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Autore: Prue786    04/08/2011    3 recensioni
Artemis si lasciò sfuggire un’occhiata alla cravatta nera che spiccava sulla camicia candida “È mia abitudine vestire così!... Ah, posso chiedere dove sono?” “Questa è villa Phantomhive!” “Quindi, vostro padre sarebbe…” “Io… sono il conte Ciel Phantomhive e questa casa è di mia proprietà!” Esclamò l’altro con una nota di irritazione nella voce.
Genere: Avventura, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 3

 

Il tonfo del portone d’ingresso strappò un sospiro al giovane Fowl, che si lasciò cadere sul divano giallo del salone.

“Finalmente sono andati via, temevo che volessero metter radici qui!” Rimuginò fra sé godendo dell’improvviso e sospirato silenzio.

Quei tre ragazzi erano stati capaci di non zittirsi nemmeno per dieci secondi di fila e lui era stato costretto a dirottarli nuovamente davanti alla play station per evitare che gli mettessero sottosopra l’intero contenuto del PC. Aveva degli amici della sua età: perfetto! Ma dovevano essere proprio degli esseri tanto noiosi e casinisti?

I passi pesanti di Leale lo distolsero dai suoi pensieri, ma senza dargli il tempo di parlare, la guardia del corpo trattenne per qualche istante il fiato, sbottando “Artemis, abbiamo un problema!”

L’esclamazione strappò una smorfia al giovane, mentre il pensiero “Come se quelli appena andati via non lo fossero!” gli balenò in testa prima che la sua attenzione fosse rivolta all’uomo di fronte a lui che lo fissava con aria accigliata “La macchina del tempo è scomparsa! È stato un attimo, stavo controllando che tutto fosse in ordine e quando mi sono voltato non c’era più, volatilizzata!”

Artemis si limitò ad alzarsi e dirigersi a passo sostenuto verso la stanza in questione.

Dopo aver appurato di persona l’accaduto si posizionò davanti al PC con un brutto presentimento ad incupirgli il volto. Lo sguardo si fece sempre più accigliato mentre faceva scorrere velocemente il cursore sullo schermo, muovendo ritmicamente l’indice sul mouse.

“Artemis?”

Il rampollo di casa Fowl continuò a fissare il monitor, rimanendo in silenzio ancora per qualche secondo prima di rispondere all’uomo con voce inespressiva “Tutti i miei documenti sono scomparsi!”

Si alzò nuovamente percorrendo tutta la stanza prima di ritornare indietro “Devo dare un freno a questa situazione!” si disse massaggiando le tempie con aria stufa. Afferrò la giacca che la madre aveva brutalmente gettato a terra, dalla tasca interna ne trasse il telecomando della sua invenzione e digitò velocemente data e luogo in cui si trovava “Onestamente non avevo programmato la macchina perché viaggiasse da un secolo all’altro, ma a questo punto  i calcoli e la scienza non ci possono essere molto d’aiuto! Ed è meglio escludere a priori le assurdità!” Lanciò un’occhiata a Leale prima di premere il pulsante d’avvio con una certa tranquillità e convinzione, non aspettandosi che accadesse alcunché, cosa che si rivelò giusta dal momento che niente mutò.

O almeno era quello di cui Fowl junior e la sua guardia del corpo erano convinti.

 

 

Quando sentì mancare la terra sotto i piedi non riuscì neanche a gridare per la sorpresa. Vide solo una chiazza indistinta di colori muoversi davanti agli occhi prima che la caduta venisse arrestata all’improvviso.

“Sta bene, signore?”

Ciel chiuse un attimo gli occhi, aspettando che il suo maggiordomo lo rimettesse con i piedi a terra. “Sì, sto bene… ma cos’è successo?” Chiese quasi a se stesso guardandosi intorno.

Il paesaggio era cambiato radicalmente in una frazione di secondo e, al posto della sua stanza, vi era una distesa di alberi all’apparenza isolata: gli unici rumori erano il fruscio delle fronde e il cinguettio dei volatili; i raggi del sole penetravano dolcemente attraverso la vegetazione, illuminando l’erba verde e curata.

Il conte mosse qualche passo, con un leggero cipiglio “Non siamo a villa Phantomhive… Sebastian, scopri dove siamo finiti!” ordinò con tono deciso, senza guardare il demone che, alle sue spalle accennò un inchino composto prima di scomparire senza far rumore.

Ciel ebbe solo il tempo di avvicinarsi ad un arbusto di medie dimensioni, osservando il groviglio di radici sul terreno, che il suo maggiordomo fu già di ritorno.

“Non siamo più a Londra, temo!” l’aria serafica del suo volto strideva con il significato della frase appena pronunciata.

Il giovane conte strinse le labbra fulminando l’altro con gli occhi prima di incrociare le braccia “Allora riportami a casa!”

Sebastian sollevò da terra il suo signorino senza alcuna difficoltà, ma rimase fermo dov’era cominciando ad assumere un’aria sorpresa: c’era qualcosa che non andava e questa, per lui, era davvero una cosa strana. “Sono spiacente, ma non sembra sia possibile!” esclamò con voce costernata.

Nel sentire quelle parole Ciel assunse un’aria infastidita “Cosa c’è ancora?” più che una domanda la sua era una protesta “Non ho tempo da perdere! È già bastata la visita inopportuna di questa mattina!” disse con fare irritato, togliendo il bendaggio che gli copriva l’occhio destro, e mostrando il marchio che lo legava al demone “Sebastian, è un ordine! Riportami a casa!” esclamò con un tono che, come sempre, non ammetteva repliche.

Il maggiordomo chinò leggermente la testa, con un espressione indecifrabile in volto, mormorando “Sì, mio signore!” e improvvisamente il silenzio sembrò avvolgere l’intera zona.

Ciel chiuse per un attimo gli occhi ma, quando li riaprì, si rese conto che ciò che aveva davanti agli occhi non era quello che si sarebbe aspettato di vedere.

 

 

Con uno sbuffo il giovane Fowl infilò il telecomando nella tasca dei pantaloni “Tentativo alquanto superfluo! Ero certo che la macchina non sarebbe tornata indietro, non è per questo che è stata progettata!” una scrollata di spalle dichiarò chiuso l’argomento e senza perdersi ulteriormente in futili chiacchiere Artemis si diresse verso la scrivania prendendo posto davanti al monitor “Devo ricostruirla!” Dichiarò con tranquillità.

“Ma, Artemis…” Leale provò a cercare qualche valida obiezione; dopotutto le cose stavano precipitando rapidamente e tutti i progetti erano andati dispersi senza contare che non avevano più a disposizione gli strumenti del Popolo necessari… già, il Popolo, che ne era stato?

L’uomo scosse la testa: non era quello il momento di pensare ai loro piccoli amici; ora la priorità era ristabilire l’ordine, di qualunque tipo esso fosse e, nonostante le ovvie perplessità, l’euroasiatico si fidava ciecamente del suo giovane protetto e se lui riteneva possibile ricostruire quell’arnese infernale, a dispetto di tutte le circostanze avverse, poteva star certo che Fowl avrebbe ottenuto ciò che voleva. 

“È sicuro che, anche se riuscissi ad individuare l’anno esatto in cui sono capitato, si tratterebbe solo di un universo parallelo, ma sarebbe comunque un punto di partenza!” Artemis era concentrato sul monitor e le dita lavoravano velocemente sulla tastiera “Non mi ci vorrà più di mezz’ora per riscrivere il progetto, ma questa è solo la parte più semplice!” Pensò tra sé continuando ad inserire dati senza sosta.

“Arty!”

La voce in falsetto della madre gli fece inarcare leggermente un sopracciglio senza, però, che il suo sguardo si spostasse dal lavoro.

Leale fissò la donna con una leggera apprensione: se avesse cominciato nuovamente a far domande sarebbe stato costretto a mentire spudoratamente?

“Avanti, Artemis, continui dopo il tuo videogioco… anche se dovresti usare il tuo computer e non quello di tuo padre!” Scosse leggermente la testa “Su, è l’ora degli allenamenti di rugby, o te ne sei dimenticato?”

Quelle parole riuscirono a mettere in allarme Fowl junior che puntò gli occhi azzurri sulla madre “Rugby?” chiese, come se l’altra avesse detto un’assurdità, ma l’unica cosa che ottenne fu un sospiro prima che Angeline lo afferrasse per un braccio “Non ho nessuna intenzione di portarti sul campo con questi vestiti! Se non vuoi cambiarti lo farò io!” Fu la minaccia della signora Fowl che fece alzare il figlio, inerme di fronte a quell’attacco improvviso, e cominciò a sbottonargli la camicia candida.

Leale si vide costretto ad intervenire: Artemis non avrebbe mai e poi mai voluto partecipare ad una sessione di allenamenti che mettesse in primo piano le abilità fisiche. “Signora…” cominciò avvicinandosi cautamente alla donna con l’intenzione di dissuaderla dall’infilare il figlio in una divisa sportiva, ma l’altra si girò di scatto al suono della sua voce e non gli permise di andare avanti. “Ancora lei?” Fulminò con lo sguardo l’uomo, indifferente al fatto che fosse il doppio di lei “Non ho ancora capito bene chi sia e cosa ci faccia in casa mia, ma se non la smette sarò costretta a chiamare la polizia!” Sbottò la signora Fowl riuscendo, con un ultimo strattone, a privare Artemis della camicia.

“Madre, per favore, lascia stare Leale e, per inciso, non ho intenzione di partecipare a nessun allenamento!” sussurrò il giovane cercando di riprendere l’indumento a terra, ma la donna non sembrò ascoltarlo e cominciò a trascinarlo fuori dalla stanza.

“Mi perdoni, signora!” La voce di Leale arrivò forte e chiara alle orecchie di Artemis prima che la guardia del corpo lo afferrasse per la vita e cominciasse a scendere la scalinata in modo precipitoso. L’euroasiatico controllò istintivamente che la sua Sig Sauer fosse al proprio posto prima di afferrare le chiavi della limousine e precipitarsi fuori dalla villa, rincorso dalla voce di Angeline che urlava al rapimento.

 

“Ho evitato di farti correre con in mano un pallone ovale, Artemis, ma ora che si fa?” Domandò un Leale accigliato, alla guida dell’auto dei Fowl. A rispondergli fu una voce calma e sicura “Semplice, chiamiamo i rinforzi!”

 

 

Ciel sgranò gli occhi nell’accorgersi che il posto in cui si trovava non era certo casa sua e, ancora più contrariato, che Sebastian per la seconda volta non fosse stato in grado di eseguire il suo ordine.

“Sebastian, a che razza di stupido ed infantile gioco stai giocando?” Sibilò il conte, irritato: erano esattamente nello stesso luogo! Come si permetteva quel demone di prenderlo in giro?

“Sono davvero dispiaciuto per l’accaduto, signorino, ma non so spiegarmi davvero come sia potuto accadere!” L’espressione dell’uomo era visibilmente perplessa e solo questo evitò a Ciel di innervosirsi ulteriormente.

Ispirò profondamente e annui “Va bene, fammi scendere e poi assicurati di trovare un modo per far finire questa pagliacciata!” Phantomhive massaggiò le tempie prima che un rumore poco lontano attirasse la sua attenzione. 

“Sebastian…” Sussurrò in fretta, prima che quest’ultimo si allontanasse per poter eseguire l’ordine. 

“Mi dica!”

Ciel mosse la testa in direzione dell’essere tozzo e peloso che era appena sbucato da un’enorme buca nel terreno, che fino a pochi attimi prima non esisteva. Il demone increspò le labbra in un sorriso serafico prima di puntare sulla creatura che, con una velocità non prevista, percepì il pericolo, sganciò letteralmente la mandibola dalla sua posizione naturale e si rituffò nell’apertura dalla quale era venuta, seguita da Sebastian.  

“Ma cos’è?” Si chiese Ciel, con un cipiglio sorpreso, prima che il demone ritornasse in superficie stringendo l’essere in una morsa d’acciaio, rendendo inutili i suoi tentativi di sfuggirgli.

Il conte incrociò le braccia e si avvicinò lentamente, sul volto un’espressione disgustata a causa del tanfo che emanava l’essere “Adesso, se non le dispiace…” esordì quando fu a meno di un metro di distanza, tanto da riuscire a guardare la creatura negli occhi spalancati “Vorrei scambiare due parole con lei!”

 

 

Leale lanciò un’occhiata allo specchietto retrovisore notando che Artemis aveva già preso il telefono cellulare. “Sei sicuro che sia una buona idea? Non credo che nella situazione attuale possiamo essere sicuri dei nostri rapporti con il Piccolo Popolo!”

Fowl si limitò ad alzare le spalle “Allora non ci resta che scoprirlo!” Compose velocemente un numero di telefono e cominciò a pronunciare tutte le parole legate al popolo fatato che gli venissero in mente, come aveva fatto in passato, quando aveva rischiato di perdere quello che ormai considerava un amico prezioso e fidato. Fissò per qualche istante Leale, impegnato nella guida, allontanando da sé il senso di inquietudine che l’aveva invaso e interruppe la chiamata.

“Leale, ferma l’auto: prima riescono a trovarci e meglio sarà!”

Lo squillo del cellulare risuonò nell’auto ancora prima che l’euroasiatico avesse il tempo di accostare al ciglio della strada.

“Pronto?” Domandò Artemis guardando fuori dal finestrino, in attesa di cogliere il più piccolo, strano movimento nei dintorni. 

“Non so chi tu sia, ma non è per nulla spiritoso quello che hai appena fatto!”

La voce dall’altro lato del telefono fece disinteressare il giovane alla situazione esterna all’auto.

“Mi hai fatto perdere un mucchio di tempo prezioso, ti rendi conto? Stupidi Fangosi! La prossima volta chiederò i danni!”

“Polledro?!”

   
 
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