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Autore: Noth    03/08/2011    0 recensioni
- Hai sentito? - sussurrò Frank tendendo l’orecchio – E’ l’allarme
Mi guardò con occhi terrorizzati, pieni d’angoscia e si precipitò ad afferrare la sua Spectre M4 da sotto la branda, chiudendo gli occhi si fece il segno della croce.
- Non credo sia un esercitazione
Concluse infilandosi l’elmetto mimetico. Io lo guardai con gli occhi sbarrati, riuscivo a sentire il terrore farsi larga strada nella mia mente ventisettenne. Ero giovane per morire, non poteva finire così. Afferrai la mia Spectre, uguale a quella di Frank, e mi cacciai nervosamente l’elmetto in testa allacciandolo sotto il mento con le mani tremanti. Uscii dalla stanzina e percorsi i corridoi fiocamente illuminati fino ad uscire da quella sorta di baracca dove stavamo stipati noi soldati. Il generale, con occhi duri e dispiaciuti di chi guarda un bambino impugnare un fucile, ci ordinò di dividerci in squadre. Frank non era con me, era nel battaglione numero sei, io nel numero tre.
Genere: Azione, Drammatico, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Daniel, quando finirai di leggere quel libro?

Continuava a ripetere Frank, il mio compagno di stanza. Era la terza volta in due ore che pronunciava quelle parole. Non capivo cosa ci trovasse di sbagliato ne “La guerra di Arash”. Era un libro interessante, dove potevo ritrovarmi nella vita di tutti i giorni in quella sorta di trincea dove vivevamo. Una trincea in Iraq non serviva assolutamente a nulla, le bombe lanciate dai soldati di Alqueida e i Kamikaze, spesso bambini, non si sarebbero di certo fermata dinanzi ad un cumulo di terra. Poggiai il libro, aperto, sulla pancia e sollevai gli occhi sul mio compagno di stanza.

- Si può sapere perché ti da così fastidio che io legga?

Sbuffai. Ero già nervoso poiché, i generali del nostro accampamento, la mattina erano entrati seri nella nostra stanza, come in quella degli altri soldati, avvertendoci di avere ricevuto una soffiata su un possibile attacco nel pomeriggio. Io e Frank ci eravamo guardati nervosamente. Come ogni essere umano, temevamo la morte. Mi ero arruolato nell’esercito Americano per obbligo, non avevo idea dell’inferno che avrei trovato qui. Non lo avevo ancora provato di persona ma i pochi sopravvissuti a un attacco musulmano quando ne parlavano il più delle volte scoppiavano in lacrime. Qualche settimana prima era arrivato nel nostro accampamento un soldato ferito, senza una gamba.
“Una mina me la ha portata via” diceva lui.
Quando lo avevano curato alla bell’e meglio ed era tornato a parlare senza particolari problemi, a parte qualche dente mancante, ci aveva raccontato dell’assalto del quale era stato vittima e testimone.

-Non potete immaginare cosa sia davvero la paura, il terrore che la morte vi respiri sul collo, sorridente e gelida, in attesa del momento buono per strapparvi via la vita alla quale vi siete tanto aggrappati. Il fumo delle sette bombe lanciate da Alqueida mi bruciava negli occhi, non vedevo più il mio compagno di stanza, Karl. Cominciai a correre alla sua disperata ricerca poiché da solo...avevo paura. Attraversai resti corporei e saltai una testa spaccata dalla quale uscivano le cervella di qualche mio alleato. Repressi un conato di vomito e continuai ad avanzare con la mia M3 Grease Gun stretta in pugno. Un altro boato, era stata lanciata l’ottava bomba suicida. Mi scostai meccanicamente da dove proveniva il suono, poi però ricordai l’animo patriottico del compagno che stavo cercando, ed immaginai che si sarebbe buttato nella direzione del suono atroce. Raccolsi tutto il mio coraggio e mi gettai verso il centro della battaglia, dove Americani e Musulmani stavano combattendo per prendere uno la vita e la vittoria dell’altro. Rimasi nascosto dietro un pezzo di cartongesso, probabilmente appartenente ad una casa, fino a qualche minuto prima. Strano pensare che fino a poco tempo prima quello era un luogo di pace apparente. Indietreggiai e sapete cosa trovai dietro di me? Una gamba, staccata dal corpo: staccata dal corpo di Karl. La testa si trovava a poca distanza, martoriata e sanguinante. Feci per scappare ma non mi accorsi di un arabo che si trovava a poca distanza da me. Egli lanciò una bomba proprio ai miei piedi. Tentai di evitarla ma mi colpì una gamba. Non ho idea del perché io sia ancora vivo ma, di sicuro, preferirei essere morto li. Con Karl.

Alla fine di quella storia agghiacciante si era trascinato via sulle stampelle, gli occhi ghiacciati e congelati. Ero rimasto scosso da quel racconto così sofferto, tanto che la notte anche volendo non riuscii a chiudere occhio, in preda agli incubi più atroci su una fine simile.

- Hai sentito? - sussurrò Frank tendendo l’orecchio – E’ l’allarme

Mi guardò con occhi terrorizzati, pieni d’angoscia e si precipitò ad afferrare la sua Spectre M4 da sotto la branda, chiudendo gli occhi si fece il segno della croce.

- Non credo sia un esercitazione

Concluse infilandosi l’elmetto mimetico. Io lo guardai con gli occhi sbarrati, riuscivo a sentire il terrore farsi larga strada nella mia mente ventisettenne. Ero giovane per morire, non poteva finire così. Afferrai la mia Spectre, uguale a quella di Frank, e mi cacciai nervosamente l’elmetto in testa allacciandolo sotto il mento con le mani tremanti. Uscii dalla stanzina e percorsi i corridoi fiocamente illuminati fino ad uscire da quella sorta di baracca dove stavamo stipati noi soldati. Il generale, con occhi duri e dispiaciuti di chi guarda un bambino impugnare un fucile, ci ordinò di dividerci in squadre. Frank non era con me, era nel battaglione numero sei, io nel numero tre. Guardai il cielo grigio e coperto di nuvole scure come se fosse l’ultima volta, strinsi a me la mia mitragliatrice e mi feci il segno della croce, simbolo quasi scaramantico, prima di cominciare a marciare nel mezzo del plotone, nella mia posizione. Sapevo che non sarei rimasto a lungo coperto dal gruppo compatto di compagni che mi affiancavano. Il panico ci avrebbe diviso. Boam. Un boato spaventoso proveniente dalla parte opposta a dove ci stavamo dirigendo noi. Tirai un respiro di sollievo, finche non sentii il secondo boato provenire poco lontano. La frequenza cardiaca accelerò. Respirai e tentai di farmi forza, avrei potuto sopravvivere, magari senza una gamba, ma sarei sopravvissuto. Ne valeva la pena? Mi balenarono in mente le parole dell’uomo del racconto. Deglutii nuovamente. Un fischio, proprio sopra di noi, mi fece alzare la testa. Qualcosa di scuro stava cadendo dal cielo.

- Correte via!
Urlai alle persona che avevo accanto, le uniche che potevano sentirmi. Ci disperdemmo tra il fumo che ci avvolgeva, mentre buona parte dei nostri compagni veniva colpita in pieno dall’arma letale. Non osai voltare lo sguardo verso di loro, perché ero sicuro che avrei vomitato. Mi accucciai tra i detriti di ciò che c’era prima e gattonai verso una zona ancora non colpita. Udii degli uomini parlare, sperai fossero dei miei compagni, ma mi accorsi con dolore che non parlavano la mia lingua. Quello era arabo. Intravidi delle figure grosse parlare con una più piccola, quella piccola tremava, tra le loro parole sentii Kamikaze. Quel bambino era un arma. Notai a qualche metro da me un uomo girato di spalle che indietreggiava senza guardare. Si dirigeva verso gli uomini che parlavano con il ragazzino. Lanciai una pietra ma non riuscii a colpirlo per avvisarlo di non avvicinarsi, poiché oltre il fumo avrebbe trovato i nemici. Ne scagliai un’altra di più grossa, ma non riuscii nuovamente a colpirlo. Il mio alleato entrò nel campo nemico. Udii i suoi spari e delle urla, poi un colpo netto ed il giovane soldato si accasciò a terra. Vidi il sangue zampillare dalla testa e mi voltai. Avrei potuto salvarlo, e invece ero rimasto come un codardo dietro la mia postazione sicura. Mi allontanai, di li a poco sarebbe esplosa un'altra bomba in quel luogo ed io non avevo intenzione di esserne vittima.

Cominciai a correre nella direzione di dove si sarebbe dovuto trovare Frank, sperai con tutto il cuore che fosse ancora vivo. Avevo bisogno di un amico in quel momento, ero tutto ciò che chiedevo. Dio fa che sia vivo. Raggiunsi velocemente la zona, riparandomi come un codardo dagli spari dietro i miei compagni, scorsi il mio amico combattere, coraggioso e spaventato, sorrisi nel vedere che era ancora vivo. Notai un Iracheno avvicinarsi a lui e a quel punto gridai

- Frank alle tue spalle!

Lui si voltò. Sparò. Uccise e..venne ucciso da uno sparo alla sua sinistra. Mi cadde il fucile dalle mani, boccheggiai. Avrei dovuto mettermi dinanzi a lui, avrei dovuto salvarlo. Potevo farlo. Avrei potuto. Mi precipitai sul suo corpo esanime. Aveva il petto squarciato da uno sparo, sputava sangue e non riusciva a respirare.

- Mi dispiace, Frank. Mi dispiace. Sono stato egoista, immaturo e codardo. Non morirai da solo. No. Ti seguiranno i tuoi assassini. Forse anche io, forse no.

Mi levai dal suo corpo inerme e mi gettai verso colui che lo avevo ucciso, sparai nella sua direzione e lo ferii rabbiosamente, gridando come un ossesso senza vedere nulla, con gli occhi appannati dalle lacrime. Mentre lo finivo, con l’animo egoista e sadico di chi prova piacere nel vedere perire un altro uomo, un uomo come me, sorridevo. Mentre mi accanivo su quel cadavere un altro nemico mi apparse alle spalle. Mi colpì con una pallottola grossa e fredda, ma che mi bruciava sul fianco. Percepii il sangue sgusciare via dalla ferita, colarmi sulla gamba. Caddi a terra e mi poggiai la mano sul sangue caldo e appiccicoso, percepivo qualcosa di vivo in esso. Sapevo che sarei potuto sopravvivere, con una ferita del genere ma... non ne valeva la pena. Frank era morto, avevo ucciso il suo aggressore, se fossi morto sarei perito come un eroe. Non valeva la pena vivere, avrei solo sofferto una vita insignificante.

Afferrai il mio mitragliatore e premetti il grilletto con il sorriso sulle labbra.

Misi fine alle mie sofferenze.

Non avevo ancora finito di leggere il libro pensai mentre morivo.

Pazienza. Ero sicuro di essere io la fine.
   
 
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