39
A ciascuno la sua battaglia
Ancora sorpreso, Cid Highwind afferrò il mazzo di chiavi e fece segno al
ragazzo dai capelli rossi di seguirlo.
«Che io sappia sei
il primo che gli fa visita, da quando è qui.»
L’altro gli si
affiancò con passo deciso. Era giovane, molto, però non sembrava
intimidito da quell’ambiente, come se lo conoscesse già – o
non potesse aspettarsi dalla vita niente di peggio di quanto aveva già
vissuto. Una cosa non escludeva l’altra, in fondo.
«Me lo
immagino» disse, con una traccia di ironia nel tono e
nell’espressione. «E le assicuro che non è un piacere
neppure per me essere qui. D’altro canto, voglio togliermi questo dannato
sasso dalla scarpa.»
Cid non poté evitare
una sonora sghignazzata. «Non la si spunta facilmente con quello stronzo
dai modi altolocati. Dovresti saperlo, se lo conosci bene come sembra.»
Il ragazzo che gli aveva
detto di chiamarsi Axel gli lanciò
un’occhiata in tralice e un sorriso sghembo.
«Certo che lo so.
Ma vede... Anche se lui ci ha provato...
non sono io quello che è
rimasto solo.»
Cid non capì cosa
intendesse, ma dovette riconoscere che in effetti il rosso si trovava in netto
vantaggio rispetto al suo ospite: si augurò che il pezzo di merda di cui
stavano parlando lo sapesse a sua volta.
Si avvicinò alla
porta piantonata da due guardie, l’aprì e disse ad Axel di aspettare dentro. Quindi si voltò e
attraversò un altro corridoio, diretto alla cella di Marluxia.
* * *
Entrò con la sua andatura sicura e
composta, persino un po’ sprezzante. Fissandolo – e chiedendosi se
era davvero pazzo come gli dava da pensare – Axel
sentì di odiare tutto di lui, dal suo aspetto curatissimo allo schifo
che vi si celava sotto. Lo guardò in faccia e capì che il
sentimento era reciproco.
Marluxia abbandonò la
custodia delle guardie e venne a sedersi di fronte a lui, con l’aria
più serena del mondo. «Buonasera, Axel.»
Non gli rispose; era
troppo concentrato sul desiderio sfrenato di incenerirlo con gli occhi per
parlare.
«Avete dieci
minuti» disse la guardia che lo aveva accompagnato, uscendo insieme ai
due compagni. «Fateveli bastare.»
La porta si chiuse
dietro di loro, e Axel e Marluxia
rimasero soli, a quel tavolo di quella saletta, a studiarsi a vicenda.
Lasciando che il
silenzio si protraesse, Axel osservò il suo ex
capo, l’uomo che in qualche modo aveva deciso della sua esistenza per
qualche tempo, l’unico vero responsabile della morte di Zexion, il bastardo che aveva sparato a Roxas.
Si sentì ribollire di rabbia, e si rammaricò nel profondo che la
prigione non lo avesse ancora reso un derelitto senza alcuna ombra di
vitalità nello sguardo.
Marluxia sembrava sorpreso dalla
sua presenza, quasi divertito.
«Ti confesso che
non mi aspettavo una tua visita. Vedo che tu
non hai pene da scontare. Non che la cosa mi riempia di gioia. Avrei certo
preferito vedere Demyx, ma...» Fece un gesto
vago con una mano, sospirando. « Dimmi, che ne è stato di lui?»
Axel si decise a parlare,
caricando d’odio ogni sillaba ed esibendo il più cinico dei suoi
sogghigni.
«Assolto anche
lui. Ma dubito che il tuo tesoruccio venga a trovarti. A quanto ne so, ha
trovato un’altra strada.»
«Mmm.» L’altro annuì con aria grave.
«Strano il modo in cui vanno le cose, non trovi? Fai di tutto per una
persona, giungi ad amarla più di te stesso, e all’improvviso
scopri che l’hai persa.»
«Il che è
ciò che tu volevi far provare
anche a me» sibilò Axel, senza più sorridere. «Dimmi, ho colto
nel segno? O è un altro il motivo che ti ha portato a sparare quel
colpo?»
«Non fare
l’ingenuo con me, ragazzino.» Anche il tono di Marluxia
cambiò, mentre smetteva di recitare la parte del povero saggio
benefattore pugnalato alle spalle dai suoi cari. «Sapevo benissimo cosa
avevi intenzione di fare, quel giorno. Luxord non era
l’unica spia del nostro gruppo.»
Fu solo per un istante
che il ragazzo cedette alla sorpresa; subito dopo tornò la rabbia.
«E così hai
deciso di rimuovere l’ostacolo alla radice, eh? Eliminando Roxas, non mi avresti solo mostrato cosa significa perdere
qualcuno, ma ti saresti anche vendicato della persona che mi aveva
inconsapevolmente messo contro di te, giusto? Davvero degno di te, capo. Due piccioni con una fava... Anzi,
con una pallottola.»
«Roxas...» Marluxia
sembrò assaporare il suono di quel nome, come se non avesse ascoltato
nulla di ciò che era seguito. «Già. Il povero piccolo Roxas. Non ricordavo che si chiamasse così.»
Axel lo guardò e si
sentì gelare.
«Spiegati.»
In quegli occhi chiari e
maligni passò un lampo di qualcosa che somigliava a orgoglio.
«I giornali ne
parlarono molto, all’epoca dei fatti. Tutto il Paese ne rimase sconvolto.
Una famiglia disastrata, per via di un incidente d’auto nei pressi del
parco di Twilight Town, ad opera di un misterioso
pirata della strada. Due genitori morti e un ragazzino di tredici anni rimasto
paralizzato. Ne parlarono tanto, sì, eppure non riuscirono mai a venirne
a capo.» Sollevò lo sguardo fino ad incontrare di nuovo il suo.
«Vi ho visti insieme, più di un mese fa, una mattina in quello
stesso parco... Solo pochi giorni dopo aver mandato Zexion
da te. Ero lì per incontrare Luxord, e vi ho
visti. Non l’ho riconosciuto allora, ma, pensa un po’, soltanto
quando ho capito chi era per te.»
Sorrise, un sorriso freddo e spietato come lui. «E allora mi sono detto:
ma guarda un po’, quant’è piccolo il mondo. Guarda chi
è il giovane pupillo di Axel, del lupo
solitario. Proprio il ragazzino che due
anni fa ho reso orfano e handicappato in un colpo solo...»
Axel non ebbe il tempo di
rendersi conto delle proprie azioni.
Quando il velo nero
intessuto d’odio che gli aveva offuscato la vista si diradò, si
ritrovò in piedi, sporto in avanti sopra il tavolo, con la faccia a un
soffio da quella di Marluxia e le mani strette come
artigli intorno al suo collo.
«Tu... schifoso... assassino...»
Il sorriso
dell’altro non si era neppure incrinato.
«Fallo»
sussurrò, la gola immobile sotto le sue dita. «Che aspetti? Non ho
altro da perdere. Avanti, uccidimi.»
Axel strinse più
forte, ansante. Sarebbe stato così liberatorio... così giusto... spegnere per sempre il sorriso
empio di uno che non provava il minimo rimorso per aver distrutto più
volte un ragazzo che aveva avuto l’unica colpa di trovarsi sulla sua
strada... Ma le sue parole gli echeggiarono nelle orecchie, trattenendolo.
Io, invece, ho molto da
perdere. Adesso sì.
Mollò la presa di
scatto, ricadendo a sedere. Si guardò le mani tremanti e aspettò
che il respiro tornasse normale.
«Era
questo...» mormorò quando fu in grado di parlare. «Era
questo che ero venuto a dirti.»
Alzò gli occhi. Marluxia ricambiava il suo sguardo, impassibile, come se
nulla di ciò che era appena successo lo toccasse.
Axel allontanò la
sedia dal tavolo e si alzò in piedi.
«Io non
sarò mai come te» concluse, «e forse è per questo che
le cose sono andate così. Perché non importa se sarò solo,
non importa se perderò tutto: io
ho capito che c’è qualcosa per cui vale la pena cambiare strada.
Addio, Marluxia.»
Nel silenzio che
seguì, voltò le spalle, si diresse alla porta e uscì dalla
stanza senza guardarsi indietro.
* * *
«Pence! Pence, togliti di
mezzo, per la miseria!»
L’amico si
spostò appena in tempo per non essere investito da Hayner,
che, cercando di evitarlo all’ultimo secondo, interruppe la manovra e
atterrò con malagrazia sull’asfalto. Quando si ritrovò a
terra, scoppiò a ridere.
«Scusami, è
colpa mia» disse subito Pence, avvicinandosi e
tirandolo su di peso.
«Non preoccuparti,
ho la pelle dura...»
«Proprio come la
testa!» sbuffò Olette, divertita,
saettando loro accanto.
«Ma che
simpatica.» Hayner rimontò sullo skate e
la inseguì, lasciandosi Pence alle spalle.
«Quanto scommetti che ti prendo?»
La ragazza si
voltò a guardarlo, senza smettere di far volare la tavola rasoterra. Si
accorse che stava sorridendo.
«Un invito al
cinema?»
Hayner si sentì
agguantare da un imbarazzo assurdo. In altre circostanze le avrebbe di sicuro
urlato addosso di tutto – salvo poi chiederle di uscire lo stesso,
probabilmente. Ma decise che quel
giorno non gliene importava nulla.
«Chi vince sceglie
il film!»
Lei rise, e
cominciò l’inseguimento.
Hayner respirava a fondo
l’atmosfera di quei momenti. Erano secoli che non si sentiva così
sereno, che un allenamento non era così stimolante e pieno di risate e
di partecipazione, da parte di tutti e tre. Beh, ok, non proprio secoli... Due
anni, in effetti.
Ma da quando era
ricomparso Roxas, andare sullo skate era di nuovo
bello come allora.
* * *
Era martedì. Di solito il parco era
affollato soltanto nei fine settimana, quando la mancanza di scuola e lavoro
permetteva alle famiglie di riunirsi e andare fuori insieme. Ma quel pomeriggio
– come molti altri – c’era sicuramente almeno una famiglia, e Roxas
sapeva bene dove trovarla.
Non si era sbagliato.
Hayner, Pence
e Olette erano dove dovevano essere, nell’area
per lo skateboard, tutti e tre raggianti sulle loro tavole e intenti a
rincorrersi e volteggiare tra boardslides e kickflips. Erano
bravi come se li ricordava. Per un attimo – e si odiò per questo – Roxas si
sentì escluso.
Scosse la testa e mosse
qualche altro passo, fermandosi in piedi al limitare della pista preferita
degli Hawk Runners.
Come fosse riuscito a
camminare sulle sue gambe fino a lì, o dove avesse trovato il coraggio
per tornarci, ancora non lo sapeva. Però aveva dovuto. Affrontare il passato vivendo finalmente nel presente. Ora poteva farlo, ne era sicuro.
Avrebbe voluto di nuovo Axel accanto a sé, ma l’amico gli aveva
già detto che quel giorno aveva qualcosa da sbrigare – un
“peso da togliersi di dosso”. Roxas non
aveva fatto domande. A ciascuno la sua
battaglia, si era detto.
D’un tratto,
Olette si voltò verso di lui. Lo vide, lo riconobbe, puntò un
piede per frenare, s’immobilizzò.
Hayner le piombò
addosso meno di un secondo dopo, afferrandola alle spalle.
«Presa! Ho vinto
io! Che ne dici de L’Organizzazione
XIII?»
Olette non sembrava
minimamente intenzionata ad ascoltarlo. Divertito, Roxas
vide la confusione sul viso di Hayner e il suo
sguardo che scorreva da lei fino a lui.
Poi sentì
soltanto un intrico confuso di grida esultanti.
«Roxas!»
La sua squadra gli fu
subito incontro. Sembravano, se possibile, ancora più felici di quando
lo avevano rivisto la prima volta, un mese prima. Roxas
rise con loro, catturato dai loro abbracci.
In quel momento gli
sembrò di poterla vincere sul serio, la sua battaglia.
«Roxas, è meraviglioso rivederti qua!»
squittì Olette, senza smettere di stringerlo.
«Straordinario!»
rincarò Pence, dandogli una pacca poderosa
sulle spalle e sorridendo da orecchio a orecchio.
«Sapevo che ce
l’avresti fatta» disse Hayner.
«Bentornato, amico.»
Roxas lo guardò. Non
trovò la voce per ringraziarlo, così si limitò a
sorridere.
Sì, era tornato.
* * *
La voce gli arrivò alle orecchie assieme
al tintinnio.
«Ehi, Saïx. Alzati.»
Obbedì per
metà, malvolentieri, sollevandosi su un gomito sul materasso muffito.
Oltre le sbarre c’era una guardia, ma il suo viso era in ombra; non
capiva chi fosse. Peccato. Gli piaceva guardare in faccia chi gli parlava.
«Sei sordo?»
La guardia imprecò. «Alzati ed esci di qui. Sei libero.»
Ora distingueva la fonte
del suono: l’uomo stava girando una chiave nella toppa.
«Libero?»
«Sì, libero!» La porta si
spalancò con un rumore secco che tradì tutta l’irritazione
repressa del tizio in divisa. «Hanno deciso che hai fatto il bravo e che
puoi risparmiarti il resto della pena. Una grandissima cazzata, per come la
vedo io; ma a quanto pare, il tuo sguardo spiritato non dà da pensare a
nessun altro, e non sono i poveri stronzi come me a comandare. Perciò,
fuori.»
Saïx si alzò
lentamente.
L’unico pensiero
che gli toccò la mente fu il viso di Marluxia.
Sentì un sorriso
affiorargli alle labbra secche.
La guardia
imprecò di nuovo, aggiungendo qualche bestemmia.
«Parola mia, tu
sei strano.» Si protese ad
afferrarlo per un braccio, spingendolo poi fuori dalla cella con la forza.
«Andiamo. Non vedo l’ora di saperti fuori di qui, anche se questa
prospettiva non mi lascia del tutto tranquillo.»
Saïx accettò la
spinta senza reagire. Solo il suo sorriso si fece più ampio.
«Dicono che è stato tradito da uno dei
suoi... Un Demyx qualcosa...»
La guardia si
sbatté la porta alle spalle. Non avrebbe mai nemmeno immaginato cosa ci
fosse dietro il suo «sguardo spiritato»... cosa ci sarebbe stato di
lì a poco... cosa sarebbe venuto fuori.
Lui non avrebbe abbandonato Marluxia.
In nessun modo.
_________________________________________________________________________________________
Sì, direi che ci avviamo decisamente
all’epilogo. Ma manca ancora qualcosina da
raccontare, e sarò felice se vorrete seguirmi fino in fondo. Intanto vi
lascio liberi di linciare Marluxia, e mi preparo ad
unirmi a voi >w<
Piccola nota sulla proposta di Hayner a Olette riguardo il film:
volevo inventare un titolo horror, ma ho pensato che L’Organizzazione XIII avrebbe fatto molto ‘Kingdom Hearts style’; voi che ne dite? xD
Tenete anche a mente il ritorno di Roxas in piedi al
parco, perché sarà importante.
Di nuovo, spero che il capitolo vi sia
piaciuto!
Aya ~