Luminescenza
Respirando con pigrizia, era infastidito dal non sapere in che direzione spingersi avanti, nel buio. Non c'era nemmeno qualcosa che differenziasse una direzione dall'altra e questo, più che infastidirlo, lo intristiva.
Nell'abisso indistinto nel quale si trovava, la sua coscienza bramava un contatto, un'esistenza al di fuori di se stessa, con cui poter verificare di esistere veramente. Decise di smettere di nuotare. Era stufo di muovere le pinne senza altro risultato che sentire l'acqua scorrergli attorno. Magari qualcuno sarebbe venuto dal lui. In fondo bastava aspettare; sarebbe stato felicissimo di ricevere una visita. Iniziava a stufarsi, sentendo soltanto il rumore dei propri pensieri nell'oscurità. Accese la luce che aveva sul corpo per facilitare l'arrivo di eventuali ospiti. Fremette all'idea di incontrare qualcuno. Tuttavia, dopo tanto tempo che iniziava a stancarsi di tenere la luce accesa, nessuno era ancora arrivato. Stava per spegnere e proseguire la sua inutile marcia quando avvertì una presenza poco al di fuori del raggio della sua luce. Sentì tornargli l'eccitazione tutta di colpo: finalmente non era più solo. Mosse il lume per invitare la presenza ad avvicinarsi. L'altro sembrò esitare, finché comparve un filamento tentacoloso luminescente che fece amicizia col lume. Si sentì esplodere di gioia al pensiero che stesse avendo un contatto con un estraneo. Il fatto che fosse ancora un estraneo, tuttavia, frenava la sua contentezza. Decise che doveva farselo amico. Ma come? Gli sembrava che avesse del miracoloso già soltanto quel filamento di luce che gli si era palesato. Riuscire ad andare oltre gli pareva impossibile. L'idea di un'amicizia era così complessa e vasta che solo il pensiero gli faceva tremare le branchie. Eppure, contro le sue aspettative, fu l'altra presenza a fare un passo avanti: comparve infatti un altro filamento. Lui si mostrò così compiaciuto che convinse la presenza a far palesare, in mezzo ai due fili di luce, anche la sua piccola, occhiuta testa. Fu l'apogeo: si avvicinarono e intrapresero quello che poteva essere un balletto se non che, disgraziatamente per la presenza occhiuta, lui si ricordò di avere fame. Capì quindi cos'era la l'impazienza che lo aveva posseduto fin lì e, prima che potesse rendersene conto, aveva spalancato le fauci e divorato il nuovo amico. Fu un duro colpo per lui. Più triste e sconsolato di prima, ma con la pancia piena, si avviò diritto nel buio. Nuotava con ostinazione, imbronciato con se stesso per ciò che aveva fatto. Come aveva potuto? Mangiare i nuovi amici di certo non lo avrebbe tolto dalla solitudine. Eppure era scattato di colpo, senza che potesse impedirselo, quindi forse, sotto sotto, non era proprio colpa sua. Mentre era ancora ingolfato in questi pensieri, vide con sorpresa una luce lontana. Non era sicuro di averla vista, perché era sparita subito. Ne ebbe la conferma quando ne vide un'altra, e poi altre due e poi molte altre. Era circondato da luci lampeggianti e , nell'eccitamento generale, pensò che tra di loro qualcuno avrebbe potuto essere suo amico, magari più di uno, magari tutti! Si eccitò a tal punto che la luce gli si accese senza volerlo con una tale intensità da rivelare quasi interamente il suo corpo. Alle fonti di quelle luci intermittenti apparve un corpo tozzo, che veniva incoerentemente mosso da due pinne minuscole e guidato da due occhietti piccoli piccoli. Ma, cosa ben più importante, egli rivelò i suoi denti mostruosamente grandi e aguzzi. Le luci lampeggianti si spaventarono a morte, tanto che lui non li vide né avvertì più. Si sentì mortificato e bistrattato ingiustamente. Poi un pensiero lo sfiorò, calmandolo un pochino. Dopotutto, non potevano certo sapere che lui era sazio. Così, ancora più triste e sconsolato, riprese la sua marcia nel buio. Cominciava a rassegnarsi alla sua solitudine. Non ne capiva il motivo, ma gli sembrava che il fatto di non avere nessuno all'infuori di se stesso con cui condividere l'oscurità potesse, per minima parte, essere colpa sua. Si stava adagiando in questa triste conclusione quando vide una sagoma luminosa attenderlo poco più avanti. Dimenticò subito il suo sconforto e si gettò a capofitto in quell'ennesimo tentativo. Accese la sua luce – con la dovuta attenzione – e si preparò ad interagire con la presenza. Sembrava che fosse amichevole quanto lui. Forse anche lei era sola come lui, pensò, forse stava cercando un amico come lui. In più, era tremendamente affascinato dalla sagoma della presenza, interamente ricoperta di luce.
Come apprese poco più tardi, quello era in realtà un lume come il suo, solo molto più grande, e le proporzioni col corpo del proprietario erano mantenute. Infatti, sfortunatamente per lui, la presenza si ricordò di avere fame e smise di giocherellare con l'esca, spalancò le fauci colossali e lo ingoiò senza masticarlo. Più triste e sconsolata che mai per aver mangiato un possibile amico, la gigantesca presenza spense il lume e si allontano, solitaria, nel buio.