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Autore: Keiko    03/08/2011    2 recensioni
Il mondo di Gerard Way è fatto di colori sfavillanti. Il tempo dei toni cupi, da favola gotica, li ha chiusi in una scatola cinese di cui ha dimenticato volutamente la collocazione. Alla sua età la gente comune pensa alla famiglia, lui lascia Lindsay e Bandit a giocare nella stanza accanto e cerca una via di comunicazione con il mondo esterno.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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A Sweet Revenge © [09/07/2011]
Disclaimer: I My chemical Romance (Mikey Way, Gerard Way, Frank Anthony Iero, Bob Bryar e Ray Toro nella loro ultima formazione), Jamia Nestor, Alicia Simmons e Lyn-Z (bassista dei Mindless Self Indulgence) sono persone realmente esistenti. I personaggi originali non sono ovviamente persone realmente esistenti, ma semplice frutto della mia immaginazione. La storia è frutto di una narrazione di PURA FANTASIA che mescola la mia visione di fan a eventi storicamente accaduti e rumors spulciati in rete, destinata al diletto e all'intrattenimento di altri fans. Non si persegue alcun intento diffamatorio o finalità lucrativa. Nessuna violazione dei diritti legalmente tutelati in merito alla musica ed alla personalità degli artisti succitati si ritiene dunque intesa.



Il mondo di Gerard Way è fatto di colori sfavillanti. Il tempo dei toni cupi, da favola gotica, li ha chiusi in una scatola cinese di cui ha dimenticato volutamente la collocazione. Alla sua età la gente comune pensa alla famiglia, lui lascia Lindsay e Bandit a giocare nella stanza accanto e cerca una via di comunicazione con il mondo esterno.
Colori o suoni? Onomatopee o parole? Si interroga sulla creazione, su cosa può rendere il suo mondo migliore. Al mondo serve una rivoluzione, ma gli anni Sessanta sono esistiti una volta soltanto nella storia e di certo non torneranno perché lo desidera un adolescente incastrato nel corpo di un adulto dall'aria malinconica.
A 33 anni lui crede ancora nei supereroi, e abbozza su fogli di un bianco asettico tute imbarazzanti che rimandano agli Anni Settanta, al dopo rivoluzione, alla sua infanzia perché lui – la rivoluzione vera – l’ha sfiorata soltanto. Vorrebbe sentirsi un eroe per qualcuno, ma deve fare i conti con una realtà scomoda: non è un eroe nemmeno per sua figlia.
Gerard ha realizzato entrambi i suoi sogni: quello di diventare musicista e quello di fumettista. Ora che ha tagliato entrambi i traguardi, pensa a cosa potrà fare della propria vita nella penombra di un bungalow nel bel mezzo del deserto, un intero cd buttato alle spalle e la voglia di mollare tutto e mettersi di nuovo in discussione.
Gerard Way non ama sbattersi sulle copertine dei giornali e darsi in pasto ai giornalisti, perché l’esperienza gli ha insegnato che l’essere sinceri con i media ti porta a farti sbranare alla prima occasione utile.
Mai abbassare la guardia, e lui ha sempre avuto fiducia cieca negli esseri umani.
Mai rivelare la propria mano all’avversario, e lui ha sempre avuto bisogno di raccontare e raccontarsi, come se ogni giornalista fosse un analista e lui il paziente un po’ schizzato disteso sul lettino di uno psichiatra.
Ora, da solo, cerca di fare i conti con sé stesso, perché la sua vita è una bivio: non ha voglia di prendere in mano il microfono, salire su un palco con i My Chemical Romance e darsi in pasto alle grida del pubblico.
La magia si è spezzata, è come se tutto non fosse stato altro che un film durato otto lunghi ed esasperanti anni: i fans; i giornalisti; i flash che ti accecavano ad ogni ora del giorno; gli occhiali scuri per scivolare indisturbato al supermercato e sentirsi di nuovo a casa; il sentirsi come animali in gabbia, costretti a condividere spazi troppo stretti per contenere la personalità di due grifoni come lui e Frank; i tour che non ti davano nulla, se non quella nostalgia che provi quando avverti che ti manca qualcosa, quando tutto l’affetto che ti riversano addosso dei perfetti sconosciuti non sai come ripagarlo perché credi di non meritarlo e nemmeno vuoi più concederglielo quando ogni tua parola viene presa, storpiata e interpretata al contrario: in quel caso, sei un cantante fallito, un portatore di messaggi che non sa esprimersi.
O non può essere capito.
Non é mai stato bravo a parlare per difendersi. A scuola veniva picchiato dai bulli e lasciava correre, senza ribellarsi o cercare di difendersi: sapeva che gli sarebbero arrivati addosso in cinque, non avrebbe avuto comunque possibilità di vittoria. Si lasciava pestare, tornava a casa con qualche livido sotto i vestiti e finiva tutto nel dimenticatoio del suo “non vivrò per sempre di questa merda”. Gerard sognava il mondo del fumetto, creava supereroi che avevano una vita schifosa quanto la sua ma che potevano diventare qualcuno di talmente strabiliante da poter salvare il mondo. Fondare i My Chemical Romance, diventare quel Gerard Way, gli ha permesso di diventare quel genere di eroe a cui basta cantare e scrivere testi per salvare qualcuno. O almeno, l’aveva creduto sino a quando non aveva fatto i conti con il suicidio di una sedicenne. Quando l'hanno accusato che la sua musica era troppo cupa e uccideva gli adolescenti, Gerard ha biascicato parole amare di scusa davanti ad avvoltoi che lo aspettavano in un allusorio tribunale di Minosse pronti a divorarlo. Chiedeva scusa con parole che rimandavano a una canzone che altri adulti non si sarebbero mai presi il disturbo di ascoltare, così ci hanno pensato i fans a difenderlo, formando uno scudo protettivo contro il mondo intero.
“I My Chemical Romance sono la band che ci ha salvato la vita.”
Lo leggevi e sentivi ovunque: via internet, nelle lettere cariche di rabbia inviate ai giornali, nei giorni in cui la sede del Daily Mirror era presa a insulti da gruppi di adolescenti che gridavano “Vaffanculo!” davanti ai portoni dai vetri oscurati, carichi di rabbia e odio per il mondo degli adulti che – ancora una volta – non era riuscito a comprenderli.
Non doveva essere lui a difendere il mondo?
Se l’era chiesto spesso, sino a quando non avevano deciso di giocarsi il tutto e per tutto al Madison Square Garden: era un concerto di addio fatto per loro, non per i fans. Egoisticamente parlando era la chiusura perfetta di un’ascesa che prima poi si sarebbe trasformata in declino, e Gerard era certo di non saper gestire la sconfitta, il precipitare a terra. Quando resti a vivere sulla vetta della montagna, non ti ricordi più com’è respirare l’aria della bassa quota e Gerard aveva la certezza che non sarebbe riuscito a vivere là, in basso, in mezzo ai comuni mortali.
Quando diventi un eroe, dimentichi come vivevi quando eri un essere umano normale, uguale ad altri milioni di esseri umani: perché tu, continui a sentirti speciale.
Non è facile decidere di mollare tutto eppure l’hanno fatto.
E’ stata una scelta nemmeno troppo sofferta, perché le priorità delle loro vite sono cambiate: Gerard sa di poter avere un futuro come fumettista; Frank ha una famiglia e per quelli come lui, che una famiglia vera l’hanno avuta, la priorità va a chi resta a casa non certo ai fans che gridano sotto il palco. Poi ci sono Mikey e Ray, e loro hanno una famiglia tutta da costruire e mogli che li aspettano pazienti a casa in attesa che decidano cosa fare delle loro esistenze. Bob se n’è andato, perché lui è fatto così: se ne sta zitto, poi esplode. Probabilmente ha taciuto per cinque anni tutto quello che poteva, poi l’ha risputato fuori abbandonandoli senza troppi giri di parole “Siete finiti”.
Aveva ragione, perché loro non sanno più fare musica insieme.
La vita li ha divisi, o forse sono le priorità ad essere cambiate: solo lui sembra desiderare ancora voler diventare un supereroe, e lo sguardo si stacca dagli schizzi e scivola verso la porta aperta e le risate di Bandit che, a passi incerti, corre per il salotto inseguita da Lindsay.
Le gli lancia un’occhiata complice, poi sorride: se non ci fosse lei non saprebbe cosa fare.
Lindsay l’ha sorpreso perché dietro l’apparenza da dura ha nascosto un amore per l’arte che può eguagliare il suo e possiede il dono della pittura che a lui manca. E’ stata una scoperta, Lindsay Ballato, in un backstage bruciato dal sole estivo, quando gli ha strappato dalle mani alcune bozze dei suoi vecchi disegni guardandoli scettica per poi aprirsi in un sorriso sincero, labbra rosse di un carminio brillante.
“Sei davvero bravo. Dove hai imparato?”
Nessuna donna gli aveva mai fatto un complimento per quello che disegnava, nessuna si era mai presa il disturbo di guardare a quella parte del suo carattere.
Il nerd che era in lui dormiva sempre quando aveva a che fare con le ragazze: a nessuna interessava davvero stare con un tizio che ti parlava per ore di fumetti, supereroi e serie televisive di vecchia data. Lindsay era stata la prima a interessarsi al Gerard fumettista, non al musicista o al ragazzo sfigato di anni prima, quando i My Chemical Romance non era niente nemmeno nella sua testa.
Lindsay si era insinuata dentro di lui con la schiettezza di chi condivide una passione, ed è stata la magia di scoprirsi simili a fargliela sposare, due mesi dopo, in un backstage del tutto simile a quello in cui si sono parlati davvero per la prima volta.
Si perde per ore a osservarla mentre disegna con Bandit, entrambe sedute a terra circondate da miriadi di pastelli a cera e tempere.
E’ una visione, è un’epifania che lo travolge: sono i colori a salvarlo.
Nel silenzio del deserto, circondato dalla furia selvaggia della natura incontaminata, Gerard torna a scrivere canzoni e a disegnare: può essere un fumettista e un cantante. E’ arrivato il momento di scrivere una storia di supereroi rivoluzionari, di scrivere canzoni che siano il manifesto dell’arte come arma. Non saranno più vestiti neri e una parata funeraria i suoi protagonisti, saranno cinque persone comuni armate di pistole laser, contro un nemico che schiaccia il libero pensiero.
E perderanno, perché gli eroi – per essere tali – devono morire.
Non è una persona da lieto fine, lui, perché la vita non ti concede mai un happy end e non ha voglia di illudere chi lo ascolta con le favole della buonanotte. Quelle le riserva a Bandit, in quell’unico momento in cui forse lo riconosce come uno di famiglia.
Dicevano che erano finiti, che i My Chemical Romance erano tetri con quegli abiti neri e il trucco pesante, che erano un cattivo esempio per gli adolescenti.
A lui, di essere un esempio, non gliene aveva mai fregato nulla, erano le persone ad averlo innalzato al ruolo di eroe senza che ne avesse le competenze.
Gerard osserva l’arcobaleno cromatico di pantoni che ha davanti e sorride: basta camuffare il tutto con una storia da fumetto e colori sfavillanti per fingere di essere diversi?
Al mondo degli adulti fa paura tutto quello che è sinonimo di violenza, terrore, solitudine: il nero, per antonomasia, è il colore della morte. Gerard estrae dal suo posto il pantone, cancellando così il nero dalla tavola dei suoi colori.
E’ l’ultimo della scala – dall’altro lato c’è il bianco – e Gerard comprende quanto ci sia di intimo in quella loro relazione, quanto il nero possa essere vicino a lui più di qualsiasi altro colore al mondo.
Colorerà le ombre con il blu, lascerà poco spazio alla china, scriverà una storia a fumetti e una colonna sonora per i suoi supereroi perdenti: la musica fa paura, i fumetti sono solo favole per bambini, è questo che pensano gli adulti.
Si sta sottomettendo al sistema dei nemici conformisti? Si sta svendendo alla Warner Bross? Sta cercando di rinnegare ciò che è stato per illudersi di essere cambiato, diventando un uomo migliore?
Non vuole desistere, i My Chemical Romance hanno ancora qualcosa da raccontare.
Lui ha ancora voglia di raccontare, ma non di raccontarsi, perché il centro dell’attenzione dovrà essere la musica assordante che sta per generare.
La verità è che il nero racchiude tutti gli altri colori e per quanto lui tenti, sarà sempre il nero che si porta dentro a inglobare ogni altro bagliore.



Note dell'autrice.

Non so bene perché abbia voluto scrivere una cosa simile. Del periodo Killjoys non sto scrivendo nulla, perché musicalmente parlando lo trovo quanto di più discutibile possa esserci, e per altri motivi che potrebbero scatenare una rivolta, per cui non mi va di raccontarli XD
Detto ciò, questa storia è uscita all’improvviso e ne ho approfittato. Principalmente, le fonti da cui ho preso spunto sono due: la prima intervista ufficiale rilasciata dalla band a Kerrang! a novembre 2010, e un’intervista a Gerard fatta da Rolling Stones verso fine anno, in cui parlava del suo rapporto con Bandit Lee e la sua famiglia.

   
 
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