gryffindor. Recuperare la spada non
fu facile per lui, tra l’acqua gelida dello stagno e il medaglione che
all’improvviso gli si era attorcigliato intorno al collo, riuscendo quasi
nell’impresa di ucciderlo.
Qualcuno però recuperò sia
lui che la spada.
– R–Ron…– balbettò
infreddolito, afferrando i suoi vestiti per coprirsi il prima possibile.
– Che diavolo stavi
facendo, un bagno notturno?– chiese stupito il rosso – E questa…– alzò la mano
che stringeva l’elsa –…cosa ci faceva lì sotto?–
L’altro scosse la testa,
si sfregò le braccia per ritrovare un po’ di calore e, tornando alla tenda,
scoprì che la cerva non era il patronus di Ron. In
effetti il suo era diverso, al momento non ci aveva pensato, ma qualcuno doveva
pur averlo indirizzato verso la spada in qualche modo.
La distruzione dell’Horcrux
non fu facile, soprattutto perché il pezzo di anima di Voldemort
mostrò a Ron la ragazza che amava tra le braccia del suo migliore amico prima,
e di Malfoy dopo.
Hermione si destò a causa
dell’insolito chiacchiericcio e corse fuori, seguita poco dopo da un assonnato
Draco Malfoy. Vide Ron e non seppe cosa provare. Rabbia, gioia, offesa,
felicità.
– Ehi.– il rosso se ne
uscì con la cosa più stupida che potesse dire.
– Ehi?– ripeté lei, incredula – Ehi?!–
Ebbe l’impulso di
prenderlo a schiaffi per settimane intere ma non riuscì a dire altro. Successe
tutto troppo velocemente.
– Voldemort.–
In un attimo una decina di
figure ammantate di nero li circondarono, puntando loro le bacchette alla gola.
Mangiamorte, Mangiamorte ovunque! Draco non aveva una bacchetta e non poté
neanche tentare di difendersi quando due uomini lo immobilizzarono. Gli altri
tre vennero disarmati in poco tempo, e qualche secondo dopo si ritrovarono con
il viso premuto su un freddo pavimento che non conoscevano.
Cos’era successo?
– Chi sono?– tuonò una
voce di donna.
– Lady Malfoy,– disse uno
dei Mangiamorte avvicinandosi alla donna – abbiamo qualcosa che credo vi farà
piacere vedere.–
Draco venne trascinato di
fronte a sua madre. Si guardarono a lungo in silenzio, senza distogliere lo
sguardo né dire una parola o accennare un movimento. Gli occhi azzurri della
donna si spostarono poi sugli altri ragazzi. Riconobbe il figlio di Arthur
Weasley, la sua amica nata–babbana e… un ragazzo che
non aveva mai visto, con il volto deformato.
Si avvicinò a lui e venne
raggiunta presto da sua sorella Bellatrix.
– Oh, che bell’incantesimo
vedo qui.– sussurrò la Lestrange con voce compiaciuta, poi chiese di avere la
bacchetta di Hermione e verificò che l’ultimo incantesimo usato era servito per
modificare l’aspetto del viso di qualcuno.
Harry Potter.
– Se lo chiamiamo e non è
lui– intervenne Lucius Malfoy, rimasto indietro a guardare quello che stava
succedendo in casa sua – non sarà piacevole.–
– Oh, ma noi sappiamo a
chi chiedere.– Bellatrix si voltò e i suoi occhi scuri lampeggiarono di follia –
Draco, vieni qui.–
Spinse il nipote davanti
al misterioso ragazzo – Guardalo. Dimmi chi è. Tu lo sai.–
Harry sperò che Malfoy
trovasse lo stesso coraggio che aveva usato per scappare anche lì, per negare che
lui fosse davvero il Prescelto e aiutarli a sconfiggere Voldemort.
Gli occhi del biondo
brillarono e gli angoli della bocca si piegarono in un ghigno. Era cattiveria
quella che gli si leggeva in volto.
– Certamente lo so.– disse
guardando sua zia – E’ Harry Potter. Hermione Granger gli ha lanciato un
incantesimo per deformargli il viso e nascondere la cicatrice.–
I tre ragazzi rimasero a
bocca aperta. Perché stava raccontando tutto? Perché li stava tradendo in quel
modo, dopo aver chiesto aiuto e viaggiato con loro per tutto quel tempo? Perché…
– Sei stato bravo, tesoro.–
Narcissa allargò le braccia e strinse forte suo figlio – Deve essere stata dura
per te.–
– Meno del previsto, in
realtà.–
Ronald proruppe in insulti
– Bastardo! Traditore!– gridò verso di lui – Sei uno schifoso figlio di
puttana, ci hai ingannati!–
Ricevette un pugno in
pieno viso per quelle parole, ma non perse il fuoco che gli ardeva negli occhi.
Harry lo guardava e gli sembrava di vedere una persona completamente diversa da
quella che aveva conosciuto nelle settimane precedenti, che aveva vissuto con loro dentro una tenda
magica.
– Era tutta una bugia.–
sussurrò poco dopo – Tutto costruito.–
Draco si voltò verso di
lui, un ghigno trionfante in viso – Sono stato bravo, vero?– rise sommessamente
– Un ottimo attore.–
– Già.– riconobbe l’altro –
Ci hai presi in giro per farci arrivare fin qui.–
– Le ferite…– disse la
debole voce di Hermione, la più sconvolta per quella scoperta – …le tue ferite
però erano vere.–
Aveva gli occhi umidi e si
sentiva così stupida… ma non aveva
sbagliato. Era stata coerente con se stessa, aveva creduto alle sue parole,
al suo racconto, alle prove che aveva portato. Aveva visto i ricordi di
Bellatrix che lo torturava, aveva visto il sangue macchiare le bende.
– Certo che erano vere.–
rispose lui con arroganza – Dovevano esserlo per rendere più credibile la mia
storia.–
La ragazza scosse la
testa, incredula – Non è possibile.– disse – Perché avresti accettato tutto
questo?–
– Perché, dici?– le si
avvicinò e le sorrise con cattiveria – Perché io voglio essere un Mangiamorte, Granger.– disse – Riceverò il mio
Marchio Nero tra poco, a missione compiuta. Non è stato facile, ma sapevo che
tu mi avresti creduto.–
– Perché sono stupida?–
– No, non sei stupida. Sei
solo troppo buona, e le mie prove
erano inattaccabili.–
Il biondo fece segno al
Mangiamorte che teneva ferma la ragazza e gliela spinse tra le braccia – Vieni
con me.–
– Che cosa vuoi fare?!–
esclamò Ron – Lasciala subito!–
– Malfoy, lasciala!– lo
seguì subito dopo Harry, il cui viso stava tornando al suo aspetto originale –
Avete me, lei non vi serve!–
Draco strinse con forza le
spalle della ragazza, a cui erano state legate le mani – La mia missione non è ancora finita.–
Ignorò le proteste e gli
insulti dei due Gryffindor e sparì con Hermione oltre una porta che conduceva
ad un’altra stanza. Era fiocamente illuminata e non c’erano mobili, non c’era
niente di niente, era una semplice stanza vuota con un lampadario di candele al
centro. Sapeva cosa sarebbe successo.
– Allora è così.– disse
dopo essere stata spinta dentro e aver sentito la porta chiudersi a chiave –
Era tutta una messinscena per avere il Marchio Nero.–
– Era la mia missione di
prova. Avendo fallito con Silente dovevo recuperare in qualche modo.– rispose
il biondo accarezzando la propria bacchetta – Avrei accettato qualunque cosa il
mio signore mi avesse ordinato di
fare.–
Era nauseata da quelle
parole e quel modo di fare. Non riconosceva in lui il ragazzo silenzioso che
aveva chiesto loro aiuto e raccontato di essere scappato dalle torture della
sua stessa famiglia. Era completamente diverso.
Invece non gli era mai
importato nulla di loro. Non era stato invidioso del loro legame di amicizia
perché non gli interessava avere degli amici con cui ridere o a cui tagliare i
capelli. Non si era affezionato né
aveva riconosciuto particolari meriti al trio.
L’unica persona degna di
nota, ma già lo sapeva, era la Mezzosangue, la cui mente era sempre stata
brillante in ogni occasione. Ma la ragazza non gli aveva trasmesso altro. Allo
stesso modo Weasley gli era risultato ancora più odioso e non era riuscito,
neanche provandoci, a capire lo stato d’animo di Potter.
Semplicemente non gli
interessava.
– Sei stato bravo a non
tradirti.–
Sorrise – Grazie. Anch’io
sono compiaciuto del mio risultato.–
Hermione aveva gli occhi
lucidi ma si costrinse a non piangere. Non voleva piangere davanti a lui, ma
sentiva che le mani, legate dietro la schiena, iniziavano a tremare, così come
le gambe. Mancava poco ormai, lo sapeva, lo
sentiva.
Si chiese a cosa fosse
servito tutto quello che aveva passato, tutti i pericoli scampati per un pelo,
i rischi che aveva affrontato per restare accanto ad Harry e aiutarlo,
proteggerlo e combattere insieme a lui.
Aveva rinunciato a tutto
dedicando la sua vita ad un bene superiore, alla pace, alla fine delle
ingiustizie e del razzismo infondato, delle torture e dei seguaci di un folle
assassino che non aveva più un briciolo di umanità.
A cosa era servito sacrificare se stessa?
No, si disse, non era colpa
di nessuno, tanto meno di Harry. Lei aveva scelto di camminare al suo fianco
per quella strada tortuosa che il destino gli aveva assegnato. Era stata una
sua scelta e non se ne sarebbe mai pentita. Anzi, si sentiva in colpa per non
poter essere più d’aiuto all’amico.
– Harry…– sussurrò a fior
di labbra. Non avrebbe mai saputo come sarebbe finita.
Draco Malfoy non ebbe
esitazioni. Alzò la bacchetta sulla ragazza e gliela puntò dritta al petto.
Lei alzò lo sguardo su di
lui e liberò una lacrima che le accarezzò il viso, gentile e delicata, come
un’ultima e unica compagna di quel viaggio senza ritorno.
– Avada Kedavra.–