Storie originali > Drammatico
Segui la storia  |      
Autore: Toguro    06/08/2011    1 recensioni
Una lotta continua in una terra apocalittica. In un mondo dove l'uomo è stato attaccato dagli angeli, creature dal corpo umano ma dalla natura fredda, venuti per giustiziare l'umanità peccatrice e mettere fine all'esistenza di tutti coloro che sono stati creati ma che non hanno portato a termine il loro scopo. Un'umanità che tenta di ribellarsi al divino tramite i Blackout, una società che sembra riuscire a controbattere tramite soldati speciali, i monster, angeli rinnegati.
Genere: Dark, Drammatico, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

MONSTER ++
CHAPTER 1 - THE FALLEN

 

introduzione:   Una lotta continua in una terra apocalittica. In un mondo dove l'uomo è stato attaccato dagli angeli, creature dal corpo umano ma dalla natura fredda, venuti per giustiziare l'umanità peccatrice e mettere fine all'esistenza di tutti coloro che sono stati creati ma che non hanno portato a termine il loro scopo. Un'umanità che tenta di ribellarsi al divino tramite i Blackout, una società che sembra riuscire a controbattere tramite soldati speciali, i monster, angeli rinnegati.
 
Ciao a tutti cari lettori, sono Oliver, l'autore di questa fanfiction. Questo capitolo è un'introduzione a ciò che è un mondo futuristico, ambientato in una Tokyo che ormai è solo un ammasso di palazzi, in un'ambiente sempre piovoso e cupo. Non è la prima fanfiction che faccio e spero non sia nemmeno l'ultima. Questo lavoro mi è stato ispirato da una canzone e, perciò, decido di mettere un'opening ed un'ending come se fosse un anime. Perfavore, ascoltate queste canzoni, perchè leggendo quello che ho scritto con questa musica nelle orecchie la storia avrà un gusto diverso dal normale silenzio o da musica scelta da voi. Grazie e buona lettura!

 Opening: Get Scared - The Blackout

Sorridi mentre il sole cala sotto i tuoi piedi.
Sorridi ad un mondo il cui sole sta per tramontare per sempre e tu sei uno dei pochi che può far si che quella luce non si spenga per sempre.
Sorridi prima di morire; questo non ti riporterà in vita, ma magari porterà di nuovo il sole alle persone che cerchi di salvare.

Ormai il cemento che calpesto non ha più uno stato fisso. Non posso dire in che continente mi trovo, perchè ormai tutti i continenti che conosco sono diventati un'unica cosa per sopravvivere, anche se quest'ultima cosa sembra la cosa più difficile che ci sia da fare. Scusate il gioco di parole, ma non so come definire tutto ciò, allora sono generico.
  - Pioggia, eh Lain? Tu la odi, non è così? -
Si, in effetti la odiavo. Ce n'era troppa dall'arrivo di quei mostri dal cielo. Una pioggia che preannunciava l'andamento della giornata.
Tutti i giorni il solito tempo, sembrava che il giorno non arrivasse mai, il cielo era sempre buio come i cuori cavi delle persone che pensavano solo a sopravvivere. Per le strade l'acqua della pioggia si mischiava al sangue delle persone giustiziate e l'odore pungente della paura avvolgeva l'intero pianeta. Nascosti, bisognava restare nascosti e pregare un Dio che ci ha rinnegati che ci perdoni per l'ennesima volta. Ma ormai era troppo tardi. Ormai coloro che avevano un conto in sospeso con l'umanità è venuta a riscattare c'ho che gli aspettava di diritto: la vita di coloro che non la meritano. Tutti noi non la meritiamo, abbiamo osato distruggere la nostra casa con le nostre mani; ora facciamo di tutto per proteggerla.
 
 Un brivido mi percorse la schiena mentre pensavo a tutto questo, come ogni giorno. Mi girai di scatto.
 - Hai detto qualcosa, Miku? -
 - Lascia stare, sei un caso perso. Piuttosto andiamo, che si è fatto tardi -

Annuii, fissando per un ultimo istante la pioggia fuori dalla finestra, che ricopriva ancora il cemento. Mi spostai dalla visione, lentamente, andando in bagno.
Mi chinai sul lavandino, aprii il getto d'acqua e mi sciacquai il viso. Era gelida, perfetta per svegliarmi in da quella realtà che volevo evadere al più presto. Rialzai la testa, fissando il mio riflesso allo specchio. Il colorito della mia pelle era pallido, quasi verdognolo alla luce del neon quasi fulminato che lampeggiava ogni tanto sopra la mia testa. Mi osservai gli occhi: rossi, come un monster. Quegli occhi rossi scarlatti, come il fuoco, mi ritraevano sin da bambino come un demone.

Demone, demone, stai lontano! Mi dicevano i bambini dell'asilo, mentre mi mostravano un crocifisso per tenermi indietro.
Mi emarginavano, sempre, per colpa dei miei occhi rossi ed i miei capelli argentei, colori strani per un umano, perfetti per un demonio. O meglio, per un angelo. Restavo la, nell'angolo, a piangere sul pavimento ed a tenere la testa bassa, nascondendo gli occhi che tanto odiavo. Mia mamma mi tingeva i capelli. Un albino veniva discriminato fra i bambini, e quindi me li faceva diventare neri, colore classico nel paese che dovrebbe avermi dato origini, ma che ora non è più quello di una volta. Stringevo il pugno ogni volta che sentivo quelle parole da voci stridule come quelle dei bambini. Finchè un giorno non feci traboccare la rabbia repressa. Li picchiai, addirittura da mandarne uno in ospedale, mettendo sottosopra la stanza e lasciando basite le maestre. Da quel momento nessun asilo volette prendermi. Fu dura negli anni a seguire, volevano internarmi in una casa di cura per malati mentali, ma i miei genitori sostenevano che ero sano. Fin quando non mostrai la mia natura. La natura per la quale io dovrei solo andare in guerra, a combattere quelle bestie divine che ci vogliono tutti morti. Sono un giocattolo di Dio, una marionetta per il suo teatrino, mentre si fa due risate vedendomi uccidere orde di angeli.
Li uccisi. Uccisi i miei genitori. Non mi ricordo nulla di quel giorno, non mi ricordo come feci per ucciderli, non mi ricordo le loro facce mentre lo facevo. Mi ricordo solo il buio, il mio pianto, l'odore di sangue che pervadeva la stanza. Non ero io che li avevo uccisi, era qualcosa dentro di me. Era un mostro, ma io e quella cosa dentro di me siamo una cosa unica.

 - Lain! Sbrigati! - mi chiamò Miku dall'uscio della porta principale, pronta ad uscire dal palazzo.
Presi l'ombrello e corsi da lei, pronto ad andare, senza accennare un minimo sorriso, come al solito. Ormai la mia faccia è seria da troppo tempo ed il sorriso si mostrerà solo quando rinascerà il sole.
Scendemmo le scale e davanti all'uscita del palazzo, ormai quasi totalmente abbandonato, pronto a rifuggiare me e mia sorella Miku, aprii l'ombrello nero. Era piccolo per due persone, quindi decisi di coprire lei, lasciandomi bagnare da quella viscida pioggia che ripuliva le strade dal sangue dei condannati a morte; come noi due d'altronde.
 - Fratellone, perchè fai questo? - chiese guardandomi e continuando a camminare. Non la guardai, facendo da guida ai suoi occhi occupati su di me.
 - Fare cosa? -
 - Perchè mi proteggi? So essere autosufficiente, eh! - 
disse, come se fosse semplice vivere.
Non risposi. Stetti zitto e mi limitai ad avvolgere il braccio attorno alle spalle di quell'esile corpo di una quindicenne. Aveva i capelli neri, lunghi fino alle spalle, lisci; occhi azzurri e carnagione pallida, come la mia, con il solito taglio degli occhi a mandorla, che caratterizzava i mitologici giapponesi, che ora si chiamano semplicemente "umani".
Continuammo a camminare. Le scarpe sguazzavano sulla pioggia rossa che sovrastava l'asfalto, ormai non più usato per il trafico. Tokyo, li vivevamo. Una città storica, ora un mucchio di macerie. Continuammo la strada, diretti al palazzo che si poteva scorgere in lontananza: una centinaia di piani, vetri rotti e mattonelle in rovina, come tutti gli altri del resto.
per arrivarci avremmo dovuto prendere la strada dritta e svoltare un paio di volte per prendere la strada principale che portava all'edificio.
Ma conoscevo una scorciatoia, bastava saltare qualche muro di vicoli ciechi e si arrivava in fretta. Purtroppo i vicoli ciechi sono i posti preferiti per i delinquenti che per sopravvivere rapinavano le persone, ma il più delle volte le aggressioni si trasformavano in omicidi, ma ormai questi killer di strada non li fermava nessuno, la polizia era troppo impegnata a pensare ad un modo per proteggersi da sola.

 - Seguimi, veloce. - dissi, prendendo l'esile mano di Miku ed iniziando a correre, trascinandola di corsa.
Entrammo nel vicolo cieco, veloci, e la presi in spalla, salendo per il muretto che delimitava la strada, scavalcandolo. Ma qualcosa non quadrava: era fin troppo deserta la zona.
Sentii uno scricchiolio dal palazzo a lato: mi fermai.
 - Esci. - Dissi, mettendo a terra Miku.
 - Come mai così guardinghi, monster? -
Dall'ombra delle scale anti-incendio scese un ragazzo, con un balzo. Era alto, più o meno un metro e novanta, dai capelli biondi e lunghi, con occhi rossi; anche lui con i miei stessi occhi. Indossava una felpa nera, col cappuccio ornato di pelo sintetico bianco e dei jeans scuri, attillati, con una fodera a lato, posta sulla cintura in pelle.
 - Chi sei? - feci arretrare Miku, questo tizio era pericoloso e non volevo che incappasse in qualche guaio. Dovevo proteggerla.
 - Sono solo colui che dovrebbe eliminarti da questa terra. - Disse con un ghigno sulle labbra ed un luccichio mal promettente negli occhi. Teneva un braccio dietro la schiena, quando imporovvisamente lo mosse e con quello scatto rapido tirò fuori un coltello lungo ed affilato. Balzai all'indietro, pronto, ma riuscì comunque a scucire la mia maglia arancione, tagliandomi superficialmente sulla pancia.
 Miku gridò, ma non era niente, non faceva nemmeno male. Subivo di peggio ogni giorno, da mio padre, che era abituato a picchiarmi quando ero ancora un cucciolo che doveva imparare a sopravvivere nella cruda realtà.
Il tizio si portò il coltello sporco del mio sangue alla bocca e ne leccò il viscido liquido rosso.
 - Mi chiamo Ryuketsu. Ma questo fra poco te lo dimenticherai, perchè sarai già morto. -  Rise ancora, sferrando altri rapidi attacchi di coltello. Li schivai, pronto, parandomi con l'ombrello.
Era pazzo, si leggeva la voglia di uccidere nei suoi occhi rossi, come il sangue che desiderava. Aspetta... Come faceva a sapere che sono un monster?
Caddi a terra, scivolando su una pozza d'acqua. Lui colse l'occasione di attaccarmi, ma riuscii a farmi scudo con l'ombrello per l'ennesima volta. Fece forza con quella specie di spada corta, affilata. Il bastone, dallo scheletro ligneo, non avrebbe resistito per molto. Sorrise, guardandomi mentre nel mio viso si formava una smorfia di difficoltà. Ma non mi arresi e gli piantai i piedi sulla pancia, respingendolo e rialzandomi in fretta.
 - Merda, è uscito troppo sangue - dissi fra me e me, trattenendomi la ferita con la mano e respirando con affanno.
Una suoneria interruppe il ghigno del ragazzo; un cellulare.
 - 'Aoss! - rispose.
 - Ok... si... va bene - disse con tono amareggiato come se noi non esistessimo più, parlando con qualcuno di cui non conoscevo l'esistenza. - Mi dispiace, ma sarai il mio giocattolo la prossima volta, 'aoss! - disse, prima di scomparire nell'ombra della città, lasciando le proprie tracce diventare trasparenti sotto la pioggia incessante.

Noi umani siamo fatti per ucciderci a vicenda, ci meritiamo proprio di estinguerci.

 

Ending: 9GOATS BLACK OUT - Sleeping Beauty
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Drammatico / Vai alla pagina dell'autore: Toguro