Piove.
Sono
piuttosto sicura che stia piovendo perché sento di essere
sempre più bagnata ed
infreddolita, ma non ne sento il rumore. Non posso neanche affidarmi
alla mia
vista, perché quella sta lottando con un altro tipo di
gocce.
Cerco di
mettere a fuoco le immagini che ho davanti perché sono
sicura che è tutto un
malinteso, che sono i miei occhi che, colmi di lacrime, non riescono a
distinguere dove sei, ma sono del tutto certa che tu stia camminando in
modo
imbronciato per rifugiarti sotto al tuo albero preferito e farti
passare la
collera.
Non
può
essere vero che te ne sia andato.
È
contro ogni
logica, ogni legge della natura; ed io so molto di entrambe.
Stiamo
affrontando una guerra e non abitiamo una vera casa da quelli che ormai
sembrano secoli ma l’unica cosa che riesce a tenerci ancora
in piedi è la
consapevolezza di essere insieme, e la sola persona che effonde questa
sicurezza sei tu.
Non puoi
essertene andato.
Non puoi
perché io te lo avevo detto, a Grimmauld Place.
Anche
se l’acqua mi sta penetrando nelle ossa,
sento il bisogno di ricordarla, quella notte, perché so che
la sola cosa in
grado di farmi riassorbire le lacrime è pensare ad un bel
momento, e quello,
nonostante sia un paradosso per la situazione in cui eravamo,
è il più bello
che abbia mai condiviso con te.
Avevi
insistito perché io prendessi il divano per dormire e,
nonostante fossi
compiaciuta al massimo dal riguardo che mi dimostravi, cercai di
oppormi
presentandoti delle contro teorie di tutto rispetto; non ne volesti
prendere in
considerazione neanche una. Ti ammirai, con
un’intensità che non ricordavo di
possedere ma che ero sicura di aver già provato nei tuoi
confronti, e,
scioccamente e inopportunamente, pensai che fosse un’altra
dimostrazione del
fatto che fossi un Grifondoro in tutto e per tutto. Avevamo bisogno
solo di
essere benedetti dall’abbraccio del sonno, ma il mio si stava
facendo attendere
e mi rigiravo rumorosamente, seccata dalla miriade di pensieri che mi
vorticavo
nella testa e che mi impedivano di dormire. Mi bloccai di colpo,
sentendoti
sogghignare, e alzai la testa per incrociare il tuo sguardo: alla luce
della
luna che filtrava dalla finestra alla mia destra, i tuoi occhi
brillavano così
tanto, da sembrare una riproduzione del cielo stellato, dato che
l’oscurità
della stanza mescolata al bagliore lunare conferivano loro una profonda
tonalità di blu. Sorrisi, sinceramente, cosa che ero in
grado di fare solo con
te. Poi spezzasti il silenzio:
“Non
riesci a
dormire, eh?”
“Non
proprio”
ammisi.
“Conoscendoti,
scommetto che è perché hai
troppi pensieri che ti frullano per la testa!” nonostante
fosse una frase detta
da te, la persona che mi capiva meglio di chiunque altro, non mi ero
ancora
abituata al fatto di essere così esposta verso di te. Avevo
sempre paura di
essere ferita.
“Conoscendoti,
scommetto che invece non riesci a dormire perché hai troppa
fame ma sei troppo
pigro per alzarti ed andare a trafugare qualcosa in cucina!”
“Adesso
che
mi ci fai pensare…” dicesti fingendoti pensieroso
e ridendo. Poi continuasti
seriamente:
“ Ti
stupiresti se ti dicessi che è per il tuo stesso
motivo?”
“Sì!”
esclamai convinta.
Un secondo
più tardi me ne pentii perché sapevo che non mi
lasciavi mai spunti per
attaccarti gratuitamente, e questo era davvero troppo facile. Mi resi
conto che
quella era una confessione e che ti era costata anche parecchio
perché avevo
imparato che sei orgoglioso almeno quanto me. Così mi
corressi:
“No, no
non
mi stupirebbe. Infondo non deve essere facile neanche per
te”. Sospirasti e mi
dicesti:
“Già!
Ho sei
persone a cui pensare costantemente perché non le ho accanto
e due a cui
pensare costantemente perché le ho accanto, per essere
sempre pronto a
proteggerle”.
Mi
colpì la
tua profondità e soprattutto la considerazione che avevi per
me. Sapevo che
adesso toccava a me essere quella che doveva sdrammatizzare
perché il nostro
rapporto era così: eravamo, in tempi di pace, la cosa
più equilibrata che
conoscessi. Così esclamai:
“Wow! E
pensare che due anni fa ti accusai di avere la sensibilità
di un cucchiaino.
L’avessi saputo ci avrei pensato due volte prima di
dirlo!” e sorrisi. Tu
facesti lo stesso e rispondesti:
“Non
avrei
mai creduto che avrei assistito a questo giorno: Hermione Granger
che
ritratta quello che dice, anzi no, meglio ancora, gli insulti che mi
rivolge!
Anche se però ci è voluta una guerra per vivere
questa emozione!”.
Ridemmo
entrambi, facendo molta attenzione a non svegliare Harry che, non ho
mai capito
come, riusciva a dormire anche tra le braccia di Voldemort. Ci furono
due
minuti di pausa, poi non riuscii più a trattenermi e, con la
voce un po’
rotta dalle lacrime che avevano iniziato
a scorrere senza che me ne accorgessi, ti confessai:
“Ron,
ho
paura”.
Le lacrime
scesero più copiosamente e tu, in risposta, sospirasti
pesantemente. Eri
sdraiato esattamente sotto il mio divano, ma la tua testa si trovava in
corrispondenza dei miei piedi. Sentii che in qualche modo ti stavi
spostando,
ma ero troppo presa dai miei singhiozzi per capire verso quale
direzione. In
quel momento capii che c’era un solo modo per attenuare
l’angoscia che sentivo
dentro di me e dovevo farlo subito, prima che potessi pensarci una
seconda
volta e decidere che era una cattiva idea, come sempre mi succedeva
quando si
trattava di te. Dissi:
“Ron,
mi devi
promettere che starai sempre dove io ti posso vedere”.
Questo era il
massimo che potessi ottenere dalla mia reticente
personalità, ma esprimeva
molto praticamente quello che, in un’altra situazione, avrei
esposto con parole
molto più dolci. Sogghignasti e mi rispondesti:
“Sì,
mamma!”
“Sono
seria,
Ron. Promettimi che starai sempre al mio fianco”.
Ecco, questo
era un po’ più esplicito. Ho sempre avuto il
terrore e il desiderio di
infuriarmi con te perché sapevo che quella sarebbe stata
l’unica maniera in cui
un giorno mi sarei tradita…o aiutata, a seconda del punto di
vista. Rimanesti
scioccato dalle mie parole e per un minuto intero non sentii
più il rumore dei
tuoi misteriosi spostamenti.
Poi
sospirasti e i rumori ricominciarono più frenetici. Non
essendo più distratta
dalle mie lacrime, capii che ti stavi muovendo verso di me e tastai il
pavimento con la mano sinistra per constatare dove ti trovavi: il
respiro mi si
bloccò quando le tue dita si intrecciarono con le mie. In un
angolino remoto
della mia testa pensai che forse, se questa era la ricompensa per
essere stata
più schietta del solito, avrei dovuto farlo più
spesso. Questa però fu l’unica
cosa sensata che riuscii a formulare, soprattutto perché tu
stringesti la presa
e d’improvviso il mio respiro accelerò.
Non sapevo cosa trarre da quel gesto inaspettato ma tu,
immerso nello
stesso nervosismo in cui ero anch’io,
respirasti forte un’ultima volta e dicesti:
“Sì,
Hermione. Te lo prometto”.
Mi sentii
soddisfatta e sospirai, sprofondando maggiormente nel divano per
trovare la
posizione più confortevole. Tu sembrasti imitarmi, per
quanto si potesse essere
comodi per terra, ma continuasti a stringermi la mano, cominciando ad
accarezzarmi il dorso con il pollice. Non avrei mai creduto che saresti
stato
in grado di cancellare tutte le mie angosce semplicemente tenendomi la
mano,
che, nonostante non avessi espresso tutto quello che mi terrorizzava,
avresti
trovato la maniera di confortarmi più di quanto potessero
fare le parole.
Adesso ero
sicura di una cosa, una cosa particolarmente importante e che, in
condizioni di
normalità, mi avrebbe aperto un milione di prospettive ma
che, in una squallida
stanza di Grimmauld Place, mentre sfuggivamo ai Mangiamorte e stavamo
alle calcagna
di Voldemort, non faceva altro che deprimermi; non avevo davanti a me
un
milione di prospettive raggianti ma un’interminabile fila di
paure che
convergevano tutte in una: quella per la tua vita.
Ero
maledettamente cosciente che quella era una guerra e che avrei potuto
perdere
una persona cara anche e soprattutto quando meno me lo aspettavo:
cercavo di
abituarmi all’idea che avere la certezza che in quel momento
fossero ancora
tutti vivi era l’unica cosa che mi sarebbe stata concessa,
che ci sarebbe stata
concessa. Poi, quando cominciavo a non rimanere più senza
aria a quel pensiero,
iniziavo a ponderare la possibilità che potesse succedere
qualcosa ad Harry: le
lacrime sgorgavano irrefrenabili, soprattutto perché un
piccola parte di me non
smetteva di domandarsi se ci aspettasse qualche trucco una volta
trovati tutti
gli Horcrux, che Harry non fosse in grado di sconfiggere Voldemort,
anche non
avendo la potenza della magia oscura a proteggerlo.
E così
mi si
parava davanti il tuo sorriso, quello che ti si stampava in faccia
quando eri
veramente felice o quando vincevi una partita di Quiddich. Sorridevo a
mia
volta mentre il mio composto pianto si trasformava in pura
disperazione: avrei
sopportato tutto, ma tu dovevi continuare a vivere o sarei morta
insieme a
te.
In quel
momento mi resi conto che quella promessa non era del tutto vera: se ci
fossimo
trovati al momento sbagliato nel posto sbagliato, sapevamo entrambi che non avresti esitato a
sacrificarti per
salvare me o Harry.
Quella
consapevolezza però non mi depresse, forse perché
la tua mano era ancora
intrecciata nella mia e non mi riusciva di pensare al peggio in quel
momento, o
forse perché sapevo che io avrei fatto lo stesso e mi sarei
fatta uccidere per
te o per Harry, ma nulla aveva importanza perché tu mi avevi
promesso di stare
comunque al mio fianco.
Al contrario
di tutte le aspettative, mi addormentai poco dopo, sognando
un’estate
indefinita alla Tana, molto probabilmente mai vissuta perché
me lo ricorderei
se ci fossimo baciati nascosti tra i cespugli vicino allo stagno.
È
stata
quella l’unica ragione per cui sono riuscita a non crollare
del tutto, per la
quale tiravo avanti almeno fingendo di avere ancora la determinazione
di un
tempo, quando eravamo ad Hogwarts. Tu non mi avresti abbandonata.
E poi
quell’Horcrux. Io ero preoccupata maggiormente in questi
ultimi giorni rispetto
al solito perché vedevo che tu stavi rasentando sempre di
più il collasso
emotivo e cercavo di farti tenere al collo quel medaglione il meno
possibile,
imbrogliando anche sull’orario dei turni, perché
vedevo che tu ne eri
particolarmente soggiogato; avevo paura del tuo sguardo quando lo
portavi per
troppo tempo.
Così
te ne
avevo parlato, aggirando l’ostacolo ovviamente,
perché sapevo che eri molto
irritabile, e ti dissi di tenere duro perché purtroppo Harry
non aveva ancora
un piano ben
definito a causa di
Silente, che non gli aveva dato delle istruzioni specifiche, cosa di
cui ero
molto sorpresa. Ti avevo chiesto di stringere i denti ed aspettare
perché lui
aveva bisogno di noi, soprattutto in questo momento in cui non sapeva
più che
pesci prendere. Tu mi avevi detto, un po’ di malavoglia
perché eri angosciato
dalla fame, che ci avresti provato.
Dall’altro lato, cercavo di
ammorbidire Harry nei tuoi
confronti, perché il tuo continuo armeggiare con quella
radiolina lo stava
davvero facendo dare fuori di matto.
Poi
però
l’equilibrio stasera si è rotto: tra cinque minuti
ti avrei chiesto di darmi il
cambio per tenere l’Horcrux, nonostante mancasse ancora
mezz’ora al mio reale
turno, ma si vede che quel tempo è bastato a piegarti; ti
sei lasciato
sopraffare ma non ti biasimo per questo, perché nessuno
sarebbe stato capace di
reggere ancora. Hai sfogato la tua rabbia su Harry e me, nonostante
fossimo i
meno meritevoli del tuo atteggiamento. In altri tempi, Harry non
avrebbe tenuto
in considerazione una sola delle tue parole, ma adesso siamo in guerra
e i
nervi saltano a chiunque anche alla minima sciocchezza.
Sono
intervenuta con la magia per evitare che vi faceste male. Hai gridato a
quel
povero ragazzo che noi tramavamo alle sue spalle: una completa
rivisitazione
delle mie parole; gli hai dato un motivo per sentirsi escluso
nonostante
sapessimo entrambi che stavamo rinunciando a noi per evitare questo.
Per un attimo
ho provato pura rabbia nei tuoi confronti.
Poi le cose
sono andate in maniera strana: tu che minacci di
andartene e mi chiedi se ho intenzione di
venire con te. Credo che non
mi sia mai
sentita più impotente come in questo istante: che cosa mai
avrei potuto
scegliere, Ron? Di venire con te e vivere come se nulla fosse mentre
Harry era
da solo contro tutti? Non credo che sia stata una domanda corretta, e
questo lo
sai anche tu.
Tu
però hai
travisato le mie intenzioni (strano!) e hai creduto che io volessi
stare con
lui. Te ne sei uscito correndo dalla tenda ed ho cercato di fare il
più presto
possibile anch’io, bloccata dal mio stesso incantesimo.
Ho urlato il
tuo nome, ma tu non hai esitato neanche una volta.
Quando ho
visto la tua figura sparire, ho sussurrato di nuovo il tuo nome e ti
giuro che
in vita mia non ho avuto un tono né così afflitto
né così deluso.
Non riesco
più a pronunciarlo ad alta voce, il tuo nome, ma continuo a
stare sotto la
pioggia, sillabandolo.
Prima, il
solo udirlo mi faceva sentire piena, completa, adesso mi farebbe solo
rendere
realmente conto della tua assenza; quindi posso solo mimarlo con le
labbra,
almeno per continuare ad essere sicura che esisti e sei passato di qui,
o forse
per continuare a conservare la fede che tu stia bene e che, nonostante
te ne
sia andato, non ti sia capitato niente di male.
Era questo
che volevo scongiurare, quella sera, a Grimmauld Place: non volevo
sapere come
sarebbe stato non averti davanti agli occhi tutto il tempo, sapere che
non
saresti stato ad un tiro di schioppo da me quando dormivamo nella
tenda.
Adesso non ho
più la forza di chiudere gli occhi la notte,
perché, non so per quale motivo,
sono convinta che se li chiudessi finirei con il non avere più il
controllo sulla realtà , un controllo
che non mi è mai sembrato più effimero. Se li
chiudessi non potrei più pensare
a te lucidamente e potresti essere catturato dai Mangiamorte mentre io
mi
crogiolo nel sonno; credo di essere convinta che più mi
concentro su di te più
riesco a preservarti.
Ma io ho
bisogno di credere in qualcosa e non mi posso permettere il lusso di
ammettere
che con questo atteggiamento sto solo mentendo a me stessa,
perché altrimenti
toccherei il fondo.
È per
questo
che ogni notte, mentre sono molto occupata a piangere, a non farmi
notare da
Harry e a convincermi che tu sia nel letto sotto il mio, sillabo il tuo
nome.
Non esce una sola vibrazione dalle mie labbra, ma ho bisogno di sentire
la
fisicità dell’unica cosa che ti rappresenta che mi
sia rimasta.
Però
ricorro
anche ad altri piccoli espedienti per tenerti ancora con me: il tuo
spazzolino
è in bagno,
accanto al mio, e sto
iniziando a mettere il ritratto di Phineas Nigellus sulla sedia tra me
ed Harry
quando ceniamo, giusto per non doverla fissare ad ogni boccone e
sentire il mio
cuore perdere un battito alla volta.
Non smetto
mai di vigilare costantemente, proprio come ci aveva detto di fare
Moody, nella
foresta per cercare di scorgere una macchia rosso fuoco tra gli alberi
o dei
piccoli frammenti di oceano un po’ troppo in alto per farne
realmente parte;
spero sempre di vederti ritornare verso la tenda, un po’
ciondolante, mentre ti
lamenti del fatto che hai trovato solo un po’ di funghi
immondi.
Ma infondo,
sebbene io non ti abbia mai incolpato di nulla perché sono
troppo preoccupata
per provare altro, non posso non odiarti, almeno per essere coerente
con me
stessa. Me lo devo perché io so che per me una promessa
è debito, e tu non
l’hai onorata.
Ti odio.
Ti odio
perché mi fai vergognare di me stessa: ho permesso che
entrassi troppo in
profondità per accorgermi di null’altro, ti ho
fatto avvicinare così tanto a me
che non sono riuscita a vedere altro che i tuoi occhi e avevo una
considerazione tanto alta di te da vedere solo il buono.
Mi fai
vergognare perché metti confusione nella mia ordinata mente
e non riesco più a
capire chi sono. Mi fai vergognare perché ti amo
così tanto da guardarmi allo
specchio e non riconoscermi più, solo perché non
so dove sei. Mi fai sentire
debole ma non è questa la cosa per cui provo più
imbarazzo, io mi sento sempre
così: tu mi impedisci di mascherare i miei sentimenti.
So che Harry
ha notato il fatto che ormai sono allo stremo, che non sono molto di
compagnia
da quando tu non ci sei e questo mi fa stare ancora peggio
perché è lui quello
che avrebbe tutto il diritto di essere depresso. Mi fai vergognare
anche del
semplice fatto che tu mi faccia pensare queste cose: tu sei sempre
stato e
sarai sempre l’unica cosa di cui sono veramente fiera.
Ma mi hai
tradita.
Nonostante
questo, so che l’unica cosa che voglio è vederti
tornare, come so che non
riuscirò mai a serbarti il rancore che meriti
perché il solo fatto di riaverti
sano e salvo sarebbe un miracolo che andrebbe aldilà della
sofferenza, della
tristezza.
So che non ho
bisogno di perdonarti ma so anche che merito delle spiegazioni, esigo
delle
spiegazioni. Ho il diritto, e quindi conseguenzialmente tu hai il
dovere, di
dirmi per quale arcana ragione ti sei smaterializzato quando, in preda
all’angoscia più profonda, ti avevo chiesto di
starmi vicino durante tutto quel
periodo buio. Necessito di sapere per quale strano scherzo del destino,
dopo
che io mi ero aperta così tanto a te e tu ne eri
consapevole, mi hai voltato le
spalle.
Ma
maggiormente voglio capire perché, quando ti sono corsa
incontro e ti ho
supplicato di ritornare indietro, tu non hai tentennato nemmeno di un
passo;
anche nell’utilizzare la bacchetta la tua mano è
stata ferma, precisa.
Mi
manchi, nonostante voglia convincermi che è
solo per la tua incolumità. E quando piangerò,
stanotte, dopo che mi sarò
rimproverata nuovamente di aver ceduto a
te e di aver speso un altro giorno continuando a mostrarmi
così debole
agli occhi di tutti, mi recriminerò anche di avere ammesso
che mi manchi.
Ah,
e non dimentichiamoci che in un impeto
d’ira mi sono anche lasciata sfuggire che ti amo.
Ma come ho
già detto ho bisogno di credere in qualcosa: ho bisogno di
continuare ad avere
fede in te e nella tua esistenza; solo le mie ferite ne sono la
più tangibile
prova e, se sarà necessario lasciarle aperte,
continuerò a ferirmi, piangendo ogni notte e
ricordandoti più di quanto già
non faccia di giorno.
Ma questo
è già
routine.
Ecco
perché
io ti preservo. E così preservo anche me: ho paura che non
ricordandoti sempre
finirei per dimenticarti e dimenticandoti non saprei più
come si faccia a
vivere, a sorridere.
Già,
paradossalmente per andare avanti e non scordare il bello della vita ho
bisogno
di continuare a provare dolore, a pensare a te.
Come al
solito, sei la mia più grande rovina ma la mia unica fonte
di salvezza, anche
se sono sempre stata troppo orgogliosa per ammetterlo.
Per questo
stavolta sarò io a farti una promessa: ti prometto che non
permetterò che
questa guerra finisca prima che io ti abbia confessato tutto, anche
perché non
lascerò che tu ti comporti in questo modo di nuovo senza che
io non abbia una
solida ragione per cui prenderti a schiaffi.