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Autore: TittaH    07/08/2011    3 recensioni
-Cambiare vita è sempre stato il mio sogno, sin da bambina; sognavo l’America, volevo andare a New York ed esaudire i miei desideri che in Italia non avrebbero mai preso forma.-
La storia di una ragazza al confine tra sogno e realtà.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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 Chapter five


Mi sveglio in un letto che non conosco, con ancora il vestitino dell’altra sera, e la nausea mi coglie impreparata.
Velocemente mi metto in piedi ma un giramento di testa mi fa cadere sul pavimento ed è lì che vomito tutto l’alcool ingerito la sera prima.
Merda!” impreco, mentre mi alzo e corro in bagno per pulire il pasticcio che ho combinato; mi guardo allo specchio e noto il trucco sbavato e i capelli arruffati.
Prendo uno straccio bagnato e ripulisco il pavimento alla bene e meglio, laverò più tardi.
Mi siedo sul letto e cerco di capire dove sono, ma non c’è nulla di familiare.
Un letto singolo tutto sfatto, per via del casino che combino quando dormo, un armadio semplice, uno specchio all’interno di esso e una finestra che da sulla strada affollata a rumorosa.
Ai piedi del letto delle valigie e delle borse: le mie.
Come diavolo sono arrivate fin qui?
Rimando le domande a più tardi e, dopo aver preso un cambio, mi chiudo in bagno udendo un po’ di confusione al piano di sotto.
Mi faccio una doccia veloce, che spazza via la mia sbronza, e lascio i capelli bagnati in modo da farli ritornare ricci naturali; mi strucco accuratamente e stendo un velo di crema rigenerante sul viso ancora tirato dal sonno.
Cazzo, ho dormito con le lenti a contatto!
Me le sfilo, le disinfetto e le rimetto nella scatolina, sciacquandomi gli occhi con la soluzione apposita.
Già so che mi verrà un mal di testa atroce, quindi metto i miei occhiali neri da riposo.
Con una tuta cobalto, leggera e comoda, e i capelli- ancora bagnati- raccolti in uno strano chignon malfatto, scendo al piano di sotto e sono tutti lì che mi fissano sorridenti.
“Buongiorno Anna!” esclamano in coro ed io mi limito a premermi due dita sulle tempie che pulsano e fanno male.
“C’è un aspirina, qualcosa- qualsiasi cosa!- che faccia smettere alla mia cazzo di testa di battere peggio di una puttana?”
Quando non sto bene sono molto fine e delicata, ma credo di essermi guadagnata la simpatia di Rayanne, dato che è l’unica che ride alla mia battuta.
“Bella questa, Anna, davvero.” riesce a dire tra le risate e le lacrime agli occhi.
Gli altri la guardano esasperati.
Ecco qua.
Stefano mi porge un bicchiere d’acqua ed una pastiglia che prendo in fretta.
Mi metto a sedere e addento un biscotto al cioccolato, che posso mangiare dato che è passato il quarto d’ora che devo aspettare ogni mattina per via della compressa che prendo per la disfunzione tiroidea.
“Come mai tutti qui? Non avete una casa vostra?” domando con ancora la bocca piena.
“E’ qui che restiamo quando ci ubriachiamo…” comincia Brian ridendo, seguito dalla sua ragazza.
“…ed è Steve a farci da autista, dato che è astemio!” continua Brian ed io chiedo chi caspita sia ‘sto Steve adesso.
“Stefano!” rispondono in coro le ragazze ed io scoppio a ridere.
“Steve!” lo prendo in giro, pizzicandogli una guancia.
Lui alza gli occhi al cielo e si scansa, non nascondendo un sorrisino divertito.
“Non chiamarmi mai così, okay?”
Annuisco.
“D’accordo, Steve!”
E tutti ridono.
Tra tutti però, mi manca una risata: la sua.
“Dove… Ehm, dov’è Jordan?”
Si ammutoliscono neanche avessi detto chissà cosa e mi preoccupo.
“Gli è successo qualcosa?” chiedo, ma loro guardano fisso alle mie spalle.
Mi volto e lui è dietro di me con un’aria colpevole in volto.
“Ci lasciate soli?” dice agli altri che in meno di due secondi si volatilizzano mentre io mormoro tra me e me: “Cosa diamine ho combinato ieri?!
Jordan si siede di fronte a me e beve un sorso di succo d’ananas, prima di fissare le sue iridi grigie nelle mie color cioccolato fondente.
“Per quanto riguarda ieri sera…”
Lo blocco.
“Non ricordo nulla.” ammetto in un sussurro, trovando incredibilmente interessanti i disegni colorati sulla scatola dei biscotti.
“Beh, ecco… Tu… Tu mi hai detto che- che ti piaccio ed io…”
Sgrano gli occhi e lo guardo: rosso in viso, imbarazzatissimo- forse più di me- e tremendamente bello.
“Devi perdonarmi, Jordan, io non bevevo da molto e la felicità di essere qui da appena tre giorni ed avere casa, amici e presto spero un lavoro mi ha emozionato troppo.”
Mi fissa colpevole ed io mi affretto ad aggiungere: “Ma non sto dicendo che non mi piaci, eh, anzi… Io…”
“Sono gay, Anna!”
I miei pensieri si fermano ed è come se fossi senza fiato.
Dovevo immaginarlo considerato che è stupendo e non ha una fidanzata.
Do voce ai miei pensieri- maledettamente in inglese- e lui ride.
“Mi dispiace averti deluso, ma se fossi stato etero saremmo già finiti a letto.”
Bene, piaccio ad un omosessuale ed è fottutamente strano.
“Non sono delusa, solo… Sorpresa! Cazzo, sei gay!!!” urlo alla fine buttandomi tra le sue braccia.
Lui, dapprima rigido ed impacciato, mi stringe a sé e ride sommessamente.
“Deduco che adori gli omosessuali!”
“Adoro?” dico. “Io vi amo, vi venero e vi stimo. Ho combattuto tutte le vostre battaglie appoggiandovi e sostenendovi, nonostante io sia etero. Da piccola ho baciato una ragazza che mi piaceva e credevo di essere bisessuale e non mi sarebbe dispiaciuto, ma gli uomini… Beh, sai perché piacciono!”
Ridiamo assieme e resto così tra le sue braccia, finché non vengono gli altri e giuro di vedere un briciolo di gelosia negli occhi di Stefano.
Mi avvicino a lui e gli schiocco un bacio sulla guancia, arrossendo.
Per cos’era?”domanda imbarazzato.
Perché sei mio amico ora, perché ho altri amici, perché mi hai trovato una sistemazione, perché mi hai portato le valigie a casa tua, perché non hai approfittato di me stanotte nonostante fossi ubriaca marcia e perché so che sarai fondamentale nella mia vita!
Stefano, a sua volta, mi regala un bacio e questa volta sono io a domandargli il perché.
Lui sorride.
Per le belle parole, per la fiducia che riponi in me nonostante tu sia diffidente al massimo e per il fatto che sei semplicemente italiana.
Non so come faccia a sapere che io sono diffidente e non sono sicura che sia stato lui a portare le valigie, ma tra compaesani ci capiamo e ci prendiamo subito.
Sono felice di averlo trovato.
“Allora!” esclama Rayanne. “Andiamo a fare un giro ‘sole donne’ per le vie di New York?”
Io e Sharon improvvisiamo un urletto da cheerleader e i ragazzi scuotono il capo, disperati.
Jordan mi osserva divertito.
“Ohi.” dico avvicinandomi. “Vieni con noi, no?”
“Sole donne!” mi ricorda ed io cerco lo sguardo delle ragazze per chiedere consenso.
Loro annuiscono ed io mando loro un bacio.
“Sei sempre il benvenuto, Jordie.”
Ho il vizio di abbreviare i nomi di tutti quelli che conosco e regalare nomignoli carini, non posso farci niente.
Mi preparo per uscire e lasciamo i tre uomini soli a casa per un torneo di Xbox.

  
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