Two left hooves
Tumnus non era del tutto sicuro di come
si fosse ritrovato in questa situazione, né se dovesse sentirsene
riconoscente o preoccupato. O se dovesse semplicemente concludere che Aslan
aveva uno strano senso dell’umorismo. Davvero, non poteva escluderlo.
Tutto era cominciato in un modo piuttosto
innocente. Dopo anni di isolamenti in un angolo o di nascondigli in balcone
ogni volta che c’era un ballo reale, i Re e le Regine alla fine erano
diventati curiosi di sapere perché si tenesse sempre nell’ombra.
Una Regina in particolare, la sua amica Lucy, non avrebbe avuto pace
finché lui non le avesse detto la verità.
“Non hai mai voglia di
ballare?” gli aveva chiesto Lucy. Tumnus allora
era stato costretto a rivelare, tra violenti rossori e farfugliamenti, di non saper ballare. Almeno non come si faceva ai balli reali.
Conosceva le danze dei fauni, ma quelle erano piuttosto diverse.
Dopo di ciò le cose si
facevano un po’ confuse, ma quando riuscì a rimetterle a fuoco Tumnus si ritrovò a prendere lezioni di danza da Lucy,
che si era rifiutata di accettare una risposta negativa. Insisteva che Tumnus imparasse, in modo che potesse ballare con lei alla
festa del suo diciottesimo compleanno, che si sarebbe tenuta di lì a un
mese.
Non molto tempo prima, non
sarebbe stato un problema per lui stare così vicino a Lucy per un
periodo di tempo tanto esteso. Ma allora il suo cuore e la sua mente si
ribellarono, e gli fecero capire che il suo amore per la cara amica si era
intensificato, e che da qualche parte lungo la strada lui si era innamorato di lei. Stilate tutte le ragioni
per le quali quella era una pessima idea, in seguito non aveva esattamente vissuto
dei momenti piacevoli. L’opprimente peso dell’amore non corrisposto
e via dicendo.
Per come la vedeva lui, tuttavia,
non avrebbe dovuto lottare a lungo con le lezioni di danza. Dopotutto c’era
già stato chi aveva tentato e fallito miseramente. Ma aveva dimenticato
l’assoluta determinazione della Regina Lucy.
“Davvero, signor Tumnus, non è così difficile,” disse
Lucy, dopo aver evitato con cura che lui le pestasse il piede per la... In
realtà aveva perso il conto di quante
volte. Non poteva essere una buona cosa. “Non riesco a capire
perché sia così complicato per te.”
“Credo che avere due
zoccoli sinistri renda impossibile ballare.”
A questo Lucy sorrise, e Tumnus sentì sussultare il proprio stomaco
traditore. Sembrava che tutto il suo corpo si ribellasse.
“È possibile avere
due zoccoli sinistri?” chiese lei, curiosa.
“Non ne sono sicurissimo,
ma se mai potesse succedere a qualcuno succederebbe a me.”
Era una missione disperata, ma
Lucy non si scoraggiò. E, lentamente, Tumnus
scoprì che i passi gli riuscivano a poco a poco più facili. Oh, be’, almeno non si avvicinava così tanto da
spezzare le dita di Lucy tanto spesso.
“Sono così
orgogliosa di te, caro signor Tumnus!” gli
disse Lucy, dopo quella che giudicò la loro ultima lezione.
Forse fu per la sicurezza tutta
nuova data dalla sua conquistata abilità di ballerino; ma prima di
rendersi conto di ciò che faceva, Tumnus si
lasciò sfuggire: “Potresti chiamarmi semplicemente Tumnus, se lo desideri, Lucy. Soprattutto perché non
mi permetti di chiamarti Vostra Altezza, che sarebbe il modo più giusto
di rivolgermi a te. E inoltre non sei più una bambina che ha bisogno di
dimostrare rispetto a un amico più grande.”
“No; non sono più
una bambina, vero?” disse Lucy, in uno strano tono che lui non sarebbe
riuscito a definire. Avrebbe voluto chiederle spiegazioni, ma Lucy
volteggiò fuori prima di dargliene il tempo, dichiarando che c’era
così-tanto-da-fare prima del ballo.
E che ballo fu. Non c’era
nulla che la gente di Narnia amasse quanto una scusa
– qualsiasi scusa – per
un festeggiamento. E l’ingresso della loro monarca più giovane
nell’età adulta era davvero un’occasione solenne.
Lucy, naturalmente, era
bellissima. In pratica risplendeva, mentre volteggiava tra i suoi ospiti come
una farfalla reale, vestita di un abito di un blu profondo ornato
d’avorio, con lunghe maniche leggere e una gonna che piroettava quando
lei si voltava. Tumnus osservò tutto questo
dal suo solito angolino. C’erano delle abitudini dure a morire. Lui si
era accontentato di vestirsi della sua sciarpa di velluto verde con la frangia
d’oro; non c’era molto da fare per modificare il suo aspetto.
Si era aspettato che Lucy sarebbe
stata troppo occupata con i suoi ospiti per preoccuparsi di lui, ma quasi subito
lei lo vide e lo rimproverò per essersi nascosto di nuovo.
“Tutta l’idea delle
lezioni era per impedirti di restare in ombra, Tumnus!
Adesso vieni, danza con me, e mostriamo a tutta Narnia
il bravo ballerino che sei.”
Non era un ordine; Lucy non gli avrebbe
mai ordinato di fare nulla. Ma era una richiesta, e lui non poteva rifiutare, per
quanto lo desiderasse. Una cosa era fare giri e piroette quando erano soli –
ma in questa folla si sentiva terribilmente timido.
Ad ogni modo, una volta che
furono sulla pista e che ebbe Lucy tra le braccia, fu come se il mondo intero
si dissolvesse. Esistevano solo loro due, e gli occhi profondi di Lucy,
felicemente fissi nei suoi. Non sapeva per quanto tempo avevano ballato –
potevano essere minuti, poteva essere l’eternità – ma alla
fine Lucy disse di essere stanca e di aver bisogno di una boccata d’aria.
Uscirono sul balcone, il loro balcone, dove di solito si
ritrovavano insieme durante i balli, soprattutto quando Lucy era ancora una
bambina e ballare non le interessava. Rimasero lì, vicini, a lasciarsi
sfiorare dalla brezza fredda. Lucy a un tratto rabbrividì, e si avvicinò
a Tumnus in cerca di calore.
Dopo un momento di esitazione, Tumnus la circondò con le braccia. Stava giocando
col fuoco, lo sapeva; ma, per andare avanti con la metafora, lui non era altro
che una falena attirata da una bellissima fiamma, e non c’era modo di
resistere a quella chiamata.
“È stato un
bellissimo compleanno,” disse Lucy. “Quasi perfetto.”
“Quasi?” chiese Tumnus. “Cosa potrebbe mancare?”
Ma Lucy non gli rispose,
scegliendo invece di abbandonare il capo sulla sua spalla, guardandolo di sotto
in su con quei suoi occhi incantevoli. Tumnus non
poté resistere oltre. Era un fauno dotato di scarso autocontrollo, e
questo era arrivato al limite.
“Lucy, io...”
cominciò, ma perse il coraggio. Si schiarì la gola e provò
di nuovo. “Lucy, io... Voglio dire, io... Oh, accidenti. Quel che sto
cercando di dire è che io...”
“Tu cosa, Tumnus?” chiese Lucy, gentilmente.
‘Finiamola e basta, Tumnus,’ gli disse la testa. ‘Prima glielo
dirai, prima ti si spezzerà il cuore, e prima potrai morire di cocente
imbarazzo.’
“Ti voglio bene, Lucy Pevensie.”
“Anch’io ti voglio bene, Tumnus,” rispose Lucy tranquilla.
“No, cara Lucy, non credo
che tu capisca. Quel che volevo dire è che sono innam...”
Ma Tumnus
non poté mai terminare la frase, poiché le dita di Lucy all’improvviso
erano intrecciate ai suoi capelli, e lei gli stava avvicinando il volto al suo,
finché le loro labbra si sfiorarono. Tumnus rimase
lì, congelato dalla sorpresa, fino a quando il suo cervello fu
abbastanza gentile da dargli un metaforico calcio, chiedendogli per quale
motivo se ne stava là come fosse di
nuovo un freddo pezzo di marmo. Dopo aver ringraziato il proprio cervello e
deciso di perdonarne il comportamento traditore degli ultimi mesi, Tumnus prese possesso del bacio, domandandosi se non fosse soltanto
una sorta di sogno meraviglioso. E se era così, che non lo svegliassero
mai più, per favore e grazie tante.
Quando il bacio s’interruppe,
Tumnus restò immobile, un po’ confuso,
con in volto un sorriso che più tardi Lucy definì “decisamente
rintronato”, e senza avere una vera idea di come d’improvviso fosse diventato il fauno più
fortunato di Narnia.
“Lucy, perché mi hai
baciato?” non poté fare a meno di chiedere.
“Perché potevo. L’hai
detto tu stesso, mio carissimo Tumnus: non sono
più una bambina,” disse lei, prima di aggiungere (con un sorriso
decisamente malizioso): “Ce ne hai messo di tempo ad accorgertene.”
Tumnus avrebbe potuto borbottare
qualcosa che somigliasse a una risposta, ma se anche si fosse avvicinato a
formulare parole vere e proprie, quelle non sarebbero appartenute comunque a una
lingua che uno dei due avrebbe potuto comprendere. Lucy ebbe compassione di
lui, stringendogli la mano nella sua mentre lo guidava di nuovo verso la sala
da ballo.
“Adesso è un compleanno perfetto,” disse.
“Del tutto?”
replicò Tumnus.
“Del tutto. Adesso vieni, e
danza di nuovo con me.”
Certo
che l’avrebbe fatto. Per quanto lo riguardava, non avevano mai smesso di
danzare. E sperò che non l’avrebbero fatto mai.
Note di
traduzione
Trasporre
in italiano questa storia è stato piuttosto complesso, perché avevo
l’impressione che con il cambiamento si sarebbe persa molta della
dolcezza e della delicatezza che la pervadono. Ho cercato di mantenermi il
più fedele possibile all’originale e spero davvero di avervi fatto
cosa gradita, poiché, come prima Tumnus/Lucy
che abbia mai letto, a me è piaciuta infinitamente.
<3
Ogni commento
sarà inviato all’autrice; a questo indirizzo lo scritto originale.
Aya Lawliet ~