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Autore: Ningyoplug    07/08/2011    3 recensioni
Il personaggio in questione è Afuro 'Aphrodi' Terumi (o, nella versione italiana, Byron 'Aphrodite' Love). Fic introspettiva. Riferimenti BL. Riferimenti a violenze sessuali subite. Don't like? Don't read.
Afuro's POV.
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Afuro Terumi/Byron Love, Kageyama Reiji
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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~Lily Basket~




Io odio i gigli.

Quando nacqui, la mia culla fu adornata di gigli; il giardino che accolse la mia infanzia ne era colmo.
Ero solito perdermi in quella purezza mentre mia madre mi cullava dolcemente, rivelandomi in un sussurro quanto fossi simile a quei fiori meravigliosi.

Io odio i gigli.
E ciononostante, lui insiste nel regalarmene in continuazione. Dice che sono i fiori che più mi rappresentano.

Non è affatto così.
Si sbagliano. Lui, mia madre, mio padre, i miei compagni.
Tutti.
Come possono non vederlo?
Eppure il mio corpo è così sporco.

Eppure ogni volta che incontro uno specchio vi scorgo un corpo marcio.

Eppure ogni volta che provo a lavarmi, dopo gli allenamenti, mi sento ancora più sporco.

Eppure, nonostante le mie unghie infieriscano convulsamente sulla pelle bagnata, raschiando, ferendo, facendola sanguinare, quell’impurità dal sapore acido sembra corrodermi ancora più.

Ogni volta che mi vesto…
Ogni volta che mangio…
Ogni volta che corro attraverso il campo, dribblando agilmente gli avversari…
Il tocco di quelle mani è sempre lì, non sulla mia pelle, più in profondità, pronto a ricordarmi a chi appartengo.

Sei un angelo, Afuro. Sei il mio angelo.

Sono il suo angelo.

Le sue mani che mi toccano le spalle, il petto, i fianchi, le cosce, così possessive, così intrise di bramosia…

L’ordinarietà ha preso il posto del disgusto.
La mia mente ha iniziato a cedere lentamente ma inesorabilmente a quel destino, a quel dato di fatto.

Ho dimenticato cosa fosse il pudore.
Ho dimenticato cosa fosse l’amor proprio.
Ho dimenticato di avere un nome.
Ho accolto l’umiliazione, è parte integrante di me, è la mia migliore amica.

Sono il suo angelo.
E’ tutto ciò che so di me.

Anche oggi, oggi che la sporcizia sul mio corpo ancora mi nausea, anche se lui non è più qui…
Anche oggi trovo dei gigli sul mio cammino.

Li detesto.
Detesto la loro purezza, il bianco candido dei morbidi petali.

Detesto ciò che non posso più avere.

Detesto questo corpo sporco.

Detesto lui ed il modo in cui ha spezzato la mia mente, come uno specchio rotto il cui riflesso rimarrà sempre incrinato.

Detesto mia madre e mio padre, che l’hanno reso possibile.

Detesto me stesso per non essere abbastanza forte.

E ancora, queste ali continuano a splendere sulla mia schiena ogni volta che colpisco la palla per mandarla in porta.
Ancora i miei compagni mi ammirano affascinati ed ammaliati dalla grazia angelica dei miei movimenti, dalle mie membra affusolate che scattano senza sosta da una parte all’altra del campo, dai miei lunghi capelli dorati che fluttuano accarezzati dal vento, dal mio gioco che somiglia ad un’antica danza che la gente ha ormai dimenticato.

Io non dimenticherò.
Non dimenticherò mai, così che queste lacrime amare diventino la mia forza, così che quell’odio misto all’orrendo bisogno diventino un tutt’uno con quella danza spietata, quella danza che fa tremare i portieri di ogni squadra, quella danza a cui non posso che abbandonarmi, nuotando nel dolore, affogando nell’acido e crudele mare della speranza.

Io...
Odio i gigli.

E nonostante tutto, quei fiori sono sempre lì, freschi e bellissimi ad attendermi sulla soglia della mia stanza. Ogni giorno qualcuno ne lascia lì un mazzo per me. Forse un mio ammiratore.

E’ così crudele.

Vedere quei fiori così freschi, puri e vivi ogni giorno rischia di accendere in me la speranza.
Speranza di cosa, poi, non ne ho davvero idea.

Io odio la speranza.

Io odio i gigli.

Io mi cibo di quell’odio.

Ed è così che me ne rendo conto, fissando distrattamente la bianca luna accovacciato su una finestra della mia stanza…

Nessuno mi conosce, nemmeno io.

Ironico.
Mi chiamano Afrodite.
Non ho mai amato.



   
 
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