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Autore: Fiamma Drakon    07/08/2011    1 recensioni
01. Hermes of Death: «... è morto... per colpa mia...».
02. Son of Darkness: Il giovane Vince era paragonato dalle serve ad un piccolo principe delle tenebre.
03. They simply hate each other: Tra Vincent Nightray e Xerxes Break non correva affatto buon sangue.
04. Like a dark sky: «Tu... vedi tutto con troppa negatività...».
05. Drowsy anger: «Vince, cosa volevi fare con quelle forbici, mh?».
06. Tutor-mode ~ ON: «Cominceremo con le lezioni di pianoforte, lady Ada».
07. It's red like my scissors' wound... and your eye: «Il tuo occhio rosso... ha lo stesso colore delle ferite di Cheshire, quelle delle tue forbici».
08. I want to call you "master"!: «Dai, Vincent... a sentirmi chiamare “padrone” mi sembra d’essere vecchio...».
09. The Curse of Awareness: «Perché... non è stata colpa mia, Gil...».
10. War on a white blanket: «Una dichiarazione di guerra?».
[scritta per la community dieci&lode]
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti, Vincent Nightray
Note: AU, Raccolta | Avvertimenti: Spoiler!
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6_Tutor-mode ~ ON Vincent si fermò davanti alla porta e bussò, fissando il pavimento con un misto di afflizione e rassegnazione nonostante il portamento rigido e austero.
Dall’interno della stanza udì un femminile e timido: «Avanti» che lo indusse ad aprire l’uscio ed entrare.
Lo studio era illuminato dalla calda luce del sole pomeridiano che entrava dalla grande finestra posta sulla parete opposta alla soglia e che si riversava sulla scrivania che vi era davanti. Lungo le due pareti laterali erano poste file di scaffalature piene di libri di grandezze e colori diversi.
Dietro la scrivania era sistemata una poltroncina verde scuro nella quale era seduta la sua padrona - attualmente fuori dalla portata del suo sguardo a causa dello schienale rivolto verso di lui.
«Lady Ada...?» domandò, fermandosi ad una decina di metri di distanza.
Con un leggero cigolio, la poltroncina venne girata e la figura femminile ed aggraziata della giovane Bezarius fu visibile, i lunghi capelli sciolti sulle spalle che splendevano d’oro sotto i raggi del sole. Gli occhi smeraldini erano leggermente ombreggiati dai folti ciuffi che le coprivano la fronte, ma era palese che fosse felice di avere il biondo lì.
«Vincent, ti stavo aspettando» disse.
La leggera sfumatura di sollievo che il Nightray percepì nel suo tono gli fecero capire che stava cominciando a dubitare di vederlo arrivare.
La ragazza gli sorrise allegra.
«Allora, da cosa cominciamo...?».
Il giovane Nightray era a disagio per la situazione e la richiesta.
Portò nervosamente le mani ad aggiustarsi la giacca nera e la cravatta, per poi salire un po’ più su, verso il paio di occhiali dalle lenti squadrate che aveva messo per l’occasione, per sembrare un poco più professionale - quello che in quel momento non si sentiva affatto.
«Cominceremo con le lezioni di pianoforte, lady Ada» disse, cercando di assumere un tono piuttosto formale e pratico, riuscendo solo a strappare una risatina soffusa alla sua lady per l’evidente impaccio che provava e riusciva a manifestare.
Era frustrante, in un certo senso - imbarazzante per cert’altri versi.
Per il periodo che avrebbero trascorso nella casa di città, lui aveva l’obbligo - data la sua istruzione tutt’altro che di basso livello - di farle da tutore in una gamma di discipline che spaziavano dalla musica alla geografia all’arte.
Non aveva mai dato lezioni a nessuno - men che meno si sarebbe mai immaginato di doverle dare alla sua padrona - perciò doveva farci un po’ la manica.
Avrebbe voluto ritirarsi e cedere a qualcun altro l’incarico - magari assumere un tutore privato come avevano fatto nella villa dove dimoravano consuetamente - ma era stato obbligato in ciò dallo zio della ragazza - che aveva una varietà sorprendente di modi per riuscire a persuadere una persona a vincolarsi in una promessa.
Nel suo caso specifico, il biondo era stato minacciato di licenziamento, un fatto che non avrebbe potuto tollerare nella maniera più assoluta: se fosse stato licenziato, insieme a lui sarebbe stato cacciato dalle dipendenze dei Bezarius anche suo fratello maggiore Gilbert - che serviva sotto il figlio più grande della casata, Oz - col risultato che sarebbero dovuti ritornare alla vita dei bassifondi della città.
L’infanzia trascorsa in espedienti per assicurarsi un pezzo di pane l’aveva segnato al punto da convincerlo subito ad accettare l’incarico.
Ada si alzò e gli si avvicinò con fare mansueto e l’espressione da studentessa diligente.
Vincent si sentì del tutto fuori luogo: era lui quello che doveva obbedire senza fare un fiato, non il contrario. Era spiazzante osservare quello sguardo obbediente sul volto della nobile.
«... cent? Vincent?».
Il biondo si riscosse dai suoi pensieri e si rese conto che la sua padrona lo stava chiamando.
«Sì?» domandò, l’espressione stranita.
«Andiamo al pianoforte...» replicò lei.
«Ah, sì... giusto» convenne, girandosi a darle le spalle, avviandosi verso la porta «Da questa parte» aggiunse, fermandosi a lato dell’uscio per aprirlo e farsi precedere fuori dalla ragazza - come era educazione fare.
Si spostarono nella stanza adiacente, sulla sinistra, al centro della quale era sistemato un bellissimo pianoforte a coda bianco che al momento era irradiato dalla luce solare che penetrava dalla finestra. La lucentezza del colore lo faceva spiccare sotto i raggi solari, dando alla stanza un’atmosfera più luminosa.
Gli altri strumenti musicali più piccoli e meno ingombranti erano sistemati in parte poggiati lungo le pareti, in parte in mostra su piccoli mobili dall’aria antica e costosa.
Ada precedette il biondo al pianoforte, innanzi al quale si sedette, aprendo e cominciando a leggere lo spartito appoggiato sul leggio.
«Che cosa suono oggi?» domandò, guardando il suo tutore - che si era nel frattempo avvicinato e fermato accanto a lei.
«Lavoreremo sulla parte successiva dell’ultimo brano, my lady» disse quest’ultimo, sistemandosi gli occhiali - che cominciavano a dargli leggermente fastidio.
Era bene a conoscenza delle lezioni della giovane, visto che era suo compito di maggiordomo assicurarsi che la sua padrona rispettasse gli orari dei propri impegni; tuttavia non aveva mai preso parte a nessuna lezione.
La Bezarius assentì con un vigoroso cenno del capo, voltando poi la propria attenzione al piano e allo spartito.
Mentre cominciava l’esecuzione, Vincent si perse nell’osservare il suo profilo senza un motivo ben preciso. La sua attuale condizione di “tutore-non-proprio-servo” gli conferiva una visione leggermente distorta del rapporto che era sempre intercorso tra sé stesso e lei: se nei panni di semplice maggiordomo aveva imparato a vedere Ada Bezarius come qualcosa di irraggiungibile ed una persona da cui dipendere sempre, nei panni di tutore la vedeva come una ragazza comunque nobile ma un poco più... “alla sua portata”.
«Ma che sto pensando! Sono il suo maggiordomo ed un tutore provvisorio!» si rimproverò duramente, ascoltando la giovane che suonava «Non posso permettermi di fare certi pensieri!».
«Adesso provi a suonare il pezzo successivo» esclamò ad alta voce non appena vide le sue dita cessare di muoversi sui tasti, terminando l’esecuzione della prima parte del brano.
«Va bene» obbedì la bionda, riprendendo a suonare mentre con gli occhi passava rapidamente dai tasti del piano alle note sullo spartito.
Dopo appena un momento Vincent udì la prima stonata.
«Lo ripeta» esclamò quasi d’istinto «E cerchi di non sbagliare di nuovo quella nota».
Eppure anche la seconda volta la Bezarius sbagliò quella stessa nota.
E così anche per le altre sei volte che ripeté il pezzo.
Vincent cercava di correggerla con modi garbati anche se severi, senza mancarle mai del rispetto che doveva portarle, ma dopo sei volte che ripeteva sempre il solito errore, la cosa diventava un po’ complicata.
Poteva dire tante cose di sé stesso - e non era certo neppure che tutte fossero positive - ma con assoluta certezza poteva dire di non essere un tipo paziente.
Se era quello il modo in cui sosteneva tutte le lezioni di pianoforte, non osava immaginare di quanta pazienza fossero dotati i suoi tutori: a lui dava sui nervi solamente udire - dopo un considerevole numero di volte - la stessa nota sbagliata. Era come se invece di premere il tasto sbagliato sul pianoforte ne stesse premendo uno sui suoi nervi.
«Non riesco a capire dove continuo a sbagliare, Vincent...» mormorò Ada all’ennesimo rimprovero, mortificata, guardando il Nightray.
Dai lati dei suoi occhi cominciarono ad affiorare lacrime che misero in allarme il tutore.
«Non pianga, lady Ada» disse, porgendole un fazzoletto che estrasse prontamente da una tasca interna della giacca «Coraggio, riprovi. Non è un “Fa”, ma un “La bemolle” quello che deve suonare...» le ripeté, sfoderando il suo miglior sorriso fasullo - che però riuscì ad incoraggiare Ada al punto da posticipare o annullare completamente il pianto.
Mentre la bionda si apprestava a replicare l’esecuzione, il biondo lanciò un sospiro tra sé e sé: se la sua lady era così difficile da istruire anche nelle altre discipline, quello più che un obbligo nei confronti del nobile Oscar Bezarius sarebbe diventato un vero e proprio castigo.





Angolino autrice
Ormai è diventato quasi un appuntamento settimanale *ricorda i bei tempi in cui era più o meno sempre così*
Che dire? Vincent in versione maggiordomo io lo amo *ç* e meglio ancora se con Ada come Lady, anche se non so se sono riuscita a mantenerlo abbastanza IC stavolta ._. *shame on me*
Anyway, ringrazio GMadHattressFromUnderground per la recensione allo scorso capitolo - augurandomi che anche questo ti piaccia - e coloro che hanno aggiunto la fic alle preferite/ricordate/seguite.
Al prossimo chappy! ^^
F.D.
   
 
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