Timeline: dopo che è finito tutto il casino con Klaus e compagnia bella
(ma perché? Avrà davvero una fine?) nel primo pezzo, nel secondo
pezzo invece è ambientata un po’ più in là nel
futuro.
Note:
─ Prompt Damon/Elena/Stefan - "Ho scritto un libro" "Di cosa
parla?" "Di noi"
─ Per qualsiasi errore chiedo perdono /o\ al
momento sono senza la mia adorata beta quindi è probabile che nonostante
l’abbia riletta mille volte ci sia qualche errore.
─ Questa cosa era una drabble
capite?! *piange*
Disclaimer: I personaggi di “The vampire diaries” non mi appartengono
(ma se lo fossero sarei taaaanto felice, sì :D).
Between the lines
«Si può sapere cosa combini tutto il
giorno nello studio di nostro padre?» domandò Damon, scocciato.
Elena sollevò le spalle, prendendo posto al tavolo della cucina dove un
piatto a base di carne e patate l’aspettava invitante. Sorrise
riconoscente a Stefan, l’unico che aveva la premura di trattarla ancora
come un’umana ed evitare le battute su quanto le loro diete fossero
diverse – come invece, Damon, non faceva. Era più o meno un mese
che il pomeriggio, dopo scuola, si chiudeva nel vecchio studio del signor
Salvatore. L’atmosfera silenziosa e antica di quella stanza l’aveva
affascinata fin da subito, dalla scrivania finemente lavorata fino alle tende
dello stesso colore di quelle del salotto. Quando aveva scoperto quella stanza,
tuttavia, i due fratelli Salvatore non avevano manifestato il suo stesso
entusiasmo; aveva chiesto se poteva utilizzarla, pensando che potesse dare loro
fastidio, e dopo uno sguardo titubante i due avevano annuito.
«Ho scritto un libro.»
Stefan sollevò subito lo sguardo dal
bicchiere, sollevando un sopracciglio. Damon appoggiò forchetta e
coltello sul tavolo, chiaramente scettico, «Con tutto ciò che
è successo hai avuto anche il tempo di scrivere?» domandò sarcasticamente.
«Proprio per quello che è successo
l’ho scritto.» replicò Elena.
«Di cosa parla?» si informò
Stefan, evitando accuratamente che Damon prendesse la parola e inscenasse una
delle usuali litigate con la giovane Gilbert.
Elena sorrise, prendendo la forchetta e
infilzando una patata arrosto, «Di noi.» commentò
semplicemente.
Damon si bloccò dal ribattere con una
battuta ironica, nel sentire la parola “noi”. Rimase a bocca
spalancata, per la prima volta davvero a corto di parole o frecciatine, mentre
Stefan fissava Elena come se qualcuno le avesse tolto il ciondolo alla verbena
per soggiogarla a fare loro uno scherzo del genere.
«Di noi.» ripeté infine.
«Esattamente.»
«Perché?»
Elena sollevò le sopracciglia, incrociando
le braccia sul tavolo, «Perché scrivere mi è sempre
piaciuto, mi aiuta a non dimenticare ciò che succede nella mia vita.
All’inizio erano solo delle pagine di diario…» tentò
di spiegare, «Ma poi si sono trasformate in qualcosa di più.»
«Ti rendi conto che non potrai pubblicarlo,
vero?» domandò Damon, riprendendosi, «Anzi,
dov’è? Va bruciato immediatamente!»
«No, non lo brucerai per nessun motivo al
mondo!» lo avvertì Elena, con sguardo minaccioso.
«Sarebbe troppo semplice risalire a Mystic
Falls, Elena.» cercò di farle notare Stefan, con tono più
accondiscendente di quello del fratello che si era limitato ad incrociare le
braccia al petto risoluto.
«Anche se fosse non vedo dove stia il
problema.» sbuffò lei, «Vi faccio notare che vivo con due
vampiri, ho una gemella assetata di sangue e uomini e mio fratello vede in
fantasmi!» elencò tenendo il conto sulle dita, «Come se non
bastasse il mio insegnante di storia è l’ex-marito della mia vera
madre vampira, il mio ex-ragazzo un aspirante cacciatore di vampiri e infine le
mie due migliori amiche sono una vampira e una strega.»
Damon e Stefan si scambiarono un’occhiata
perplessa: non aveva tutti i torti, in effetti a Mystic Falls erano più
quelli coinvolti in faccende sovrannaturali, che la gente normale, «E
come avresti intenzione di fare, sentiamo.» sbottò Damon.
«Non ho messo i nostri veri nomi e comunque
non ho intenzione di pubblicarlo con il mio. Potrei usare uno pseudonimo!»
propose Elena, con occhi brillanti per essere riuscita a smuovere un po’
i due vampiri, «Lo fanno in molti.»
Stefan le lanciò uno sguardo incerto,
mentre Damon sbuffava sonoramente, «Va bene, ma abbi almeno la decenza di
farmi approvare la mia descrizione.»
«Quale descrizione?»
Elena fece cadere la forchetta a terra, sbarrando
gli occhi quando si trovò Katherine seduta di fronte a lei con
un’espressione curiosa in volto, «Si può sapere
perché devi sempre apparire in questo modo?» le lanciò
un’occhiata sufficientemente gelida e minacciosa.
Katherine roteò gli occhi, ignorandola e
per niente intimorita, «Allora? Di che parlavate?»
«Elena ha scritto un libro su di noi. Su tutti noi.» precisò Damon,
prima ancora che Stefan potesse parlare e inventare una scusa. Il fratello,
infatti, lo fissò rassegnato per poi prendere un sorso della sua cena dal proprio bicchiere.
«Un libro?» Katherine corrugò
appena le sopracciglia, scrutando pensierosa la sua gemella, «Devo
approvare la mia descrizione, prima.»
Stefan quasi si soffocò mentre beveva, per
una risata che gli stava salendo alla bocca. Tossicchiò cercando di non
ridere, mentre Elena esibiva una smorfia di disappunto, «Voi due siete
troppo simili.»
• • •
«Mamma, ho trovato “The vampire
diaries”!»
Elena Gilbert sgranò gli occhi, voltandosi
velocemente verso la figlia maggiore che teneva in mano un volume con la
copertina rossa e sopra una spalla lo zaino della scuola, «Come…
dove l’hai trovato?» chiese sorpresa e abbandonando i piatti che
stava lavando.
«In libreria.» rispose la sedicenne
divertita, «Me ne parlavi sempre quando ero piccola, così
l’ho cercato. Appena l’ho visto in vetrina non volevo
crederci!» esordì entusiasta, prima di correre al piano di sopra
pronta ad immergersi subito nella lettura.
Elena rimase un attimo immobile, con le mani
piene del detersivo per piatti, sorpresa che la figlia si ricordasse di quando
da piccola le raccontava di quel libro che l’aveva fatta sognare –
non le aveva mai rivelato chi l’avesse scritto in realtà –
non immaginava minimamente che fosse ancora sugli scaffali delle librerie,
soprattutto in una piccola cittadina come Mystic Falls.
Si asciugò rapidamente le mani nel
grembiule e salì le scale di casa, trovando la porta della stanza della
figlia aperta. La ragazzina stava sdraiata a pancia in giù sul divano
– in quella che una volta era stata proprio la sua camera – e leggeva il libro con interesse.
«Mamma…» la donna
sobbalzò, «La protagonista si chiama come te!»
Elena sgranò ancora di più gli
occhi, raggiungendo la figlia in fretta e prendendo il libro in mano con il
cuore che le batteva fin troppo velocemente: Elena, Damon, Stefan. I tre nomi erano marchiati in nero,
indelebili sulla carta ingiallita dal tempo. Avvertì le lacrime
pizzicarle gli angoli degli occhi, prima di riportare lo sguardo sul viso della
figlia, «Questa è la prima edizione.» affermò con un
piccolo sorriso nostalgico.
«Ce ne sono altre?»
«Solo una… con i nomi diversi.»
Elena sospirò, richiudendo il libro e
accarezzando con le dita la copertina. Si chiese come mai la prima versione del
suo libro – stipato su pochi scaffali in tiratura limitata – fosse
stato messo in vendita: per un momento ringraziò il cielo che
l’avesse trovato la figlia, almeno fino a quando non incontrò il
suo sguardo sempre più curioso, avido di informazioni.
«Forse è arrivato il momento di
dirle tutto.»
Le due si girarono verso Jeremy Gilbert che le
fissava appoggiato allo stipite della porta – si era fermato per qualche
giorno a casa loro, di ritorno da un viaggio di lavoro – rivolgendo loro
lo stesso sorriso riservato di anni prima.
«Jeremy, non mi sembra il caso.» si
morse un labbro Elena.
«Di che parlate? Zio, dimmi tutto!»
Jeremy abbassò lo sguardo, scoppiando a
ridere di gusto per quella copia in miniatura della sorella, «Possiamo
dirglielo insieme, Elena. È anche lei un po’ Gilbert, no?»
La sorella lo fissò dubbiosa, per poi
sospirare, «Va bene.» acconsentì.
La figlia si sedette a gambe incrociate sul
letto, mentre Jeremy chiudeva la porta della camera; si avvicinò poi al
letto e vi si sedette, lanciando uno sguardo incoraggiante alla sorella, che
prese un grosso respiro prima di piegare le labbra in un sorriso enigmatico.
«Credi ai vampiri?»