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Autore: keepcalm    02/08/2011    1 recensioni
Nuova storia. Mi spiace per tutti quelli che rimarranno delusi ma sono un'incallita introspettiva, romantica ed un adorante di Ron ed Hermione. J.K Rowling, perdonami. Stavolta è Hermione a narrare, nel momento, credo, più buio. So che non è molto originale ma spero di non annoiarvi e di guadagnarmi la vostra stima anche con un argomento "usato". Comunque, Ron, nel glorioso momento della sua più grande stupidaggine(no, Lavanda non è stata il fondo) che lascia Hermione incredula sotto la pioggia. La confusione e la frammentazione sono volute, proprio per esprimere il suo dolore. Buona lettura!
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Ron/Hermione
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Piove.

Sono piuttosto sicura che stia piovendo perché sento di essere sempre più bagnata ed infreddolita, ma non ne sento il rumore. Non posso neanche affidarmi alla mia vista, perché quella sta lottando con un altro tipo di gocce.

Cerco di mettere a fuoco le immagini che ho davanti perché sono sicura che è tutto un malinteso, che sono i miei occhi che, colmi di lacrime, non riescono a distinguere dove sei, ma sono del tutto certa che tu stia camminando in modo imbronciato per rifugiarti sotto al tuo albero preferito e farti passare la collera.

Non può essere vero che te ne sia andato.

È contro ogni logica, ogni legge della natura; ed io so molto di entrambe.

Stiamo affrontando una guerra e non abitiamo una vera casa da quelli che ormai sembrano secoli ma l’unica cosa che riesce a tenerci ancora in piedi è la consapevolezza di essere insieme, e la sola persona che effonde questa sicurezza sei tu.

Non puoi essertene andato.

Non puoi perché io te lo avevo detto, a Grimmauld Place.

 Anche se l’acqua mi sta penetrando nelle ossa, sento il bisogno di ricordarla, quella notte, perché so che la sola cosa in grado di farmi riassorbire le lacrime è pensare ad un bel momento, e quello, nonostante sia un paradosso per la situazione in cui eravamo, è il più bello che abbia mai condiviso con te.

Avevi insistito perché io prendessi il divano per dormire e, nonostante fossi compiaciuta al massimo dal riguardo che mi dimostravi, cercai di oppormi presentandoti delle contro teorie di tutto rispetto; non ne volesti prendere in considerazione neanche una. Ti ammirai, con un’intensità che non ricordavo di possedere ma che ero sicura di aver già provato nei tuoi confronti, e, scioccamente e inopportunamente, pensai che fosse un’altra dimostrazione del fatto che fossi un Grifondoro in tutto e per tutto. Avevamo bisogno solo di essere benedetti dall’abbraccio del sonno, ma il mio si stava facendo attendere e mi rigiravo rumorosamente, seccata dalla miriade di pensieri che mi vorticavo nella testa e che mi impedivano di dormire. Mi bloccai di colpo, sentendoti sogghignare, e alzai la testa per incrociare il tuo sguardo: alla luce della luna che filtrava dalla finestra alla mia destra, i tuoi occhi brillavano così tanto, da sembrare una riproduzione del cielo stellato, dato che l’oscurità della stanza mescolata al bagliore lunare conferivano loro una profonda tonalità di blu. Sorrisi, sinceramente, cosa che ero in grado di fare solo con te. Poi spezzasti il silenzio:

“Non riesci a dormire, eh?”

“Non proprio” ammisi.

 “Conoscendoti, scommetto che è perché hai troppi pensieri che ti frullano per la testa!” nonostante fosse una frase detta da te, la persona che mi capiva meglio di chiunque altro, non mi ero ancora abituata al fatto di essere così esposta verso di te. Avevo sempre paura di essere ferita.

“Conoscendoti, scommetto che invece non riesci a dormire perché hai troppa fame ma sei troppo pigro per alzarti ed andare a trafugare qualcosa in cucina!”

“Adesso che mi ci fai pensare…” dicesti fingendoti pensieroso e ridendo. Poi continuasti seriamente:

“ Ti stupiresti se ti dicessi che è per il tuo stesso motivo?”

“Sì!” esclamai convinta.

Un secondo più tardi me ne pentii perché sapevo che non mi lasciavi mai spunti per attaccarti gratuitamente, e questo era davvero troppo facile. Mi resi conto che quella era una confessione e che ti era costata anche parecchio perché avevo imparato che sei orgoglioso almeno quanto me. Così mi corressi:

“No, no non mi stupirebbe. Infondo non deve essere facile neanche per te”. Sospirasti e mi dicesti:

“Già! Ho sei persone a cui pensare costantemente perché non le ho accanto e due a cui pensare costantemente perché le ho accanto, per essere sempre pronto a proteggerle”.

Mi colpì la tua profondità e soprattutto la considerazione che avevi per me. Sapevo che adesso toccava a me essere quella che doveva sdrammatizzare perché il nostro rapporto era così: eravamo, in tempi di pace, la cosa più equilibrata che conoscessi. Così esclamai:

“Wow! E pensare che due anni fa ti accusai di avere la sensibilità di un cucchiaino. L’avessi saputo ci avrei pensato due volte prima di dirlo!” e sorrisi. Tu facesti lo stesso e rispondesti:

“Non avrei mai creduto che avrei assistito a questo giorno: Hermione Granger che ritratta quello che dice, anzi no, meglio ancora, gli insulti che mi rivolge! Anche se però ci è voluta una guerra per vivere questa emozione!”.

Ridemmo entrambi, facendo molta attenzione a non svegliare Harry che, non ho mai capito come, riusciva a dormire anche tra le braccia di Voldemort. Ci furono due minuti di pausa, poi non riuscii più a trattenermi e, con la voce un  po’ rotta dalle lacrime che avevano iniziato a scorrere senza che me ne accorgessi, ti confessai:

“Ron, ho paura”.

Le lacrime scesero più copiosamente e tu, in risposta, sospirasti pesantemente. Eri sdraiato esattamente sotto il mio divano, ma la tua testa si trovava in corrispondenza dei miei piedi. Sentii che in qualche modo ti stavi spostando, ma ero troppo presa dai miei singhiozzi per capire verso quale direzione. In quel momento capii che c’era un solo modo per attenuare l’angoscia che sentivo dentro di me e dovevo farlo subito, prima che potessi pensarci una seconda volta e decidere che era una cattiva idea, come sempre mi succedeva quando si trattava di te. Dissi:

“Ron, mi devi promettere che starai sempre dove io ti posso vedere”.

Questo era il massimo che potessi ottenere dalla mia reticente personalità, ma esprimeva molto praticamente quello che, in un’altra situazione, avrei esposto con parole molto più dolci. Sogghignasti e mi rispondesti:

“Sì, mamma!”

“Sono seria, Ron. Promettimi che starai sempre al mio fianco”.

Ecco, questo era un po’ più esplicito. Ho sempre avuto il terrore e il desiderio di infuriarmi con te perché sapevo che quella sarebbe stata l’unica maniera in cui un giorno mi sarei tradita…o aiutata, a seconda del punto di vista. Rimanesti scioccato dalle mie parole e per un minuto intero non sentii più il rumore dei tuoi misteriosi spostamenti.

Poi sospirasti e i rumori ricominciarono più frenetici. Non essendo più distratta dalle mie lacrime, capii che ti stavi muovendo verso di me e tastai il pavimento con la mano sinistra per constatare dove ti trovavi: il respiro mi si bloccò quando le tue dita si intrecciarono con le mie. In un angolino remoto della mia testa pensai che forse, se questa era la ricompensa per essere stata più schietta del solito, avrei dovuto farlo più spesso. Questa però fu l’unica cosa sensata che riuscii a formulare, soprattutto perché tu stringesti la presa e d’improvviso il mio respiro accelerò.  Non sapevo cosa trarre da quel gesto inaspettato ma tu, immerso nello stesso nervosismo in cui ero anch’io,  respirasti forte un’ultima volta e dicesti:

“Sì, Hermione. Te lo prometto”.

Mi sentii soddisfatta e sospirai, sprofondando maggiormente nel divano per trovare la posizione più confortevole. Tu sembrasti imitarmi, per quanto si potesse essere comodi per terra, ma continuasti a stringermi la mano, cominciando ad accarezzarmi il dorso con il pollice. Non avrei mai creduto che saresti stato in grado di cancellare tutte le mie angosce semplicemente tenendomi la mano, che, nonostante non avessi espresso tutto quello che mi terrorizzava, avresti trovato la maniera di confortarmi più di quanto potessero fare le parole.

Adesso ero sicura di una cosa, una cosa particolarmente importante e che, in condizioni di normalità, mi avrebbe aperto un milione di prospettive ma che, in una squallida stanza di Grimmauld Place, mentre sfuggivamo ai Mangiamorte e stavamo alle calcagna di Voldemort, non faceva altro che deprimermi; non avevo davanti a me un milione di prospettive raggianti ma un’interminabile fila di paure che convergevano tutte in una: quella per la tua vita.

Ero maledettamente cosciente che quella era una guerra e che avrei potuto perdere una persona cara anche e soprattutto quando meno me lo aspettavo: cercavo di abituarmi all’idea che avere la certezza che in quel momento fossero ancora tutti vivi era l’unica cosa che mi sarebbe stata concessa, che ci sarebbe stata concessa. Poi, quando cominciavo a non rimanere più senza aria a quel pensiero, iniziavo a ponderare la possibilità che potesse succedere qualcosa ad Harry: le lacrime sgorgavano irrefrenabili, soprattutto perché un piccola parte di me non smetteva di domandarsi se ci aspettasse qualche trucco una volta trovati tutti gli Horcrux, che Harry non fosse in grado di sconfiggere Voldemort, anche non avendo la potenza della magia oscura a proteggerlo.

E così mi si parava davanti il tuo sorriso, quello che ti si stampava in faccia quando eri veramente felice o quando vincevi una partita di Quiddich. Sorridevo a mia volta mentre il mio composto pianto si trasformava in pura disperazione: avrei sopportato tutto, ma tu dovevi continuare a vivere o sarei morta insieme a te. 

In quel momento mi resi conto che quella promessa non era del tutto vera: se ci fossimo trovati al momento sbagliato nel posto sbagliato, sapevamo entrambi che  non avresti esitato a sacrificarti per salvare me o Harry.

Quella consapevolezza però non mi depresse, forse perché la tua mano era ancora intrecciata nella mia e non mi riusciva di pensare al peggio in quel momento, o forse perché sapevo che io avrei fatto lo stesso e mi sarei fatta uccidere per te o per Harry, ma nulla aveva importanza perché tu mi avevi promesso di stare comunque al mio fianco.

Al contrario di tutte le aspettative, mi addormentai poco dopo, sognando un’estate indefinita alla Tana, molto probabilmente mai vissuta perché me lo ricorderei se ci fossimo baciati nascosti tra i cespugli vicino allo stagno.

È stata quella l’unica ragione per cui sono riuscita a non crollare del tutto, per la quale tiravo avanti almeno fingendo di avere ancora la determinazione di un tempo, quando eravamo ad Hogwarts. Tu non mi avresti abbandonata.

E poi quell’Horcrux. Io ero preoccupata maggiormente in questi ultimi giorni rispetto al solito perché vedevo che tu stavi rasentando sempre di più il collasso emotivo e cercavo di farti tenere al collo quel medaglione il meno possibile, imbrogliando anche sull’orario dei turni, perché vedevo che tu ne eri particolarmente soggiogato; avevo paura del tuo sguardo quando lo portavi per troppo tempo.

Così te ne avevo parlato, aggirando l’ostacolo ovviamente, perché sapevo che eri molto irritabile, e ti dissi di tenere duro perché purtroppo Harry non aveva ancora un piano  ben definito a causa di Silente, che non gli aveva dato delle istruzioni specifiche, cosa di cui ero molto sorpresa. Ti avevo chiesto di stringere i denti ed aspettare perché lui aveva bisogno di noi, soprattutto in questo momento in cui non sapeva più che pesci prendere. Tu mi avevi detto, un po’ di malavoglia perché eri angosciato dalla fame, che ci avresti provato.

Dall’altro  lato, cercavo di ammorbidire Harry nei tuoi confronti, perché il tuo continuo armeggiare con quella radiolina lo stava davvero facendo dare fuori di matto.

Poi però l’equilibrio stasera si è rotto: tra cinque minuti ti avrei chiesto di darmi il cambio per tenere l’Horcrux, nonostante mancasse ancora mezz’ora al mio reale turno, ma si vede che quel tempo è bastato a piegarti; ti sei lasciato sopraffare ma non ti biasimo per questo, perché nessuno sarebbe stato capace di reggere ancora. Hai sfogato la tua rabbia su Harry e me, nonostante fossimo i meno meritevoli del tuo atteggiamento. In altri tempi, Harry non avrebbe tenuto in considerazione una sola delle tue parole, ma adesso siamo in guerra e i nervi saltano a chiunque anche alla minima sciocchezza.

Sono intervenuta con la magia per evitare che vi faceste male. Hai gridato a quel povero ragazzo che noi tramavamo alle sue spalle: una completa rivisitazione delle mie parole; gli hai dato un motivo per sentirsi escluso nonostante sapessimo entrambi che stavamo rinunciando a noi per evitare questo. Per un attimo ho provato pura rabbia nei tuoi confronti.

Poi le cose sono andate in maniera strana: tu che minacci di  andartene e mi chiedi se ho intenzione di venire con te. Credo che  non mi sia mai sentita più impotente come in questo istante: che cosa mai avrei potuto scegliere, Ron? Di venire con te e vivere come se nulla fosse mentre Harry era da solo contro tutti? Non credo che sia stata una domanda corretta, e questo lo sai anche tu.

Tu però hai travisato le mie intenzioni (strano!) e hai creduto che io volessi stare con lui. Te ne sei uscito correndo dalla tenda ed ho cercato di fare il più presto possibile anch’io, bloccata dal mio stesso incantesimo.

Ho urlato il tuo nome, ma tu non hai esitato neanche una volta.

Quando ho visto la tua figura sparire, ho sussurrato di nuovo il tuo nome e ti giuro che in vita mia non ho avuto un tono né così afflitto né così deluso.

Non riesco più a pronunciarlo ad alta voce, il tuo nome, ma continuo a stare sotto la pioggia, sillabandolo.

Prima, il solo udirlo mi faceva sentire piena, completa, adesso mi farebbe solo rendere realmente conto della tua assenza; quindi posso solo mimarlo con le labbra, almeno per continuare ad essere sicura che esisti e sei passato di qui, o forse per continuare a conservare la fede che tu stia bene e che, nonostante te ne sia andato, non ti sia capitato niente di male.

Era questo che volevo scongiurare, quella sera, a Grimmauld Place: non volevo sapere come sarebbe stato non averti davanti agli occhi tutto il tempo, sapere che non saresti stato ad un tiro di schioppo da me quando dormivamo nella tenda.

Adesso non ho più la forza di chiudere gli occhi la notte, perché, non so per quale motivo, sono convinta che se li chiudessi finirei con il non avere  più il controllo sulla realtà , un controllo che non mi è mai sembrato più effimero. Se li chiudessi non potrei più pensare a te lucidamente e potresti essere catturato dai Mangiamorte mentre io mi crogiolo nel sonno; credo di essere convinta che più mi concentro su di te più  riesco a preservarti.

Ma io ho bisogno di credere in qualcosa e non mi posso permettere il lusso di ammettere che con questo atteggiamento sto solo mentendo a me stessa, perché altrimenti toccherei il fondo.

È per questo che ogni notte, mentre sono molto occupata a piangere, a non farmi notare da Harry e a convincermi che tu sia nel letto sotto il mio, sillabo il tuo nome. Non esce una sola vibrazione dalle mie labbra, ma ho bisogno di sentire la fisicità dell’unica cosa che ti rappresenta che mi sia rimasta.

 

Però ricorro anche ad altri piccoli espedienti per tenerti ancora con me: il tuo spazzolino è in  bagno, accanto al mio, e sto iniziando a mettere il ritratto di Phineas Nigellus sulla sedia tra me ed Harry quando ceniamo, giusto per non doverla fissare ad ogni boccone e sentire il mio cuore perdere un battito alla volta.

Non smetto mai di vigilare costantemente, proprio come ci aveva detto di fare Moody, nella foresta per cercare di scorgere una macchia rosso fuoco tra gli alberi o dei piccoli frammenti di oceano un po’ troppo in alto per farne realmente parte; spero sempre di vederti ritornare verso la tenda, un po’ ciondolante, mentre ti lamenti del fatto che hai trovato solo un po’ di funghi immondi.

Ma infondo, sebbene io non ti abbia mai incolpato di nulla perché sono troppo preoccupata per provare altro, non posso non odiarti, almeno per essere coerente con me stessa. Me lo devo perché io so che per me una promessa è debito, e tu non l’hai onorata.

Ti odio.

Ti odio perché mi fai vergognare di me stessa: ho permesso che entrassi troppo in profondità per accorgermi di null’altro, ti ho fatto avvicinare così tanto a me che non sono riuscita a vedere altro che i tuoi occhi e avevo una considerazione tanto alta di te da vedere solo il buono.

Mi fai vergognare perché metti confusione nella mia ordinata mente e non riesco più a capire chi sono. Mi fai vergognare perché ti amo così tanto da guardarmi allo specchio e non riconoscermi più, solo perché non so dove sei. Mi fai sentire debole ma non è questa la cosa per cui provo più imbarazzo, io mi sento sempre così: tu mi impedisci di mascherare i miei sentimenti.

So che Harry ha notato il fatto che ormai sono allo stremo, che non sono molto di compagnia da quando tu non ci sei e questo mi fa stare ancora peggio perché è lui quello che avrebbe tutto il diritto di essere depresso. Mi fai vergognare anche del semplice fatto che tu mi faccia pensare queste cose: tu sei sempre stato e sarai sempre l’unica cosa di cui sono veramente fiera.

Ma mi hai tradita.

Nonostante questo, so che l’unica cosa che voglio è vederti tornare, come so che non riuscirò mai a serbarti il rancore che meriti perché il solo fatto di riaverti sano e salvo sarebbe un miracolo che andrebbe aldilà della sofferenza, della tristezza.

So che non ho bisogno di perdonarti ma so anche che merito delle spiegazioni, esigo delle spiegazioni. Ho il diritto, e quindi conseguenzialmente tu hai il dovere, di dirmi per quale arcana ragione ti sei smaterializzato quando, in preda all’angoscia più profonda, ti avevo chiesto di starmi vicino durante tutto quel periodo buio. Necessito di sapere per quale strano scherzo del destino, dopo che io mi ero aperta così tanto a te e tu ne eri consapevole, mi hai voltato le spalle.

Ma maggiormente voglio capire perché, quando ti sono corsa incontro e ti ho supplicato di ritornare indietro, tu non hai tentennato nemmeno di un passo; anche nell’utilizzare la bacchetta la tua mano è stata ferma, precisa.

 Mi manchi, nonostante voglia convincermi che è solo per la tua incolumità. E quando piangerò, stanotte, dopo che mi sarò rimproverata nuovamente di aver ceduto a  te e di aver speso un altro giorno continuando a mostrarmi così debole agli occhi di tutti, mi recriminerò anche di avere ammesso che mi manchi.

 Ah, e non dimentichiamoci che in un impeto d’ira mi sono anche lasciata sfuggire che ti amo.

Ma come ho già detto ho bisogno di credere in qualcosa: ho bisogno di continuare ad avere fede in te e nella tua esistenza; solo le mie ferite ne sono la più tangibile prova e, se sarà necessario lasciarle aperte,  continuerò a ferirmi, piangendo ogni notte e ricordandoti più di quanto già non faccia di giorno.

Ma questo è già routine.

Ecco perché io ti preservo. E così preservo anche me: ho paura che non ricordandoti sempre finirei per dimenticarti e dimenticandoti non saprei più come si faccia a vivere, a sorridere.

Già, paradossalmente per andare avanti e non scordare il bello della vita ho bisogno di continuare a provare dolore, a pensare a te.

Come al solito, sei la mia più grande rovina ma la mia unica fonte di salvezza, anche se sono sempre stata troppo orgogliosa per ammetterlo.

Per questo stavolta sarò io a farti una promessa: ti prometto che non permetterò che questa guerra finisca prima che io ti abbia confessato tutto, anche perché non lascerò che tu ti comporti in questo modo di nuovo senza che io non abbia una solida ragione per cui prenderti a schiaffi. 

  
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