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Autore: Evazick    31/07/2011    9 recensioni
(I di III)
"Pioggia.
Una buona storia inizia sempre dalla pioggia.
Perché la pioggia non è capace di mentire, non è nella sua natura. Quando le gocce iniziano a cadere è capace solamente di raccontare la pura e inaccettabile verità e di ricordarti quanto miserabile e infelice sia la tua vita.
Tuttavia è anche una buona narratrice di storie.
Ne ha viste così tante, ha ascoltato i sospiri di migliaia di amanti, le urla strazianti delle vittime e le grida di piacere dei loro carnefici, i gemiti di bambini e i passi sulle strade acciottolate di migliaia di città.
La pioggia è incapace di mentire, è troppo antica per poterlo fare.
Può solamente raccontare quello che ha visto."
Una ragazza sfuggita al massacro della sua famiglia.
Un ragazzo a capo di una Ribellione.
Un tiranno.
Un potere da scoprire dentro di sè.
Dopo anni di buio, la città di Camden riuscirà a vedere la sua Luce?
Genere: Azione, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Le Cronache di Camden'
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Salve a tutte! :D
Questa storia è la prima di un progetto che spero di poter riuscire a portare a termine, anche se un pò ambizioso: una trilogia fantasy completamente originale. Dopo quasi un anno passato esclusivamente nel bandom dei My Chemical Romance, è un pò difficile passare a una nuova sezione dove sono completamente nuova, ma mi piacciono le sfide.
Il mio volere (spero realizzabile ç___ç) sarebbe quello di aggiornare ogni due giorni, ma visto che sono molto indietro con i capitoli e che in questi giorno sono piena di impegni spero di portare avanti il mio impegno più che posso. E le recensioni aiuterebbero, leggerle mi sprona a continuare a scrivere :D
Bè, che dirvi? Le mie vecchie lettrici sono le bentornate, mentre le nuove sono le benvenute in questa scassata ciurma!

I. Pioggia.

Frantically searching for someone to hear
 That story be more than it hides 
 (Evanescence – Listen To The Rain)


Pioggia.

Una buona storia inizia sempre dalla pioggia.
Perché la pioggia non è capace di mentire, non è nella sua natura. Quando le gocce iniziano a cadere è capace solamente di raccontare la pura e inaccettabile verità e di ricordarti quanto miserabile e infelice sia la tua vita.
Tuttavia è anche una buona narratrice di storie.
Ne ha viste così tante, ha ascoltato i sospiri di migliaia di amanti, le urla strazianti delle vittime e le grida di piacere dei loro carnefici, i gemiti di bambini e i passi sulle strade acciottolate di migliaia di città.
La pioggia è incapace di mentire, è troppo antica per poterlo fare.
Può solamente raccontare quello che ha visto.

Pioveva, quella notte. Le strade erano vuote, in giro non c’era nemmeno un carro o qualche persona colta di sorpresa dall’acquazzone, e le pietre grigie che formavano il lastricato erano diventate nere e scivolose, e al tempo stesso luccicanti come diamanti neri. Tutte le finestre erano state chiuse, le porte sbarrate e gli animali e i bambini messi al sicuro. Tuttavia, per le strade di Camden c’era ancora qualcuno.
I suoi passi risuonavano con un’eco pesante sulle pietre delle strade e il suo mantello nero era intriso d’acqua, ma lei andava ancora avanti, per niente spaventata da quelle poche gocce che cadevano dal cielo. Aveva una missione da compiere, e non si sarebbe fermata nemmeno se i guerrieri di An le avessero sbarrato la strada con le spade sguainate: avrebbe semplicemente combattuto, ucciso il maggior numero di nemici possibile e poi avrebbe continuato per la sua strada, incurante del sangue che si sarebbe mescolato alla pioggia sul selciato.
Svoltò l’ennesimo angolo e si ritrovò davanti al mercato, un edificio costruito un paio di secoli prima che ogni giorno, nel suo cortile, ospitava il mercato dei contadini che arrivavano dalla campagna e dei mercanti che provenivano dalle regioni più lontane. Ma di notte, un paio d’ore dopo il tramonto, in quello stesso luogo si svolgeva tutt’altro tipo di mercato, con creature e certe vendite che avrebbero fatto impallidire anche il più coraggioso degli abitanti di Camden. Certo, se solo loro avessero sospettato dell’esistenza del Mercato Notturno.
La figura sotto il mantello si avvicinò all’arco d’accesso: sotto, al riparo dal diluvio, una guardia con tanto di armatura stava seduta a un tavolo di legno e presidiava l’ingresso. Non appena sentì dei passi che si avvicinavano, alzò la testa dal foglio su cui stava scrivendo e aspettò che la figura si trovasse al coperto sotto l’arco di pietra prima di chiederle: “Sì?"
“Ho bisogno di entrare.”
La guardia rise. “Bè, allora devi aspettare un bel po’. Il sole sorgerà tra parecchie ore, e con questo tempaccio è più probabile che io diventi un guerriero di An che il mercato venga fatto.”
La figura appoggiò le mani sul tavolo di legno e avvicinò la testa incappucciata al volto della guardia. “Devo entrare al Mercato Notturno.”
Come risposta ricevette uno sguardo confuso e poi un’altra risata. “Che favole ti leggevano da piccolo, ragazzino?” chiese l’uomo mentre smetteva di ridere. “Il Mercato Notturno è solamente una favola per tenere a bada i mocciosetti attaccati ancora alle gonne della mamma.” Squadrò l’altro. “Non sei un po’ cresciutello per credere alle favole?”
“Le favole contengono sempre un fondo di verità, no?” fu la replica. “Nessuno mi dice che in questo posto non si svolga veramente il Mercato e che tu non sia il Guardiano che protegge il suo segreto."
La guardia lasciò cadere la penna che aveva in mano, si mise comodo e puntò lo sguardo dentro il cappuccio del mantello, cercando il punto in cui avrebbero dovuto trovarsi gli occhi. “Supponiamo che tu abbia ragione.”
“Supponiamo.”
“Esatto.” Fece una pausa. “Se io fossi il Guardiano, di sicuro non andrei a sventolare il mio segreto al primo tizio che mi passa davanti. Vorrei sapere come conosce il Mercato Notturno, cos’ha intenzione di fare una volta entrato e quanto avrebbe intenzione di pagarmi.”
“Pensavo che l’ingresso fosse gratuito come il mercato normale,” replicò la figura, stupefatta.
La guardia sorrise, mostrando due o tre denti d’oro. “Bè, anch’io dovrò guadagnare qualcosa dal mio lavoro, no?” Prese di nuovo la penna, la intinse nel calamaio e appoggiò la punta sul foglio. “Allora, come conosci il Mercato?”
“L’hai detto tu stesso. Favole, racconti, leggende. Hanno sempre un fondo di verità, perché non venire a dare un’occhiata?”
Il Guardiano scribacchiò qualcosa. “E la tua intenzione sarebbe…?”
“Contattare la Ribellione.”
Questa volta la risata fu più forte di tutte le altre. “Mi piaci, mi piaci, ragazzo, come comico avresti talento!” ululò l’uomo. Si riprese e continuò, più serio: “Davvero credi che dentro il Mercato Notturno, una delle leggende viventi di Camden, un luogo sacro e magico dove si incontrano le creature più potenti di tutte le regioni qui intorno, ci sia la sede dei ribelli che vogliono spodestare re Tean?” Scosse la testa. “Quanto vino ti sei bevuto prima di venire qui, ragazzo?”
La figura non replicò. Si infilò una mano nel mantello e lanciò un sacchettino di pelle sul tavolo: la corda che lo teneva legato si aprì, facendo uscire fuori un paio di monete d’oro. “Pensi che ti basteranno come compenso?”
Il Guardiano sorrise. “Altroché!” Richiuse il sacchetto con cura, se lo infilò all’interno dell’armatura e poi toccò il muro alla sua destra: quasi immediatamente i mattoni iniziarono a tremare e la figura per un attimo pensò che sarebbero crollati, ma questi iniziarono a spostarsi molto lentamente, a sparire gli uni sotto gli altri finchè nel muro non si formò una breccia grande abbastanza per far passare una persona soltanto. Davanti, alla luce delle torce appese sulle pareti di un cunicolo, una scala scendeva giù, sempre più in basso, quasi nelle profondità della terra.
La figura fece esitante il primo passo e attraversò il varco tra i mattoni, poggiando il piede sul primo scalino e iniziando poi a scendere lentamente. Il Guardiano sorrise di nuovo, non senza un pizzico di ironia. “Buona fortuna, ragazzo, e che tu possa trovare quello che cerchi in mezzo a quella bolgia!”
Detto questo, il varco sparì così come si era aperto.

Gli scalini erano troppi, la scala lunga, il calore che proveniva dalle torce soffocante, il buio che circondava il resto spietato, il tempo che stava impiegando per scendere infinito. La figura si levò per un momento il cappuccio per respirare meglio, e per un attimo i capelli le risplendettero alla luce delle torce; ma, non appena si accorse che il chiacchiericcio e i rumori del Mercato si stavano facendo mano a mano più vicini, si nascose il volto di nuovo in tutta fretta. Svoltato l’ennesimo angolo la scala si interruppe, lasciando che la bellezza e gli orrori del Mercato Notturno si manifestassero alla giovane persona sotto il mantello.
Rimase per un momento a bocca aperta: erano anni che non entrava là sotto, ma niente era cambiato. Tutto era sempre uguale a come se lo ricordava, ma aveva dimenticato il rumore delle voci e i profumi speziati che avvolgevano l’aria.
La cavità naturale (o più probabilmente magica) in cui si svolgeva il Mercato era immensa, così grande che avrebbe potuto contenere l’intero palazzo del re Tean, se non qualcosa di più. Eppure ogni metro quadro libero era occupato da bancarelle, tende, carri e miriadi di altri oggetti che era impossibile non chiedersi come avessero fatto a entrare da un accesso così minuscolo e da una scala così stretta. I corridoi tra i vari banchi erano fitti di persone e creature di ogni luogo e genere, e persino l’aria era trafficata da fate, spiritelli e uccelli di strane forme che sbattevano frenetici le ali per finire i loro compiti prima che la notte lasciasse il posto all’alba, momento in cui tutta quella baraonda di gente sarebbe sparita nel nulla per poi ricomparire la notte successiva nello stesso luogo.
La figura si riscosse dallo stupore in cui era caduta, fece un respiro profondo, si fece forza e si addentrò in mezzo alla confusione. I clienti del Mercato la spintonavano da ogni parte e le era difficile camminare in linea retta, verso il fondo della sala, ma continuò a tirare dritto sulla sua strada senza considerare i diversi venditori che cercavano di attirare la sua attenzione. Un uomo dalla pelle bluastra e vestito solamente di una tunica verde le sventolò davanti una gabbia per uccelli vuota mentre strepitava qualcosa in una lingua sconosciuta; un elfo dai lunghi capelli biondi e bianchi si offrì di accompagnarla nella sua terra per farne la sua principessa; una strana creatura dalle orecchie di volpe le gridò qualcosa da dietro la sua bancarella e fece un passo in avanti per raggiungerla, ma l’anello di ferro attorno al suo collo e la catena attaccata ad esso la riportarono bruscamente al suo posto; niente, la figura continuò a tirare dritto davanti a sé senza sentire (o almeno, fingendo di non farlo) le grida che la chiamavano, i ruggiti degli animali e delle creature imprigionate, i gemiti dei bambini…
Almeno, lo fece finchè una mano non le prese il braccio.
Si voltò bruscamente per vedere chi stesse intralciando il suo cammino, e vide solamente una vecchia che la stava trattenendo: vestita di panni e stracci vecchi, polverosi e neri di carbone, un fazzoletto in testa a coprirle i capelli bianchi, e due occhi dorati che le risplendevano nel volto ormai scuro e pieno di rughe. Cercò di liberarsi dalla stretta, ma l’altra la teneva stretta e con un sorriso stampato in volto le chiese: “Vuoi che ti legga il futuro?”
“Non ne ho il tempo ora, vattene!” Diede uno strattone, ma il suo braccio era intrappolato dentro quella mano piccola ma con una morsa di ferro. Lasciò perdere e poi fece un cenno che poteva essere considerato un sì: il volto della vecchia si illuminò e la sua morsa si spostò dal braccio alla mano bianca della figura. La aprì e con un dito seguì le varie linee tracciate sul palmo, borbottando qualcosa tra sé e sé, poi si rivolse alla persona sotto il mantello. “Stai cercando qualcosa, vero?”
Annuì, annoiata. Ma la sua espressione cambiò repentinamente in scioccata e preoccupata quando la veggente continuò: “Troverai quel che cerchi, credimi. Non è molto lontano da qui, ci sei quasi. Porterai a termine quello che vuoi distruggere, ma sarai tu stessa a farlo rinascere. L’oscurità calerà su di te e sul tuo passato, e perderai ogni cosa per assecondare ciò che è dentro di te. Ma una sola cosa non tornerà indietro, e un’altra prenderà il suo posto, se saprai accettarla.”
La figura ansimò, con le lacrime negli occhi nascosti sotto il cappuccio. “C’è altro?” chiese con la voce vicina a spezzarsi.
La vecchia sorrise. “L’altra parte della tua anima ti sta aspettando. Vai a cercarla, ha bisogno di te per uscire allo scoperto.” Con questo, lasciò andare la mano pallida che stringeva fino a pochi secondi prima e si voltò, andandosene. L’altra la richiamò. “Aspetta! Devo chiederti un’altra cosa!"
Ma fu tutto inutile, se n’era già andata tra la folla del Mercato Notturno.
Rimase per un momento ferma, immobile, incapace di muovere di nuovo un solo passo, sconvolta dal suo futuro. Pensò all’ultimo mese, a tutto quello che era successo in una sola notte senza stelle: e allora fu ancora più sicura della sua decisione, ritrovò la fiducia in sé stessa e si incamminò di nuovo tra le bancarelle.
Arrivata in fondo alla sala, riconobbe subito il posto: era rimasto impigliato nella sua rete di ricordi insieme alla mano forte del padre che stringeva la sua, piccola e innocente, non ancora macchiata di sangue. Davanti alla porta di legno scuro c’erano un paio di guardie, entrambe grandi e monumentali nello stesso modo. Si avvicinò a una delle due: l’uomo con i lunghi capelli blu scuro e i muscoli ben gonfiati la scrutò dall’alto in basso, come se non sapesse se schiacciare quel moscerino mantellato oppure no. La figura si fece coraggio, si schiarì la voce e aprì bocca per parlare, ma l’altro la fermò. “Che vuoi?”
“Voglio parlare col capo della Ribellione.”
Entrambe gli omoni, esattamente come il Guardiano, risero. “Ehi, hai sentito il moscerino, Owen?” disse l’altra guardia, pelata e con gli occhi rossi, a quella a cui si era rivolta la figura.
“Ho sentito, ho sentito,” fu la risposta. Owen – perché questo era il suo nome -  si chinò verso il mantello e disse: “E cosa vorresti, di grazia, da lui?”
“Dirgli che mi unisco alla Ribellione. Che rinuncio a tutto quello che ho per intraprendere questa guerra.”
Si lasciò scappare una risata. “Bè, le tue intenzioni saranno anche buone, ma… Dio, non hai proprio il fisico per essere un ribelle!” Prese un braccio della figura e lo alzò, guardando la sua magrezza e la totale assenza di muscoli, poi lo lasciò andare con un ghigno. “E le persone con i mantelli non mi sono mai piaciute. Ti dispiacerebbe levartelo per farmi vedere il tuo bel faccino?”
La figura si lasciò scappare un sorriso malefico sotto il cappuccio. “Certo,” replicò gentile. Con una velocità incredibile allargò le falde del mantello, mostrando il loro contenuto alle guardie stupefatte: cucita alla stoffa c’era un’intera armeria. Spade, pugnali, frecce avvelenate, il tutto accompagnato da un paio di fialette di veleno e da una balestra. C’era da chiedersi come facesse una persona così mingherlina a portarsi dietro tutto quell’arsenale. L’altra guardia – quella pelata – si lasciò sfuggire una risata. “Divertente. Almeno sai usarle?”
Non si accorse nemmeno che aveva pronunciato le ultime tre parole con un pugnale conficcato in fronte.
Barcollò per un attimo e poi si accasciò a terra, morto. Il pugnale rimase conficcato nella sua fronte, e dalla ferita iniziò a scorrere un fiume di sangue. La figura si voltò verso Owen, scioccato nel vedere il compagno morto e disse, con una punta di ironia: “Adesso sono degna di incontrare il tuo capo?”
Lui la guardò per un momento e sospirò, poi aprì la porta alle sue spalle. Dio solo sa i guai che mi causerà questo tizio.
  
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