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Autore: LyraB    02/08/2011    10 recensioni
Bussai alla porta rotonda della grande casa sulla collina e attesi per un momento.
- Sì, chi è? - Domandò una voce all'interno.
- Sono Viola Cotton, abito qui accanto. - Risposi io mentre la porta si apriva.
Il giovane Hobbit che stava al di là della porta mi sorrise e per un momento dimenticai anche come si respirava: gli Hobbit erano un po' tutti simili, di una loro bellezza particolare che li distingueva da tutte le altre razze ma che li faceva sembrare tutti parenti: gli stessi riccioli più o meno biondi, gli stessi grandi occhi nocciola.
L'Hobbit che mi stava sorridendo aveva cancellato in un istante tutti i canoni Hobbit che avevo in mente: aveva lucenti riccioli neri come la notte e gli occhi dello stesso colore del cielo di quel pomeriggio.
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Frodo, Nuovo personaggio, Sam
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Middle-heart



Il vento freddo fischia attorno alla collina, ma accanto al fuoco si sta bene.
La cucina è affollata dai bambini di mia sorella Rosie, che schiamazzano rincorrendosi per evitare di cadere vittime del sonno.

È l'ultimo giorno dell'anno e come di consueto sono stata invitata a casa loro per cena. Mia sorella sa che passerei questa serata da sola, come sempre, così ha preso l'abitudine di invitarmi a casa sua, un posto in cui può esserci tutto tranne che silenzio e solitudine.
Sam è seduto vicino al fuoco e tiene d'occhio i giochi dei suoi bambini con occhi pieni d'orgoglio e amore.
Ad un certo punto Daisy, la più piccola, sale sulle sue ginocchia e si aggrappa alla sua camicia.

- Raccontaci una storia, papà! - Esclama.
Io, seduta dall'altro lato del caminetto, sorrido tra me e me. So benissimo che storia sta per essere raccontata: forse perché è quella che Sam racconta meglio, forse perché è una storia vera... ma tutte le volte qualcuno gli chiede di raccontare proprio quella.
Questa sera è il piccolo Meriadoc a dare voce al desiderio di tutti:
- Sentiamo di Frodo e dell'Anello! - Esclama sedendosi sul pavimento di legno e preparandosi ad ascoltare la sua storia preferita.
Sam si sistema Daisy in grembo, sorride a sua moglie e attende che tutti e otto i suoi bambini si siano accomodati davanti a lui, poi inizia a raccontare.
La storia la conosco a memoria, come tutti in quella cucina, tanto che quando Sam modifica o salta qualcosa uno dei bambini si precipita a correggerlo.
Quando Sam finisce di raccontare, sono come sempre in un mare di lacrime.
- Zia, questa storia ti fa sempre piangere così tanto, forse dovremmo evitare di raccontarla di continuo! - Esclama Elanor preoccupata.
- Non è niente tesoro. Non è niente. - Rispondo io alla disperata ricerca di qualcosa con cui asciugarmi gli occhi.
Rosie mi passa un fazzoletto e Sam mi lancia lo sguardo di chi sa cosa mi sta passando per la mente. Mi asciugo il viso in fretta e sorrido nonostante sappia perfettamente di avere ancora gli occhi colmi di tristezza.
- Forza, bambini. Adesso è ora di andare a dormire. Date un bacio alla zia e filate a letto. - Dice Rosie.
Uno ad uno tutti i bambini passano a salutarmi e quando sono tutti spariti nelle loro camere Rosie e Sam mi abbracciano affettuosamente.
- Se vuoi restare c'è posto anche per te. - Dice mia sorella.
Scuoto la testa.
- Hai una famiglia intera a cui badare, non hai certo bisogno di una sorella zitella a cui fare da dama di compagnia. Grazie di tutto, sorellina. - Rispondo.
- Torna quando vuoi, sai che sei sempre la benvenuta qui. - Dice Sam.
- Lo so, non preoccupatevi. Buonanotte. - Rispondo.
Esco dalla loro casetta e percorro il breve tragitto che porta a casa mia, sul versante opposto della collina. Il vento gelido ha spazzato via le nuvole dell'inverno e nel cielo limpidissimo splendono migliaia di stelle brillanti come cristalli di ghiaccio.
Sosto per un solo istante sulla porta per godermi quello spettacolo ma il freddo intenso mi costringe a rientrare. Come sempre il profumo dei miei tè e delle mie tisane mi avvolge come un abbraccio: malva e achillea, rododendro e pino. Ho una tisana per ogni momento, e tutta Hobbiville viene da me a cercare quella giusta: un infuso di melograno per ritrovare l'energia, platano e caprifoglio per un regalo ad un amico, mughetto e margherita per far addormentare un bimbo appena nato.
Non ho affatto sonno e sento ancora negli occhi il calore delle lacrime, così decido di consolarmi con il mio tè segreto, quello per i momenti importanti, quello di cui nessun altro – o quasi – sa l'esistenza.
Riattizzo il fuoco e appendo al gancio il bollitore pieno d'acqua, poi prendo dallo scaffale gli ingredienti e mi metto a pestarli, mentre il loro dolcissimo profumo si spande nell'aria, riportandomi indietro nel tempo.

Avevo lasciato Hobbiville assieme a mia nonna quando ero solo una bambina. Ci eravamo trasferiti non molto lontano, in un villaggio Hobbit nei pressi di Vesproscuro dove mia nonna sapeva di poter trovare le erbe e i fiori per i suoi infusi. Io ero una bambina fin troppo allegra, vivace e spericolata, così quando mia nonna aveva proposto ai miei di portarmi con sé loro non ci avevano pensato due volte. Io stessa non ero poi così dispiaciuta: non ho mai avuto paura di cambiare, di spostarmi e ricominciare daccapo. Mia madre dice sempre che non sono una Hobbit al cento per cento.
Quando mia nonna morì continuai la mia vita nel villaggio senza troppi rimpianti ma lentamente la voglia di cambiare vita aveva iniziato a farsi sentire. Di punto in bianco avevo preso le mie cose, avevo venduto la casa ed ero tornata a Hobbiville.
Di tempo ne era passato tanto, la mia sorellina Rosie non era più una bimba in fasce ma una donna adulta, bella come il sole, intelligente e sensibile. Grazie al suo aiuto avevo comprato una casetta minuscola con la porticina rosa incastonata nel fianco della collina come una rosa in una siepe: in men che non si dica mi ero trasferita lì.
La grande casa accanto alla mia era disabitata e vivevo tranquilla tra i miei tè e le mie tisane, guadagnandomi da vivere vendendole agli Hobbit dei dintorni.
Un giorno, all'improvviso, la casa accanto alla mia si era animata: la gente andava e veniva, c'erano sempre un paio di giovani Hobbit nel giardino e a volte anche il padrone di casa usciva a prendere una boccata d'aria.
Dopo molti ripensamenti un giorno mi presentai a casa dei miei vicini: il tempo non mi aveva cambiata molto ed ero rimasta allegra e spensierata, però avevo imparato se non altro le buone maniere: presentarsi ai vicini era come minimo una questione di educazione.
Avevo indossato il mio vestito preferito, verde menta, sotto il grembiule ricamato di tutti i giorni e avevo preparato un grazioso sacchettino di lino chiaro colmandolo di trifoglio e fiori di pesco: un profumato tè di benvenuto per il mio nuovo vicino di casa.
Era un pomeriggio stupendo: l'aria tiepida portava il sapore del pane e dei fiori, il cielo turchese era limpido e chiaro e sembrava così vicino da poterlo afferrare.
Bussai alla porta rotonda della grande casa sulla collina e attesi per un momento.
- Sì, chi è? - Domandò una voce all'interno.
- Sono Viola Cotton, abito qui accanto. - Risposi io mentre la porta si apriva.
Il giovane Hobbit che stava al di là della porta mi sorrise e per un momento dimenticai anche come si respirava: gli Hobbit erano un po' tutti simili, di una loro bellezza particolare che li distingueva da tutte le altre razze ma che li faceva sembrare tutti parenti: gli stessi riccioli dorati, gli stessi grandi occhi nocciola.
L'Hobbit che mi stava sorridendo aveva cancellato in un istante tutti i canoni Hobbit che avevo in mente: aveva lucenti riccioli neri come la notte e gli occhi dello stesso colore del cielo di quel pomeriggio.
- Viola Cotton? Conosci Rosie Cotton, immagino. - Disse il giovane.
- Sono... sono sua sorella. - Dissi io. - Ecco, ho portato un regalo di benvenuto. -
Il ragazzo prese il sacchetto che gli tendevo e lo odorò con gli occhi chiusi.
- È un tè di trifoglio e fiori di pesco... è una delle mie specialità. - Dissi.
- Se vuoi entrare potremmo assaggiarlo insieme. - Disse lui. - Io sono Frodo Baggins, il padrone di casa. -
Si scostò dalla porta e mi fece cenno di entrare. Un minuto dopo eravamo seduti al tavolo di ciliegio nella cucina di casa Baggins, mentre il bollitore fischiava già nel caminetto acceso nonostante la giornata tiepida.

Era così che era iniziato tutto, con una innocente tisana e quattro chiacchiere nella luminosa cucina. Fin da quel primo incontro avevo capito che c'era qualcosa che pesava sul suo cuore, qualcosa che faceva sempre sembrare che non stesse sorridendo con tutto il cuore e tutta l'anima. Mi chiedevo che cosa potesse essere: aveva perso qualcuno di caro? O forse aveva fatto del male a qualcuno?
Sulle prime quel pensiero mi aveva spaventato, ma le circostanze della vita mi avevano fatto ricredere. Ci incontravamo spesso per le vie di Hobbiville e ancor più spesso ci fermavamo a parlare nel cortile che divideva le nostre case. Lentamente mi ero resa conto che qualunque cosa pesasse sulla sua coscienza doveva essere del male ricevuto e non del male fatto: non avevo mai conosciuto Hobbit più intelligente, gentile e generoso del mio vicino di casa... e credo di poter dire che non mi accadrà di conoscerlo nemmeno in futuro.
Il fischio del bollitore mi richiama completamente alla realtà e mi alzo dalla sedia per riempire di acqua fumante la teiera, dove l'infuso attende già. Riempio una tazza e mi avvicino alla finestra della cucina. Il torrente che scivola allegro fino a gettarsi nel Brandivino ha poca acqua e attende la piena che segue il disgelo. Quante passeggiate avevamo fatto sulle sue sponde, e quante volte ci eravamo fermati a leggere all'ombra dei suoi alberi...

Più il tempo passava e più gli incontri occasionali e le visite di cortesia avevano lasciato il posto a veri e propri pomeriggi assieme. Condividevamo i quieti pomeriggi d'estate e le tiepide sere d'autunno a casa dell'una o dell'altro, ridendo e parlando, talvolta piangendo per qualcosa che era accaduto, ma sempre insieme.
Lentamente ci eravamo fatti prendere da qualcosa di nuovo mai provato prima, qualcosa che ci legava e ci separava dagli altri, qualcosa di veramente speciale.
Un pomeriggio di primavera stavamo camminando lungo le sponde del torrente, e all'improvviso sentii la sua mano attorno alla mia. Come mio solito non pensai prima di agire e una frazione di secondo dopo avevo già ricambiato la sua stretta.
Era strano tenere la sua mano destra nella mia: all'anulare mancavano due falangi. I ragazzi del paese lo prendevano in giro, lo chiamavano “Frodo dalle nove dita”, ma lui non si arrabbiava mai. Quando io gli avevo chiesto che cosa era successo, lui si era stretto nelle spalle e aveva detto solo “un incidente”, cambiando subito discorso.
Quel giorno però, vicino al fiume, la sua mano si era stretta attorno alla mia e io gli avevo sorriso con tutta l'emozione che provavo. Un attimo dopo Frodo aveva abbassato gli occhi sulle nostre mani intrecciate e poi aveva distolto lo sguardo con ribrezzo.
- Che succede? - Gli chiesi.
- Non avevo mai notato quanto la mia mano fosse brutta. - Sussurrò lui.
- Oh, ma smettila. Ti manca solo qualche falange, non farla così lunga! - Risposi io, sdrammatizzando come mio solito.
- La verità è che è una storia lunga. - Disse lui.
- Lunga? - Domandai io, scettica. Era stato solo un'incidente, no? Probabilmente si era ferito con un coltello, forse con l'ascia spaccando la legna, qualcosa del genere!
- Ma credo che sia venuto il momento di raccontarla... almeno a te. - Disse Frodo.
Ci sedemmo sotto un gigantesco noce dalle foglie appena spuntate e lui mi guardò con i suoi occhi chiari per un lungo momento prima di iniziare a raccontare.
Fu la prima volta che sentii il racconto di Frodo e dell'Anello, la prima volta che tremai e sorrisi a quelle parole che avrei ascoltato tante volte ancora. Fu la prima volta che una lacrima mi sfuggì quando mi resi conto che dopo tutte quelle terribili vicende tutto era andato bene. Alla fine della storia mi resi conto che l'ombra che occupava i suoi occhi sembrava essersi dissolta: i suoi occhi azzurri erano ancora più limpidi e splendenti di prima, e pareva che ora non ci fossero segreti che occupassero il suo cuore.
Niente malefatte o orribili misteri, allora.
Il suo era solo il peso di un animo che ha dovuto subire troppe disavventure e che ha dovuto prendere parte a un disegno troppo grande per lui.

Quel pensiero non solo mi rassicurò, ma aumentò ancora di più quello che provavo per lui.
Lasciandomi andare come al solito alle emozioni senza pensarci su un momento, gli gettai le braccia al collo e lo strinsi più forte che potevo. Sapevo di sembrare una bambina, una sciocca ragazzina Hobbit, ma non volevo ascoltare la mia ragione, in quel momento meno che mai.
Lo sciolsi dall'abbraccio e Frodo mi sorrise, con gli occhi lucidi.
- Nessuno mi aveva mai abbracciato così. - Disse.
- Forse perché nessuno ti ha mai amato quanto ti amo io. - Risposi con leggerezza.
Per tutta risposta Frodo mi abbracciò di nuovo nascondendo il viso nei miei riccioli disordinati.
- Vale lo stesso per me. - Sussurrò.

Presa com'ero dai miei ricordi ho lasciato raffreddare il tè senza nemmeno finirlo. Sospirando, lo getto via e riempio un'altra tazza. L'infuso rimasto nella teiera è più caldo e molto più forte di quello che ho gettato via e mi basta un sorso per sentire le lacrime premere ancora di più contro i miei occhi.

Erano passati due anni. Due splendidi anni in cui quello che era nato tra di noi non aveva potuto che crescere, mettere radici e sbocciare come i fiori a primavera.
Di tanto in tanto, Frodo mi portava un mazzo di fiori colti nel suo giardino. Spesso erano rose e gelsomini: diceva che il profumo dolcissimo di quei fiori gli ricordava me.
- Non sono fiori regali e nemmeno troppo rari. Forse sono semplici fiori da giardino... ma ogni volta che ne respiro il dolce profumo torno di buonumore e mi sento più allegro e speranzoso che mai. - Mi aveva detto la prima volta che me li aveva portati.
Dopo quelle parole avevo preso l'occorrente e avevo tritato i petali dei fiori che mi aveva regalato, mettendoli a seccare nei sacchetti di lino.
Non molto tempo dopo eravamo seduti in cucina a parlare e a sorseggiare la più buona delle mie tisane: dolce come il gelsomino e delicata come la rosa, perfetta per noi. Era una di quelle bevande che tranquillizzava e rasserenava, e ovviamente mi ricordava lui.
Dopo che mi aveva raccontato la storia del suo passato, l'avevo convinto a metterla per iscritto. Per molto tempo mi aveva risposto che lui non era un narratore bravo quanto suo zio Bilbo, ma non aveva fatto i conti con la Viola bambina che mi portavo ancora dentro: ero rimasta ostinata e insistente e a furia di farmela raccontare l'avevo tanto annoiato che si era deciso a metterla nero su bianco.
L'aroma della tisana rosa e gelsomino riempiva i pomeriggi passati nella mia cucina, mentre lui scriveva le sue avventure e io preparavo nuovi tè. Era la vita semplice e perfetta della Contea, quella che avrei voluto vivere per il resto dei miei giorni.
Certe volte tentavo di parlare del futuro con lui, ma i suoi occhi mi supplicavano di evitare il discorso e di non chiedergli di più.
Era in quei momenti che vedevo quell'ombra scura che era scomparsa dai suoi occhi ripresentarsi e infittirsi sul suo cuore. Non sapevo perché, ma il futuro lo preoccupava. Così decisi che la mia vita era perfetta così com'era. Il tempo avrebbe cambiato le cose, se quello era ciò che doveva succedere.
Poi, una mattina, Frodo era arrivato a casa mia con gli occhi lucidi, il viso serio e le mani che tremavano.
- Devo dirti una cosa. - Aveva detto solamente.
Si era seduto al tavolo e mentre io preparavo il nostro tè mi aveva detto l'unica cosa che mi aveva taciuto nel suo racconto.
- Questo non lo metterò nel libro, Viola. Questo resterà un segreto. Pensavo che l'avrei tenuto nascosto nel mio cuore ma forse dirlo a te lo renderà meno terribile. -
Mi aveva preso le mani e mi aveva detto la verità: non poteva rimanere.
Se ne sarebbe andato presto, una delle successive mattine d'autunno, in un'alba dorata e fredda. Una nave l'aspettava al porto per portarlo nelle terre immortali
Il perchè è sempre rimasto un segreto tra me e lui. Sono l'unica a sapere cosa aveva capito nel suo cuore, pensieri, timori e sogni infranti che aveva visto appannarsi e svanire con il tempo. Quelle parole non le aveva udite nessuno, nemmeno Sam, e le conservo come il più prezioso dei segreti nel mio cuore.
All'inizio non ci avevo voluto credere, poi l'avevo supplicato di rimanere, mi ero arrabbiata, avevo pianto... ma qualunque cosa io facessi lui rimaneva serio, con gli occhi appena velati di lacrime, e continuava a tenermi abbracciata accarezzandomi i capelli.
Quando infine tutte le mie emozioni si erano ridotte alla sola rassegnazione, mi aveva preso il viso tra le mani e mi aveva baciato con dolcezza sulle labbra.
- Non possiamo evitarlo, ma possiamo decidere cosa fare con il tempo che ci resta. - Mi disse lui con uno dei rari sorrisi che gli illuminavano anche gli occhi.

Il fuoco nel camino si è quasi spento, il tè si è raffreddato del tutto e la notte è scesa ancor più gelida e buia di quanto non fosse già prima.
Mi stringo nello scialle che mi sono gettata sulle spalle quando ho iniziato a tremare e appoggio la fronte al vetro gelido della finestra.
Ho di nuovo voglia di piangere.
Ogni volta che Sam racconta la storia di Frodo e dell'Anello torno a vivere tutte le emozioni che pensavo di aver sepolto dentro di me. Da quando lui se n'è andato sono diventata più silenziosa e tranquilla, e sono diventata estramamente solitaria. Gli anni per me sono passati e non ho mai trovato nessuno a cui interessarmi di nuovo.
Viola la silenziosa, Viola la solitaria, ora mi chiamano.
Nessuno, credo, si ricorda di quello che ho vissuto, della Viola che ero prima, dell'amore che ha incrociato la mia vita e a cui ho dovuto dire addio che ha portato con sè la spensieratezza e l'impulsività che mi caratterizzavano.

Era una mattina di ottobre, fredda però già come una mattina d'inverno. L'alba era grigia e oro ed ero ferma sull'uscio della mia casa.
Sapevo che sarebbe successo quel giorno, Frodo mi aveva avvertito. Non appena la luce aveva baciato il mio viso mi ero precipitata nel giardino, temendo che se ne sarebbe andato senza salutarmi. Davanti a casa Baggins stava un calesse coperto con un anziano uomo dall'abito bianco alla guida. Nel cortile stava Sam, mio cognato da qualche tempo, e i cugini di Frodo, due Hobbit di altezza decisamente sopra la media.
Frodo uscì di casa avvolto in un mantello verde bosco, con i riccioli bruni scomposti e gli occhi più seri che io avessi mai visto. Immediatamente si voltò verso il mio cortile e i suoi occhi incrociarono i miei.
Con un cenno del capo invitò i suoi amici ad andare avanti e mi raggiunse sulla porta.
- Sei sveglia. -
- Temevo che non saresti passato. -
- Credi davvero che me ne sarei andato senza dirti addio? - Disse lui abbracciandomi.
Non volevo rovinare quel momento con le lacrime, anche perché già buona parte della mia allegria se ne stava andando assieme a lui.
- Porta questo con te. - Dissi io tenendo in mano un sacchettino di lino ricamato. - Dove stai andando potrà ricordarti di me. -
Frodo chiuse la mia mano attorno alla bustina di stoffa.
- Dove sto andando non posso portare niente. Solo i ricordi. -
Ci abbracciammo ancora per un tempo che sembrò davvero troppo breve, poi mi sciolse dall'abbraccio e mi sfiorò le labbra con un bacio.
- Non preoccuparti, non è la fine. Io e te ci incontreremo ancora. - Disse poi.
L'ultimo ricordo che ho di lui è il suo sorriso e i suoi occhi limpidi e chiari, colmi di speranza, mentre sale sulla carrozza.
Ci incontreremo ancora.

La notte è fredda su Hobbiville. Il nuovo anno è arrivato, ma non sarà poi tanto diverso da quello precedente, almeno per me.
Esco di nuovo nel cortile, la casa colma dell'odore della tisana che ho bevuto mi riporta ancora troppi ricordi, e non sono sicura di essere abbastanza forte da poterne vivere altri. Nel cortile della casa accanto c'è una figura nascosta nell'ombra.
- Sam? - Sussurro.
- Anche tu non riesci a dormire? - Mi risponde.
Scuoto la testa. Probabilmente anche lui prova qualcosa simile a quello che provo io ogni volta che racconta quella storia.
- Mi manca così tanto. - Mormoro - Tu hai almeno una famiglia tra le cui braccia trovare conforto. Io non sono mai stata in grado di costruirmi neanche quella. -
- Hai noi. -
L'anno che è finito mi ha visto più triste e silenziosa che mai, e avevo rivisto con nostalgia il mio modo di essere solare e spensierato di tanti anni prima nei bambini di Sam, soprattutto in Daisy, che amavo come una figlia.
Che cosa era successo alla solare Viola, quella che non perdeva mai il sorriso?
- Ormai non mi riconosco più, Sam. Dov'è finita la mia allegria? Ormai vivo ogni giorno in quieta disperazione. Non lo rivedrò mai più e ancora non lo riesco ad accettare. -
- Sai che cosa aveva imparato Frodo dalla nostra avventura? - Dice Sam.
La risposta si fa attendere un momento, e quando Sam la pronuncia mi sembra di sentirla echeggiare nel mondo che mi circonda, mentre un lieve profumo di gelsomini e rose mi avvolge per un momento.
- C'è sempre speranza. -


...


- Gandalf, tu pensi davvero qui potremo rincontrare chi abbiamo lasciato? -
- Certamente, amico mio, anche se dovrà passare del tempo e giungeranno per una via diversa dalla tua. Perché me lo chiedi ora? -
- Perché ho tanta voglia di una tazza di tè rosa e gelsomino. -




Don't say "We have come to the end"
White shores are calling, you and I will meet again.













Accidenti, è una vita e mezza che non scrivevo niente.
Mi correggo: che non finivo una storia.
Questa mi è scivolata dal cuore alle dita in un'ora e mezza oggi pomeriggio.
Mi sono svegliata con questa storia in testa dopo essermi rivista Il signore degli Anelli - Il ritorno del re ieri sera.
Per Frodo provo un po' quello che provo per Peter e Cedric: perchè accidenti non gli hanno messo una fanciulla accanto in cui potermi immedesimare?
La risposta è semplice: così me la posso creare da sola.
E quindi, dopo Elizabeth e Leah, vi presento Viola:
il mio modo per dire al mondo ciò che provo per un personaggio veramente grande.


Grazie ha chi ha letto fin qui, a chi ha apprezzato questa storia
e a chi, come me, sente di avere lasciato un pezzo di cuore nella Terra di Mezzo!

Flora
   
 
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