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Autore: Feel Good Inc    03/08/2011    1 recensioni
La macchina giunse a destinazione ed Aerith portò il piede sul freno così bruscamente che, non fosse stato per la cintura di sicurezza, sarebbe finita sul parabrezza a fare compagnia ai tergicristalli. Tirò il freno a mano e si fiondò fuori senza neppure spegnere il motore, subito imitata da Cloud, con la pistola pronta in pugno già da un pezzo.
Percorsero in fretta lo slargo costeggiato di siepi, e raggiunsero il cortile su cui si affacciava il portone principale dello stabile. Cloud imprecò ad alta voce.
«Merda...»
La sagoma massiccia dell’agente Lexaeus giaceva immobile davanti a loro, e il chiarore della luna inargentava il rosso del suo sangue mescolato all’erba verdissima del giardino da anni abbandonato a se stesso.

* * *
«Entra e fammi vedere.»
«Ma allora avevo ragione.» Axel sogghignò di nuovo, puntando il gomito destro sul davanzale e guardandolo con malizia. «Vuoi
davvero giocare al dottore.»
Roxas si sentì arrossire. «Sei proprio un idiota.»
«Grazie, bimbo, anche tu non sei male.»
Si tirò su ed entrò dalla finestra. Una volta posati i piedi a terra, si guardò intorno ostentando indifferenza – ma Roxas notò che il suo viso era decisamente pallido. Lasciò scivolare il cappotto sul pavimento.
Un tonfo metallico.
Roxas guardò interrogativamente prima il viso impassibile di Axel, poi il punto in cui l’indumento aveva toccato terra. Da una tasca sbucavano pochi centimetri di qualcosa di lucido e scuro.
La canna di una pistola.

* * *
Quando un adolescente in fuga dalla legge si nasconde in un condominio in cui vive un ragazzino che si ostina a fuggire dal suo passato, e quando le loro storie s'intrecciano a quella di una ragazza che torna da un posto che è lontano in tutti i sensi, ci si accorge che qualche volta bene e male non esistono. Esiste solo il destino.
{ AkuRoku; accenni SoKai, MaruDem, RokuNami, CloudAerith, Sorpresa }
Genere: Drammatico, Sentimentale, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Axel, Roxas, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Nessun gioco
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39

A ciascuno la sua battaglia

 

 

 

Ancora sorpreso, Cid Highwind afferrò il mazzo di chiavi e fece segno al ragazzo dai capelli rossi di seguirlo.

«Che io sappia sei il primo che gli fa visita, da quando è qui.»

L’altro gli si affiancò con passo deciso. Era giovane, molto, però non sembrava intimidito da quell’ambiente, come se lo conoscesse già – o non potesse aspettarsi dalla vita niente di peggio di quanto aveva già vissuto. Una cosa non escludeva l’altra, in fondo.

«Me lo immagino» disse, con una traccia di ironia nel tono e nell’espressione. «E le assicuro che non è un piacere neppure per me essere qui. D’altro canto, voglio togliermi questo dannato sasso dalla scarpa.»

Cid non poté evitare una sonora sghignazzata. «Non la si spunta facilmente con quello stronzo dai modi altolocati. Dovresti saperlo, se lo conosci bene come sembra.»

Il ragazzo che gli aveva detto di chiamarsi Axel gli lanciò un’occhiata in tralice e un sorriso sghembo.

«Certo che lo so. Ma vede... Anche se lui ci ha provato... non sono io quello che è rimasto solo.»

Cid non capì cosa intendesse, ma dovette riconoscere che in effetti il rosso si trovava in netto vantaggio rispetto al suo ospite: si augurò che il pezzo di merda di cui stavano parlando lo sapesse a sua volta.

Si avvicinò alla porta piantonata da due guardie, l’aprì e disse ad Axel di aspettare dentro. Quindi si voltò e attraversò un altro corridoio, diretto alla cella di Marluxia.

 

 

* * *

 

 

Entrò con la sua andatura sicura e composta, persino un po’ sprezzante. Fissandolo – e chiedendosi se era davvero pazzo come gli dava da pensare – Axel sentì di odiare tutto di lui, dal suo aspetto curatissimo allo schifo che vi si celava sotto. Lo guardò in faccia e capì che il sentimento era reciproco.

Marluxia abbandonò la custodia delle guardie e venne a sedersi di fronte a lui, con l’aria più serena del mondo. «Buonasera, Axel

Non gli rispose; era troppo concentrato sul desiderio sfrenato di incenerirlo con gli occhi per parlare.

«Avete dieci minuti» disse la guardia che lo aveva accompagnato, uscendo insieme ai due compagni. «Fateveli bastare.»

La porta si chiuse dietro di loro, e Axel e Marluxia rimasero soli, a quel tavolo di quella saletta, a studiarsi a vicenda.

Lasciando che il silenzio si protraesse, Axel osservò il suo ex capo, l’uomo che in qualche modo aveva deciso della sua esistenza per qualche tempo, l’unico vero responsabile della morte di Zexion, il bastardo che aveva sparato a Roxas. Si sentì ribollire di rabbia, e si rammaricò nel profondo che la prigione non lo avesse ancora reso un derelitto senza alcuna ombra di vitalità nello sguardo.

Marluxia sembrava sorpreso dalla sua presenza, quasi divertito.

«Ti confesso che non mi aspettavo una tua visita. Vedo che tu non hai pene da scontare. Non che la cosa mi riempia di gioia. Avrei certo preferito vedere Demyx, ma...» Fece un gesto vago con una mano, sospirando. « Dimmi, che ne è stato di lui?»

Axel si decise a parlare, caricando d’odio ogni sillaba ed esibendo il più cinico dei suoi sogghigni.

«Assolto anche lui. Ma dubito che il tuo tesoruccio venga a trovarti. A quanto ne so, ha trovato un’altra strada.»

«Mmm.» L’altro annuì con aria grave. «Strano il modo in cui vanno le cose, non trovi? Fai di tutto per una persona, giungi ad amarla più di te stesso, e all’improvviso scopri che l’hai persa.»

«Il che è ciò che tu volevi far provare anche a me» sibilò Axel, senza più sorridere. «Dimmi, ho colto nel segno? O è un altro il motivo che ti ha portato a sparare quel colpo?»

«Non fare l’ingenuo con me, ragazzino.» Anche il tono di Marluxia cambiò, mentre smetteva di recitare la parte del povero saggio benefattore pugnalato alle spalle dai suoi cari. «Sapevo benissimo cosa avevi intenzione di fare, quel giorno. Luxord non era l’unica spia del nostro gruppo.»

Fu solo per un istante che il ragazzo cedette alla sorpresa; subito dopo tornò la rabbia.

«E così hai deciso di rimuovere l’ostacolo alla radice, eh? Eliminando Roxas, non mi avresti solo mostrato cosa significa perdere qualcuno, ma ti saresti anche vendicato della persona che mi aveva inconsapevolmente messo contro di te, giusto? Davvero degno di te, capo. Due piccioni con una fava... Anzi, con una pallottola.»

«Roxas...» Marluxia sembrò assaporare il suono di quel nome, come se non avesse ascoltato nulla di ciò che era seguito. «Già. Il povero piccolo Roxas. Non ricordavo che si chiamasse così.»

Axel lo guardò e si sentì gelare.

«Spiegati.»

In quegli occhi chiari e maligni passò un lampo di qualcosa che somigliava a orgoglio.

«I giornali ne parlarono molto, all’epoca dei fatti. Tutto il Paese ne rimase sconvolto. Una famiglia disastrata, per via di un incidente d’auto nei pressi del parco di Twilight Town, ad opera di un misterioso pirata della strada. Due genitori morti e un ragazzino di tredici anni rimasto paralizzato. Ne parlarono tanto, sì, eppure non riuscirono mai a venirne a capo.» Sollevò lo sguardo fino ad incontrare di nuovo il suo. «Vi ho visti insieme, più di un mese fa, una mattina in quello stesso parco... Solo pochi giorni dopo aver mandato Zexion da te. Ero lì per incontrare Luxord, e vi ho visti. Non l’ho riconosciuto allora, ma, pensa un po’, soltanto quando ho capito chi era per te.» Sorrise, un sorriso freddo e spietato come lui. «E allora mi sono detto: ma guarda un po’, quant’è piccolo il mondo. Guarda chi è il giovane pupillo di Axel, del lupo solitario. Proprio il ragazzino che due anni fa ho reso orfano e handicappato in un colpo solo...»

Axel non ebbe il tempo di rendersi conto delle proprie azioni.

Quando il velo nero intessuto d’odio che gli aveva offuscato la vista si diradò, si ritrovò in piedi, sporto in avanti sopra il tavolo, con la faccia a un soffio da quella di Marluxia e le mani strette come artigli intorno al suo collo.

«Tu... schifoso... assassino...»

Il sorriso dell’altro non si era neppure incrinato.

«Fallo» sussurrò, la gola immobile sotto le sue dita. «Che aspetti? Non ho altro da perdere. Avanti, uccidimi.»

Axel strinse più forte, ansante. Sarebbe stato così liberatorio... così giusto... spegnere per sempre il sorriso empio di uno che non provava il minimo rimorso per aver distrutto più volte un ragazzo che aveva avuto l’unica colpa di trovarsi sulla sua strada... Ma le sue parole gli echeggiarono nelle orecchie, trattenendolo.

Io, invece, ho molto da perdere. Adesso .

Mollò la presa di scatto, ricadendo a sedere. Si guardò le mani tremanti e aspettò che il respiro tornasse normale.

«Era questo...» mormorò quando fu in grado di parlare. «Era questo che ero venuto a dirti.»

Alzò gli occhi. Marluxia ricambiava il suo sguardo, impassibile, come se nulla di ciò che era appena successo lo toccasse.

Axel allontanò la sedia dal tavolo e si alzò in piedi.

«Io non sarò mai come te» concluse, «e forse è per questo che le cose sono andate così. Perché non importa se sarò solo, non importa se perderò tutto: io ho capito che c’è qualcosa per cui vale la pena cambiare strada. Addio, Marluxia

Nel silenzio che seguì, voltò le spalle, si diresse alla porta e uscì dalla stanza senza guardarsi indietro.

 

 

* * *

 

 

«Pence! Pence, togliti di mezzo, per la miseria!»

L’amico si spostò appena in tempo per non essere investito da Hayner, che, cercando di evitarlo all’ultimo secondo, interruppe la manovra e atterrò con malagrazia sull’asfalto. Quando si ritrovò a terra, scoppiò a ridere.

«Scusami, è colpa mia» disse subito Pence, avvicinandosi e tirandolo su di peso.

«Non preoccuparti, ho la pelle dura...»

«Proprio come la testa!» sbuffò Olette, divertita, saettando loro accanto.

«Ma che simpatica.» Hayner rimontò sullo skate e la inseguì, lasciandosi Pence alle spalle. «Quanto scommetti che ti prendo?»

La ragazza si voltò a guardarlo, senza smettere di far volare la tavola rasoterra. Si accorse che stava sorridendo.

«Un invito al cinema?»

Hayner si sentì agguantare da un imbarazzo assurdo. In altre circostanze le avrebbe di sicuro urlato addosso di tutto – salvo poi chiederle di uscire lo stesso, probabilmente. Ma decise che quel giorno non gliene importava nulla.

«Chi vince sceglie il film!»

Lei rise, e cominciò l’inseguimento.

Hayner respirava a fondo l’atmosfera di quei momenti. Erano secoli che non si sentiva così sereno, che un allenamento non era così stimolante e pieno di risate e di partecipazione, da parte di tutti e tre. Beh, ok, non proprio secoli... Due anni, in effetti.

Ma da quando era ricomparso Roxas, andare sullo skate era di nuovo bello come allora.

 

 

* * *

 

 

Era martedì. Di solito il parco era affollato soltanto nei fine settimana, quando la mancanza di scuola e lavoro permetteva alle famiglie di riunirsi e andare fuori insieme. Ma quel pomeriggio – come molti altri – c’era sicuramente almeno una famiglia, e Roxas sapeva bene dove trovarla.

Non si era sbagliato.

Hayner, Pence e Olette erano dove dovevano essere, nell’area per lo skateboard, tutti e tre raggianti sulle loro tavole e intenti a rincorrersi e volteggiare tra boardslides e kickflips. Erano bravi come se li ricordava. Per un attimo – e si odiò per questo – Roxas si sentì escluso.

Scosse la testa e mosse qualche altro passo, fermandosi in piedi al limitare della pista preferita degli Hawk Runners.

Come fosse riuscito a camminare sulle sue gambe fino a lì, o dove avesse trovato il coraggio per tornarci, ancora non lo sapeva. Però aveva dovuto. Affrontare il passato vivendo finalmente nel presente. Ora poteva farlo, ne era sicuro.

Avrebbe voluto di nuovo Axel accanto a sé, ma l’amico gli aveva già detto che quel giorno aveva qualcosa da sbrigare – un “peso da togliersi di dosso”. Roxas non aveva fatto domande. A ciascuno la sua battaglia, si era detto.

D’un tratto, Olette si voltò verso di lui. Lo vide, lo riconobbe, puntò un piede per frenare, s’immobilizzò.

Hayner le piombò addosso meno di un secondo dopo, afferrandola alle spalle.

«Presa! Ho vinto io! Che ne dici de L’Organizzazione XIII

Olette non sembrava minimamente intenzionata ad ascoltarlo. Divertito, Roxas vide la confusione sul viso di Hayner e il suo sguardo che scorreva da lei fino a lui.

Poi sentì soltanto un intrico confuso di grida esultanti.

«Roxas

La sua squadra gli fu subito incontro. Sembravano, se possibile, ancora più felici di quando lo avevano rivisto la prima volta, un mese prima. Roxas rise con loro, catturato dai loro abbracci.

In quel momento gli sembrò di poterla vincere sul serio, la sua battaglia.

«Roxas, è meraviglioso rivederti qua!» squittì Olette, senza smettere di stringerlo.

«Straordinario!» rincarò Pence, dandogli una pacca poderosa sulle spalle e sorridendo da orecchio a orecchio.

«Sapevo che ce l’avresti fatta» disse Hayner. «Bentornato, amico.»

Roxas lo guardò. Non trovò la voce per ringraziarlo, così si limitò a sorridere.

Sì, era tornato.

 

 

* * *

 

 

La voce gli arrivò alle orecchie assieme al tintinnio.

«Ehi, Saïx. Alzati.»

Obbedì per metà, malvolentieri, sollevandosi su un gomito sul materasso muffito. Oltre le sbarre c’era una guardia, ma il suo viso era in ombra; non capiva chi fosse. Peccato. Gli piaceva guardare in faccia chi gli parlava.

«Sei sordo?» La guardia imprecò. «Alzati ed esci di qui. Sei libero.»

Ora distingueva la fonte del suono: l’uomo stava girando una chiave nella toppa.

«Libero?»

«Sì, libero!» La porta si spalancò con un rumore secco che tradì tutta l’irritazione repressa del tizio in divisa. «Hanno deciso che hai fatto il bravo e che puoi risparmiarti il resto della pena. Una grandissima cazzata, per come la vedo io; ma a quanto pare, il tuo sguardo spiritato non dà da pensare a nessun altro, e non sono i poveri stronzi come me a comandare. Perciò, fuori.»

Saïx si alzò lentamente.

L’unico pensiero che gli toccò la mente fu il viso di Marluxia.

Sentì un sorriso affiorargli alle labbra secche.

La guardia imprecò di nuovo, aggiungendo qualche bestemmia.

«Parola mia, tu sei strano.» Si protese ad afferrarlo per un braccio, spingendolo poi fuori dalla cella con la forza. «Andiamo. Non vedo l’ora di saperti fuori di qui, anche se questa prospettiva non mi lascia del tutto tranquillo.»

Saïx accettò la spinta senza reagire. Solo il suo sorriso si fece più ampio.

«Dicono che è stato tradito da uno dei suoi... Un Demyx qualcosa...»

La guardia si sbatté la porta alle spalle. Non avrebbe mai nemmeno immaginato cosa ci fosse dietro il suo «sguardo spiritato»... cosa ci sarebbe stato di lì a poco... cosa sarebbe venuto fuori.

Lui non avrebbe abbandonato Marluxia. In nessun modo.

 

 

 

 

 

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Sì, direi che ci avviamo decisamente all’epilogo. Ma manca ancora qualcosina da raccontare, e sarò felice se vorrete seguirmi fino in fondo. Intanto vi lascio liberi di linciare Marluxia, e mi preparo ad unirmi a voi >w<

Piccola nota sulla proposta di Hayner a Olette riguardo il film: volevo inventare un titolo horror, ma ho pensato che L’Organizzazione XIII avrebbe fatto molto ‘Kingdom Hearts style’; voi che ne dite? xD

Tenete anche a mente il ritorno di Roxas in piedi al parco, perché sarà importante.

Di nuovo, spero che il capitolo vi sia piaciuto!

Aya ~

   
 
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