Questa storia è stata ispirata
al romanzo "Another Note" di Nisioisin. La maggioranza dei personaggi
non mi appartiene. Inizialmente
ero confuso. Bravo a mentire? Sapeva già che non ero andato
solo a
recuperare un giocattolo? “Certo,
potresti davvero andare a prendere un giocattolo, ma non ci sarebbe
bisogno di farlo ogni mattina, no?” mi disse con aria di
sfida.
“Beh, non che mi interessi sapere cosa fai, figurarsi, che me
ne
può importare? Ma in questo periodo è meglio che
ti tenga d'occhio
nanerottolo.” disse ancora. Per fortuna non sapeva nulla del
quadernetto, non sapeva nulla di Beyond Birthday e al momento era
tutto ciò che mi interessava, ma improvvisamente in fin dei
conti
aveva parlato di controllarmi. Avrei tanto voluto chiedergli il
perché, ma non volevo peggiorare la situazione e farlo
innervosire
davvero, così continuai a rimanere in silenzio. “Ti
diverte tanto rimanere sempre in silenzio, eh?” disse poi con
un
tono di superiorità. “Sì, furbo il
nanerottolo, così pensa che
io non possa capire che pensa, che io non possa davvero attaccarlo,
eh?”. Sì. Per
me il non parlare era una sorta di difesa verso il mondo esterno, il
non mostrare chiaramente i miei sentimenti era un modo per non essere
attaccato da persone come Mello. “E
di' qualcosa, cazzo!” urlò all'improvviso.
“La vuoi smettere con
questo tuo modo di fare?! E poi tutti dicono che sei inumano, per
forza!” si stava decisamente scaldando. L'essere
chiamato “inumano” però non era dovuto
solo a quello. Ero
chiamato inumano da quando incontrai per la prima volta Mello, da
quando quel bambino biondo mi disse con orgoglio di essere il secondo
della classifica, la lettera M. Lui era sicuro di quel che diceva
perché quante probabilità ci potevano essere che
stesse parlando
proprio al primo? Lo 0,(3)% di possibilità, eppure proprio
quella
piccolissima percentuale lo aveva fregato. Gli
dissi di essere la lettera N, il primo in classifica. In pochi
secondi vidi il suo volto cambiare per l'ira. Nella sua mente aveva
dichiarato al nemico di aver perso la partita. Da
quel momento cominciò a odiarmi, mi vedeva fin troppo
diverso per
poter essere il numero uno, diceva a tutti che non potevo essere una
persona per la mia eccessiva freddezza. A
volte mi incontrava e non perdeva occasione per rinfacciarmi
qualcosa, mi diceva che non potevo capire perché il primo
posto lo
avevo già e che il giorno che lo avrei perso sarei stato
anche io
come lui. Ma
a cosa serviva quel primo posto tanto desiderato da Mello? A
nulla, se non a farsi odiare. E
così andammo avanti per anni con una rivalità a
senso unico da
parte del biondo. Per
me non era così, per me collaborare con Mello non era una
cosa così
impossibile, ma era lui a impedirlo. All'inizio
di quell'anno ci comunicarono che saremmo stati nella stessa stanza
in tre, Mello era furibondo, il suo volto stravolto, sembrava mi
potesse congelare con uno sguardo, ma alla fine si calmò,
solo
pensando che essendomi vicino avrebbe potuto essere ancora
più
pericoloso per me. In
effetti in quell'anno la percentuale di “incidenti”
che mi
capitarono (come la sparizione dei miei giochi) aumentò,
date le
continue trovate del mio compagno di stanza per farmi pentire di
essere stato scelto proprio io, proprio il primo in classifica, anche
se non era nemmeno colpa mia. E
anche quel giorno sembrava volermi uccidere solo con lo sguardo e la
violenza con cui mordeva la sua tavoletta di cioccolato trasmetteva
ancora meglio il messaggio. “Se
ti stai chiedendo perché ti devo tenere sotto controllo
sappi che
non te lo dirò. Almeno su questo sono il primo.”
concluse
trionfante facendo svegliare Matt per il tono troppo alto della voce. Dopo
poco tutti andammo a lezione normalmente e ci comunicarono che a
breve ci sarebbe stato un'altra di quelle prove che dovevamo
sostenere per aggiornare nuovamente la classifica. Che
fosse quello a cui si riferiva Mello? No,
impossibile. Come avrebbe potuto saperlo prima di tutti gli altri? E
poi non aveva mai tentato di controllarmi nonostante avessimo
già
sostenuto molti di quei test. La
giornata scolastica passò normalmente, nessuna
novità rilevante.
Continuavo a chiedermi che cosa c'era di così importante da
far
scomodare il mio compagno di stanza. La
risposta arrivò nel pomeriggio. Ero
nella nostra stanza, componendo un puzzle totalmente bianco. Mello
continuava a comportarsi da totale indifferente nei miei confronti,
mentre discuteva con Matt di un nuovo videogioco. Stavo
per appoggiare al suo posto l'ultimo pezzo della composizione bianca
quando la porta della stanza fu aperta. Sollevai lo sguardo e
osservai per qualche secondo Roger. Aveva un'aria stanca, come al
solito, e davvero sembrava non reggere a tutta quella mole di lavoro
che gli aveva lasciato Watari. “Mello,
Near... dovete venire con me nel mio studio.”. Io
non capivo il motivo di un richiamo, non poteva essere per via di
qualche problema, la voce del direttore era fin troppo calma. Certo,
per qualche secondo avevo pensato che avesse scoperto del diario di
B, ma era impossibile dato che non era neanche stato spostato dal
luogo in cui si trovava in origine. Mi
voltai e vidi Mello sorridere con l'aria di chi sa di essere l'unico
a sapere che cosa ci avrebbero comunicato, probabilmente quello che
avrebbe detto Roger era la risposta alla domanda che mi aveva
tormentato tutto il giorno. Senza
dire nulla mi alzai e poi seguii gli altri due. Una
volta all'interno dello studio non potei fare a meno di notare che la
descrizione data da B del posto era perfetta, un luogo freddo, ma
caldo allo stesso tempo, che incute timore da un lato, ma che mette a
proprio agio dall'altro. Non ero mai stato in quel posto prima di
allora, di solito era Roger a venire da me se proprio mi voleva
comunicare qualcosa. Mi
appoggiai seduto sul pavimento con una gamba tirata verso di me e
l'altra abbandonata di lato. “Beh?
Come mai ci hai chiamati?” chiese Mello. L'anziano
aspettò qualche
secondo prima di iniziare a parlare. “Bene...
Vi volevo avvertire di una cosa.” disse porgendo al biondo un
foglio di carta e lui lo afferrò senza esitazione, lo lesse
velocemente e poi lo porse a me. Era
una lettera, anzi, una e-mail stampata, inviata dal fondatore della
casa. Il contenuto era breve, si rivolgeva a Roger in tono amichevole
avvertendo di una imminente visita di L all'orfanotrofio durante la
quale avrebbe conosciuto di persona i due candidati alla sua
successione. Non
avevo mai visto L in vita mia, il contatto più stretto che
avevo
avuto con lui era stato attraverso lo schermo di un computer e una
web-cam. Lui vedeva me, ma io non vedevo lui e non potevo nemmeno
udire la sua voce dato che persino quella era stata modificata
elettronicamente. Fu
in quell'incontro che adocchiò me e Mello, forse
perché eravamo
stati gli unici a non porre domande. In quel momento, quando sentii
il suo modo di ragionare avvertii che era simile a me, disse che il
suo non era un vero senso di giustizia, disse che in realtà
per lui
catturare criminali era solo un hobby, che se si indagasse su di lui
si potrebbe scoprire che persino il più grande detective del
mondo
aveva commesso svariati crimini. Tutti
i bambini continuavano a fare domande, accalcandosi per stare davanti
a quella telecamera, ma io stavo dietro a tutti con uno dei miei
puzzle da completare e anche Mello se ne stava in disparte, con una
tavoletta di cioccolato in mano, appoggiato al muro con l'aria di chi
non si degnava nemmeno di ascoltare anche se sapevo che in
realtà
stava prestando un'attenzione massima. Ma
come poteva lui sapere già di quella lettera? “Grazie
mille, Roger.” disse restituendo il foglio, strappandomelo di
mano.
Dopo poco il ragazzo si avviò verso la porta, ma fu
interrotto dalla
voce del direttore della The Wammy's House: “Aspettate.
Sappiate
che tutto ciò è segreto, non potrete dirlo a
nessuno, sapete, se lo
venissero a sapere tutti si scatenerebbe un putiferio.”. Il
biondo si bloccò. “A nessuno?”. Quella
domanda sembrava
significare in realtà “Nemmeno a Matt?”,
ma Roger scosse il capo
in segno di dissenso: “Nessuno, nemmeno i tuoi amici,
Mello.”.
“Bene.” concluse allora spingendo la maniglia della
porta, poi mi
guardò: “Non credo che tu abbia altro da fare
lì, muoviti ad
uscire.”. Quasi senza rendermene conto obbedii alzandomi in
piedi e
seguendolo fuori dalla porta. Nel
corridoio camminavamo in perfetto silenzio, probabilmente Mello
avrebbe parlato di più se la persona accanto a lui non fossi
stato
io, ma con me era sempre così duro, si doveva sempre
mostrare forte
e adulto, nonostante avesse solamente 13 anni e io 11. “Come
facevi a saperlo?” chiesi. “Oh,
ma guarda, hai parlato. Beh, diciamo che non sono estraneo a
quell'ambiente e i numerosi richiami sono stati dalla mia parte dato
che ho potuto sbirciare quella lettera prima di te.” disse
trionfante. “In ogni caso se oserai solo tentare di rubarmi
la
scena giuro che non sarò molto clemente, nanerottolo
albino.”. Annuii
senza nemmeno guardarlo. Quando
finalmente tornammo nella nostra stanza trovammo Matt steso sul letto
alle prese con il suo Game Boy Advance. L'oggetto emetteva una
musichetta allegra, ma il suo proprietario aveva un'espressione
decisamente annoiata sul volto. Al suono della porta che si apriva,
voltò la testa verso di noi, poi sorrise e si
alzò in fretta per
venirci incontro pieno di curiosità. In effetti capitava
raramente
che Roger ci chiamasse insieme, anzi, era molto raro che Roger
chiamasse me e comunque mai mi aveva portato nel suo studio, mentre
Mello finiva molto spesso lì per via di tutti i suoi scatti
di
aggressività nei miei confronti, ma anche nei confronti di
altri,
persino di Roger stesso a volte. “Allora?
Che cosa è successo?”. Mello
mi guardò, non poteva dire della visita del nostro idolo
nemmeno al
suo migliore amico. L'unica
cosa che poteva fare in quel momento era mentire: “Niente, ci
ha
detto in anteprima i risultati della classifica.”. “Davvero?”
replicò il rosso con un filo di delusione nella voce,
probabilmente
sperava che fosse successo qualcosa di importante. “E come
sono
andati?”. Mello
sembrava tentato di classificare sé stesso come primo, ma
probabilmente aveva pensato che sarebbe stato meglio essere
realistico. Pensiero
triste per lui. “Come
al solito, questo qui primo, io secondo e tu terzo.”
“E allora
perché vi ha chiamati?” “Beh...
perché stavolta ero solo un
punto sotto l'essere bianco, quindi... beh, la prossima volta lo
supererò davvero, vedrai Matt!” replicò
il biondo con entusiasmo. Io
nel frattempo mi ero sistemato di nuovo sul pavimento con il mio
puzzle e i miei giochi intorno, ma avevo ascoltato con attenzione lo
scambio di parole tra le due M della The Wammy's House. Gli
altri credevano sempre che io non ascoltassi, ma in realtà
facevo
sempre molta attenzione a ciò che mi accadeva intorno e
così
intervenivo all'improvviso lasciando gli altri sorpresi. Improvvisamente
mi venne in mente il diario di B e quella macchia di inchiostro che
era stata lasciata su una delle pagine. Mi ricordai della descrizione
di L da bambino e poi da ragazzino. Come un lampo, come se solo in
quel momento avessi davvero realizzato cosa stava per accadere di
lì
a pochi giorni: stavo per incontrare L, e non quello bambino, ma
quello adulto, proprio quello che sia io che Mello ammiravamo con
tutte le nostre forze. L
era un tipo strano, aveva risolto decine di casi, ma lavorava solo a
quelli che trovava interessanti. E
non solo lo avrei visto. Avrei
finalmente capito chi era veramente. _________________ Authoress' words Bene,
bene! Ho trovato un bar col Wi-Fi gratis e quindi posso pubblicare
anche dalla Grecia! Al momento mi trovo a Vassiliki in un piccolo
campeggio che non ha niente, neanche il bar... ma il paese è
davvero carino e il cibo Greco è delizioso, soprattutto i
dolci!
Mi sento piena di voglia di vivere, sarà perché
sta
andando tutto a meraviglia (beh, non proprio, una macchinetta si
è mangiata la carta di credito di mia madre, si è
rotto
l'impianto elettrico del camper...)! In
effetti credo di aver ripreso l'abitudine a dire cose inutili dato che
probabilmente non vi interessa nulla di quello che sto dicendo... Ok!
Parliamo della storia (se riuscirò a ricordarmi che succede
in
questo capitolo...)! Allora,
finalmente ho fatto una cosa che volevo fare da molto tempo, ovvero
scrivere qualcosa su Mello. A dire il vero questo non è il
capitolo originale, ma il primo che avevo scritto l'ho
distrutto
perché non funzionava, anche se lì avevo avuto
modo di
parlare ancora di più del nostro cioccolatodipendente.
Rimango
sempre dell'opinione che se Mello odia Near, a Near invece Mello piace
e infatti lo si capisce dal modo che ha di parlare di lui, anche se
prova un certo timore per gli attacchi d'ira del biondino (e in effetti
anche io ne avrei paura). Credo
di non avere altro da dire ma vorrei averlo perché
dovrò
aspettare qualche ora prima di connettermi e so già che mi
annoierò a morte, però così annoio
voi, quindi la
smetto. Ah, sì! Martedì
andrò a recuperare la carta di credito di mia madre e sapete
dove? A via Mello! A domenica 14! Any