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Autore: purepura    07/08/2011    0 recensioni
L’esatto contrario, in un modo perfettamente azzeccato, di disprezzo è per lei il concetto di considerazione, di apertura verso una persona, di disponibilità.
Genere: Drammatico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Out of the dream

    L’esatto contrario, in un modo perfettamente azzeccato, di disprezzo è per lei il concetto di considerazione, di apertura verso una persona, di disponibilità. Non si dovrebbe avere timore, soggezione o senso di colpa, qualora si tentasse un approccio – meglio se di tipo sessuale, altrimenti pazienza.
    Insomma, a conti fatti – e fatti bene, i conti, con l’ausilio indispensabile di una calcolatrice – non credeva possibile che quel particolare atteggiamento, rivolto a una persona tutt’altro che peculiare ma che nel suo piccolo aveva un grande spessore, per lo meno per la vita dei suoi cari, fosse conseguente all’odio.
    Proprio no. Accidenti, l’avrebbe avvertito!
    Gelosia, magari. E quella, signori, quella era instancabile. Ma l’odio no. Si odia qualcuno che un tempo si ha amato, e non poteva dire di averle mai voluto bene così intensamente.
    Procedendo, quindi, scartando di volta in volta possibili soluzioni, era rimasto il senso di colpa. Aveva bisogno di un permesso, e da chi, era anche facile capirlo.
    Dopo che aveva passato anni e anni a sentirsela insultare davanti, dopo che aveva deciso di volerle bene ma prima che iniziasse a esserne gelosa, Lara si chiedeva che cosa avrebbe dovuto provare verso di lei. E perché, perché ogni volta che provava ad avvicinarsi, un nodo acuto allo stomaco le mozzasse il fiato, costringendola a fare marcia indietro.
    E si era anche risposta, intelligente com’era. Aspettava, appunto, il permesso. Quello di sua madre. Altrimenti non avrebbe mai potuto volerle bene, perlomeno senza senso di colpa.
    «E’ la donna del suo ex marito. Non ti darà mai il via libera» le dicevano. Ma lei non aveva altre soluzioni. Non poteva, ora, continuare a stare male, a volersi avvicinare quando la sentiva piangere ma a non riuscire a farlo.
    Poi tutti quei segreti le erano piombati addosso in un baleno, una sera in cui si erano dimenticati della sua presenza; una delle tante sere in cui, messo a letto il fratellino, si appostava ad origliare, sembrandole oltremodo disumano che dopo una storia di litigi ne fosse iniziata un’altra, stramaledettamente uguale.
    E che lei vi fosse, volente o meno, incastrata in mezzo.
    Primo, e meno importante: niente sesso. Se le cose andavano così male, c’era da disperarsi.
    Secondo, e più scomodo: io sono gelosa delle tue figlie. E io lo sono di te, pappappero*!
    Terzo: dopo quell’aborto… Non ascoltò più granché in seguito, impegnata a non fare trapelare i suoi singhiozzi…
    Così, sentendosi orrendamente male per tutti loro, per se stessa e per la sua esistenza, senza poter contare su un aiuto concreto da parte della sorella che ignorava e ermetica reprimeva di tutto, dopo essersi data lo smalto («Senza smalto non riuscirei ad affrontare nulla!») si era diretta verso lo studio della madre, una piccola stanzetta con a malapena una finestra.
    Nel giro di due minuti, vi era uscita a passo svelto, rimpiangendo il giorno in cui avevano deciso di farla nascere.

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Tutto ciò che avete letto corrisponde solo alla mia immaginazione e non a fatti reali.
Per cercare di rispondermi: troverò mai il coraggio di parlare?
*Uno sfottimento infantile fra sorelle veniva terminato da questa espressione (“Io ho gli occhi blu e tu no, pappappero”).

  
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