Libri > Twilight
Ricorda la storia  |      
Autore: Nusia    05/08/2011    8 recensioni
Questa storia partecipa al concorso "One shot dell'estate"
Bella trascorre ormai da ben 14 anni le vacanze a Phoenix ed è li, insieme ad i sui amici e Edward, che si sente realmente a casa. Questa vacanza darà una svolta alla sua vita, facendole immaginare un futuro felice con Edward. Lo ama da sempre, ma i chilometri che li dividevano le avevano sempre impedito di ammetterlo.
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Bella/Edward
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
one Eccomi qui anch'io =) dopo qualche tentennamento e piccolo dubbio alla fine ho deciso di partecipare anch'io al concorso "One shot dell'estate"
L'ho appena conclusa e visto che domani parto per le vacanze ho deciso di postarla *-* scusate l'ora ma tra valige e riba varia non ho potuto prima. L'ho riletta una sola volta perciò spero di aver eliminato tutti gli errori, nell'eventualità che ce ne siano ancora mi scuso in anticipo. Buona lettura ci leggiamo di sotto =D


Partecipa al concorso "One shot dell'estate"



"Ritornare a casa"

Casa non dove si nasce o si vive,

casa è il posto in cui ci si sente se stessi.
Il luogo dove ci si sente bene e si respira felicità.



Pov. Bella

“Quanto manca papà?”
Charlie, mio padre, mi lanciò un’occhiataccia dallo specchietto retrovisore sospirando sommessamente.
“Bells, sarà la millesima volta che lo chiedi ” intervenne mia madre divertita, lei sapeva benissimo che non vedevo l’ora d’arrivare e riabbracciare tutti. Finalmente dopo un anno avrei rivisto i miei migliori amici, avrei potuto rilassarmi, prendere un po’ di sole, andare a ballare, divertirmi per un interno mese. Niente interrogazioni da preparare o compiti a sorpresa a stressarmi. Nulla di nulla. Solo mare, sole e amici. Avrei preferito trascorrere a Phoenix molto più tempo, invece dovevo accontentarmi di quei miseri 30 giorni che, lo sapevo bene, sarebbero volati in un battito di ciglia. Succede sempre così quando si sta bene: il tempo volta e quando te ne accorgi è troppo tardi. Avrei voluto ci fosse un modo per bloccare il tempo, in modo da ritardare il più possibili i saluti e il triste ritorno alla solita routine. Il ritorno a Forks. Odiavo con tutta me stessa quella microscopica cittadina di poche anime dov’ero costretta a vivere e non  perché sembrava un paese alieno tanto fosse il verde che ricoprisse ogni singolo spazio di quel posto, ne tanto meno il fatto che piovesse trecento giorni all’anno, bensì per altre ragioni ben più strazianti, almeno a mio parere. Quel piccolo agglomerato urbano sconosciuto al mondo intero mi teneva lontano dalle persone più importanti della mia vita: i miei amici ed Edward. Già, Edward. Chissà se era gi arrivato al villaggio!
“Allora, me lo dici o no quanto manca? ” sbuffai non avendo ricevuto risposta.
“Un quarto d‘ora al massimo, rompiscatole” borbottò mio padre “È appena un‘ora che stiamo in macchina. Ogni anno la stessa storia” ridacchiai vedendolo alzare gli occhi al cielo e per farmi perdonare delle mie continue lamentele, mi affacciai sui sedili anteriori di un’ Audi appena noleggiata scoccandogli un bacio sulla guancia.
“Grazie papà”
Non so cosa passò per la testa dei miei genitori, ma quando avevo 4 anni decisero di prendere un aereo e volare a Phoenix per le vacanze.  Il primo anno affittarono una casa a 100 metri dalla spiaggia, ma la gente del posto non faceva altro che elogiare il centro estivo “Blu Marine Village” posto a esattamente 50 chilometri a sud dell’aeroporto, così i miei genitori andarono a visitarlo e l’anno dopo prenotarono proprio li. Ormai erano ben 14 anni che passavamo le vacanze estive in quel posto e come noi anche la famiglia Cullen e Hale. Eravamo un gruppo ben affiatato, ci divertivamo insieme e se non fosse stato per la lontananza, molto probabilmente, ci saremmo visti ogni singolo giorno dell’anno e avremmo organizzato di continuo grandi cene. Proprio come accadeva in vacanza. Ma loro vivevano a Jacksonville e noi in un piccolo paesino dello stato di Washington.
Avremmo potuto trasferirci anche noi li, più volte ne avevamo parlato, ma per mio padre sarebbe stato un problema. Essendo sceriffo della polizia, Charlie avrebbe dovuto chiedere un trasferimento e non sempre questi venivano accettati e nell’eventualità di una risposta positiva chi ci assicurava che l’avrebbero trasferito proprio li? Mio padre aveva tentato una volta, ma gli era stato detto che non poteva essere trasferito perché, per il momento, la sicurezza del paese era posto. In poche parole non serviva nessuno sceriffo.
“Ah finalmente!” sospirò mia madre sporgendo la testa fuori dal finestrino, proprio come facevano i bambini.  Rincuorata dalla sua esclamazione mi guardarmi in giro e sorrisi. Eravamo arrivati.
“Welcome to Blu Marine Village” lessi ad alta voce e Reneé lanciò un piccolo urletto facendomi capire che non ero la sola ad essere felice.
“Reneé, amore sei peggio di Bella” constatò bonariamente mio padre. Mamma gli diede un piccolo colpetto al braccio.
“Oh andiamo Charlie! So benissimo anche tu non stavi più nella pelle. Non dirmi che non sei felice di andare a pesca con Carlisle e Richard” a quelle parole mio padre si illuminò ed io ridacchiai allegramente.
Dopo ben 11 mesi eravamo, finalmente, ritornati a casa! Presa dall’eccitazione mandai un messaggio ad Alice dicendole di raggiungermi subito alla reception. Charlie parcheggiò la macchina e non appena spense il motore sentii una risata familiare. Girai di colpo la testa alla mia destra e quando mi accorsi di una chioma bionda scesi dalla macchina e mi precipitai tra le sue braccia.
“Jazz mi sei mancato tanto” bofonchiai sulla sua spalla restando allacciata a lui stringendo le gambe intorno alla vita. Dopo un attimo di smarrimento anche lui ricambiò l’abbraccio.
“Bells che spavento!” ridacchiò “mi sei mancata anche tu”
Lo strinsi più forte ancora poi mollai la prese e mi ricomposi.
“Ti trovo bene” mi complimentai notando i suoi addominali scolpiti. Jasper era sempre stato un bellissimo ragazzo: alto, biondo e con profondi occhi nocciola, ma era snello, fin troppo per la sua altezza e ritrovarmelo davanti con un corpo ben definito mi fece rimanere a bocca aperta. Ora si che era perfetto!
“Stai forse alludendo ai miei pettorali perfetti o alla nuova tartaruga?” chiese divertito ed io annuii.
“Ora si che puoi fare il modello, scommetto che le ragazze che ti vengono dietro si sono triplicate” si grattò il capo come imbarazzato ed io ridacchiai. Era bello constatare che fosse sempre il dolce e timido Jazz. Quel ragazzo che per quanto bello potesse essere non si era mai montato la testa o creduto chissà quale Dio in terra. No, Jasper era sempre stato un tipo con la testa sulle spalle, consapevole della sua bellezza e con una fila di ragazze al suo seguito, ma non se n’era mai vantato in giro né, tanto meno, aveva ceduto alla corte di qualche ragazza. Lui aveva occhi solo per la sua piccola e capricciosa Alice.
“Povera Alice!” esclamai ma lui mi guardò quasi male.
“Povera Alice? Povero me vorrai dire!” ci riflettei un momento su, poi gli diedi una pacca sulla spalla come a confortarlo.
“Si, hai ragione” concordai immaginandomi un' Alice furiosa che se la prendeva con il povero Jazz perché una ragazza gli aveva fatto il filo.
Stavano insieme ma ben 3 anni ormai e ancora continuavo a chiedermi come facessero ad andare così d’accordo. A differenza di Jasper, la mia migliore amica era tutto fuorché timida o riservata. Ogni volta che pensavo ad Alice mi immaginavo un vulcano in eruzione che, anziché eruttare lava, tirava fuori nuove idee, tanta gioia ed entusiasmo. Era una vera e propria forza della natura, un concentrato di energia intrappolato in un corpo alto appena un metro e cinquantacinque. Era bassina si, ma davvero tanto bella e sbarazzina con quei capelli color pece sistemati in un caschetto perennemente disordinato e con quegli occhi azzurro cielo. Quando la osservavi non era difficile capire perché Jasper se ne fosse innamorato pazzamente.
“Bella, Bella, Bella, Bella!” urlò proprio lei correndomi incontro e buttandosi tra le mie braccia.
“Alice” per poco non perdemmo l’equilibrio tanto ci stringevamo forte.
“E’ una settimana che ti stiamo aspettando. Non stavo più nella pelle” parlava così velocemente che stentavo a capire cosa dicesse “ho anche avvertito Emmett e Rosalie, erano in spiaggia e mi hanno detto che ci raggiungevano subito e …”
“Ehi prendi fiato” la interruppe Jasper facendomi ridacchiare.
“mi sei mancata infinitamente” le dissi e lei tornò ad abbracciarmi.
“Oh! Anche tu Bells”
Mentre continuavo ad essere stritolata da Alice vidi mia madre mimarmi che andava da Esme e Viviana ed io annuii con il capo.
“EhmEhm” qualcuno alle mie spalle si schiarì la voce per farsi notare, ma non potei voltarmi poiché Alice non si decideva a mollarmi.
“Dai cuginetta la stritolerai dopo. Ora lasciami salutare il mio scricciolo” sorrisi nel riconoscere il vocione del mio orsacchiotto personale. Il mio Emmett.
“Ali, lasciami salutare anche loro” dissi divertita e lei acconsentì sbuffando. Corsi nelle braccia di Em e lui mi prese praticamente in braccio scoccandomi un bacio sulla guancia, poi mi mise giù permettendomi di salutare anche Rosalie.
“Sei sempre splendida” sussurrai stringendola.
“Guarda chi parla” ribatté sciogliendo l’abbraccio e guardandomi per bene.
Rosalie continuava a dire che ogni anno che passava diventavo sempre più bella e affascinante, ma io non le credevo per nulla. Certo ero una bella ragazza, non ero cieca, ma nulla di speciale. Una bellezza anonima: capelli scuri pieni di boccoli, occhi marroni, snella e abbastanza alta. Molti ragazzi mi facevano il filo, ma non ero nulla paragonata a lei. Rosalie era la gemella di Jasper ed era di una bellezza eterea, capace di mozzare il fiato anche ad un non vedente. Aveva un fisico statuario, con le curve al posto giusto, lunghi capelli biondi e ondulati e con due occhi color miele con venature verdi capaci di ipnotizzare chiunque, persino il mio orsacchiotto. Prima di perdere la testa per Rose, Emmett era sempre stato un ragazzo da una sera con l’allergia per le storie serie. Conquistava le ragazze con il sui grandi occhi neri, il suo fisico scolpito e pieno di muscoli, ben più sviluppati di quelli di Jazz, e con la sua immensa simpatia. Nessuna ragazza, per quanto audace potesse essere, era riuscita a far capitolare Emmett, ma a Rosalie era bastato un solo pomeriggio fatto di sguardi, sorrisi e risate. Erano una coppia perfetta e ben assortita anche se ad occhio esterno potevano sembrare davvero bizzarri. Non poche volte avevo sentito dire “Chi è che sta con Emmett? Impossibile! Una come Rosalie, così composta e riservata non si metterebbe mai con un Don Giovanni come lui dalla battuta sempre pronta” ma loro non conoscevano realmente Rose, non sapevano che sotto quella maschera di riservatezza e serietà fosse esattamente come il suo scimmione: estroversa ed espansiva. Loro non sapevano che il suo armadio, oltre a contenere abiti attillati, era pieno zeppo di grosse e comode tute. Non sapevano assolutamente nulla. La gente è da sempre abituata a giudicare  e sono contenta che Rose non si sia mai lasciata influenzare dai commenti altrui.
Sorrisi alle mie due coppie preferite e loro ricambiarono aspettando, probabilmente, che dicessi qualcosa.
“Edward?” domandai facendoli scoppiare tutti a ridere “Cos‘ho detto di divertente?”
“Era strano che ancora non chiedessi di lui” mi spiegò Jazz ed io alzai gli occhi al cielo.
“E’ ancora in camera a dormire?”
“A dire il vero, non è ancora arrivato” mi informò Alice facendomi, per un attimo, incupire.
“Ah! E quando arriva?”
“Tra una settimana” le parole di Emmett mi spiazzarono. Avrei dovuto aspettare ancora altri 7 giorni per potermi finalmente rispecchiare in quegli occhi smeraldo.
“Ma che dici Em, a me aveva detto che sarebb…” Emmett non le permise di completare la frase che subito chiarì:
“L‘ho sentito ieri, ha detto che deve ancora risolvere non so cosa al college e che non arriverà prima di sabato prossimo”  lo guardai sconcertata e al col tempo dispiaciuta. Sconcertata perché non ricordavo che facesse tutti quei gesti quando parlava, solitamente gesticolava quand’era nervoso o agitato. Dispiaciuta perché lui non c’era. Non era li ad abbracciarmi.
“Ma cos‘hai oggi Em? Continui a gesticolare come un idiota” lo schernì la cugina viaggiando sulla mia stessa lunghezza d’onda.
“Tu sei un‘idiota Ali” sbuffò indispettito.
Quel piccolo battibecco mi fece ritornare il sorriso.
“Dai portatemi da Esme e Viviana, voglio salutarle”


____________
“Ecco fatto!” esclamai buttandomi a peso morto sul letto. Alice ridacchiò spensierata mentre riponeva l’ultimo capo d’abbigliamento nell’ armadio. Il mio armadio.
“Oh andiamo Bells, non posso credere che non ti diverta mettere a posto i vestiti” la guardai di traverso per poi sospirare. Il passare dei mesi non aveva diminuito nemmeno dell’un per cento la sua ossessione per la moda.
“Ed io non posso credere come a te possa piacere. Poi scusa, perché hai sistemato gli abiti in ordine di colore? Tanto lo sai benissimo che tra due giorni quest‘armadio sarà irriconoscibile”
“Vedi di stare ben attenta signorina. Verrò a controllare ogni giorno in che condizioni è l' armadio. Non puoi trattare i vestiti come pezze” mi richiamò seria. Mi morsi la lingua cercando di non riderle in faccia.
“E’ solo un po’ di stoffa” borbottai e vidi chiaramente i suoi occhi dilatarsi e il fumo uscire per le orecchie.
“Solo stoffa?! Beh questi non sono solo stoffa” ribatté correndo verso la porta per afferrare una busta. Me la sventolò davanti agli occhi tornando a sedersi.
“Cosa c‘è li dentro?” chiesi terrorizzata da quell' insolito quanto conosciuto sorrisetto.
“Sapevo che neanche quest‘anno avresti portato qualche abito corto, così mi sono permessa di pensarci io. Non puoi indossare sempre pantaloncini e t-shirt”
Afferrai la busta dalle sue mani e osservai con cura i tre mini abiti presenti al suo interno.
Quando mi accorsi che non erano per niente male tiri un sospiro di sollievo. Niente di attillato ed estremamente aderente.
“Come vedi mi sono attenuta ai tuoi gusti perciò non puoi accampare nessuna scusa” sorrisi della sua espressione risoluta.
“Grazie Ali, sono magnifici davvero”
“Già immagino l‘espressione da pesce lesso di Edward quando ti vedrà con questo” esultò prendendo tra le mani il mio preferito: un mini abito, vedo-non vedo,  grigio perla dalla notevole scollatura.
“Non lo sento da un mese sai? Gli ho mandato qualche mail, ma non mi ha mai risposto”
“E’ molto impegnato ultimamente, non fa altro che dare esami perciò neanche noi lo vediamo spesso. È sempre chiuso nel suo alloggio al campus a studiare” mi confortò.
“Gliel‘ ho sempre detto che medicina è impegnativa, ma diventare medico è il suo sogno quindi lo capisco” restammo per qualche secondo in silenzio, poi mi alzai dal letto porgendole la mano.
“Basta pensare ad Edward per oggi. Lo rivedremo sabato e sarà tutto nostro per un mese”
“Tutto tuo vorrai dire” mi incalzò ridendo. “E di Tanya” aggiunsi mentalmente.
“Andiamo in spiaggia su” l’esortai spingendola verso la porta.
Passammo per casa sua a prendere un telo e ci avviammo al mare, ma pochi metri dopo Emmett ci raggiunse col fiatone.
“Dove andate?”
“In spiaggia, vuoi venire anche tu Em?” chiese Alice.
“No, ma tu vieni con me Ali”
“Non penso, io andrò con Bella”
“Ah! Ma perché sei così cocciuta? Tu vieni con me punto”
“Ma perché?”
“Perché sono più grande quindi decido io” e così dicendo l’afferrò per il polso facendomi scoppiare a ridere. Erano due sagome insieme quei due. Alice lo guardò indispettita cercando di liberarsi dalla sua presa.
“Sei insopportabile oggi Em. Lasciamo o chiamo la zia” Emmett la mollò sospirando.
“Non hai parlato con Jazz? Gli avevo detto di dirti una cosa”
“No, non vedo Jazz da due ore. Sono stata da Bells” spiegò lei ed io annuii dandole ragione.
“Dai Em, facci andare in spiaggia e non fare il cugino geloso che non sei” mi intromisi consapevole che, altrimenti, il battibecco sarebbe andato per le lunghe.
“Si Em, lasciaci andare”
“Scusa Bella, ma Alice deve venire a fare un servizio con me. Prometto che faremo presto” mi spiegò lui.
“Valla a fare con Jazz o Rosalie la spesa. Io non ci vengo” lui strinse i pugni per non ucciderla ed io non potei trattenere un’altra risata. Mi erano mancati quei teatrini.
“Ma quale spesa?! Senti nanerottola, tu vieni con me” e così dicendo se la issò sulle spalle come un sacco di patate.
“Lasciami andare. Fammi scendere Emm!” urlò lei colpendogli la schiena.
“A dopo Bells” mi salutò Emmett prendendo a camminare. Alice mi guardò in cerca di aiuto, ma io scrollai le spalle divertita. Chissà cosa dovevano fare di così importante!
“A dopo ragazzi” dissi avviandomi da sola alla spiaggia. Almeno avrei potuto prendere un po’ di sole in attesa del loro ritorno.
Distesa sul mio telo mare non potevo far altro che sorridere. Se fossi stata sola sulla spiaggia mi sarei, molto probabilmente, messa ad urlare per la gioia. Era bello ritornare a casa dopo un lungo periodo, respirare aria familiare e vedere volti noti. Era quella la mia casa,  non Forks. Per quanto fossi nata li, era Phoenix, quel villaggio, il posto in cui ero cresciuta.
Ricordavo con chiarezza, per quando all’epoca potessi essere piccola, il giorno in cui conobbi tutti loro. Avevo 5 anni, ma quando nella tua vita entrano delle persone che ti cambiano la vita non puoi non ricordartene.

Stavo giocando in riva al mare con il mio secchiello, avevo intenzione di fare un grande castello di sabbia, proprio come il giorno prima l’aveva fatto il mio papà.
“Ora ti faccio vedere come sono più brava di te” gli dissi facendolo ridere.
“Oh ne sono sicuro tesoro mio” rispose scompigliandomi i capelli per poi raggiungere la mamma in acqua “Chiamami quando hai finito”
Annuii afferrando la mia paletta e cominciando a riempire il secchiello.
“Ciao” mi salutò all’improvviso una bimba sedendosi vicino a me. La guardai per un secondo poi ricambiai il saluto.
“Io e la mia amica possiamo giocare con te?” chiese indicando la biondina alle sue spalle. Ci pensai su qualche momento e loro nel frattempo mi sorrisero.
“Ok. Dobbiamo fare un castello grandissimo” spiegai passando ad una la paletta e all’altra il rastrello.
“Io mi chiamo Alice e lei e Rosalie” si presentò prendendo a raccogliere la sabbia.
“Io sono Isabella, ma Bella è più bello”
Mentre giocavamo con la sabbia non facemmo altro che ridere e parlare.
“Io ho 5 anni voi?”
“Anche io” rispose Alice.
“Io ne 6” spiegò Rose e proprio in quel momento un pallone atterrò sul nostro castello distruggendolo tutto.
“No!” esclamammo tutte all’unisono voltandoci a vedere chi lo avesse lanciato.
Un bambino biondino ed uno dai riccioli neri si stavano avvicinando a noi dispiaciuti.
“Jazz, Emmett, siete due idioti!” esclamò Rosalie.
“Avete rovinato il nostro castello” borbottò la piccola Ali guardandoli male.
“Scusate, ma è stato Edward no noi” spiegò il biondo accennando un timido sorriso.
“Bella questo è Jasper, il mio gemello” mi disse Rose.
“Questo invece è Emmett mio cugino, ha 7 anni e quello li” disse indicando un bambino dai capelli rossi “è Edward, suo fratello”
“Ciao” salutai timida e loro ricambiarono.
“Em, Jazz dai venite. Era solo un stupido castello di sabbia” disse il rosso da lontano. Lo guardai male e prendendo il pallone glielo lanciai.
“e tu sei solo un stupido bambino che somiglia ad una carota” gli feci la linguaccia e indispettita mi allontanai.

A quel ricordo non potei non scoppiare a ridere da sola, attirando degli sguardi sconcertati dai passanti.
Da quel giorno io e i ragazzi non ci separammo più, ma per qualche anno fu davvero difficile convivere con Edward.
Quando aveva detto che il mio era solo uno stupido castello di sabbia mi ero offesa così presi ad odiarlo, ma anche lui sembrò prendersela per essere stato paragonato ad una carota,  perciò nel corso della vacanza non facemmo altro che farci dispetti a vicenda e per quanto lui avesse ben 3 anni più di me non voleva darmela vinta.

“Sei solo una stupida carota”
“E tu una gallina tutta lentiggini”

I nostri dispetti, così come i continui battibecchi sembravano aumentare di anno in anno, ma non potevo farci nulla, era lui che da bambino era davvero cocciuto. Certo anche io ero un peperino, ma era sempre lui a provocare ed io come potevo non reagire? Più volte mia madre mi aveva detto di smetterla di paragonarlo ad una carota, ma io gli rispondevo sempre nello stesso modo “Non è colpa mia se hai capelli rossi come una carota” al che lei non poteva far altro che ridere e darmi della birbante.
All’età di 12 anni riuscimmo però a raggiungere un accordo.

“Senti un po’ gallinella tutta lentiggini, visto che ho 15 anni e sono diventato maturo, ti propongo un patto”
“Oh è diventato maturo!” lo beffeggiai facendo ridere Emmett “allora evita di chiamarmi gallinella e te l‘ho detto mille volte che le lentiggini mi escono solo in estate” precisai facendogli alzare gli occhi al cielo.
“lo vuoi sapere o no questo compromesso?”
“sentiamo carota”
“Basta insulti, basta dispetti, basta tutto.”
“Sei tu che cominci non io” lo interruppi beccandomi un’occhiataccia. Proseguì come se non avessi aperto bocca.
“Da oggi in poi se c‘è qualcosa in cui non siamo d’accordo ci sfidiamo” spiegò “così non perderò fiato ad insultarti”
“e mi dica di grazia, in cosa consisterebbe la sfida?”
“una gara a chi arriva prima dalla spiaggia al chiosco”
“ma è assurdo! Tu sei più veloce” protestai “e poi che si vince?”
“chi perde farà da schiavetto all‘altro per 3 giorni” concluse. Emmett gli diede una pacca sulla spalla.
“Complimenti Ed, sei davvero una persona matura” lo prese in giro facendo ridere tutti.
“Ci sto” acconsentii con un sorrisetto.

Da quel giorno non facevamo altro che sfidarci e non passava un solo giorno in cui uno non faceva da schiavetto all’altro. Era divertente, specie quando vincevo io. Ok, più volte avevo barato ma lui era più veloce ed il mio equilibrio non era dei migliori perciò ogni tanto facevo finta di cadere per farlo fermare e poi superarlo, oppure gli davo uno spintone facendolo cadere in acqua e quando protestava io mi discolpavo dicendo: “Non hai mai specificato che non si può barare”.
Tuttavia  vacanza dopo vacanza, i nostri battibecchi sembravano diventare sempre meno frequenti così, all’età di 15 anni, trovai in Edward un grande amico. Certo, continuavamo a stuzzicarci ma non era più come prima, prenderci in giro e sfidarci era diventato una sorta di gioco. Eravamo complici e capii che non avevo mai odiato Edward solo quando mi soffermai a guardare i suoi occhi smeraldo. No, quello non era odio, ma un sentimento diverso che non ero in grado di identificare. Il tempo aveva mutato il nostro rapporto così aveva mutato il nostro aspetto.
Con il passare degli anni i capelli di Edward diventavano sempre più scuri al tal punto che all’età di 18 anni non somigliava più ad una carota. La sua chioma ramata aveva fatto perdere d’efficacia il nomignolo. Quando tornai a Phoenix per le vacanze mi ritrovai un Edward diverso, non più il bambino di 8 anni dispettoso e gracile, ma un diciottenne dal fisico scolpito e il fascino mozzafiato.
Ma anch’io ero cambiata, da insulsa bambina di 5 anni da capelli sempre raccolti in piccoli codini mi ero trasformata in un’adolescente tutto pepe dal fisico proporzionato, con una seconda piena di seno e dai capelli lunghi che ricadevano sulla schiena in morbidi boccoli. Ricordavo quando sulla spiaggia mi confessò di essere diventata carina.

“Non c‘è niente da fare Bella, quando ti guardo proprio non riesco a vedere quell‘odiosa bambina magrolina dai capelli corti e le lentiggini, anche se quelle sono rimaste” mi confessò mentre prendevamo il sole in riva al mare.
“Se può confortarti, nemmeno io riesco più a paragonarti ad una carota”
“Beh questo perché ora sono bellissimo, sexy e affascinante” si vantò facendomi ridere.
“Ora non esageriamo” mentii.
“ma tranquilla, anche tu sei bellissima, sexy e affascinante. Diventi ogni anno più carina”

Inutile dire che arrossii violentemente.
Mi alzai da terra e presi a fare quattro passi a riva. Era incredibile l’attrazione che c’era tra noi. Quand’eravamo insieme era come se tutto il resto scomparisse. Esistevamo solo io e lui. Entrambi ce n’eravamo accorti e certo non era un mistero che provavamo qualcosa l’un per l’altro, ma non c' eravamo mai dichiarati apertamente e a me andava bene così. Il solo pensiero di sentirmi dire da Edward che provava qualcosa per me mi faceva sentire più leggera e felice, ma per quanto bello potesse essere tutto ciò, noi non avremmo mai avuto un futuro. I chilometri che ci dividevano erano troppi ed io non volevo  amarlo solo un mese all’anno perché sapevo che sarebbe stato impossibile. Non volevo avere con lui un rapporto telefonico, io Edward volevo viverlo, volevo poterlo abbracciare, baciare e toccare come e quando volevo. Se fosse nato qualcosa tra noi ne avremmo sofferto entrambi e forse era per quello che nessuno dei due aveva il coraggio di dichiararsi. Mi chiedevo per quanto tempo sarebbe ancora durata questa situazione. Per quanto tempo ancora sarei stata assuefatta da Edward? Per quanto ancora l’avrei amato rifiutando la corte di tutti? Lui sembrava che stesse riuscendo ad andare avanti, l’ultima volta che l’avevo sentito stava con Tanya, ma io?
Venni ridestata dai miei pensieri quando sentii qualcuno parlare.
“Perché è così triste signorina?” chiese una voce. La sua voce. Mi voltai di scappò e quando i miei occhi costatarono che quella voce non l’avevo solo immaginata, mi aprii in un sorriso e mi catapultai tra le sue braccia facendomi stringere forte.
“Edward!” esclamai respirando il suo profumo mentre con una mano gli torturavo i capelli e con le gambe restavo stretta a lui. Mi strinse forte a se baciandomi continuamente la guancia.
“Mi sei mancata da morire Bells” confessò sedendosi a terra con me ancora tra le braccia. Sorrisi sul suo collo.
“anche tu, troppo”
“questa lontananza mi uccide” farfugliò così piano che mi fu difficile sentirlo.
“Ma… non dovevi arrivare la settimana prossima?” chiesi scostandomi un po’ per specchiarmi nei suoi magnifici occhi. Sorrise sghembo e il mio cuore perse un battito.
“Sorpresa! Ho chiesto ad Emmett di non dirti nulla” spiegò “sono arrivato giusto 15 minuti fa”
“Ecco perché Emmett ha trascinato via Alice” dissi capendo finalmente il perché di quel rapimento.
“Già, ha detto che non è stato affatto facile tenerla a bada perché nessuno aveva avuto modo di dirle il piano” rise.
“E‘ stata tutto il tempo con me” la giustificai.
“L‘avevo immaginato. Tu come stai?” domandò accarezzandomi i capelli.
“Lo sai che quando vengo qui sto sempre benissimo. Tu come stai? Non ti sento da un mese” fu quasi un’accusa la mia.
“Sto bene, un po’ stressato ma benone. Scusa, sono davvero imperdonabile” era dispiaciuto, glielo leggevo negli occhi “Ma è stato un mese assurdo. Ho dovuto dare 3 esami e non sono riuscito nemmeno un attimo a rilassarmi e alzare la cornetta. Mi perdoni?” chiese mettendo su un tenero broncio. Quando avrei voluto avvicinarmi e baciare quelle labbra!
“Si, ti perdono ma che non succeda mai più” l’avvertii.
“parola di scout ” risi e lui si unì a me.
Tornai ad abbracciarlo forte sistemandomi meglio tra le sue gambe in modo da non pesargli.
“Mi farò perdonare vedrai” aggiunse avvicinandosi al mio orecchio “quest‘anno non ho intenzione di allontanarmi da te nemmeno un attimo”
“Ne sono felice” farfugliai cercando di mascherare la mia euforia “non penso che la tua ragazza sia d‘accordo però” si scostò da me guardandomi accigliato.
“Non ho una ragazza” affermò convinto.
“e Tanya?”
“L‘ho mollata due settimane dopo. Era insopportabile!” chiarì facendomi ridere.
“Oh come mi dispiace!” ribattei ironica. Scoppiò a ridere per poi baciarmi una guancia.
“Si, il tuo sorriso ti da proprio un‘ aria dispiaciuta” mi beffeggiò toccandomi la punta del naso con l’indice. Mi morsi il labbro scrollando le spalle.
“Non era adatta a te” dissi “Tutto qui”
“E perché non era adatta a me? Io sono bellissimo, lei è bellissima” alzai gli occhi al cielo divertita dalla sua finta presunzione.
“Troppo cotonata” spiegai ricordando la foto che avevo visto su face book “E di sicuro con una voce da papera” e me la immaginai mentre blaterava con Edward di cose superficiali come che smalto mettere quel giorno  “E superficiale”.
Edward alzò un sopracciglio guardandomi e il suo volto assomigliava tanto ad un punto interrogativo.
“Ho visto qualche foto su facebook. Ero curiosa” precisai e lui rise.
“O gelosa” ribatté lui facendomi arrossire.
“Si anche” mormorai talmente piano che, sicuramente, non mi aveva sentita.
“E sentiamo, chi sarebbe la persona giusta per il sottoscritto?” domandò passandomi le mani intorno alla vita e stringendomi di più a lui. La posizione era al quanto insolita e intima. Lui se ne stava a gambe aperte seduto sulla sabbia ed io ero rivolta verso di lui con le gambe intorno alla sua vita. I nostri volti erano così vicini che potevo sentire il suo respiro sul viso. Deglutii non sapendo cosa rispondere. Sapevo benissimo che la risposta esatta sarebbe stata “Io” ma sapevo anche che non l’avrei mai detto ad alta voce.
“Io… non lo so, ma non lei”
“Beh, io invece lo so” affermò facendomi l’occhiolini.
“Ah si? E chi è?” chiesi allora per stuzzicarlo.
Mi guardò per una frazione di secondo, poi spostò lo sguardo verso il mare e parve pensarci sopra.
“ho un‘ idea” mi guardò nuovamente e accennò ad un sorriso sarcastico.
“sentiamo la tua geniale idea”
“facciamo una gara da qui al chiosco” risi scuotendo fortemente la testa. Ormai la gara era una sorta di rito annuale. Una tradizione.
“cosa succede a chi vince?” chiesi.
“Non vince nulla” lo guardai accigliata e riformulai la domanda.
“cosa succede a chi perde?”
“Se perdo io ti dirò chi, secondo me, è la persona giusta per me. Se perdi tu…”
“dovrò dirlo io” terminai la frase e lui schioccò la lingua come a dire che avevo ragione. Ci pensai su e decisi di accettare, con un po’ di fortuna l’avrei buttato in acqua facendogli perdere del tempo.
“Ci sto”
“Non è ammesso barare” precisò.
“Si, certo” mentii.
“Allora…” lasciò la frase in sospeso e si alzò di scatto da terra “Via” urlò iniziando a correre come un matto sulla riva  mentre io, ancora imbambolata, ero comodamente seduta a terra.
“Ehi!” protestai “Avevi detto senza barare” e presi a correre anch’io.
“Si, certo” lo sentii ripete.
Corsi come una matta, lanciando gli infradito verso di lui cercando di cogliergli la spalla o la testa per rallentarlo. Stavo per raggiungerlo quando inciampai sui miei stessi piedi perdendo il mio precario equilibrio. Un secondo dopo mi ritrovai in acqua, zuppa da capo a piedi.
“Uffa!” sbuffai facendolo voltare. Si voltò verso di me e quando mi vide in acqua prese a ridere come un pazzo raggiungendomi.
“ma che hai fatto?” chiese senza smettere di ridere.
“Secondo te? Sono scivolata idiota. Aiutami ad alzarmi” dissi allungando la mano.
“Se volevi farti prima un bagno potevi dirmelo scricciolo, ti avrei accontentato” mi beffeggiò afferrando la mia mano. Irritata della sua presa in giro tirai, con tutte le forze che avevo, in acqua anche lui.
“Ehi!” protestò quando si accorse di essere tutto bagnato. Fu il mio turno di ridere.
“Vuoi la guerra eh? E sia” e così dicendo mi sollevò da terra e corse verso la spiaggia. Mi depositò sulla sabbia asciutta e iniziò a sporcarmi da capo a piedi.
“No, dai Ed!” esclamai cercando di liberarmi. Sapeva quando mi dava fastidio la sabbia appiccicata sul corpo bagnato.
“così impari a ridere del sottoscritto” riuscii ad allungare anch’io la mano e prendendo un pò di sabbia glielo buttai nei suoi intoccabili capelli.
“E tu impari a prendermi in giro”
Continuammo così per un po’, tra le risate, gli insulti e gli sguardi divertiti e perplessi dei bagnati.
“Ok mi arrendo, scusa” farfugliai con il fiatone. Rise lasciandomi finalmente stare. Cercammo di riprendere entrambi fiato poi tentai di alzarmi per andarmi a dare una pulita, ma lui mi bloccò per il polso facendomi ritornare a sedere.
“Me lo dici chi è adatto a me?” chiese guardandomi dritto negli occhi.
“Niente affatto. Non abbiamo finito la gara”
“Si ma tu sei caduta, quindi tecnicamente l‘ho vinta io” spiegò convinto. Lo guardai male.
“Tecnicamente” ripetei “Praticamente, invece, non l‘ha vinta nessuno quindi no, non te lo dico”
Rise della mia caparbietà ed io tentai di allontanarmi. Il discorso stava diventando spinoso.
“Dimmelo” ripeté bloccandomi ancora. Negai con il capo e così dicendo mi alzai da terra. Era impressionante come, nel giro di qualche secondo, l’atmosfera giocosa avesse lasciato spazio ad una più seria e sicuramente dolorosa.
“Tu” lo sentii dire mentre mi avvicinavo alla riva.
“Cosa?” chiesi voltandomi. Lui mi raggiunse prendendomi le mani.
“La risposta è: Tu. Sei tu la persona adatta a me”
Lo guardai senza fiatare, con il volto arrossato e il battito del cuore accelerato. L’aveva detto davvero? Aveva davvero detto che ero io la persona adatta?
Guardai nei suoi immensi occhi verdi e quando lui mi poggiò una mano sulla guancia e iniziò ad avvicinarsi a me capii che non me l’ero solo immaginato. Forse avrei dovuto lasciarmi andare, lasciare che il destino facesse il suo corso, godermi quel momento, quei giorni e poi vedere cosa sarebbe successo. Avrei potuto, ma non lo feci. Poggiai una mano sulla sua stringendola forte e togliendola dal mio volto.
“Edward io…” mi interruppe subito.
“Io lo so che era anche la tua risposta questa. Lo sappiamo entrambi da tanto, troppo tempo. Prima o poi avremmo dovuto ammetterlo. Siamo perfetti per stare insieme e far finta ogni anno che non sia così è difficile” spiegò “Durante il viaggio ho pensato molto a noi e sono arrivato alla conclusione che dovevo dirtelo”
“Ed…”
“dovevo provarci Bella, non potevo lasciar passare un altro anno capisci? Sarebbe stato inutile”
“Edward perché? Perché stiamo parlando di tutto questo quando sappiamo benissimo che è tutto impossibile. Ci sono chilometri, chilometri e chilometri a dividerci” mi stavo sfogando, finalmente stavo riuscendo a tirar fuori tutto.
“Tu abiti a Jacksonville, vai al college li ed io abito a Forks, ho un altro anno di liceo e…” mi chiuse la bocca con due dita impedendomi di continuare.
“Ci ho pensato, ma poi mi sono detto che la lontananza non è un problema. Tu l‘anno prossimo inizierai il College e hai sempre detto che vorresti iscriverti a Jacksonville, dove vado io” parlava in fretta, per paura di essere interrotto nuovamente “Fallo. Iscriviti li, così non ci sarà più nessun problema”
“E come faremo quest‘anno? Dio Edward, io non voglio una storia fatta di chiamate. Io voglio viverti, ogni giorno”
“E‘ un anno, un solo anno di sacrificio. Verrei a trovarti appena avrei qualche giorno libero e durante le vacanze di natale potreste venire voi per stare tutti insieme. Pensaci”
Il futuro che mi stava descrivendo sembrava fantastico e privo di intoppi. Un futuro felice, come se la lontananza fosse davvero una cosa futile.
“Un solo anno” ripeté come a convincermi, ma non ce n’era bisogno. Io volevo con tutta me stessa che quel futuro arrivasse.
“Un anno” mormorai io annuendo con il capo. Mi sorrise e i suoi occhi si illuminarono. Io lo imitai per poi buttagli le braccia al collo e stringerlo forte.
“Promettimi che una volta finita la vacanze queste parole conteranno ancora qualcosa” dissi quasi a scongiurarlo.
“promesso scricciolo”
Sciolse l’abbraccio e la sua mano tornò di nuovo sul mio volto e piano, troppo per i miei gusti, si avvicinò a me. Sorridemmo insieme quando ormai i nostri nasi si toccavano, poi lui chiuse gli occhi e mi sfiorò le labbra senza toccarle per davvero. Rabbrividii. Le miei mani finirono tra i suoi capelli e nell’esatto momento in cui lo strinsi più a me, lui mi baciò. Dapprima fu un bacio dolce, tenere e senza forzature. Un sfiorarsi di labbra. Poi la sua lingua passo a tracciare i contorni delle mie labbra, ma fui io a chiedere con una piccola pressione della lingua di entrare nella sua bocca. Le labbra si dischiusero e il baciò divenne forte, passionale e carico di un amore represso troppo a lungo.
“Wow!” sentimmo urlare a qualcuno “così si fa bravi!” urlò qualcun altro
Si staccammo lentamente, senza dar troppo peso a gli schiamazzi di Emmett e degli altri. Ci guardammo negli occhi per qualche secondo, facendo scontrare le nostre fronti poi, dopo un ultimo bacio a stampo, ci dividemmo e guardammo vero i nostri amici.
Alice saltellava sul posto continuando ad urlare “Si, finalmente!”
Rosalie era più o meno la fotocopia di Alice. Emmett e Jasper invece non la finivano di prenderci in giro e fare fracasso.
“Yeah!” esclamò ancora Emmett “vi lasciamo per un‘oretta e vi ritroviamo avvinghiati”
Rose lo colpì ad un braccio e tutti noi ridemmo spensierati.
“Andiamo” sussurrò Edward all’orecchio afferrandomi la mano. Annuii e piano ci avvicinammo a loro.
Ero felice come non lo ero mai stata e pensare che quello fosse solo l’inizio di tutto mi riempiva di gioia ed entusiasmo. Finalmente il destino sembrava volervi accontentare.
Guardai ancora le nostre mani unite e quando incrociai nuovamente lo sguardo di Edward mi ritrovai a sperare, con ogni fibra del mio essere, che tutto quello sarebbe durato in eterno. Anche se persino l’eternità, mi sembrava un periodo di tempo troppo breve.
“Smettetela piccioncini” di rimproverò divertito Emmett lanciandoci addosso un’enorme palla di sabbia. Aprii la bocca allibita e trucidai con lo sguardo Emmett, per tutta risposta ricevetti una seconda palla di sabbia, questa volta da Jasper.
“Volete la guerra?” domandammo all’unisono io ed Edward “E sia” e così dicendo si scatenò una vera e propria lotta con la sabbia.
Si, ritornare a casa era il massimo!  Tutti noi eravamo il massimo.
“che succede qui?” chiese Carlisle comparendo dietro di noi insieme agli altri.
“Beccati questo zio!” esclamò Alice lanciandogli la sabbia.
“Bells?” mi voltai verso mio padre e improvvisamente mi ritrovai con il viso zeppo di sabbia. Scoppiammo tutti a ridere e pochi secondi dopo anche i grandi si unirono a noi. Ora si che c’eravamo tutti.
Edward mi fece l’occhiolino ed io gli scioccai un bacio sulle labbra.
“solo un anno” ripetemmo insieme per poi continuare quella lotta che sarebbe durata fino a sera.
Che la vacanza abbia inizio…



___________________
Allora cosa ne pensate?
Come avrete notato oltre ad Edward e Bella ho descritto anche i rapporti di lei con gli altri perché infondo la storia parla del ritornare in un luogo simile ad una casa, la storia di Ed e Bella è aggiuntiva *-*
Non mi dilungo oltre perciò vi lascio i link degli altri due abiti di Bella e il mio account di Facebook se volete conoscermi meglio =D
Nusia Efp account facebook






Buone vacanze.
Nusia
   
 
Leggi le 8 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Twilight / Vai alla pagina dell'autore: Nusia