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Autore: kirschblute    01/08/2011    6 recensioni
"Sono già unita in matrimonio a un marito, e questo è il Regno di Inghilterra". Storia della regina che amò il suo paese più di qualsiasi uomo, e del paese che la amò oltre qualsiasi tabù. [Elizabeth I x Inghilterra]
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Inghilterra/Arthur Kirkland, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: Dio salvi la Regina

Fandom: Axis Powers Hetalia

Personaggi: Inghilterra/Arthur Kirkland, Elizabeth I, Mary I, varie figure storiche

Note: ATTENZIONE: le opinioni dei personaggi NON sono le mie. Per proprietà transitiva, le opinioni di Spagna sugli Inglesi e quelle di Inghilterra su Spagna NON sono mie opinioni nascoste male in una fanfiction.

Disclaimer: Axiz Powers Hetalia appartiene a Hidekaz Himaruya; tutti i personaggi storici citati appartengono a sé stessi e alla storia.

 

 

 

17 aprile 1554, al largo delle coste della Spagna

 

Il viaggio in nave era stato faticoso, ma solo quattro giorni di ritardo non era un risultato disprezzabile. Arthur si trovò, doveva ammetterlo, ad apprezzare la vita sul mare molto più di quanto avesse mai fatto in passato. Era forse perché la qualità delle navi era migliorata, ma il pensiero di passare un periodo prolungato in mare non gli dispiaceva affatto. Certo, se la destinazione del viaggio non fosse stata discutere i termini della sua libertà da uno straniero, e se non fosse stato costantemente tormentato dai pensieri di Elizabeth, il viaggio sarebbe stato molto più godibile.

Dirigendosi a prua, trovò Hastings che parlava con altri membri del consiglio, e lo prese da parte.

“Hastings, spero che voi vi ricordiate la nostra strategia una volta giunti a Granada”.

“Certo, My Lord. Farò del mio meglio per non far notare la vostra assenza durante il colloquio con il principe”.

“Bene”, disse Arthur, “molto bene, amico mio. Vorrei farvi presente quanto vi sia grato per l'aiuto che mi date”.

My Lord, non dovete ringraziarmi... piuttosto, siete certo di riuscire nel vostro intento con un semplice colloquio?”

Arthur sospirò, voltandosi a guardare le sponde della Spagna che si avvicinavano sempre di più.

“Lo spero, amico mio”.

 

 

 20 aprile 1554, Palazzo di Carlos V, Granada

 
Dopo essere stati accolti nell'impressionante edificio che era il palazzo di Carlos V, si ritrovarono in un largo patio circondato da un colonnato. Era una struttura d'avanguardia che Arthur non aveva mai visto, e ad essere sinceri lo mise leggermente in soggezione, il che non era affatto lo stato d'animo giusto con cui presentarsi ad una trattazione.

Mentre cercava di riassumere confidenza, Arthur notò un drappello di gente avvicinarsi a loro: a capo del drappello, vi era un uomo vestito in visibilmente costosi abiti neri e dorati, che Arthur identificò immediatamente come il principe Felipe. Al fianco del principe camminava un uomo vestito quasi completamente in nero, unici ornamenti una piccola gorgiera bianca e una pesante catena dorata con il crocifisso appesa al collo, con arruffati capelli castani e un'espressione bonaria che Arthur avrebbe riconosciuto ovunque: Spagna.

Mentre si avvicinava insieme al suo principe, Spagna gli lanciò uno sguardo d'intesa, che voleva essere amabile ma che al contempo voleva far capire che qui, nella sua terra, lui aveva il coltello dalla parte del manico. Arthur fece uno sforzo su se stesso per mantenersi inespressivo e fare un semplice segno con la testa, invece di mettersi in posizione d'attacco e mostrare i denti ringhiando come il suo istinto gli diceva- irrazionale, sì, ma come dargli torto?- di fare.

Una volta che i consiglieri scambiarono gli essenziali convenevoli con Felipe e il suo entourage, e le scuse da parte di Felipe per l'assenza di suo padre, che era a quanto pare indisposto, ognuno venne mandato a rinfrescarsi per la riunione che sarebbe avvenuta nel pomeriggio. Arthur si stava avviando a seguire i servi verso la sua stanza, deciso a ignorare Spagna nel modo più completo, ma non fu abbastanza veloce e una mano abbronzata gli si posò sulla spalla, seguita da un intero braccio che lo strinse in una scomoda morsa.

¡Hola Inglaterra! Che fai, te ne vai senza salutarmi?”

Arthur imprecò silenziosamente prima di voltare la testa a guardare il suo invadente interlocutore, trovandosi davanti lo sguardo fastidiosamente allegro di Spagna.

Hello, Spain. Felice di vederti”, disse con voce completamente atona.

Oh, scommetto a que sì! Oggi è un gran giorno! È il giorno in cui due nazioni mettono la parte le loro differenze e si impegnano a costruire un rapporto di comprensione reciproca, como un regno comùn, me intiendes, Inglaterra?

Arthur sentì la rabbia montargli nel petto, e si divincolò dalla stretta di Spagna con uno scatto isterico.

Thou creeping tallow-faced varlet- mettitelo bene in testa, Spain, questo matrimonio non vuol dire che il nostro diventerà 'un regno comune'. Questa delegazione si trova qui proprio per portare a termine un accordo che non permetterà al tuo principe di considerare l'Inghilterra un'altra delle sue colonie!”

Notando che Spagna cominciava ad essere visibilmente irritato dalla sua scenata, Arthur si ricordò di quanto l'altra nazione sarebbe stata indispensabile per ottenere il colloquio con Felipe, e fece uno sforzo per riacquistare la calma e far buon viso a cattivo gioco.

Mi... dispiace, Spain, non volevo essere scontroso. Ovviamente ci impegneremo perché questo accordo sia vantaggioso per entrambe le parti”, cercò di concludere con voce amabile e senza stringere i denti.

Il viso di Spagna si aprì in un sorriso che però non si era esteso ai suoi occhi, che cominciarono a guardare Arthur con una curiosità sospettosa. Accidenti, ma perché Spagna non poteva essere davvero stupido quanto voleva far credere?

Dopodiché, Spagna annuì lentamente, mormorando un “no te preocupes”, e ricominciò a camminare.

Quando Arthur si avviò per seguirlo, borbottando un poco sentito “ma comunque, come vanno le cose nelle colonie oltremare?”, Spagna si voltò verso di lui, con un sorriso che si era trasformato da bonario a sardonico, e disse:

Vanno bene, Inglaterra. Ogni tanto ho qualche litigio con Portugal a riguardo, ma nulla che non si possa risolvere. Sai, dovresti venire anche tu a vedere quei luoghi, sono maravillosos, benedetti da Dio! Però non ti consiglierei di restarci troppo, altrimenti ci toccherebbe litigare”. Dopo uno sguardo eloquente, continuò: “Ma bando alle ciance, mi amigo. Immagino che tu ora abbia un favore da chiedermi, ¿no es asì?

Arthur trasalì, capendo che era stato fin troppo trasparente. Ma ormai tanto valeva giocarsela fino in fondo:

Se devo essere sincero, sì, Spain. Avrei bisogno che tu mi organizzassi... un piccolo private meeting con il tuo principe, dopo la riunione”.

Spagna con lo guardò incuriosito, e Arthur si trovò a pregare in silenzio che non gli facesse troppe domande.

Con el Prìncipe? E cosa mai dovresti riferirgli che non può essere detto davanti alla tua delegazione?”

Non riguarda il trattato di matrimonio. E comunque lo scoprirai molto presto. Dovrai rimanere anche tu, sai... per tradurre. So che il tuo principe non capisce l'english language”.

Spagna rimase in silenzio, continuano ad osservarlo, ed Arthur cominciò a sentirsi davvero nervoso.

Non sono molto convinto, Inglaterra-

“Per favore.”

Arthur non riusciva a credere di essersi davvero messo ad implorare Spagna. Si ripromise che, in un futuro più tranquillo, Elizabeth avrebbe dovuto ripagare questo momento di umiliazione con un grosso favore.

Please, Spain... è importante. Per me”.

Spagna sembrava ancora dubbioso, ma quando fece segno di assenso, in lui non c'era nessuna apparente malizia. Poi, la sua bocca si piegò in un ghigno amichevole.

Va bene, mi amigo. Piuttosto, dimmi, perché continuiamo con queste formalità? Ricominciamo a chiamarci per nome, ¿de acuerdo, Arthur?

Arthur fece un sospiro e annuì, pensandolo come un piccolo prezzo da pagare.

I agree, Antonio. Now, potrei avviarmi verso la mia stanza?”

Antonio fece una risata e gli rimise il braccio sulle spalle.

Ma certo, Artùro, anzi, ti ci accompagnerò io stesso! Vedrai, rubio, diventeremo ottimi compañeros!

Sarebbero stati due giorni lunghissimi.

 

 

 Sera

 
La riunione era finita. Arthur, quasi con sorpresa, poteva dirsi soddisfatto del risultato: Felipe non avrebbe potuto introdurre nessun funzionario straniero, né avrebbe potuto ordinare alcun intervento dell'esercito inglese per conto di suo padre o agire in alcun modo sugli affari inglesi senza il consenso di sua moglie. Certo, Arthur non poteva non sentirsi infastidito dal fatto che uno spagnolo potesse chiamarsi ufficialmente “Re d'Inghilterra”, o dal fatto che il parlamento potesse essere riunito solo con l'approvazione di entrambi, ma tutto sommato il risultato era accettabile. Inoltre, rimaneva ancora in sospeso il problema dell'inevitabile influenza che Felipe avrebbe avuto nei confronti di Mary e sulle sue azioni, ma quello era una questione più sottile e non certo da risolvere in un consiglio ufficiale. Sentendo di aver risolto almeno alcuni dei suoi problemi, Arthur si diresse con rinnovata velocità al luogo dove avrebbe incontrato Spagna per recarsi dal principe. Era in anticipo, ma il nervosismo gli aveva impedito di tornare nella sua camera a rilassarsi, anche solo per un secondo. Fortunatamente, quando giunse al luogo dell'appuntamento (dopo essersi effettivamente perso per i corridoi, allungando almeno di cinque minuti), Spagna era già lì ad aspettarlo. Quando lo vide arrivare, un sorriso sghembo spuntò sul suo viso abbronzato.

¡Hola, Artùro! Vieni, è meglio che cominciamo ad avviarci, il principe è stanco dopo la riunione e non apprezzerebbe ritardi”.

Arthur trattenne uno sguardo feroce e mise la sua migliore, seppur leggermente forzata, faccia educata, incamminandosi al fianco dell'altra nazione.

Antonio, so che ti ho chiesto un favore e quindi ti sono debitore, ma potrei comunque chiederti di non storpiare il mio nome? Please?”

Arthur si accorse che aveva messo un po' troppo veleno nel suo tono di voce, e sperò che Spagna non se ne fosse accorto. Antonio, dal canto suo, lo guardò sorpreso, quasi come se non sapesse di che cosa l'altro stesse parlando, o comunque gli sembrasse una richiesta bizzarra.

Oh... oh, certo, Arthur, perdòname! Non ci avevo assolutamente fatto caso. Inconsciamente l'ho cambiato... Artùro mi sembrava più completo”.

Arthur decise di ignorare il velato insulto al suo nome e ascoltò in silenzio le animate chiacchiere di Antonio su come fosse sfiancato e irritato dalla guerra con Francia per il dominio di Nord e Sud Italia, e avrebbe proprio dovuto vedere i due fratellini, erano deliziosi e adorabili e come poteva lasciarli nelle mani di quel pervertito? Arthur si astenne dal commentare su CHI secondo lui era il più pervertito tra i due e si mise invece con piacere a elencare con un linguaggio colorito tutti i difetti più sordidi di Francia, contento di trovarsi finalmente su un argomento che poteva condividere. Infine, in cima ad una scalinata, Antonio si fermò davanti ad una porta finemente intagliata, e Arthur si rese conto che quella doveva essere la porta dello studio di Felipe. Bussando lievemente, i due aspettarono finché non udirono quella che, pensò Arthur, doveva essere l'autorizzazione ad entrare in spagnolo. Al ché, Antonio aprì la porta, conducendo Arthur all'interno.

Lo studio di Felipe era fastosamente arredato, ostentante le ricchezze provenienti dalle colonie. Appeso sul muro al di sopra della scrivania c'era una grossa croce d'oro: ad Arthur sembrò di sentire tutto il cattolicesimo spagnolo opprimerlo sulle spalle solo a guardarlo, e sentì male agli occhi. Spostando lo sguardo in basso, incontrò quello di Felipe, che lo salutò con un sorriso freddo e un lieve inchino della testa, indicando le due sedie davanti alla sua scrivania. Ricambiando, Arthur si sedette e aspettò che Antonio si sistemasse per chiedergli subito di porgere cortesi saluti e ringraziamenti al principe. Antonio tradusse, e quando il principe annuì in assenso, Arthur decise che il tempo per i convenevoli era finito. Chiedendo ad Antonio se era pronto a tradurre, Arthur fece una veloce preghiera mentale a Dio e iniziò il suo discorso:

“Non voglio rubare troppo del vostro tempo, Maestà, quindi verrò subito al dunque: c'è la forte possibilità che parte del popolo inglese sarà più restia a riconoscervi come sovrano. Non è solo la vostra nazionalità il problema, ma anche la vostra religione. Saprete che una grande parte del popolo inglese appoggia la fede protestante... la vostra influenza cattolica non è delle più accette”.

Mentre Antonio traduceva Arthur vedeva il viso di Felipe adombrarsi, non di irritazione ma di comprensione. Arthur lo prese come un buon segno: dimostrava che Felipe riconosceva la verità nelle sue parole e considerava la questione già da tempo un problema. Giocare sulle sue paure sarebbe stato più semplice in quel modo.

“Saprete della rivolta che è avvenuta in febbraio da parte dei protestanti. Le cose sembrano essersi calmate, ma ci sono ancora forti tensioni, molte delle quali dirette contro la corona stessa. Oltretutto, sembra che i protestanti abbiano preso a simbolo un altro membro della famiglia reale, la sorella protestante della vostra futura sposa... conoscete Elizabeth?”

Antonio lo stava guardando in modo strano. Quando finì di tradurre, Felipe annuì, mormorando un “Sì, por supuesto, Isabel”. Antonio si girò nuovamente verso di lui, stringendo gli occhi.

“Arthur, dove vuoi arrivare?”

Please, Antonio, continua a tradurre”.

Antonio continuava a guardarlo, ma Arthur ricominciò.

“La popolazione protestante vede la regina come un'aguzzina per aver incarcerato la propria sorella. Ovviamente, la regina ha le sue ragioni per farlo: la presenza stessa di Elizabeth è una minaccia, considerando che una delle manovre della ribellione di febbraio comportava spodestarla per insidiare Lady Elizabeth sul trono. Tuttavia il popolo non vede le ragioni logiche: in un'eventuale esecuzione, i cittadini vedrebbero come unica causa l'odio fervente della regina contro il protestantesimo, condannerebbero la sua fede cattolica come motivo di fratricidio. Uno dei miei timori, Maestà, è che finirebbero per fare di Elizabeth una martire, rinnovando lo spirito ribelle. E più di tutto”, Arthur fece un respiro profondo. Poteva farcela, “più di tutto sono preoccupato per voi. Il popolo inglese vede già come eccessiva la vostra influenza sulla regina, e questo ancora prima del matrimonio! Non solo i protestanti, che vedono in voi uno dei sostenitori della fede fervente cattolica della regina, ma anche i cattolici stessi sono turbati dalla vostra influenza sulla corona inglese. Quel che temo, Maestà”, continuò Arthur ignorando gli sguardi sempre più basiti di Antonio, “è che l'esecuzione di Elizabeth scatenerebbe una forte ondata di odio nei vostri confronti, e che ciò potrebbe portare problemi sia a voi, sia alla vostra futura sposa”.

Notando la sua pausa, Antonio, che aveva gli occhi spalancati e lo sguardo indignato, ne approfittò per parlare:

Ma... ma... ¿Qué demonios estás hablando?! Non posso credere che tu mi abbia fatto organizzare un incontro col principe solo per difendere una... una strega protestante! Puoi indorare il discorso quanto vuoi, Arthur, ma non pensare di poter abbindolare me-”

Antonio. Continua. a. tradurre. Please”, disse Arthur a denti stretti.

Ah, no realmente, non ti aiuterò a difendere i tuoi infedeli-”

España”, lo interruppe Felipe, riuscendo effettivamente a zittirlo, “¿qué sucede? Traducir de inmediato”.

Antonio sembrava combattuto, ma alla fine cedette agli ordini di Felipe e cominciò a tradurre. Man mano che la traduzione andava avanti, l'espressione di Felipe si faceva sempre più preoccupata, lo sguardo fisso su Arthur un misto tra irritazione e ansia. Quando Antonio finì di tradurre, il principe fece come per aprire la bocca, ma venne interrotto da Antonio, che subito iniziò un discorso agitato, senza dubbio confutando tutto quello che Arthur aveva detto. Arthur vide Felipe rispondergli un paio di volte per poi infine zittirlo con un gesto. Poi si rivolse ad Arthur, parlando in spagnolo. Dal tono sembrava preoccupato, e la traduzione di Antonio lo confermò:

El Prìncipe”, gli disse guardandolo in cagnesco, “ti ha chiesto se sei davvero così sicuro che gli inglesi collegheranno a lui la decisione di giustiziare quella tua princesa protestante”.

Arthur, fiero di star mantenendo la calma nonostante Antonio lo stesse strangolando con gli occhi, si diede una mentale pacca sulla spalla e rispose guardando Felipe negli occhi.

Assolutamente certo, Your Majesty”.

 

 

Arthur respirò a pieni polmoni, godendosi l'aria fresca della notte. Felipe aveva chiuso l'incontro con cortesia, trattenendo però Spagna. Ciò non lo preoccupava: aveva visto dall'espressione del principe che le sue parole erano andate a segno. E con questo, sentiva un altro peso, tra i tanti che portava, lasciare le sue spalle. Sgranchendosi le ossa vecchie di secoli, si concesse qualche momento senza pensare a nulla, un privilegio che non aveva da parecchio tempo. Fu interrotto da un rumore di passi alle sue spalle, che, girandosi, scoprì appartenere a Spagna. L'altra nazione aveva un'espressione di silenziosa furia, accompagnata da un passo lento ma pesante. Avvicinandosi fino ad essere faccia a faccia con Arthur, mise in mano a quest'ultimo una lettera.

“Che cos'è?”, chiese Arthur.

Spagna lo guardò freddamente prima di girare i tacchi e allontanarsi di qualche passo.

È la lettera che farà uscire la tua querida Isabel di prigione, Inglaterra”.

Arthur fece un sorrisetto vittorioso.

“Siamo tornati alla formalità, eh?”

Spagna sbuffò prima di voltarsi lentamente a guardarlo.

Sei siempre così. Voi Inglés siete sempre così. Non riuscite a essere onesti né con gli altri né con voi stessi. E trattate tutto il resto del mondo con sfiducia e freddezza. E poi ti chiedi perché gli altri popoli non vanno d'accordo con voi. Non siete onesti neanche con la vostra fede, con Dios!”

Arthur alzò gli occhi.

Risparmiami il discorsetto, Spain. Non sono in vena di farmi criticare da un fanatico come te. La mia onestà con God Almighty riguarda solo me. E poi che ti aspettavi? Che avrei deciso che ogni mio affare adesso è anche il tuo solo perché i nostri regnanti si sposano? Think again. Non marchierò metà del mio popolo come 'infedeli' solo perché me l'hai detto tu”.

“E la ragazza, allora?”

Arthur ebbe un sussulto, ma non lo diede a vedere.

“Che cosa intendi dire?”, ringhiò.

Intendo dire che tu mi hai fatto organizzare un incontro privato con el Prìncipe solo per farla uscire di prigione. No, non mi sono bevuto il tuo discorso, Inglaterra. Non crederò mai che tu sia così interessato alla reputazione di Felipe, e SO che tanto, qualsiasi cosa faccia, voi lo odierete comunque, solo perché non è un isolano come voi. E quindi, cosa rappresenta questo tuo atteggiamento? Tutti questi tuoi sforzi per una sola cittadina?”

Ad Arthur sembrò che invece di Spagna, a parlargli fosse la sua coscienza. Una coscienza che sapeva le cose a metà, certo, e che doveva essere corretta, ma comunque una coscienza, che lo metteva faccia a faccia con i suoi dubbi e voleva farlo riflettere. Si trovò a fissare il vuoto, con Spagna che aspettava la sua risposta.

Beh... innanzitutto, Spain, ti sbagli quando dici che la reputazione di Felipe non mi interessa... sai bene che ogni rappresaglia contro di lui si riverserebbe anche contro la mia regina...”

“Però?”

Arthur si trovò un po' a corto di parole, in parte irritato di avere qualcosa da spiegare a Spagna, in parte volendo tenersi qualche pensiero per sé, in parte volendo rispondergli facendogli effettivamente capire cosa intendeva, per motivi che adesso sfuggivano alla sua mente.

“Però... però mentirei se dicessi che non ti ho fatto organizzare l'incontro perché la sorte di Elizabeth mi sta a cuore”.

“Perché?”

Perché... perché perché perché...? Fino a quanto i sentimenti del suo popolo potevano essere in simbiosi con i suoi? Dov'è che finiva la nazione e iniziava l'uomo, dov'è che Inghilterra smetteva di rappresentare tutti e cominciava ad essere solo Arthur Kirkland? Perché aiutava Elizabeth? Perché lei era il simbolo di quello che il suo paese avrebbe potuto essere? Perché la conosceva, e anche solo da quello lo sapeva, già sapeva che regina sarebbe stata (migliore di Mary, migliore di Henry, mille immagini di un regno dorato che gli ronzavano in testa e non lo lasciavano stare)? O perché lei era una donna meravigliosa, e lui un uomo che non riusciva, in alcun modo, a starle lontano, neanche per il suo bene o per la sua tranquillità.

Forse era tutto quanto, tutti questi motivi insieme a tutti gli altri motivi del mondo, che si riunivano in una spirale che girava e girava e girava, e lui al centro, confuso, sconcertato, ma allo stesso tempo risoluto. E con finalmente una risposta pronta, completa e universale.

“Perché lei farà la differenza”.

Spagna lo guardò con occhi sgranati. Arthur gli sorrise, si voltò e tornò nella sua stanza.

 

 


 12 maggio 1554, Torre di Londra

 

Arthur era furioso. Al suo ritorno, il giorno precedente, aveva scoperto che non solo Mary aveva firmato l'ordine di esecuzione di Lady Jane Grey, ma che la fazione cattolica del Consiglio aveva inviato a Sir John Brydges, il tenente della Torre di Londra, il mandato di esecuzione di Elizabeth SENZA la firma della regina, e quindi più che probabilmente senza il suo consenso. Fortunatamente, Sir Brydges era un uomo onesto, che vedendo il mandato incompleto senza la firma della regina, aveva rifiutato di eseguire l'ordine, salvando effettivamente la vita ad Elizabeth. Annotandosi mentalmente di convincere la regina a premiare la sua onestà, una volta che le cose si fossero calmate, Arthur rifletté su come tuttavia la situazione stesse migliorando da quando era tornato. La lettera di Felipe aveva avuto un visibile effetto sulla regina: era chiaro come lei desiderasse non contrariare il futuro marito, e come inoltre ritrovasse effettive verità nei dubbi che lui sollevava sull'esecuzione. Era stata sospettosa con Arthur, probabilmente chiedendosi perché avesse richiesto un colloquio privato con il principe, com'era citato nella lettera. Tuttavia, non disse niente, preoccupata di risolvere la situazione in una maniera non troppo eclatante. Avrebbe discusso la faccenda in parlamento il giorno seguente, e poi si sarebbe visto. Arthur però era ottimista, anche perché Mary, impensierita com'era e allo stesso tempo tranquillizzata dai risultati positivi dei trattati di matrimonio, gli aveva dato l'autorizzazione a portare lui stesso la notizia a Elizabeth, evitandogli un'altra fastidiosa incursione notturna.

Una volta davanti al portone della Torre, e a tutte le altre guardie che glielo chiesero, fece vedere il permesso firmato dalla regina, compreso, ironia della sorte, alla guardia cafona che aveva corrotto la volta scorsa.

Una volta davanti alla porta che ormai avrebbe riconosciuto tra mille, si fermò vedendo apparire attorno a lui una miriade di piccoli, lievi visi sorridenti, piccoli occhi che lo osservavano con affetto, piccole ali che gli sfioravano le braccia e i capelli. Arthur sorrise.

“Avete vegliato su di lei, amiche mie...?”

Tante piccole risate di assenso.

“Vi ringrazio”, disse vedendole svanire verso altri luoghi.

Dopo qualche attimo, bussò alla porta, che gli venne aperta dalla vecchia serva di Elizabeth.

“Oh! Oh, siete voi”, disse guardandosi attorno. “Allora presto, entrate subito prima che vi vedano...”

Non preoccupatevi, madam”, disse Arthur entrando, “stavolta sono qui con l'autorizzazione della regina”.

La vecchia sembrò stupita.

“Oh... ma... è grave?”

“No, non-”

“Arthur?”, disse una voce lieve, l'eco di una voce a lui familiare. Guardando in fondo alla stanza, Arthur vide una pallida figura dai capelli rossi e dal vestito azzurrino seduta su una sedia accanto alla finestra. Stavolta, tuttavia, non fece in tempo a dirle di rimanere seduta: Elizabeth si alzò di scatto dalla sedia e corse verso di lui, gettandogli le braccia al collo. Arthur rimase momentaneamente paralizzato dalla sorpresa, ma poi ricambiò timidamente il suo abbraccio, sentendosi le guance in fiamme.

La serva di Elizabeth fece un verso di sorpresa: lo spettacolo doveva esserle apparso alquanto sconveniente. Tuttavia, Elizabeth non ne parve turbata, chiedendo alla vecchia di raggiungere le altre serve nella stanza accanto.

Quando rimasero soli, Elizabeth si voltò per rivolgersi a lui. Mentre lei abbassava le braccia, Arthur la liberò dalla sua stretta e le prese le mani. Sorridendo alla vista delle loro mani congiunte, Elizabeth alzò gli occhi per guardarlo, ma Arthur la precedette nel parlare:

“Come state, Elizabeth? Vi vedo pallida. I pasti che vi servono sono adeguati?”

Con sua sorpresa, Elizabeth scoppiò a ridere.

Cielo, Arthur, a volte mi sembrate una governante! Fate domande degne solo dei medici o delle vecchie madri!”. La sua risata si affievolì. “In ogni caso sì, non è la scarsità del cibo da attribuire al mio pallore. Purtroppo, nell'ultimo mese le mie libertà sono state limitate, e non ho potuto lasciare la mia camera, neanche per prendere qualche raggio di sole sulle mura. Le spie del Privy Council devono aver riferito che i bambini delle guardie erano troppo amichevoli con me- dei piccoli angeli, ve lo assicuro- e hanno voluto limitare i miei contatti esterni... il che ha senso, dopotutto, questa è una prigionia”.

Arthur rimase basito. L'avrebbero davvero fatta ammalare, in questo modo. Grazie a Dio l'ordine di scarcerazione sarebbe arrivato presto.

“Questo vostro confinamento... non mi era stato riferito”.

Elizabeth fece un piccolo sorriso sghembo, più da ragazzaccio di strada che da principessa, e fece un leggero sbuffo divertito.

“Probabilmente perché non è stato ritenuto importante... e non lo è, davvero. Sono accadute cose ben più degne di tensione in questo mese. La morte di Sir Wyatt, gli interrogatori che mi sono stati fatti dal Consiglio, il falso ordine di esecuzione... non... non è stato un mese facile”.

Arthur si sentì stringere il cuore alle sue parole. Certa gente impazziva in situazioni di pressione come queste, e invece eccola lì, pallida e smagrita, sì, ma comunque ancora in piedi, e ancora forte.

Senza pensare, Arthur avvolse le spalle di Elizabeth in un nuovo abbraccio, e accarezzandole i capelli rossi con una mano, le baciò dolcemente la fronte e il sopracciglio. Avvicinando le sue labbra all'orecchio della ragazza, mentre lei gli appoggiava il viso tra il collo e la spalla, Arthur mormorò a voce bassa:

“Ho parlato con Felipe, Elizabeth. Come sospettavamo, teme gli effetti che una vostra esecuzione potrebbero avere sulla sua reputazione qui. Vi vuole fuori di prigione”.

Elizabeth alzò il viso per guardarlo, lo stupore nei suoi occhi.

“E quindi..”

“E quindi il momento in cui potrete lasciare questa cella è ormai alle porte”.

Elizabeth rimase pietrificata per qualche lungo attimo, finché un largo, luminoso sorriso si aprì lentamente sul suo viso.

Sorridendo anche lui, quasi per contagio, Arthur appoggiò la sua fronte a quella di lei. Rimasero così, lui con le braccia attorno alle spalle di lei, lei con le mani appoggiate alla schiena di lui. Il tempo si era fermato.

 

 

 

 

 

Uuuuuh! Questo capitolo è venuto un po' più lunghetto degli altri, eh? In realtà è un regalino che faccio a voi lettori per farmi perdonare la notizia che vi devo dare... e cioè che non sarò in grado di aggiornare la storia per tutto il mese di agosto causa viaggi vari in luoghi dove darò senza computer/internet/tempo di scrivere/ecc. Mi dispiaceeeeee ç_____ç Ma dato che questa storia ha avuto pause anche più lunghe (XD), confido nella vostra comprensione e nella vostra pazienza. E con questo, vi auguro buone vacanze e buon ferragosto! Ci vediamo a settembre, un bacione a tutti quanti!!!! <3 <3 <3 <3

 

 

Dato che questo capitolo si spiega più o meno da solo, non ho visto il bisogno di aggiungere note storiche. Tuttavia, data la massiccia quantità di frasi in spagnolo inglese, metterò una traduzione di quelle più incomprensibili. Vorrei sottolineare che le frasi in spagnolo e in inglese sono state aggiunte perché, nel mio headcanon, le nazioni parlano una lingua particolare tra loro, che permette loro di capirsi e di parlare anche con nazioni mai conosciute prima. Comunque, voi siete liberissimi di ignorare l'headcanon e interpretare la presenza delle frasi come volete. :)

 

Traduzione spagnolo:

Inglaterra: Inghilterra

me intiendes?: mi capisci?

no te preocupes: non ti preoccupare

¿no es asì?: non è così?

¿de acuerdo?: d'accordo?

rubio: biondo

Sì, por supuesto, Isabel: Sì, certo, Elizabeth (Isabel è il nome spagnolo)

¿Qué demonios estás hablando?!: Di che diavolo parli?!

España, ¿qué sucede? Traducir de inmediato: Spagna, che succede? Traduci subito.

querida: cara

 

 

Traduzione inglese:

Thou creeping tallow-faced varlet: un po' intraducibile... basti sapere che è un insulto! XD

I agree: sono d'accordo

God Almighty: Dio onnipotente

 

 

 

Respuestas <3

 

Aerith1992: graziee :D una delle cose che mi prefiggo sempre quando scrivo è dare spessore ai personaggi... senza dividere con l'accetta tra buoni e cattivi.

Selly Michaelis: ciao! Grazie di aver commentato! ^^ per le dimensioni dello scritto c'è il fatto che quelle più grandi non mi piacciono per niente... secondo me tolgono atmosfera alla storia. Però se hai windows puoi ingrandire la pagina premendo un pulsantino che sta a destra sopra la barra delle applicazioni, su cui c'è scritto 100% . se lo premi si ingrandisce l'immagine dello schermo! Credo anche che ci sia l'opzione per ingrandire anche nel sito... In ogni caso spero che l'apparizione di Spagna ti sia piaciuta, e grazie del fav! :D

Imperial Swan: grazieeee ;A; la tua recensione è un balsamo per i miei poveri occhi stanchi dopo essere stata ore al computer a scrivere :°D ti ringrazio moltissimo!

BeckyPanda: la mia fic viene addirittura consigliata??? °///° adesso sì che mi emoziono :°D grazie per tutti i tuoi complimenti! Caratterizzare in modo credibile da una parte un personaggio storico e dall'altra una personificazione che deve rappresentare tutta una nazione non è facile, ma recensioni come le tue mi fanno sentire che sono sulla strada giusta... ti ringrazio molto!!

PureMorning: oddio quanti complimenti! Ti ringrazio!! ti giuro che con i commenti a questo capitolo mi avete proprio fatta arrossire x///D grazie del fav, spero di continuare a rendere onore alla storia e ai personaggi!

adrienne riordan: addirittura da Dio! Grazie mille x///D spero che la caratterizzazione di Antonio ti sia piaciuta, ho cercato di renderlo bonario e allegro ma allo stesso tempo serio e perché no, anche pericoloso, così come una nazione importante come la Spagna dovrebbe essere. Per quanto riguarda Elisabetta II... boh? XD mi dispiace dire che non ne ho la minima idea... sono passati tipo 5 secoli e le leggi cambiano in continuazione, quindi non ne sarei proprio sicura, ma non posso confermartelo, sorry. ç_ç

  
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