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Autore: Vale_Hiwatari    03/04/2006    5 recensioni
Hai mai camminato scalza sotto la pioggia, senza ombrello né impermeabile o giacca?
Io sì.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Hai mai camminato scalza sotto la pioggia, senza ombrello né impermeabile o giacca?
Io l’ho fatto ieri.
Camminavo sotto la pioggerellina leggera, fastidiosa, umidissima dell’inverno, con il buio della sera che non è ancora notte.
È soffocante, soprattutto se hai lasciato la giacca a casa per un errore, e hai solo il tuo maglione peruviano a proteggerti. Soprattutto se per un disguido non hai nemmeno le scarpe ai piedi, e hai le calze zuppe.
Camminare sotto la pioggia, fra l’altro d’inverno, e quando c’è buio, è purificante.
La croce della farmacia che lampeggia, o il colore di un impermeabile che abbassa una saracinesca.
Vien voglia di camminare più lentamente, senza preoccuparsi di essere in ritardo, dei compiti che giacciono sulla scrivania non svolti, della bottiglia vuota di shampoo nella vasca, o dei piedi zuppi, o dei capelli sporchi e sudati.
Vien voglia di rimanere sospesi fra cielo e terra, con la pioggia sulle guance ancora per un po’.
Quando cammini sotto la pioggia puoi alzare il viso, e piangere senza che nessuno ti veda.
Puoi gridare nel buio vuoto della città, senza che nessuno ti senta.
Puoi prendere una lametta e tagliarti senza che nessuno ti fermi, assaporando il dolore pulsante, l’odore del sangue, godendoti il rumore della tua carne lacerata.
Puoi soffrire senza che nessuno ti dica che non hai motivo di farlo.
Puoi pensare al ragazzo che ti ha fatta innamorare, a quel grido muto che non hai avuto il coraggio di urlare mai, a quanta gioia hai perso e a quanta ancora ne perderai.
Puoi rimanere a metà fra gioia e dolore, puoi concentrarti sulla pioggia e niente più.
Camminando scalza per la città addormentata, in una sera che non è ancora notte ma già è buia e già ti avvolge.
Giù, leggera nel suo abbraccio forte, pensando che forse morire non è poi terribile, che non è poi così cattiva come dicono, la morte.
Sfiorando un malandato mendicante, attraversando il parcheggio vuoto del supermercato sotto casa.
E sei maledettamente vicina alla fine di quella sensazione... che sai tornerà.
Sorridi nella malinconia della sera che non è ancora notte e guardi i fari di una macchina andar via, un semaforo diventare rosso, nemmeno senti più le lacrime tante ne scendono, e tanto sono copiose.
So che non conosci queste sensazioni, ma so che sai che io le conosco.
Camminare sotto la pioggia scalzi verso casa, senza sapere che casa è o se casa è, piangendo.
Maledire tutto ciò che ti fa soffrire a quel modo.
La mattina dopo svegliarti, e scoprirti ad odiarlo. Ad odiare quello che ti fa soffrire, ad augurargli di passarci, per capire.
Eppure poi quasi compiacersi di quella sofferenza, fuggire il sole, cercare la pioggia per ritrovare quel senso di sofferenza libera, quel senso di libertà, di potere, di potere assoluto nel poter essere quello che vuoi.
E sapere che quello che vuoi e quello di cui hai bisogno veramente è solo quello che non potrai mai essere.
E sofferenza eterna in questo, in una sera che non è ancora notte, ma già la città dorme.
Hai mai camminato scalza, sotto la pioggia, senza ombrello né giacca?

Io sì.
  
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