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Autore: Sweet Pink    01/08/2011    1 recensioni
Non vi è nulla di male a sognare un uomo che rispecchi virtù e, perchè no, vizi di un ideale letterario. La signorina Callie Honeycombe la pensava così. O almeno finchè sulla sua strada non incontra proprio il tipo di uomo che, al contrario, non potrebbe mai amare.
Genere: Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Su fronti nettamente opposti.'
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Ed eccomi di nuovo qui con un altro capitolo! Un capitolo in cui, ancora, le cose si complicano, compresi i sentimenti di Callie stessa. Ma a parte ciò ringrazio ancora chi mi segue e anche chi passa temporaneamente a dare un’occhiata a questa storia. Sotto consiglio di cicina (grazie ancora per la recensione!) ho deciso che questa storia rimarrà in questa sezione!

E ora alla lettura! Fatemi sapere!

Un bacio!

 

 

 

 

 

 

Le sembrava di essere immersa in profonde acque bollenti, tanto aveva caldo. Casa Norris straripava di gente e c’era chi le aveva assicurato che fosse almeno il doppio di quella presente al ballo degli Hayer. Ma d’altronde era dei Norris che si parlava e la presenza di Alexander, scortato da una decina di amici londinesi, non aveva fatto altro che aumentare l’aspettativa e curiosità della gente del luogo.

Una volta entrata, ore prima, Callie si era ritrovata davanti, nello stupore più assoluto, una decina di gentiluomini che rasentavano pericolosamente il dandismo ed il suo cuore aveva cominciato a battere velocemente, tanto era turbato.

Chissà perché ogni volta penso che possa esserci anche lui in mezzo a loro…

Proprio come un tempo…

Invece aveva messo a fuoco un più che affascinante Alexander Norris e così si era velocemente voltata dall’altra parte, alla ricerca di Linda o di qualsiasi altra persona con cui attaccar bottone. Non desiderava per niente al mondo esser presentata a quei damerini così alla moda.

Soprattutto se erano a conoscenza ( come lei pensava che fossero) di ciò che era accaduto due settimane prima. Così mantenne la decisione presa di far finta di nulla e si impegnò ad esser sempre in movimento: scherzò, ballò e girò di sala in sala in continuazione con il solito sorriso gaio in volto. Non si stupì nemmeno quando si accorse di starsi veramente divertendo.

Con tutta la gente presente, evitare le presentazioni era stato facile.

“Sono proprio orgogliosa di me!”pensò mentre, con un inchino, si preparava a danzare con l’ennesimo cavaliere.

Chi invece non aveva bisogno di farsi pregare erano le signorine Hayer che, entro i primi cinque minuti dall’entrata in casa, erano già state presentate a tutta la compagnia del loro beniamino e ora se ne stavano beate a ciarlare con tre di loro.

“Parola mia, non pensavo che un uomo potesse portare degli orecchini e stare così bene!” cinguettò Charlotte indicando un giovane dai capelli castani che si inchinò al suo complimento, con gli occhi azzurri intrisi di gentilezza. Si portò i ricci boccoluti dietro l’orecchio, per far ammirare meglio alla ragazza un brillante attaccato al lobo dell’orecchio.

David Norris bevve d’un colpo la sostanza alcolica con una smorfia: Alexander lo aveva sfidato un'altra volta, portando i suoi discutibili amici al ballo. Ma cosa poteva fare ormai?

Solo sperare che finisse presto.

Si voltò verso il cameriere e prese dal vassoio un altro bicchiere.

 

La luna si nascondeva dietro le nuvole quella notte, ma almeno fuori faceva più fresco. Callie se ne stava con i gomiti appoggiati alla balaustra di marmo e fissava l’orizzonte che si perdeva nel buio, respirando a pieni polmoni l’aria della sera. Avrebbe voluto un mondo sciogliere i capelli da quella terribile acconciatura, che ne lasciava libera solo qualche ciocca ad incorniciarle il viso arrossato dal caldo.

Chiuse gli occhi e si mise in ascolto dei rumori smorzati che provenivano dall’interno della casa: risate, voci, musica…si sentiva così piccola in quei momenti di solitudine.  Niente in confronto all’universo. Ma questo senso di pace le piaceva.

Si spaventò, sentendo un tocco ghiacciato alla base del collo. Voltandosi incrociò lo sguardo con quello dell’uomo che aveva cercato di evitare per tutta la serata.

Il senso di tranquillità di poco prima andò in frantumi in pochi secondi. Callie guardò la figura slanciata e alta, il portamento elegante con cui portava quell’abito da sera sontuoso, i capelli ribelli come al solito che gli conferivano sempre quell’aria un po’disordinata ma comunque irresistibile.

Sentendo di stare arrossendo, abbassò gli occhi sulla giacca blu scuro di lui.

“E ora che posso fare? Sono con le spalle al muro…!” pensò.

Alexander tendeva ancora verso di lei il bicchiere ghiacciato con cui l’aveva toccata “ Avete sete?” chiese mettendoglielo in mano senza aspettare la risposta, prima di appoggiarsi con la schiena alla balaustra, di fianco a lei.

La ragazza cercò di nascondere il volto dietro il bicchiere, bevendo un sorso di quella sostanza scura, ma dolce. Intanto pensava a come sfuggire il prima possibile da quella situazione; però, forse a causa dell’agitazione, non riusciva a formulare un pensiero che le sembrasse coerente o una scusa abbastanza convincente.

I due rimasero per qualche minuto in silenzio, senza guardarsi negli occhi. Una, rossa come un peperone, che fissava ostinatamente il pavimento; l’altro con gli occhi neri puntati sull’interno della casa e un sorrisetto per niente tranquillizzante stampato in volto.

“Ballereste con me, signorina?”

“No!”

I due si guardarono: lui sorpreso, lei spaventata dalla sua stessa reazione. Aveva parlato senza pensare e così gli aveva risposto in un modo per niente cortese. Strinse la presa sul bicchiere.

Perchè le mie gambe non si muovono da qui? Perché?

“Io…vi chiedo di scusarmi, ma vedete ho danzato tutta la sera e comincio ad accusare la stanchezza…” cercò di giustificarsi, alzando gli occhi nocciola sul suo volto.

Alexander Norris la guardava con aria divertita, per nulla offeso dal comportamento della ragazza. Ne sembrava quasi ammirato. Se ne stava voltato verso di lei, con una mano appoggiata al parapetto, e se la godeva a vederla in imbarazzo.

Dopo un’altra pausa di silenzio, in cui Callie finì il bicchiere, lui le chiese ancora “Posso chiedervi, se non vi importuno, perché fate di tutto per evitarmi?”

“E io posso chiedervi perché voi vi ostinate a comportarvi così?” lo rimbeccò in uno scatto di rabbia lei. Perché lo evitava? Ma non era ovvio?  Già da prima l’aveva preso in antipatia e l’accaduto a casa sua era stato del tutto imperdonabile…

Ma era solo per questo motivo, vero?

Sospirò: non sapeva. Stava di fatto che quella conversazione la metteva a disagio. Quell’uomo la metteva a disagio. Avrebbe voluto tanto scappare, ma contemporaneamente non riusciva a muoversi di un solo metro.

Sentì la mano di lui portarsi sulla sua guancia e rimanervi lì, come una tenera carezza. Malgrado i battiti del cuore pericolosamente in aumento, Callie la sentiva morbida e fresca. Non poté fare a meno di appoggiarcisi leggermente, evitando ostinatamente lo sguardo dell’uomo.

Perché non si tirava indietro?!

“Mi accusate di fingere…” fece lui in un sussurro, chinandosi un poco su Callie “…ma io non mi comporto, io  sono così…”

Stupita, la ragazza castana portò i suoi occhi nocciola su Alexander, accorgendosi di averlo troppo vicino, troppo pericolosamente vicino. Poteva vedere nei suoi occhi neri chiari segni di sofferenza: ora non la guardava più carico di ironia, né con disprezzo, ma quasi con…

…disperazione.

“Non è vero..”

L’uomo la guardò sorpreso “ Come?”

Gli occhi della ragazza brillavano di una luce pensierosa e un po’triste, poteva scommettere che lo fissasse con compassione. E questo lo irritò.

“Voi…a volte, avete uno sguardo colmo di tristezza…” mormorò lei abbassando gli occhi sul petto dell’uomo. Arrossì ancora di più: aveva detto un’altra delle sue sciocchezze! Cosa le era saltato in mente?

“Brava Callie! Sai sempre essere fuori luogo!” si maledì mentalmente.

Alexander sentì il suo corpo irrigidirsi sotto le parole della ragazza, il suo cuore ghiacciarsi poco a poco: il passato lo inghiottiva di nuovo. Tolse bruscamente la mano dalla guancia arrossata di Callie, che sussultò sorpresa, e se la portò davanti agli occhi neri. Come se volesse nascondersi.

“Non è che stai ancora pensando a quel fatto?”

“Questi non sono affari che vi riguardano…” fece tagliente.

Lei sgranò gli occhi, ora spaventata dal suo tono freddo e dai suoi occhi di ghiaccio. La stava fissando come se volesse ucciderla. Quell’uomo era incomprensibile, non lo capiva… e questo le faceva paura.

“…non permettetevi più di dirmi una cosa del genere!” rincarò, allontanandosi da Callie di un passo.

Le parole di Alexander ricaddero nel silenzio più assoluto. La musica che si spargeva nell’aria e le risate ricordarono alla ragazza dove si trovava esattamente. Il ballo dei Norris. Sì, doveva andare…aveva promesso a suo padre che avrebbe danzato almeno una volta con lui….

Sentì gli occhi riempirsi di lacrime.

“Voi siete impossibile! Vi detesto!” e superò la sua figura forte, camminando velocemente verso la sicurezza del salone. Si asciugò le lacrime e preparò il sorriso più gaio possibile, prima di attraversare la soglia e perdersi fra la folla.

Alexander James Norris non cercò nemmeno di fermarla. Si appoggiò con i gomiti alla balaustra, prendendosi la testa fra le mani, i capelli corvini che gli nascondevano il volto. Cercò di respirare profondamente, per calmarsi. Non ci riuscì.

Maledizione!

 

 “Voi siete impossibile! Vi detesto!”

Callie strinse il cuscino forte contro il suo petto, accovacciandosi in posizione fetale. Non un rumore spezzava la calma di quella notte, ma lei non riusciva comunque a prendere sonno.

“Sono stata proprio crudele…non avrei mai dovuto perdere il controllo così…dirgli quelle cose…” pensò socchiudendo gli occhi. Nascose il viso contro il tessuto del cuscino.

Poteva vedere di fronte a lei, come se fosse ancora al ballo dei Norris, lo sguardo disperato di lui trasformarsi in una maschera di freddezza. E di nuovo quegli occhi neri che la disprezzavano, come se l’avesse colta ancora con le mani nella marmellata.

Una ragazzina che non riusciva a farsi gli affari propri…

Si portò una mano sulla guancia. Però, quando lui l’aveva toccata, quando le si era avvicinato, aveva pensato che sarebbe stato bello se l’avesse baciata. Se avesse annullato le distanza fra loro, se le avesse preso il viso fra quelle mani scure e forti e l’avesse guardata con i suoi profondi occhi neri. Per un momento, aveva dimenticato tutto. E il muro che gli aveva posto di fronte era crollato.

 “Voi…a volte, avete uno sguardo colmo di tristezza…”

Callie chiuse gli occhi, reprimendo una smorfia infastidita. Ovviamente era riuscita a rovinare tutto…non sapeva nemmeno come quella frase le era sfuggita dalle labbra.

“Anche se…” pensò “ …è la pura verità.”

Sì, era vero che Alexander James Norris aveva un carattere completamente incomprensibile. Non riusciva a prevedere le sue reazioni, a capire cosa gli passasse per la mente, a comprendere i suoi cambiamenti d’umore così repentini. In più, detestava il modo in cui si atteggiava in società.

Odio quella maledetta maschera…

La ragazza arrossì. Si chiese perché, poi, sentisse il bisogno di capirlo. Di sapere. Quando all’uomo, di lei, non gli importava proprio niente.

Al pensiero, Callie sentì una sgradevole sensazione. Una sensazione che non aveva intenzione di indagare. Così si mise ritta a sedere e, con attenzione, accese quattro candele; in modo che un po’di luce si spargesse per la stanza. Afferrò il suo libro preferito dal comodino e, aprendolo a caso, cominciò a leggere. D’altronde sentiva un gran bisogno di distrarsi e Orgoglio e Pregiudizio l’avrebbe senz’altro aiutata. Parole e scene si susseguirono sotto i suoi occhi voraci, finché….

“E posso chiedere a che tendono queste domande?”

“Unicamente a illuminarmi sul suo carattere” disse Elizabeth, sforzandosi di non parere più seria. “Ecco a cosa tendo.”

“E con quale risultato?”

Ella scosse il capo…*

Callie alzò gli occhi dal libro, gli occhi nocciola nuovamente tristi e pensierosi: forse anche lei come Elizabeth si sforzava di comprendere un uomo quasi impossibile da decifrare. Forse, si stava facendo accecare dal pregiudizio, era depistata dall’antipatia che fin dall’inizio aveva provato nei suoi confronti…

“Non lo direte ad anima viva, d’accordo?”

Chiuse il libro di scatto. No. Era tutto un errore. Quell’uomo impossibile si era comportato male fin dall’inizio con lei: si era preso gioco della sua dignità, l’aveva costretta a mentire mentre lui continuava ad atteggiarsi come voleva. L’aveva guardata come se fosse un passatempo con cui divertirsi.

La ragazza castana spense le candele e si rintanò sotto le coperte, abbracciando nuovamente il cuscino morbido e fresco. Di nuovo lo rivide portare una mano sulla sua guancia e guardarla disperato.  “Però…avrei dovuto evitare di dirgli quelle parole…”

“Voi siete impossibile! Vi detesto!”

Erano passati tre giorni da quella sera. Non si era recata con Charlotte, Catherine e Margareth a salutare la famiglia Norris prima della partenza. Lui, sicuramente, in quel momento era già a Londra: non l’avrebbe più rivisto, come tanto aveva desiderato.

Le mani andarono a stringere il cuscino con forza.

Non sono riuscita nemmeno a chiedergli scusa.

 

L’orologio aveva appena scoccato le due e tre quarti di mattina quando Alexander James Norris si era palesato nella sua grande casa di Londra. I servi, ancora in piedi e in attesa del suo ritorno, osservarono stupiti l’uomo attraversare il grande salone e dirigersi spedito verso la camera da letto. Era raro per loro vedere  rincasare il padrone prima delle quattro di mattina, contando che egli non si alzava mai prima delle due di pomeriggio. E, notando l’espressione che aleggiava sul volto di lui, capirono che era meglio stargli alla larga almeno fino alla mattina dopo.

Poiché il loro giovane padrone aveva l’espressione infuriata di chi ha appena perduto una forte somma al gioco d’azzardo. Cosa che Alexander non riusciva proprio a sopportare.

Dal canto suo, l’uomo si era buttato sul letto stancamente e ora fissava il soffitto. L’espressione del suo viso non comunicava nulla di buono: le belle labbra sottili erano piegate verso il basso, gli occhi neri sembravano più freddi che mai e le sopracciglia aggrottate gli conferivano un’aria concentrata. Persino i capelli sembravano più ribelli del solito.

“Che umiliazione…perdere cinquecento sterline così, in un soffio!” pensò sorridendo amaramente. Di certo non erano i soldi il suo problema. I soldi erano solo un fine, ovviamente…e a lui non mancavano di certo. Ma dover sopportare quegli sguardi vittoriosi e increduli, come se nessuno avesse mai pensato che Alexander James Norris potesse perdere una sola partita a carte.

Era stato uno smacco, lo sapeva.

“Questi sono affari che non vi riguardano…non permettetevi più di dirmi una cosa del genere!”

Si voltò improvvisamente su un fianco, i capelli corvini che nascondevano il volto, gli occhi persi nell’oscurità che brillavano turbati. Sentì il ritmo cardiaco farsi pericolosamente accelerato e si portò una mano sul petto, come se potesse fermarlo solo desiderandolo.

Perché non riesco a pensare ad altro?!

Ricordava chiaramente quegli occhi nocciola guardarlo pensierosi e un po’ tristi, la voce dolce di lei che gli rivolgeva parole di compassione, che gli diceva quanto a volte avesse uno sguardo triste. Gli aveva chiesto perché continuasse a comportarsi così…

Alexander trattenne un’amara risata: com’era ingenua, quella ragazzina!

La società intera, tutti coloro che conosceva, persino lei erano attratti dal suo modo di atteggiarsi artificioso e avvenente. Rideva internamente a vederli lì, a pendere dalle sue labbra, si divertiva. E se fingeva, tanto a chi importava?

D’altronde…chi si metterà mai in testa di darmi contro?

Ma a lei importava…lei, quella sera, voleva capire. Voleva ascoltarti…

Le sue dita strinsero convulsamente il tessuto scuro della coperta:non era vero. Callie Honeycombe era sicuramente paragonabile a tutte le altre. Una ragazzina sciocca, proprio come tutte le altre.

E anche se l’avesse ascoltato, di certo non avrebbe capito. Soprattutto lei, che così ingiustamente l’aveva giudicato senza conoscerlo. Aveva tentato in tutti i modi di evitarlo, l’aveva accusato di tenere un comportamento ignobile, l’aveva insultato e poi, però, non era riuscita a non cadere nella sua rete. Proprio come tutte le altre.

Ma allora perché non riesco a pensare ad altro?

Si rimise supino e si tirò indietro i capelli neri con un gesto nervoso e secco. E, come quella sera, poteva rivedere lo sguardo ferito che la ragazza gli aveva rivolto, la sua pelle arrossarsi ancora di più, le belle labbra rosate aprirsi sorprese…poi la rivide scappare, superarlo velocemente, senza rivolgergli neanche uno sguardo. Solo parole piene di odio.

Alexander si coprì i bei occhi scuri con un braccio. Sorrise. “ L’ho proprio ferita, eh!”

“Questi sono affari che non vi riguardano…non permettetevi più di dirmi una cosa del genere!”

Perchè mi sento così in colpa?

 

“Non è normale, vi dico!”

Il signor Honeycombe alzò gli occhi per l’ennesima volta, in quella lunga mattinata. Si rivolse al Cielo e domandò alla sua amata Grace perché era stato da lei così ingiustamente abbandonato. Lasciato solo con due figliuole pestifere e così complicate!

Rise fra sé. Gli capitava spesso di parlare con Grace, anche se sapeva benissimo che lei non poteva sentirlo né rispondergli. Ormai erano passati molti anni dalla sua scomparsa.

Inizialmente pensava che non ne sarebbe uscito vivo. L’aveva amata così profondamente che sempre il passato tornava alla memoria, sempre sentiva la sua mancanza nella casa così irrimediabilmente vuota.

Poi però guardava Callie e Henrietta. Le osservava crescere e assomigliare alla sua amata in un modo che quasi lo spaventava, soprattutto la primogenita, Callie. Se la piccola era scalmanata e incontrollabile quasi come lo era stato lui da giovane, lo sguardo della più grande era perso sempre lontano, proprio come quello della madre. Anche Grace adorava la vita di società, si perdeva spessissimo in sogni ad occhi aperti ed era così sensibile ai sentimenti degli altri.

E lo sguardo di Callie, in quell’esatto momento, era così simile a quello della sua amata Grace che al signor Honeycombe sembrò di rivederla lì in giardino, al posto della figlia.

“Ultimamente è più distratta del solito!” continuò Henrietta, agitando le esili gambe sotto la sedia e intanto osservando la sorella maggiore che vagava per il giardino, persa in chissà quali pensieri.

Il padre si trincerò, come d’abitudine, dietro il giornale sorseggiando di tanto in tanto una tazza di tea. Poi, dopo qualche minuto disse, lentamente “Spero sia l’eccitazione di andare a Londra per la Season, altrimenti…”

“Altrimenti?” scattò la vocina acuta della bambina bionda “Avanti papà, non tenetemi sulle spine!”

…ho il terribile dubbio che la mia piccola Callie sia infatuata di qualcuno.

E per tutto l’oro del mondo non vorrei che fosse così…non ancora.

Alzò lo sguardo sulla ragazza e la vide protendere una mano verso un cespuglio di rose, accarezzando un fiore distrattamente con la punta delle dita. Gli occhi nocciola evidentemente altrove. Sembrava malinconica.

Non è felice…e se penso a quanto in passato abbia sofferto…a causa di quell’uomo…

Sospirò, cacciando dalla mente i ricordi di molti anni prima. Troppo dolorosi. Il signor Honeycombe si riteneva un padre premuroso e, da quando Callie era diventata una donna, aveva deciso di lasciarla in pace e intervenire solo quando necessario, perché voleva giustamente lasciarle vivere la sua vita. Ma si era ben accorto di quanto Alexander James Norris assomigliasse a quell’individuo che molti anni indietro l’aveva profondamente ferita.

Lo stile di vita, l’abbigliamento, il modo di comportarsi e di parlare che in pieno rientrava nel dandismo…e Callie l’aveva detestato dal primo momento in cui l’aveva veduto.

“Bambina mia, non hai ancora dimenticato vero?” pensò socchiudendo gli occhi. Si sentiva stanco, molto stanco. Sicuramente Grace avrebbe saputo come intervenire.

Ma lei non c’era più.

Il signor Honeycombe guardò Henrietta, che teneva ancora gli occhi castani puntati su di lui. Le sorrise dolcemente “Ho idea di far preparare una bella torta per oggi pomeriggio…che ne pensi?”

La bambina si illuminò e gli donò un sorriso felice “Vi voglio bene, papà! Lo andrò subito a dire a Callie!” e, dopo averlo abbracciato, corse fuori.

L’uomo osservò dalla finestra le due sorelle che si prendevano per mano e improvvisavano un balletto, evidentemente felici per la notizia. Lui si accigliò: Callie sapeva essere veramente infantile, a volte. Notò quanto si stesse sforzando di ridere e di sembrare veramente contenta, mentre ballava con la bambina bionda.

Si rintanò dietro il giornale, sospirando “ Non è un compito facile, mia cara Grace!”

 

 

Note:

*Orgoglio e pregiudizio, cap.XVIII

  
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