Il giorno dopo, una notte insonne alle spalle, Kaori uscì da casa con un vago senso di oppressione alla bocca dello stomaco. Quasi con timore superò la soglia dell’aula dove quel giorno doveva seguire la lezione. Paula era già là, in fondo all’aula, seduta in ultima fila come al solito. Come al solito indossava un’ampia gonna e un maglione a collo alto e a maniche lunghe molto largo.
- Sembra tutto normale. Forse quello che ho visto ieri era solo un brutto incubo… - sperò la ragazza appoggiando la borsa su una delle prime file.
Quasi titubante si avvicinò a Paula, incerta se rivolgerle la parola o meno. L’americana la stava squadrando divertita, uno strano brillio negli occhi. Kaori si accorse che i suoi capelli erano raccolti a coda di cavallo, e che il trucco era molto più visibile, esaltando la bellezza del viso di lei.
- Allora, Kaori, come mai oggi sei così silenziosa. Ho forse i capelli viola come qualcuno che conosciamo? - chiese sorridendo.
- Non sei divertente, Paula. - rispose secca l’altra.
- Siamo amiche, molto più di quanto immagini. Chiamami pure Pv, è più corto. - Rise Paula alzandosi dal posto dove era seduta. - Ti piacciono le mie scarpe? Ero stufa dei tacchi bassi.
Kaori vide che indossava un paio di lucide scarpe nere con un alto tacco a spillo. Alzando leggermente la gonna per mostrarglieli, scoprì anche parte delle gambe, che risultarono inguainate in una sottile e aderentissima plastica nera, tanto da far sembrare le calzature e le gambe un corpo unico. Kaori quasi sveniva.
- Ma sei impazzita?! - Urlò strozzando la voce lei. - Come ti sei conciata?
- Tranquilla, non le vedrà nessuno. E se ti scaldi tanto per un paio di collant, cosa faresti se ti dicessi che sotto il maglione ho un bellissimo tubino di PVC verde che è una meraviglia. Dovresti provarlo anche tu. Tiene un bel tepore…
- Per tutti i demoni, cosa mai ho fatto? - chiese al cielo l’altra, spaventata e afflitta.
- Hai creato qualcosa di bello… Cioè me! - rise Paula, additandosi.
Kaori singhiozzò sconsolata e tornò alle prime file.
- Perché a me? - Continuava a chiedersi sottovoce. - Perché a me?