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Autore: livia    05/08/2011    15 recensioni
Il mio personale sviluppo di un episodio dell'anime che mi è particolarmente caro.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Oscar François de Jarjayes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ciao a tutte...questo è un piccolo flash (direi che è troppo piccolo anche per definirlo one-shot) al quale ho pensato per qualche notte prima di addormentarmi, come spesso mi accade. Il tentativo era quello di esplorare un episodio particolare della storia che tutti amiamo, e di problematizzarlo proponendo un' “angolazione” diversa: ho provato a immaginare, cioè, che cosa sarebbe accaduto se la presa di coscienza di Oscar fosse avvenuta dopo lo scontro “cinque contro uno” di André nella caserma..Ho cercato di dare voce ai suoi pensieri, secondo quello che è il mio sentire e seguendo le mie “vibrazioni”: ne è uscita una serie di riflessioni, forse sconnesse, forse ripetitive, ma sicuramente di getto, sgorgate dal cuore. Come penso che sarebbero state le sue. Questa storia è anche “l'altra faccia” di “Buio”, in quanto esplora sentimenti opposti a quelli che là sono espressi.
Buona lettura, e grazie a chi commenterà e anche a chi leggerà e basta.
Livia




Ora riposati.
Il sonno ha finalmente disteso i tuoi lineamenti, e non c'è più traccia del dolore e dell'umiliazione che fino a poco fa ti squassavano l'anima.
Solo, un lieve accenno di fastidio, come un'ombra che ti corruga la fronte.
Io ti sono vicina, lo senti?
La mia mano è qui, ti sfiora il braccio.
Ho chiesto che mi lasciassero sola con te. con la voce da uomo, da comandante, come sempre. Ma era una donna smarrita quella che parlava, una donna che non sapeva dove andare.
E sono una donna smarrita, adesso, con la schiena curva su di te. Il pavimento è ingombro delle bende con cui ho lavato le tue ferite, e sono io la tua ferita più grande. Sono io l'unica che la può rimarginare.
Mi avvicino, e il tuo alito è caldo come di febbre. Non ti muovi, nella penombra della stanza. Sembri debole, indifeso.
Sei stanco, lo so: siamo stanchi della stessa stanchezza io e te. Due combattenti che si sono battuti a lungo, su due fronti dello stesso gioco crudele.
Tu, per mostrare me stessa a me stessa; io, per nascondermi a te che mi spiegavi chi ero.
Io, per seppellire il mio cuore ai miei occhi: tu, per raggiungermi mentre mi asserragliavo nei miei labirinti.
Ma ha ancora senso, col tuo sangue sulle mie mani?
Con le tue lacrime che ancora mi bruciano gli occhi?
Prendo fiato, raddrizzo la schiena.
Non c'è senso, mi dico.
Non c'è mai senso nell'uccidere il cuore.
Non c'è ragione, amore mio, ora basta.
Abbassa la guardia, non è più tempo di lottare.
Affidati, io sono qui.
Non sono più una donna smarrita, sono una donna che si è appena ritrovata.
Le mie dita solcano ogni tuo livido e ogni tua percossa, ed è un potere salvifico quello che adesso scuote ogni mia fibra.
Non sono più la tua ferita più grande: io ti curo, André.
Già stai meglio, lo vedi?
Il tuo respiro è più regolare, e riprendi a muoverti piano.
Torni a te stesso lentamente, e lentamente il tuo sguardo mi trova.
Io ti sono vicina, lo vedi?
La mia mano è qui.
Schiudi le labbra come per dire qualcosa, ma il mio indice te lo impedisce serrandotele con un gesto leggero.
No, amore mio.
Non adesso, avremo tempo.
Ora riposati.
  
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