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Autore: Martyx1988    07/08/2011    4 recensioni
Secondo capitolo delle avventure di Ayame, reincarnazione di Afrodite, e delle sue Sacerdotesse. Sconfitto Efesto, la pace sembra tornata sulla Terra, finchè un nuovo nemico non si presenta, costringendo la dea ad una fuga al Grande Tempio. Sarà l'occasione per tre ragazze di conoscersi meglio e di conoscere nuovi amici e le loro storie...
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aquarius Camus, Gemini Kanon, Nuovo Personaggio, Scorpion Milo, Un po' tutti
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'La Dea dell'Amore'
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Babylon
(seguito di "A Divine Love")

4 – Gemelli

Per andare in aeroporto, Saori aveva messo a disposizione tre delle sue vetture private, con tanto di autista.

Quattro dei cinque Cavalieri d’Oro sarebbero tornati ad Atene, mentre Saga sarebbe rimasto a Tokyo assieme ad Atena e presto altri due Cavalieri lo avrebbero raggiunto.

Saori e Hyoga avrebbero accompagnato Ayame e le Sacerdotesse all’aeroporto. Una macchina portò loro tre e i bagagli di Ayame, Camus, Shaka e Mu ne avrebbero occupata un’altra mentre Psiche e Galatea avrebbero viaggiato con l’ultima auto insieme ad Aphrodite.

Dopo essersi accomiatati dai restanti Cavalieri di Bronzo e dalle Sacerdotesse, che accettarono di buon grado la partenza di due delle loro compagne, salirono tutti quanti a bordo e partirono verso l’aeroporto, dove un aereo della fondazione Kido li avrebbe condotti ad Atene.

Saori prese posto a fianco dell’autista e diede istruzione che venisse abbassato il separé tra le due file di posti, per lasciare un po’ di intimità ad Ayame e Hyoga. I due ragazzi, tuttavia, non parlarono durante il viaggio, perché c’erano troppe cose da dire, una più malinconica dell’altra. Avrebbero reso il distacco più difficile.

Ayame teneva sempre una mano sul ventre, con quella di Hyoga sopra a stringerla.

Le trafficate strade di Tokyo sfilavano davanti ai finestrini oscurati dell’auto, in un tripudio di modernità e tecnologia. Da quello che si ricordava e che le avevano detto del Santuario, era un luogo diametralmente opposto a quello, legato alle antiche tradizioni e al buon lavoro manuale.

Ma non erano dettagli fondamentali, dopotutto sarebbe rimasta là il tempo necessario ad arginare e debellare questa nuova minaccia. Dopodiché sarebbe tornato tutto come prima. Tutto tranne lei, probabilmente.

Ben presto i grattacieli cominciarono a diminuire, lasciando spazio alle case di periferia, più distanziate e basse, e quindi ai capannoni industriali e agli hangar dell’aeroporto. In pochi minuti le auto raggiunsero il posto di blocco del terminal. Saori diede poche indicazioni all’agente nel gabbiotto e questi sollevò la sbarra di metallo per consentire loro l’accesso. L’hangar privato della fondazione Kido non era molto lontano e in pochi secondi il loro viaggio terminò.

Scesero tutti dalle vetture, mentre Ayame e Hyoga rimasero ancora in auto.

Non sarà per molto tempo, vedrai” cercò di tirarla su Hyoga, circondandole le spalle con un braccio.

Lo so” rispose lei cercando di sembrare convinta. “Ma poi dopo? Cosa farò quando sarò tornata? Non sono più una dea, non appartengo più al vostro mondo”

Appartieni al mio” ribatté con convinzione Hyoga, mentre prendeva il viso di Ayame tra le mani per costringerla a guardarlo. “E io al tuo. Siamo quasi morti per questo, ricordi? Non sarà un Angelo sbucato dal nulla a rovinare tutto”

Rincuorata da quelle parole, Ayame gli gettò le braccia al collo e lo baciò per l’ultima volta, mettendo in quel gesto tutto l’amore che provava per Hyoga.

Quando uscirono dalla macchina, solo Saori e le Sacerdotesse erano ancora a terra.

Ayame salutò con un caloroso abbraccio l’amica e si raccomandarono prudenza a vicenda.

Le tre ragazze salirono poi sulla scaletta che conduceva al portellone dell’aereo. All’ultimo gradino, Ayame si voltò ancora una volta per guardare Hyoga, che le sorrise e la salutò sollevando una mano. Anche lei sorrise. Ce l’avrebbero fatta anche quella volta.


Il viaggio verso Atene fu lungo ma piacevole. L’aereo era fornito di ogni comfort e il personale riuscì a mettere tutti a proprio agio.

Ayame si sedette insieme a Psiche e Galatea, mentre i Cavalieri rimasero in disparte. Shaka si isolò del tutto andando ad occupare un sedile in fondo. Rimase lì, in silenzio e ad occhi chiusi, per tutta la durata del viaggio.

Gli altri tre si alternarono per andare a controllare la situazione di Ayame e delle altre ragazze, ma non si intrattennero mai con loro e spesso rifuggivano i loro sguardi, come se si sentissero in imbarazzo, soprattutto nei confronti di Psiche e Galatea. Solo Aphrodite si comportava normalmente da quel punto di vista, ma nemmeno lui fu di molte parole.

Atterrarono dopo quasi cinque ore di volo. A causa del fuso orario, ad Atene era ancora pomeriggio pieno al momento del loro arrivo, ma le ragazze si sentivano stanche come se fossero le due di notte.

All’aeroporto montarono su due taxi che portarono tutti alle pendici dell'Acropoli di Atene. Nessuna delle tre badò troppo al monumentale altopiano. Da lì proseguirono a piedi, costeggiando il sito. I Cavalieri si caricarono i loro bagagli e le guidarono tra viuzze attorno all’Acropoli, gremite di turisti, fino ad un piccolo negozio di fiori poco in vista.

Quando entrarono, quelli che Ayame identificò come i proprietari dell'attività si inchinarono al passaggio dei Cavalieri e guardarono lei e le Sacerdotesse con curiosità. Gli altri quattro salutarono la coppia con un minimo cenno del capo, quindi condissero le ragazze sul retro del negozio. Lì, tra innumerevoli vasi colmi di fiori e varie casse di legno, si intravedeva appena un'anonima porticina di legno appena socchiusa.

Mu la aprì, lasciando che l'abbagliante luce del sole illuminasse l'ambiente, e la varcò per primo, seguito a ruota dal resto della compagnia.

Ayame si era aspettata di vedere qualcosa di simile ad un cortile spoglio, con qualche attrezzo abbandonato in disordine. Oltre la porta, invece, si estendeva un vicoletto pavimentato di ciottoli e affiancato da entrambi i lati da piccole abitazioni di legno e mattoni. La sensazione di essere piombata improvvisamente in un'altra epoca tolse il fiato ad Ayame, che rimase sulla soglia a fissare il panorama di fronte a lei a bocca aperta.

Camus sorrise nel vedere l'espressione stupefatta della ragazza. “Benvenuta a Rodorio” le disse, riportandola così con gli occhi ad altezza d'uomo.

È il villaggio che precede il Tempio e ne custodisce il segreto. La bottega del fioraio, invece, ne nasconde il passaggio” spiegò il Cavaliere dopo che Ayame gli si fu affiancata. “Appartiene più al nostro mondo che a quello 'esterno'”

Sembra di essere tornati indietro nel tempo” confermò lei, mentre continuava a guardarsi intorno. Altre vie si aprivano tra le abitazioni. Imboccarono una di esse e raggiunsero quella che doveva essere la piazza principale del villaggio. Una fontana di marmo sorgeva al centro dello spiazzo. A ridosso delle abitazioni, invece, sorgevano numerose bancarelle in cui si vendeva e comprava una gran varietà di prodotti, principalmente alimentari e manufatti d'artigianato.

Gli abitanti si voltarono al loro passaggio per inchinarsi come al solito ai Cavalieri, mentre i bambini agitavano le mani sorridenti ed emozionati di vedere quelli che, pensò Ayame, consideravano i loro eroi. Le ragazze, invece, furono raggiunte dai soliti sguardi curiosi, a cui si aggiunsero alcuni mormorii e commenti sommessi.

Non badateci” disse loro Aphrodite “Non sono abituati a vederci in compagnia di donne senza una maschera sul volto”

Beh, che si abituino” ribattè contrariata Psiche “Perchè non ho nessuna intenzione di indossarne una”

Mi sarei stupito del contrario, mia cara” commentò il suo maestro con un mezzo sorriso.

Superata la piazza, si immersero nuovamente nei vicoli stretti di Rodorio, per poi sbucare ai piedi di un'imponente scalinata di marmo. Risaliva tutto il pendio del monte ed era intervallata, a distanze più o meno regolari, da maestosi templi, ognuno in uno stile diverso. Una di esse era a pochi scalini di distanza da loro.

Benvenute al Grande Tempio!” annunciò Mu, più sorridente e affabile del solito. “E benvenute nella mia casa. La Prima, la Casa dell’Ariete”

Come all'entrata nel villaggio, Ayame, insieme a Galatea, ammirò estasiata la magnificenza delle Tredici Case, le dodici dello Zodiaco più la Tredicesima, dimora del Gran Sacerdote e ultimo ostacolo al tempio più imponente di tutti, quello della dea Atena.

Che è successo qui?” domandò invece Psiche, che sembrava quasi sconvolta a quella visione. “Non c’erano tutte queste macerie quando me ne sono andata. Sono rimaste in piedi solo le Dodici Case!”

Molte battaglie sono state combattute qui” si accinse a spiegare Aphrodite. “Non ultime quelle contro Hades e Artemide, che hanno ridotto tutto il Santuario ad un cumulo di sassi. Per volere di Zeus e per mano di Apollo, le Tredici Case sono state riportate all’antico splendore, ma per il resto serviranno ancora mesi e mesi di lavoro”

Chissà come doveva essere prima che accadesse tutto ciò” disse Ayame, sempre contemplando le facciate immense dei tredici templi.

Il gruppo passò attraverso il colonnato della Casa dell’Ariete e arrivò al cospetto della Seconda Casa, quella del Toro.

Un uomo nerboruto e dalla folta chioma castana attendeva dinanzi al tempio. Ayame pensò che era l’uomo più grosso che avesse mai visto.

Salirono la breve scalinata che conduceva al pronao del tempio e si fermarono davanti all’omone. L’espressione severa che teneva non piacque per niente alle ragazze.

Salve, Aldebaran” salutò Mu, cordiale. “Queste giovani saranno nostre ospiti per qualche tempo. Ti presento Psiche e Galatea, Sacerdotesse di Afrodite, mentre questa è Ayame, reincarnazione della dea”

Un tempo, aggiunse Ayame nella sua testa, ma cercò di mostrarsi affabile.

L’uomo chiamato Aldebaran le squadrò per bene, prima di distendersi in un larghissimo sorriso e dare il suo caloroso benvenuto a tutte e tre.

Finalmente un po’ di facce nuove in questo mortorio!” esclamò poi, circondando col suo immenso braccio Ayame e caricandosi in spalla la sua borsa. “Le ultime visite che abbiamo ricevuto non sono state molto amichevoli e molti di noi ci hanno lasciato le penne, me compreso. Ma adesso siamo di nuovo in sella, vero ragazzi?”

Aldebaran riuscì a strappare ad Ayame il primo sorriso spontaneo dall’incidente. Si offrì di accompagnare le tre fanciulle nella visita alle restanti case e, vista la grande simpatia dell’omone, nessuna obiettò.

Il Cavaliere del Toro si mise in testa alla piccola comitiva, con Ayame subito dietro e gli altri a seguire. Salirono fino alla Terza Casa, quella dei Gemelli, che in teoria sarebbe dovuta essere vuota. Si fermarono comunque all’ingresso.

Kanon!” tuonò Aldebaran. “Ci sei?”

La sua voce riecheggiò tra le possenti colonne di marmo, ma nessuna risposta giunse alle loro orecchie.

Chi è Kanon?” domandò Ayame, incuriosita.

Il gemello di Saga” spiegò cupo Camus, sempre cercando con lo sguardo qualche segno di vita dell’inquilino della Terza. “Suo fratello gli ha affidato il compito di custodire la Terza, mentre lui è a Tokyo”

Ayame annuì e prese a guadarsi intorno, nel tentativo di scorgere questo fantomatico Kanon da qualche parte. Nonostante i richiami sempre più potenti di Aldebaran, però, nessuno si fece vivo.

Mu prese in mano la situazione e guidò tutti attraverso la Casa.

Una volta entrata, Ayame sollevò lo sguardo verso il soffitto del tempio, talmente alto che si scorgeva a malapena. Percepiva qualcosa in quella Casa, una specie di formicolio alla nuca, come se qualcuno la stesse osservando.

Vagò con gli occhi per tutto il soffitto fino alla prima fila di colonne, quindi giù lungo una di esse, finché non incrociò due occhi blu oltreoceano che la fissavano severi.

Quello che doveva essere Kanon uscì dall’ombra, sempre guardandola con uno sguardo impenetrabile. Era identico al fratello, ma anche totalmente diverso, e la incuriosiva.

Non si era accorta di essere rimasta indietro finché Galatea non la richiamò. Il resto del gruppo era già fuori dalla Terza, ai piedi della scalinata che conduceva alla Casa del Cancro.

Arrivo!” rispose Ayame, e gettò un ultimo sguardo tra le colonne. Di Kanon, però, nessuna traccia.

Raggiunse svelta gli altri, ripromettendosi che sarebbe tornata alla Terza.

Proseguendo lungo l’immensa scalinata di marmo, le tre ragazze fecero la conoscenza dei restanti Cavalieri d’Oro e delle loro variopinte personalità.

Alla fine della salita, appena fuori dalla Casa dei Pesci, la ragazza potè finalmente stilare un elenco sommario dei dieci Cavalieri:

- Mu dell’Ariete: affabile, cortese, disponibile, ma troppo;

- Aldebaran del Toro: mitico;

- Kanon dei Gemelli: da definire molto presto;

- Death Mask del Cancro: inquietante;

- Aiolia del Leone: tutto d’un pezzo, un gran pezzo;

- Shaka della Vergine: mistico;

- Dhoko della Bilancia: non pervenuto;

- Milo dello Scorpione: simpatico ma dall’occhio lungo, soprattutto su Psiche;

- Aiolos del Sagittario: non pervenuto;

- Camus dell'Acquario: da sciogliere;

- Shura del Capricorno: un po’ troppo tutto d’un pezzo;

- Aphrodite dei Pesci: elegante.

Avrebbe voluto esporre la sua classificazione alle compagne, ma l’inizio della loro conversazione fu interrotto dall’arrivo del Gran Sacerdote del Santuario.

Shion dell’Ariete aveva l’aspetto di un ventenne e il piglio di un uomo saggio e subito incusse reverenza nelle tre ragazze. Si presentò con freddezza e le guidò all’interno della Tredicesima Casa. Congedò i quattro Cavalieri d’Oro sulla soglia della Sala del Trono, quindi entrò con le tre ragazze al seguito.

La sala era immensa e tappezzata di arazzi che ritraevano le più epiche battaglie del mito, alternate a specchi e statue di marmo di dei ed eroi. Lungo il pavimento fino allo scranno d’oro era steso un tappeto rosso dai motivi dorati.

Shion non prese posto sul trono, ma si fermò poco dopo l’ingresso e si rivolse alle tre fanciulle.

Vi do il benvenuto al Grande Tempio di Atene. Come ben sapete, per noi è strano che donne guerriere girino per il complesso a volto scoperto, ma non siete devote ad Atena, quindi non serve che sottostiate alle nostre regole. Vi pregherei comunque di seguire in linea di massima le altre, soprattutto per il vostro bene, Afrodite. Sarebbe più facile, per noi, proteggervi, se vi limitaste a rimanere nei confini del Santuario, sotto il nostro controllo”

Ayame annuì, ma non disse una parola. Il distacco che Shion stava dimostrando nei loro confronti l’aveva subito messa a disagio. Inoltre aveva notato una nota di diffidenza mentre pronunciava il nome di Afrodite, segno che non si fidava di lei. Probabilmente aveva le sue buone ragioni, ma la cosa la mise comunque in soggezione.

Voi alloggerete qui alla Tredicesima, con me. Voi, Psiche, avete una stanza a vostra disposizione alla Casa dei Pesci, col vostro maestro, mentre Galatea sarà ospitata da Camus dell’Acquario all’Undicesima. Sarete abbastanza vicine alla vostra dea da poter accorrere in suo soccorso in qualsiasi momento”

Le due Sacerdotesse annuirono.

Le porte della sala si aprirono, e una giovane donna dai capelli rossi e dal volto mascherato fece capolino.

Mi avete fatto chiamare, Eccellenza?”

Sì, Marin. Accompagna le due Sacerdotesse alle rispettive stanze, io mostrerò ad Afrodite la sua”

Marin annuì riverente e fece spazio a Psiche e Galatea, che recuperarono i bagagli lasciati dai Cavalieri all’ingresso della stanza ed uscirono dal tempio, promettendo ad Ayame che sarebbero tornate a trovarla.

Questa seguì Shion attraverso gli intricati corridoi della Tredicesima. All’imbocco di uno di essi, il Celebrante si fermò davanti ad una porta e la invitò ad entrare con un semplice gesto della mano.

La stanza era immensa, con un letto a baldacchino al centro, di fronte ad un grosso comò, e fiancheggiato da un armadio gigantesco. Due poltrone e un tavolino di vetro erano posti davanti alla grande porta-finestra che dava su un terrazzo affacciato sul mare.

Grazie” disse Ayame, sforzandosi di essere cordiale.

Shion mosse appena il capo, quindi se ne andò, chiudendosi la porta alle spalle.


Nonostante il viaggio e le novità della giornata, quella notte Ayame non riuscì a prendere sonno. Cercò di attribuire la cosa al jet lag, ma in fondo al cuore sapeva che il motivo era un altro. Era ancora lontano il giorno in cui sarebbe riuscita a ritornare l'Ayame di un tempo, e forse quel giorno non sarebbe mai arrivato.

Arresasi una volta per tutte all'insonnia, la ragazza si alzò dal letto e si sporse dal piccolo terrazzo della sua stanza alla Tredicesima casa del Santuario. Accolse il piacevole soffio della calda notte greca che subito le lambì il corpo, coperto solo dal leggero pigiama estivo, e lasciò vagare lo sguardo oltre l'orizzonte marino baciato dai raggi della luna. Per la prima volta dall'aggressione, Ayame dovette ammettere di sentirsi in pace. Il peso dell'assenza di Afrodite, seppur sempre presente, non sembrava gravoso come a Tokyo, e la calorosa accoglienza che aveva ricevuto al suo arrivo, se non si contava quella del Gran Sacerdote, era riuscita a rendere l'allontanamento da Hyoga meno drammatico. Nonostante questo, le mancava comunque come manca l'ossigeno ad un uomo che sta affogando.

Lasciando vagare lo sguardo, Ayame studiò le Dodici Case dello Zodiaco ad una ad una, ancora meravigliata dalla loro imponenza e contemporanea eleganza. Tanti stili diversi per tante personalità diverse. Una fra tutte aveva attirato la sua attenzione quel pomeriggio. L'alone di mistero che attorniava l'abitante della Terza Casa dei Gemelli, Kanon, l'attraeva come una calamita. Stava giusto osservando quel tempio quando, dal lato di esso rivolto alla scogliera, il Cavaliere uscì a passo cadenzato. Un flebile canto si sparse per tutto il tempio, carico di tristezza e malinconia.

Ayame non resistette e, afferrato al volo un leggero golf di cotone, uscì dalla sua stanza e dalla Tredicesima, incurante di qualsiasi possibile sorveglianza,e si precipitò giù per la ripida scalinata che fiancheggiava le Dodici Case, rallentando solo in prossimità del colonnato della Casa dei Gemelli.

Come previsto, il canto veniva da lì, e precisamente dalla scogliera. Ayame si addentrò cauta all'interno dell'imponente tempio, in cerca dell'uscita laterale.

Gli altri Cavalieri l'avevano avvertita dell'effetto di quella Casa sui visitatori. Molti ci si erano persi, col fisico e con la mente, a causa delle illusioni elaborate dai loro custodi. Quella notte, però, il custode non sembrava curarsi della sicurezza del suo tempio.

Ayame procedette comunque con prudenza, fino a trovare l'apertura verso il mare.

Kanon era sul ciglio della scogliera e le dava le spalle. Aveva lo sguardo rivolto al cielo e alla luna gridava il suo canto. Ayame si appoggiò ad una colonna in rovina lì vicino e ascoltò assorta quelle parole tristi e rivelatrici di un animo profondo racchiuso dentro una dura scorza di freddezza, finché le stelle in cielo non iniziarono a brillare e muoversi al ritmo della melodia. O così almeno le sembrò.

La ragazza levò gli occhi al cielo, a contemplare quella visione di astri cadenti e galassie turbinanti, totalmente coinvolta nel canto liberatore di Kanon di Gemini da non accorgersi di nient'altro attorno a lei. Sapeva che c'era molto di più del guerriero imperturbabile in quegli occhi profondi come abissi. Ne stava avendo la prova in quel momento.

Tutto cessò, poi, all'improvviso. La magia scomparve e in Ayame si fece strada la consapevolezza. Voltò rapida lo sguardo verso la scogliera. Kanon si era accorto di lei e la stava fissando, duro e inespressivo. Riuscì comunque a farla sentire un'intrusa. Dopotutto, era esattamente quello che era in quel momento. Sentiva di aver varcato un confine proibito.

Che ci fai qui?” le domandò con voce atona Kanon.

Ayame aprì e chiuse la bocca un paio di volte, prima di biascicare un sottilissimo “Mi dispiace...”. Nel frattempo aveva inconsapevolmente iniziato ad arretrare. Bastò un passo di Kanon nella sua direzione per convincerla ad aumentare la velocità. Perse però l'equilibrio e cadde a terra. Rialzatasi velocemente, voltò le spalle al Cavaliere e corse dentro il tempio e verso la Tredicesima.


A niente valsero i richiami di Kanon. La ragazza scappò lesta dentro la Casa dei Gemelli, forse urlando ancora uno “Scusami” affannato nella sua direzione. La vide risalire velocemente verso la dimora di Shion, agile come un'amazzone e fragile come un fuscello al vento.

Era stata la sua fragilità a fargli notare che c'era qualcun altro alla scogliera. La faccia dura gli era venuta di riflesso, come sempre quando aveva a che fare con qualcuno. Solo che, almeno per quella sera, non l'aveva desiderata.

Ad ogni modo, la ragazza nel cui corpo una volta era reincarnata Afrodite era scappata e Kanon aveva perso l'unica occasione per poterle parlare. Shion non gli avrebbe mai permesso di avvicinarsi a lei. Probabilmente nemmeno lui l'avrebbe fatto, se fosse stato al posto del Gran Sacerdote.

Eppure c'era qualcosa in Ayame – era così che si chiamava la ragazza, se aveva ben capito – che lo attraeva e lo incuriosiva. Sebbene ne fosse stata la reincarnazione fino a pochi giorni prima, era sicuro che in lei ci fosse molto di più della bellezza e frivolezza caratteristiche di Afrodite.

Mentre faceva lentamente ritorno alla Terza Casa, il suo sguardo cadde su qualcosa di luccicante a terra. Sembrava un ciondolo. Si chinò per controllare meglio. Il ciondolo era a forma di M, appeso ad una semplice catenina. Doveva essere caduto ad Ayame nella fretta di scappare da lui. Lo raccolse e se lo mise in tasca, ripromettendosi di restituirlo alla ragazza il giorno dopo. E magari anche di parlare con lei, chissà.

Ecco il quarto capitolo! Le nostre tre fanciulle sono giunte al Santuario, chissà cosa combineranno in questo mondo di machi ;) 

So che 'Kanon che canta' non è una cosa che tutti si aspettano di vedere... nemmeno lui si aspetta che qualcuno lo veda cantare, a dire la verità :P ad ogni modo, nella mia mente contorta la sua canzone è "Go the distance" di Michael Bolton, se voi avete pensato a qualcos'altro, sarei curiosa di vedere (e magari sentire) le vostre canzoni :)

A presto!

   
 
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