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Autore: Kat Logan    01/08/2011    4 recensioni
Negli ospedali dicono che lo sai, sai quando stai per morire.
Alcuni medici dicono che è un velo negli occhi dei pazienti, altri dicono che è un profumo, l’odore della morte.
Altri ancora credono che sia una sorta di sesto senso, quando la morte ti si sta avvicinando la senti arrivare. Qualunque cosa sia fa paura, perché anche se lo sai, cosa puoi farci? -
Ogni capitolo si può leggere indipendentemente dagli altri.
I vari capitoli descrivono i pensieri dei protagonisti faccia a faccia con la morte.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, FemSlash | Personaggi: Un po' tutti
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più stagioni
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Come ho detto avvengono delle sparizioni, il dolore diventa un fantasma, il sangue smette di scorrere…e le persone, le persone svaniscono.
Ho altre cose da dire, molte altre cose, ma…sono scomparse.
 

[Grey’s Anatomy 3x16]

 
 
[Meredith]:
 
Acqua.
Acqua fredda, scura, profonda.
Continuo ad agitare le braccia, riaffioro in superficie, il mio sguardo si perde per un momento verso il molo.
Prendo un lungo respiro e poi torno sott’acqua.
Smetto di muovere i piedi.
Smetto di agitare ogni singola fibra del mio corpo, perché sono stanca. Non di nuotare…ma sono stanca.
Stanca di combattere.
Stanca di sopravvivere.
 
 
[Derek]:
 
Adoro i ferry – boat, ma dopo oggi non ne sono più così sicuro.
Le urla della gente, il controllo dei feriti, il prestare soccorso mi ha distratto per un breve lasso di tempo, ma nemmeno per un attimo la sensazione di sta mattina mi ha abbandonato.
Il senso di angoscia trovando Meredith nella vasca da bagno, come se volesse annegarsi, mi sta divorando da quando l’ho tirata fuori da là e non accenna a diminuire.
Arriva un’altra barella, un uomo di colore ridotto piuttosto male, con una brutta ferita alla gamba è sotto il mio naso. Gli assegno un cartellino e se non chiedessi al paramedico chi si è preso cura di lui, non noterei la giacca con la quale è coperto.
Meredith. La giacca è la sua.
Mi guardo intorno e non la vedo.
L’immagine di lei abbandonata nella vasca mi riempe ancora una volta la mente mentre una fitta allo stomaco causata dall’ansia mi attanaglia.
Il mio sguardo scivola tra i soccorsi per poi posarsi sulle vittime dell’incidente e in mezzo alla folla, al trambusto noto la testolina bionda della bambina che era con Meredith.
Mi avvicino cauto, sembra spaventata e non immagina minimamente che quello che ha più paura dei due in questo momento sono proprio io.
“Dov’è Meredith?” le domando deciso appoggiandole le mani sulle braccia esili.
Il suo sguardo è altrove, perso nel vuoto e il suo silenzio non sembra venire scalfitto nemmeno dal suo stesso respiro.
“Sta bene?” Ci riprovo. Devo avere una risposta o rischio di ammattire.
Cosa l’è successo? Non è da lei lasciare da sola una bambina. Non è da Meredith.
La testa bionda fa un cenno negativo col capo in risposta alla mia domanda, non ho bisogno delle parole della bambina che dopo attimi di esitazione, che equivalgono a lente ore per me, mi trascina verso il mare.
Lo sguardo della piccola è lontano, fisso sull’acqua.
E’ come ipnotizzata dall’acqua grigiastra che sembra riflettere il colore del cielo.
Un brivido mi scuote.
Meredith, l’acqua, la vasca.
Mi tuffo.
E il mio unico pensiero è, fai che non sia troppo tardi.
 
 
 
Il tempo corre ed io non riesco a tenere il ritmo.
Tutto è così concitato e confuso che quasi non mi rendo conto di essere uscito dall’acqua col tuo corpo fra le braccia.
Sei così fredda…così fredda che quasi non sembri tu.
In un attimo sono sull’ambulanza.
Forza Meredith.
Forza amore.
Non puoi lasciarmi qui.
Continuo a cercare di rianimarti, continuo a pregare che il tuo cuore ricominci a battere sotto le mie mani che premono sullo sterno e l’unica cosa a cui riesco a pensare è che tu sai nuotare.
Sai nuotare bene.
E’ successo anche sta mattina Meredith, non stavi facendo solo il bagno.
E’ la seconda volta che ti salvo oggi.
Ti ho salvata questa volta?
 
Il tempo corre ed io spero che non vada troppo veloce per noi.
 
In un attimo siamo in Ospedale e mi buttano fuori dalla stanza senza troppi complimenti.
Evidentemente non posso più fare nulla per te.
Mi lascio scivolare a terra, impotente.
Persino Addison è lì dentro a lottare per te, tu stai lottando Meredith? Stai lottando per me?
Non puoi andartene…
Se tu te ne vai, che cosa ne sarà di me?
Meredith, chi sono io senza di te?
 
 
[Meredith]:
 
Mi ritrovo seduta e davanti a me vedo Denny e l’artificiere.
E’ possibile?
C’è anche Doc, il mio bel cagnolino. Lo accarezzo e poi mi domando…Sono forse morta?
E’ tutto uno scherzo del mio cervello?
Se questo sta accadendo nella mia mente, si sta affollando un po’ troppo. Fino a che non vedo mia madre.
“Tu sei tutto tranne che ordinaria, Meredith…” Lo dice abbracciandomi.
E’ questo abbraccio, queste parole, sono più reali di quanto mi abbia detto in vita.
“Ora corri, corri!”
E oltre alla sua voce lo sento.
Sento il rantolo lontano del mio respiro.
Non voglio solo dei momenti con Derek.
Io voglio viverlo.
 
Voglio vivere!
 
 
Note dell’autrice:
Eccomi qui con l’ultimo aggiornamento prima di partire per le vacanze della raccolta. Quando tornerò dal mare provvederò a continuare il tutto.
Questo capitolo riguarda i tre episodi della terza serie in cui Meredith annega.
Ho voluto far qualcosa di diverso dai precedenti capitoli mettendo anche il punto di vista di Derek, soprattutto il suo.
Questo perché quando nell’episodio 16 all’inizio dice che ha molte cose da dire, ma tutte queste cose sono scomparse ho immaginato in lei il silenzio.
Lei ha smesso di lottare nel momento in cui si lascia annegare a mio parere e con questo gesto smette di pensare. Così le ho fatto vivere quest’esperienza di morte attraverso Derek.
Spero non vi sia dispiaciuta questa scelta! Buone vacanze :D
   
 
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