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Autore: Neal C_    07/08/2011    3 recensioni
Virginia Foster si trasferisce in una cittadina anonima, Rodeo, in California. Abituata ad essere sempre la prima della classe neppure alla Pinole Valley High School si smentisce e così non può rifiutare una richiesta della cordinatrice del suo corso: aiutare un compagno di classe particolarmente refrattario allo studio, con la testa perennemente nella musica, spesso assente e in continuo conflitto con i professori a cui si rivolge con linguaggio piuttosto colorito, contestando tutto.
Saprà rimettergli la testa a posto o verrà trascinata nel suo mondo di insoddisfazione, di ribellione e continuo rifiuto?
Ha solo cinque mesi per convincerlo* che la scuola non è tutta da buttare, lei che nei libri e nella cultura ci naviga fin da bambina.
*(Armstrong abbandonerà il liceo il 16 febbraio 1990, il giorno prima di compiere diciott'anni.)
[Rating Giallo: linguaggio colorito]
Genere: Generale, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Billie J. Armstrong, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Virginia Foster 1989-2004'
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Febbraio
trasferimenti e pulizie di primavera.



è quasi una settimana che faccio lo sciopero della fame e della parola in casa mia.
O meglio, mi rifiuto di parlarLE, di ascoltare le SUE parole, di toccare le SUE cose, di mangiare qualunque cosa preparata da LEI.
Mangio al bar della scuola, vado a casa di Meggy, vado a trovare Mike-biondo-platino e Jason alla Squatter... insomma dovunque tranne che a casa.
Non ho mai visto mia madre più infelice di così e sinceramente non me ne frega niente.
Ok, sono una gran bugiarda. In realtà ci sto male anche io ma ancora non riesco a perdonarla.
Si ostina a dire che fra lei e Frank non è successo proprio niente ma dopo tutti quei sorrisini, quelle uscite, quei cinema, quelle battutine, quelle carinerie e quelle smorfie da perfetti fidanzatini in luna di miele come ho fatto a non accorgermene prima?!
Beh, adesso che me ne rendo conto non posso non crederlo. Specie con una scusa che suona così falsa.
Questo week-end viene mio padre. Anzi, per la precisione, stasera.

Dio mio, lui non sa niente.
Non ho nessuna intenzione di risparmiare mamma e trasformarlo in un segreto fra noi due e Frank.

Anzi, ho intenzione di svergognarla a tavola, alla cena di famiglia.
Saremo solo noi tre come al solito ma mi basta. Non ho bisogno di altri parenti, né tanto meno di altre distrazioni per la mia cara mammina.  E non voglio due padri.
Frank non si è fatto più vedere anche se sospetto che venga di mattina e nel primo pomeriggio, quando io sono a scuola.
Potrebbe tranquillamente fare un passaggio verso le sei del pomeriggio o anche alle otto perché tanto io sono sempre fuori.
Non ho nessun desiderio di guardare mia madre con disprezzo tutto il giorno, meglio fuori casa che dentro altrimenti dovrò trasferirmi in un mattatoio.
Il silenzio mi fa impazzire, ma è la mia unica arma.
Un’altra cosa che mi sta distruggendo è Jenny;  ho la sensazione che la nostra amicizia sia andata a puttane per sempre.
Mancano pochi giorni al suo trasferimento a LA* e io non oso avvicinarla.
Quelle volte che ci ho provato mi è stata sbattuta la porta in faccia, sono stata guardata talmente male che ho dovuto desistere e, una volta,  ha minacciato di menarmi perché le impedivo di partire con la macchina, cercando disperatamente di attirare la sua attenzione.
Le ho spedito una lettera, mi sono fatta attaccare il telefono in faccia chissà quante volte, le ho mandato dei fiori, le ho lasciato bigliettini sotto la porta, ho circuito una sua amica, una certa Amanda, perché mettesse una buona parola per me e ho chiesto ad una certa Charlotte di procurarmi un appuntamento, dando un nome falso e presentandomi come un cliente con problemi di marmitta per una vecchia Ford del ‘78.
Niente di tutto questo ha funzionato.
Non ho neppure “fatto pace” con Billie.
Lui mi ignora, sia a scuola che quando vengo alla squatter.
Sono persino andata ad un piccolo concerto degli Sweet Children in un localino sconosciuto e alla festa dopo-concerto, dove hanno sempre suonato, anche se mezzi ubriachi.
Da ubriaco poi Armstrong si trasforma in un decerebrato arrapato.
Adesso capisco che quella specie di aggressione al Campus di Berkeley era ordinaria amministrazione.
Ogni volta che alza un po’ il gomito, se lo cerco con lo sguardo, inevitabilmente lo trovo incollato ad una ragazza. Qualcosa mi dice che non ricordi neppure una di tutte quelle su cui si è strusciato, me compresa.
Poi invece nella vita di tutti giorni è un coniglio. Che uomo.
Da quel poco che so non si è fatto avanti per rientrare nelle grazie di Jenny e, probabilmente, dimenticherà di salutarla prima che parta.

Quanto a Juls, lo ho osservato in questi giorni.
è tutt’altro che impassibile e mi guarda più spesso di quanto io immaginassi.

Eppure non muove un dito al punto che comincia ad irritarmi.
Con lui, poi, è più difficile chiarire perché...insomma è imbarazzante!
Anche perché non sono nemmeno riuscita a chiarirmi con me stessa:
Mi piace? Non mi piace? Accetterei di diventare la sua ragazza?
Quello che invece mi stupisce è che è più di una settimana che non vedo Mike.
Ho avuto talmente tanti casini fra le mani che mi sono dimenticata di lui.
Adesso che ci penso mi ha lasciato un sacco di telefonate, messaggi che trovo attaccati sul frigo con le calamite, e ha anche cercato di avvicinarmi un paio di volte ma io stavo sempre facendo cento altre cose, oppure parlavo con qualcun altro, oppure ridevo ad una battuta di Billie, quando ancora ci parlavamo.
Ed è più di due settimane che non passo per casa Edwards.
Domani papà parte verso le tre del pomeriggio, quindi la mattinata è dedicata a lui, e il pomeriggio farò una sorpresa a Mike presentandomi a casa sua e così magari avrò anche l’occasione di chiarire con suo fratello.
Mi manca davvero Mike, e poi lui mi conosce meglio di chiunque quindi penso che mi saprà dare un consiglio su come gestire questa situazione che è talmente confusa da farmi girare la testa.
Ma stasera ci divertiamo.
Stasera mia madre sarà sputtanata in pubblico, tanto finchè porta in grembo Franz, papà non la lascerà mai anche se lei se lo meriterebbe. 
Che stronza.
La odio.

*******************

Papà arriva più puntuale del solito. Le sette precise.

Mi lancio verso di lui e lo abbraccio.
Lui si deve abbassare per rispondere mentre la sua tracolla di pelle ondeggia, piena di carte e qualche libro, infierendo sulla spalla del professor Foster.

“Ehi prof. Era una vita che non tornavi a casa.”
“Vig, ma come sei cresciuta! Sei diventata una signorina!”
“Ma piantala.”

Gli do un pugno leggero, con fare amichevole, sulla spalla ma basta questo a sbilanciare il mio vecchio che si stacca da me e finalmente abbandona la tracolla per terra.
Mia madre nel frattempo è impietrita, mentre osserva me chiacchierare piacevolmente con mio padre e ignorarla alla grande.
Si, stronza, ho rotto il mio silenzio ma non ho intenzione di rivolgerti nemmeno uno sguardo.
Lei ha due solchi sotto agli occhi,  un’aria abbattuta, e rughe più profonde di quanto ricordassi.
Diciamo che non è il ritratto della salute.
Annuncia con voce fioca che la cena è pronta e finalmente mio padre la vede, seminascosta dalla mobilia del salotto.
Le corre incontro, premuroso, mentre sento il mio sorriso morire sulle labbra.

“Amore...che cos’hai, tesoro? Hai un’aria terribile. Hai dolori da qualche parte? Come sta il nostro piccolo campione?”
“Io...sto bene. Sono solo un po’ stanca.”

“Tesoro, ti prego siediti, stenditi, mangia un boccone, mi fai impressione! Come hai fatto a ridurti in queste condizioni?!”

L’ansia e la preoccupazione di mio padre sono palpabili, tutti noi avvertiamo la tensione salire mentre scende il silenzio.
Mio padre insiste e finalmente ci ritroviamo tutti e tre seduti a tavola a mangiare hamburger, senape, polpettine ripiene di riso e di purea di fave e patate.

Io, come mio solito, non tocco niente, lasciando tutto nel piatto e buttando giù lunghe sorsate d’acqua e di succo di mela.

“Vig, perché non mangi?”

Mia madre sembra sussultare quando papà rompe il silenzio con questa piccola semplice frase.
Vedo i suoi occhi scuri posarsi su di me supplichevoli come se nutrisse la speranza che tutto possa rimanere fra noi.
Potrei ignorare il suo sguardo ancora una volta e invece stavolta le rispondo gelida e beffarda con un sorrisetto di trionfo.
Basta questo per farle capire che non rinuncerò allo show di stasera.
Trattiene a stento le lacrime. Se pensa di commuovermi si sbaglia.
Ignoro completamente la domanda di papà e intavolo il discorso:

“Qualche giorno fa sono tornata a casa e subito sono andata a vedere come stava la mamma.”
“Stava già così sciupata?”
“Oh no. Stava benissimo. Mai stata meglio di allora.
Sai com’è, era a letto con Frank e se la spassavano un mondo.”

Ecco. L’ho fatto.
Adesso il silenzio è una cappa scura che ci avvolge, come la notte.
Mio padre è scioccato, gli occhi spalancati, ma pian piano sembra riprendere il controllo di sé.

“Amore è vero?”
“Io...no. Non è andata affatto così.”
“Non solo fai le corna ma dici anche un mucchio di stronzate! Vigliacca! Prova a smentirmi se hai il coraggio!”
“Virginia, non parlare in quel modo a tua madre.”
“Papà, tu credi a lei più che a me?!”
“Virgin! Non ho neppure ascoltato la sua versione. Per piacere!”
“Vai, mamma, vediamo quanto sei brava a inventare scuse.
L’ultima era davvero penosa, ma in fondo non hai avuto una settimana per preparala.”
“VIRGINIA!”
“Josh, lascia stare, fa così da quasi una settimana. È stato davvero orribile ma adesso spero di chiarire una volta per tutte.
Tra me e Frank non è successo veramente niente. 

Come ho già spiegato a Virginia, ero in preda a forti dolori al colon e ho chiesto a Frank di farmi un massaggio e di prepararmi una camomilla. Siccome il dolore era troppo forte lui mi ha consigliato di prendere un sonnifero e di dormirci un po’ su. 

Se vuoi puoi controllare nel cassetto dei medicinali. Visto che eravamo a corto di sonniferi, Frank  è sceso a comprarne qualcuno.
Tutto questo accadeva più o meno verso le quattro e mezza e, sia tu che Virginia, sapete bene che io vado a riposarmi sempre e solo verso le quattro del pomeriggio. Mi è stato prescritto e così ho fatto fino ad adesso.
Mentre mi addormentavo Frank mi è stato vicino, sorridendomi, incoraggiandomi, tenendomi la mano, ma senza mai cercare altri tipi di contatto, nemmeno una volta. Invece di farlo stare in piedi vicino a me ho preferito prima farlo sedere e poi gli ho permesso di stendersi accanto a me visto che la schiena cominciava a dargli fastidio.
Alla fine ci siamo addormentati entrambi e quando Virginia ci ha svegliato ha subito pensato le peggio cose.
E in tutto questo eravamo completamente vestiti sia io che lui quindi tutte le insinuazioni di tua figlia sono assolutamente prive di fondamento”
“CHE BUGIARDA!!! FOTTUTISSIMA BUGIARDA! TI HO VISTO!
ERI ACCOCCOLATA SULLA SUA PANCIA E ANCHE PIU’ GIU’! 

SCOMMETTO CHE GLI E’ RIMASTO DURO TUTTO LA NOTTE PER QUESTO!
ANZI NO, DIMENTICAVO CHE QUEL PORCO E’ PRATICAMENTE IN ANDROPAUSA!”

Improvvisamente vedo mio padre alzarsi di scatto dalla sedia, allungarsi verso di me e poi sento uno schiocco e un bruciore intenso sulle guance. Seguono altri schiaffi, uno più sonoro dell’altro, per cui, oltre che scottarmi le guance mi ronzano le orecchie e mi fa male la testa.
Non sono più di sei ceffoni ma bastano a sconvolgermi.
Nessuno mi ha mai picchiata prima d’ora.
Sento scendermi lacrime di rabbia, frustrazione e delusione profonda.
Pensavo che mio padre avrebbe subito capito, che non avrei avuto bisogno di difendermi con le unghie, che mi avrebbe dato ragione e che avrebbe urlato addosso alla mamma, facendola pentire amaramente di quello che ha fatto.
Come sei ingenuo, Josh Foster! Ti fai prendere per il culo in questo modo ridicolo!
E allora andate tutti a fare in culo, nessuno meglio di voi se lo merita.
Che coppia, l’ingenuo cornuto e la zoccola.
Mia madre è in lacrime tanto per cambiare. Le passo accanto mentre mi allontano a passi lenti, impettita e salgo le scale.
Mi chiudo in camera mia e ignoro il resto del mondo. Ancora una volta senza cena. Ormai non mi pesa più di tanto.
Mi getto sul letto e cerco di tranquillizzarmi inspirando ed espirando un paio di volte.

Rimango sdraiata a fissare il soffitto nel buio e non riesco nemmeno a pensare.
Poi la penombra del buio si fa nera e scivolo nel sonno.


********************

Mi risveglio tutt’altro che di cattivo umore nonostante la serata catastrofica di ieri.

Ho lo stomaco chiuso e non ho nessuna voglia di vedere i miei nemmeno dipinti.
Lancio uno sguardo alla sveglia. È piuttosto presto per essere domenica mattina.
Di solito non mi sveglio mai alle otto e mezza nel week-end; perché dovrei?
Mi metto abiti puliti  e scaravento poche cose nella mia fedele borsetta di cuoio.
Lascio il mattone-cellulare a casa. Non voglio rotture di scatole oggi, specie dai miei.
Infilo in una sacca qualche mutanda, qualche maglietta, il pigiama, lo spazzolino e un asciugamano.
Prendo con me cinquanta dollari e infilo alla bene e meglio delle ciabatte da doccia prima di avviarmi giù per le scale.
Non mi porto libri per studiare. Non ne ho voglia. Se devo fare una puttanata, facciamola al completo.
E poi mi trasferisco a dormire da Mike quindi, se cambiassi idea, i libri li ha lui, con gli appunti mi arrangio.
Scendo di soppiatto giù, indosso la mia giacca a vento e sto per uscirmene di nascosto quando sento le voci dei miei che sembrano discutere qualcosa in salotto.
Tendo l’orecchio sulla soglia, rimanendo sempre indietro per non essere vista.

-...non riuscivo proprio ad addormentarmi. Meno male che Frank ti ha fatto prendere questi sonniferi.
-Josh, mica soffri d’insonnia?
-No, tranquilla, tesoro, sto bene. Sono solo rimasto impressionato dalla nostra ragazza, Virginia.
-Mi dispiace che tu abbia dovuto assistere a tutto questo.
-Beh, non è solo tua figlia. Se c’era qualche problema dovevi dirmelo per telefono. Perché hai taciuto tutto?
-Tesoro, speravo fosse una cosa temporanea. Mi è parsa così assurda la sua reazione. E sono felice che tu mi abbia creduto.
-Se ti credo è perché mi fido di te ma ancora non riesco a capire come Vig abbia potuto pensare e poi dire quello che ha detto!
-Josh, io sono un po’ preoccupata per Virginia. Frequenta gente che non mi piace. Poco tempo fa è tornata a casa che puzzava di fumo in modo pestilenziale e non è capitato una sola volta.
In un paio di casi ho avvertito un profumo che non sentivo da quindici anni: marjuana.
-Mio Dio, pensi che fumi e si droghi?
-Io...non lo so. Ho anche lavato una camicia che chiaramente non era la sua e puzzava terribilmente di birra e alcool.
Io davvero non so cosa stia succedendo a nostra figlia ma questa isteria, questi comportamenti così...strani non sono decisamente da lei. Non è mai stata un tipo problematico, non come una di quelle stupide adolescenti di cui sente in giro.
Conoscevo poche persone più ragionevoli di nostra figlia.
-Ma chi!? I suoi amici chi sono?! Quelle due ragazze, una più oca dell’altra, quel Michael Edwards che è un bravo ragazzo e poi quella deliziosa ragazza, Jennifer mi pare...
-Una settimana fa è stata accompagnata a casa da un ragazzo che non mi è piaciuto affatto.
Era uno con la mascella squadrata, due spalle larghe, i capelli tinti di biondo platino ed era vestito da pezzente.
Non dico che avesse un’aria minacciosa ma mi ha fatto un po’ impressione.
Aveva le occhiaie, era pallido, portava una strana bustina di carta in mano...non mi stupirei se fosse fumo o altra roba di dubbia natura.
-Ma chi è?!?!
-Non me l’ha detto! Ma questa cosa non ha fatto che preoccuparmi ancora di più! E poi...quel linguaggio, di una volgarità inaccettabile!
-Tesoro, ci sono troppe incognite. A questo punto direi che dobbiamo aspettare che Virginia si svegli e fare un discorso serio cercando di evitare che lei dia in escandescenze insultandoci ferocemente. Voglio capire che gente frequenta e voglio ribadire le regole della buona educazione, perché qua, in famiglia, stiamo proprio perdendo la bussola.
-Oh, grazie al cielo, tesoro, sono così stanca!
-April, ma quando hai l’appuntamento con il ginecologo?
-Ci sono andata ieri.
-Ah! E che ha dett...


Ho sentito abbastanza.
Adesso sono io quella rovinata! E dalle cattive compagnie per giunta!
Come se invece quella di un’adultera fosse una compagnia edificante!

Esco di casa precipitosamente e sbatto la porta rumorosamente, poi mi metto a correre.
Sento gli echi dei richiami di mamma e papà che devono aver capito che non sono nel mio letto al calduccio a dormire.
Me ne infischio. Si tratta solo di correre per un chilometro, massimo, e poi sono a casa di Mike.

Nemmeno il tempo di contare fino a venti e sono già lì a bussare il campanello.
Mi apre la signora Edwards con un sorrisone accogliente e lancia un urletto entusiasta quando mi vede.
Saluto educatamente, chiedo di Mike, mentre lei, quasi untuosa, mi invita ad entrare, mi offre biscotti, un pezzo di torta, succo, coca cola e non so quale altra schifosa bibita gasata.
Chiedo un bicchiere d’acqua, mentre ansimo e mi giustifico dicendo che stavo inseguendo l’autobus.
Lei sembra cascarci come una pera cotta.
Evidentemente non è normale chiedersi come mai una che abita tre strade più dietro aspetta l’autobus invece di andare a piedi.
Ma sapevo già che quella donna non è esattamente un falco.
Mrs Edwards chiama Mike a gran voce e finalmente vedo comparire il mio migliore amico.
Peccato che non sembri particolarmente contento di vedermi.
Senza dire una parola mi fa segno di andare di là, io lascio il bicchiere sul tavolo e lo seguo.
Quando finalmente siamo al sicuro, in camera sua, con la porta chiusa, lui si volta a guardarmi con sospetto, seduto sul letto.
Mi sento stupida a rimanere in piedi, quindi appoggio la mia sacca e la borsetta per terra e mi siedo sulla sedia della scrivania.
Sento il suo sguardo addosso e, per la prima volta davanti a Mike, mi sento a disagio.

“Mike, mi devi aiutare. Sono nel casino più totale. Mia madre ha cornificato mio padre con Frank e mio padre è abbastanza idiota da credere alla sua scusa. Fatto sta che l’ho insultata pesantemente, i vecchi pensano che frequento chissà quale banda di drogati e di criminali e quindi adesso mi romperanno le palle fino alla morte! Ho bisogno di un letto per stanotte.”
“Ah, adesso capisco perché ti fai vedere solo ora. Sei nei casini e hai bisogno di un povero idiota che stia sempre lì ad accoglierti quando fai una stronzata. Perché non provi a chiedere ad Armstrong o ad un altro dei tuoi amichetti? Uno in più o uno in meno in quel letamaio, a loro che importa?”
“Ho litigato con Billie e con Jenny, davvero non so a chi rivolgerm...”

Mi zittisco di botto.
Era sarcasmo?
Leggo l’espressione eloquente di Mike che mi squadra con una freddezza che non è sua.
Non è una delle sue solite deboli proteste oppure uno dei suoi appassionati rifiuti.
Cerco di scacciare quella spiacevole sensazione di gelo che mi prende e che blocca la mia gola.
MeLoSonoImmaginatoMeLoSonoImmaginatoMeLoSonoImmaginato...

“Oh, guarda un po’ cosa sento, hai litigato con Billie?! Oh, povera! Che è successo?! Ti sei rifiutata di provare le sue canne pestilenziali?! O forse eravate completamente fatti e avete bisticciato? Poveri bimbi!”
“Mike, per favore, non dire cazzate. Quando si è fatti non si capisce un tubo, figurati se ci si ricorda di aver litigato...”
“Ah bene! È arrivata l’esperta! Tu sai tutto su canne e cannati, vero, Vig?!”
“Mike, che stai dicendo? Qual è il problema? Che è successo stavolta?”
“CHE E’ SUCCESSO?! TE LO DICO IO CHE STA SUCCEDENDO! SONO IL TUO ZERBINO!
COMODO VERO? QUALUNQUE ROGNA CI SONO QUA IO, IL POVERO IDIOTA DELLA SITUAZIONE!”
“Mike, ti prego, non urlare.”
“FACCIO IL CAZZO CHE MI PARE IN CASA MIA!!!”

Mi mordo il labbro per non rispondere. Non voglio litigare anche con il mio migliore amico.
Ho perso Jenny e non posso perdere anche Mike oppure mi sentirei di merda.
Allora si che avrei una buona ragione per cadere in depressione.
Sospiro e cerco di mostrarmi calma, serena e sincera davanti ad un Mike rosso scarlatto, chiaramente furioso.
Aspetto che smetta di ansimare come un toro in carica per poi chiedere, circospetta, studiando la sua reazione.

“Mike, ti prego, scusami, ma non capisco cosa vuoi dire. Ad ogni modo non sopporto di vederti così.
Dimmi cosa posso fare per te e io lo farò. Però adesso, ti prego, calmati e fammi capire che succede. Così sei criptico.”

“Jenny aveva ragione su di te, Vig. Sei una fottutissima egoista che se ne fotte degli altri, che non fa nemmeno caso a quello e a quelli che ha intorno, che è talmente piena di sé da sembrare un tacchino, che non fa altro che lamentarsi dei suoi problemi, che esagera su qualunque cosa benché si vanti sempre del suo carattere equilibrato, del suo proverbiale senso di responsabilità, della sua fantomatica capacità di pensare e ragionare. In realtà non solo non capisci un cazzo, ma usi le persone come marionette pensando di condurre non so quale giochetto, approfitti finchè puoi e poi passi al prossimo, come una specie di sanguisuga.
Sei una stronza, ecco qual è il problema!”
“Mike...”
“Non hai risposto a nessuno dei miei messaggi, non mi hai mai richiamato, non mi hai mai degnato di uno sguardo fino ad adesso, adesso che hai bisogno di una tana in cui rifugiarti. Viceversa tu e Armstrong siete diventati pappa e ciccia, nevvero?
Quando non sei a casa, cioè mai, perché ogni volta che chiamo a casa sei scomparsa misteriosamente, sei in quel letamaio con quella gente! Vig, prima io e te ridevamo di quella gente! Che cazzo ti è successo? Adesso preferisci stare da loro, piuttosto che farti una capatina dal tuo migliore amico!? Ammesso che io sia ancora il tuo migliore amico!”
“Mike, adesso non esagerare. Credo che tu sia un po’ geloso.”
“IO NON SONO GELOSO!!!”
“Io...”
“Tu adesso chiudi quella cazzo di bocca e mi ascolti! Io non sono l’ultima sponda, ok? Non voglio essere sempre e solo la spalla su cui piangere. Vorrei condividere tutto, anche i tuoi sorrisi, le tue risate, le battute, le uscite, non solo le tue giornate da mestruata, tutti i tuoi film mentali da depressa cronica e certo non mi voglio accollare tutte le tue seccature!
Chi è che ti è stato vicino quando avevi litigato con Jenny e quegli altri quattro balordi per la storia del furto? IO!
E a proposito del furto, ti sei già scordata che razza di gente sono?!?! 
Buongiorno Ms coerenza!”
“Mike...hai ragione.”
“E GRAZIE AL CAZZO CHE HO RAGIONE!!!”
“Adesso però, per piacere, non ne parliamo più. Tu sei il mio migliore amico e nessun altro ed ero venuta qui con il preciso intento di stare con te, con il mio vecchio Mike. E...”

Improvvisamente la porta si spalanca e irrompe nella stanza Juls che parlotta e nel frattempo si gratta in testa, strusciando i piedi per terra in pigiama. Ci guardiamo un attimo e posso giurare di averlo visto arrossire.
Distoglie subito lo sguardo e ripete, con voce ancora arrochita dal sonno.

“Mike, hai visto per caso il mio
Deep Purple in Rock ? sono due giorni che non lo trovo.”
“No.”
“Ok...ciao.”

Non posso farmi sfuggire questa occasione per chiarire le cose. Chissà quando lo ribecco più.
Questo è capace di barricarsi in camera e di scomparire, oppure di uscire e tornare a casa dopo una settimana.
Quando vedo che sta per girarci le spalle e tornare da dove era venuto mi alzo in piedi, fissandolo intensamente e lo richiamo.

“Ehi Juls!”
“...ehi”
“Io e te dobbiamo parlare. Dobbiamo...chiarire.”

Lo vedo voltarsi sorpreso e non proprio entusiasta della prospettiva di “chiarire” con me.
Spero che il resto del mondo non si sia sbagliato quando ha decretato che Juls era pazzo di me.
Ma alla fine cosa ho deciso? Mi piace o non mi piace?
Certo che non mi piace!
Come mi potrebbe piacere uno che non fa altro che ascoltare musica dalla mattina alla sera? Uno che perde il suo tempo a fare non so cosa, a bighellonare con gli amici, a farsi le peggio schifezze? E soprattutto uno che si veste come un senzatetto di Brooklin?!

“Ok... contenta te.”
“Mike, ti dispiace lasciarci? È già abbastanza imbarazzante senza bisogno che ti ci metta anche tu.”
“Come come scusa?! E tutte quelle belle parole di prima?! Ti ricordo che sei in camera mia e qua non puoi fare la reginetta del nido. Quindi, cara la mia stronzetta, adesso tu e mio fratello portate il vostro culo fuori da camera mia! Poi vi potrete fare tutte le chiacchierate che volete!”

Mi mordo il labbro. Non doveva finire così.
Dio, Mike cos’hai oggi? Ritorna in te, ho bisogno del tuo aiuto!
Ma non riesco a trovare qualcosa da ribattere, o meglio decido che non è il caso di farlo incazzare più di quanto non sia già.
Prendo Julian per il braccio e lo trascino fuori dalla porta di camera di Mike.
Gli chiedo un posto in cui parlare tranquillamente e lui mi porta fuori, nel gazebo che hanno in giardino, con le poltroncine di metallo o qualcosa del genere, roba per esterni che pare vada molto di moda a New York. Uno speciale acquisto del signor Edwards.
Ci sediamo l’una di fronte all’altro e già cominciano a sudarmi le mani.
Devo darci un taglio. Non ho intenzione di iniziare un bel niente anzi, semmai di mettere dei paletti!
Però non riesco a non guardare quei capelli scuri, a non immaginare il loro profumo, di shampoo se sono fortunata, di sporco con grande probabilità, a non immaginare di arrotolarne le ciocche sulla mia mano, oppure di accarezzare la sua barbetta ispida e di testare la morbidezza di quelle labbra rosee, né troppo carnose, né troppo sottili, così...giuste.
L’unica cosa giusta è che ognuno se ne vada per i fatti suoi! Ci manca solo che mi prendano queste fantasie da ragazzina con gli ormoni a mille! Mein Gott!

“Embè? Che c’era di così urgente da dirmi?”
“Juls, tu sai che io ho litigato con Jenny...”
“E perché sarebbero cazzi miei, di grazia?”
“Perché è colpa tua! Jenny mi ha detto che tu eri cotto di un’altra e tutti quanti nel gruppo mi hanno confermato la stessa cosa.
E...”
“...”
“Insomma...molti pensano che quell’altra sia io e questo spiega il fatto che Jenny non mi parla più. Lei fra qualche giorno parte e prima di allora io vorrei potermi riappacificare con lei e chiarire con te i...i miei sentimenti, insomma.”

Mi sento un’idiota. Un’handicappata. Una con seri problemi mentali.
Mi sembra di essere l’eroina di chissà quale romanzo strappalacrime che deve rifiutare un pretendente perché innamorata di un altro o cose così.  Io voglio solo vivere la mia vita in pace! È chiedere troppo?! I-N P-A-C-E!
Dio, che melodramma!

“I tuoi sentimenti?”
“Beh, si, in effetti...vedi...insomma come spiegarti...”
“...”
“Insomma ti piaccio o no?! Perché tu a me...”
“Cosa?”
“Fanculo, si mi piaci e anche un sacco! Ma noi siamo completamente diversi e...”
“E zittisciti una buona volta no?!”

Per una volta ha ragione lui.
Apro la bocca per darle aria ma subito dopo la richiudo e le mie labbra schioccano.
Lo vedo avvicinarsi sempre di più e comincio ad agitarmi.
Mi prende per un braccio e fa pressione, per cui finisco per alzarmi, leggermente infastidita.
Poi tutto accade troppo in fretta: sento calore, vampate di calore dovunque, specie sulla bocca che è appiccicata alla sua.
Il sapore della sua saliva è dolce, anche se il suo alito puzza di fumo e di tabacco ed è impastato per il sonno.
Mi circonda fra le sue braccia e io mi stringo al suo petto.
Quando però lo sento palparmi il culo gli mollo un ceffone sulla spalla.

“Nossignore, carino, giù le mani. Sono vergine, sono fiera di esserlo e non ho intenzione di farlo se non quando sarà il momento giusto. E questo non lo è, fidati. Per adesso il sesso è out. Mica sono una delle puttanelle che ti accattavi al mercato ogni settimana?”

Arrossisce. Arrossisce?! FINALMENTE!!!

E mi pareva troppo di pietra questo ragazzo!
Bene, adesso devo fare pace con Mike e dire addio alla speranza di riappacificarmi con Jenny.
Potrei omettere che adesso io e Juls...stiamo insieme? Boh?
Vabbè, quando vorrà chiamare così il nostro rapporto bene...tanto finchè non lo dico io il sesso se lo scorda.

*****************

E sono di nuovo per strada.
In casa Edwards non c’è posto per ospitarmi. C’è il divano in salotto ma questo potrebbe far insospettire i signori Edwards che potrebbero decidere di chiamare i miei.
L’unica scusa plausibile era che io fossi venuta a dormire da Mike ma lui si è rifiutato di cedermi il suo letto.
Non ha fatto altro che ripetere che i miei casini me li devo gestire io e lui non ha intenzione di perdere ancora tempo con una stronza ingrata come me.
Non ho discusso. Forse ha ragione lui, forse esagera, forse c’à qualcosa che non va in me.
Fatto sta che io ho bisogno di un posto letto e in quella casa non c’è posto per me.
Forse Juls mi avrebbe volentieri ospitato ma la sua stanza è davvero un buco e in più alloggiava già un amico di LA.
E poi non me la sento di rimanere in quella casa subendo i silenzi risentiti e gli sguardi ostili di Mike.
Penso che perderei il controllo e finiremmo per litigare a sangue.
Sono strana, lo so, ma nonostante tutto quello che è successo non sono così disperata come ci si aspetterebbe.
Forse perché non serve a niente deprimersi fino alla disperazione. Non mi aiuterebbe a trovare un posto letto lo stare una merda.
E poi, adesso che ho chiarito con Juls...mi sento così leggera, felice, senza pensieri!
è una sensazione stupenda, qualunque cosa sia!
Ok, non distraiamoci adesso. Pensa, Virginia, pensa.
Se ti trovi sbattuta fuori casa, sappi comunque che noi, alla squatter abbiamo sempre posto per te.
Bene, tanto vale tentare. Alla peggio mi prendo i pidocchi.
Mi avvio verso la fermata dell’autobus, rassegnata all’idea di aspettare ancora almeno un’oretta prima di arrivare a destinazione.

Ormai sono di casa.
Non ho bisogno di domandare in quale sperduta stradina si trova la vecchia fabbrica e le palazzine abbandonate.
Conto circa centoottanta passi dalla fermata fino alla squatter e poi mi attacco al campanello.
Ovviamente busso, perché certo il campanello non funziona lì dentro, visto che non c’è corrente.
Non posso fare a meno di ridere davanti alla faccia stupita di Jason che si aggira in mutande per l’ingresso.

“Oddio, credevo che fossi Matt! È andato a prendere il latte dal vicino.”
“Oh, ve lo fate prestare?”
“No, glielo porta il lattaio. Noi glielo freghiamo e facciamo finta che è stato un gatto selvatico.”
“Già, come ho fatto a non pensarci prima...”
“Senti, visto che sei venuta a rompere i coglioni alle dieci e mezza del mattino ti informo che tutti dormono e chi non dorme gira benvestito come me, quindi tu ti metti in un angolo e fai il cazzo che ti pare, basta che non ti scandalizzi.”

“Oh tranquillo, io sarò dei vostri per un paio di giorni.”
“Ah. Boh, poi vediamo dove metterti. Per adesso siamo diciotto, uno in più, uno in meno non fa grande differenza.”

è quasi rassicurante la risposta di Jason. è bello sapere di essere sempre accolti da qualche parte.
Penso a Mike e mi assale un ondata di tristezza.
Poi scuoto la testa e scaccio quella malinconia preparandomi a vedere le peggio cose.
E non rimango delusa.
Nel grosso salotto, dormono raggruppate nove persone, tre sui divani, e il resto steso su vecchi materassi che hanno perso tutta la loro elasticità, e cacciano piume da ogni dove. Lenzuolo c’è ne uno per ciascuno e spesso è strappato, a fiori, rattoppato, è fatto con le tende o in qualche altro materiale che non assomiglia molto al cotone. Ciascuno è avvolto in qualche polverosa coperta, alcuni sono mezzi nudi, altri indossano una vecchia felpa o un pulcioso maglione, tranne alcune ragazze che dormono in magliettona extralarge e maglie di lana.
Rabbrividisco.  Non funzionano i termosifoni in questa casa. Si gela.
I materassi occupano tutto lo spazio ed è quasi difficile camminare.
Intravedo sulla soglia della cucina altri tre avvolti in dei sacchi a pelo di fortuna, imbottiti di giornali e di stracci.
Adesso che noto bene tutti hanno imbottiti da qualche parte dei fogli di giornale o di carta in qualche modo.
Non voglio immaginare il freddo che farà stanotte. Ma perché non mi sono portata qualcosa di più pesante!

Quei tre che sono in cucina sono i meno fortunati perché mentre in salotto c’è il parquet, in cucina ci sono le piastrelle di ceramica, gelide per di più.
Jason non sembra fare caso a quello che ha intorno e si siede per terra su uno straccio a rigoni rossi sbiaditi che ha l’aria di una vecchia tovaglia e si accende una sigaretta. Ha la pelle d’oca ma non accenna a rivestirsi né a mettersi qualcosa di caldo.
Lancio uno sguardo intorno, poi raggiungo uno stretto corridoietto che conduce a due stanze, una di dimensioni accettabili, ma l’altra è quasi un cubicolo. E infatti in quella grande troneggia un matrimoniale in ferro battuto con quattro persona stese sopra e una brandina accanto. Riconosco l’uno accanto all’altro, schiena contro schiena, Armstrong e Mike-biondo-platino, immersi in un sonno profondo, affianco Al Sobrante e un altro tizio sconosciuto, la brandina è vuota. Deve essere quella di Jason.
Forse un tempo c’è stato un armadio lì appoggiato alla parete, perché sul pavimento è rimasta l’impronta della polvere e sulle pareti la carta da pareti è marcita e puzza da vomitare.
Dio, ma come fanno a dormire in queste condizioni?!?!
E infine nel cubicolo, dove è stato incassato un letto a castello cadente, dormono altre tre persone.
La stanzetta è talmente piccola che non c’é possibilità di scendere dal letto sul fianco, come fanno tutte le persone normali ma bisogna arrampicarsi sulla scaletta ai piedi del letto, contorcersi un po’ fino a rigirarsi per poter scendere dall’altro lato della scala. Quello che dorme sul letto di sopra è più fortunato. Deve solo arrampicarsi sulla scaletta e scenderla fino in fondo.
Sopra dormono un bestione e un altro tizio abbastanza secco da permettere la convivenza, mentre sotto dorme una ragazzetta secca. Una scelta dettata dalla necessità visto che la ragazzetta è sicuramente più atletica dei suoi coinquilini di sopra.
Dopo essermi guardata in lungo e in largo la “casa” comincio a pensare che non è stata una buona idea venire qui.
Anche io posso essere di un disordine pazzesco ma solo quando sono assorbita dalle cose da fare.
Non riuscirei mai a vivere sempre e comunque nel casino, nell’anarchia, nella sporcizia, nel lerciume e nella totale sciatteria!
Torno di là ma il panorama non è cambiato: Jason fuma la sua seconda sigaretta mentre l’altra è abbandonata su un foglio di giornale pieno di polvere e cenere.

“Uhm...Jason?”
“Dici”
“Ma quando fate i turni?”
“Cosa?”
“Le pulizie, Jason. Quando fate i turni delle pulizie?”
“Mai fatti.”
“Ah...beh si vede. E non sarebbe il caso?”
“Che ho detto io?”
“Cosa?”
“Prima intendo.”
“Che c’era posto anche per me?”
“Dopo.”
“E che ne so! Ripeti, no!?”
“Che dovevi metterti in un angolo e non rompere il cazzo. Cos’è che non è chiaro?”
“Ok, ma come fate a vivere così?”
“Mai stato meglio.”

Dio, parlare a questo scimmione è come parlare ad un muro.
Ma io mi impunterò e farò valere le mie ragioni dovessi cacciarli tutti di casa e pulire da sola tutta la squatter!


è praticamente mezzogiorno quando la casa comincia finalmente a dare segni di vita.
Nel frattempo io ne ho approfittato per fare un giro della zona e capire più o meno cosa c’è in questo quartiere dimenticato da Dio.
Ho scoperto che nei dintorni c’è un bar dove fanno degli ottimi croissant al burro e un caffè abbastanza buono o comunque non così annacquato come i soliti. Poi c’è un giornalaio, un discount di abbigliamento, un canile, un alimentari con una buona macelleria, un piccolo market e un vivaio.
Mi lecco i baffi alla sola idea di preparare un bel pranzetto o qualcosa di buono. Qualcosa mi dice che i miei cinquanta dollari non dureranno più di oggi se voglio far mangiare tutta la casa a pranzo e a cena. Dovremo fare una colletta.
è un piacere vedere un assortimento di fauna maschile che si alza, si infila una maglietta senza nemmeno lavarsi e dei Jeans stravecchi, che si gratta il culo, che beve qualche sorso di latte per poi passare la bottiglia a qualcun altro.
Qualcuno lancia uno sguardo a me, completamente fuori posto, in Jeans, polo bianca e maglioncino azzurro, quelli che mi conoscono di vista mi fanno un cenno con la mano prima di tornare a farsi i fatti loro, i perfetti sconosciuti mi fissano per un po’ pigramente, squadrandomi da capo a piedi come se fossi una grossa macchia di pomodoro su una tovaglia bianca.
Intravedo Armstrong che scompare in bagno. Spero che almeno lui si lavi, ma qualcosa mi dice che ci è andato a bere.
Potrei mettermi a saltare di gioia quando vedo venirmi incontro Mike-biondo-platino che mi sorride, accogliente.

“Non ci credo, ti hanno davvero sbattuta fuori?”

“In realtà ho coperto d’insulti mia madre davanti a mio padre e dopo sei ceffoni ho deciso di scapparmene appena potevo, per cambiare aria. Mike mi ha lasciata a terra e così...”
“Edwards, il fratello di Juls?”
“Si, il mio migliore amico. Abbiamo litigato.”

“Hai un talento naturale per il litigio, carina.”
“Non ci posso fare niente Pritchard. Attiro inamicizie come le briciole le formiche.”
“Molto poetico. Comunque dobbiamo trovarti un posto letto. Mi pare che c’è posto accanto a...oddio come si chiamava quella...”
“...intendi quella del letto a castello di sotto?”
“Ecco si! Quella che si chiama Pet-Piit-Patrec...”
“Patricia, Dirnt.”
“Oh, giusto graz...ah, ciao.”
“Ok, Dirnt, con te sono state solo un paio di notti di spasso, ma cazzo, sarebbe carino che tu ricordassi almeno il mio nome visto che sono dei vostri da più di due settimane! ”
“Si, ok scusa, ti presento Vig.”
“Ciao, sono Virginia, o semplicemente Vig.”
“Ciao. Allora che fai dormi con me?”
“Se...non ti disturba.”
“Ok, due cose: io non sono gay quindi giù le mani e poi non sopporto quelli o quelle, nel tuo caso, che ti si spalmano addosso quando dormono, quindi se lo fai io ti do uno spintone e non me ne frega un cazzo se ti svegli o no. Capì? ”
“Ma io non sono gay! E non mi spalmo proprio su nessuno!”
“Boh, e io che ne so. E poi potresti essere bisessuale o farti venire strane idee, e comunque io ti ho avvertito, non è il caso di prendersela così tanto.”
“Va bene, va bene, Tricia, adesso vai a fare colazione che è meglio, altrimenti me la sconvolgi, è il suo primo giorno.”

Prima di allontanarsi, Patricia si fa avanti, vezzosa, con un sorriso malizioso e  la vedo avvicinarsi a Mike-biondo-platino quanto basta per sussurrargli all’orecchio: 


“Ok, se ti va stasera fammi un fischio.”


Le orecchie di Dirnt si fanno leggermente rosate per l’alito caldo di Tricia, mentre la mano della ragazza scivola veloce e, con fare giocondo e sensuale allo stesso tempo, da una strizzatina al cavallo dei Jeans del bassista.
Lui trasale per un attimo e poi sbrigativo la allontana, accompagnandola con il braccio e facendo un passo indietro.
La cosa mi lascia allibita e Patricia sembra accorgersene perché si allontana ridacchiando.

“Sei abbonato anche tu al servizio-puttanelle-sciapite?”
“Zitta, stronzetta.”
“Oh, zuccherino! Se ti va stasera, fammi un fischio!”

Faccio il verso alla baldracca piccola e secca e questo sembra esilararlo; sghignazziamo come due idioti per un po’.
Imito anche il suo modo di sculettare, alitando a distesa in faccia a Mike-biondo-platino che non riesce a smettere di ridere.
E rincaro la dose:

“Quasi quasi stasera la mano la allungo, chissà che non sia più disponibile di quanto racconti”
“Ma smettila, sei una piccola vipera velenosa!”
“Solo la verità, tutta la verità, sempre la verità.”
“Cristo, mi farai soffocare...”
“Bene allora sintetizzerò le mie ultime volontà prima che tu schiatti asfissiato.”
“Spara.”
“Mike, voglio dare una pulita a questo posto. Non posso vivere in questo schifo. Aiutami a farlo capire ai tuoi amichetti; 

basta anche solo che mi lasciate la casa per mezza giornata e cercherò di fare qualcosa, anche se forse sarebbe meglio che qualcuno si offrisse di darmi una mano.”
“Uhm...stai chiedendo la luna, lo sai?”
“Mike, ti prego! Vivrete tutti meglio, dopodiché io dopo qualche giorno toglierò le tende, perché prima o poi i miei li dovrò pur affrontare.”
“Io...ci possiamo provare ok? Non garantisco niente. Cercherò di attirare l’attenzione di tutti e ti sosterrò quando spiegherai la cosa alla mandria di bufali che si agita in questa casa.”

“Grazie! Sei un vero amico!”
“Non sarà facile, lo sai vero? Ragazzina viziata avvisata...”
“Si si, va bene. Allora lo facciamo ora?”
“Prima fammi andare a vestire.”

Lo lascio libero di rendersi presentabile mentre sorrido con espressione idiota e mi sento finalmente a casa.
E poi si sa che il lavoro e le attività di gruppo favoriscono l’integrazione nel gruppo.
Mi sento abbastanza tranquilla: posso convincere una massa di bamboccioni e bambinoni a muovere le chiappe e a mettere in ordine questo casino? Certo che posso!

Tempo quindici minuti e Mike-biondo-platino torna da me, vestito di tutto punto e con un cucchiaio in mano.
Non so spiegarmi il perché ma alla fine preferisco non fare domande.
è mezzogiorno e ormai sono tutti in piedi, chi sveglio, chi assonnato, chi  rincoglionito.
Insomma è il momento giusto per attirare l’attenzione!
All’improvviso Dirnt si avvia verso la batteria che sta appoggiata al muro assieme ad amplificatori, chitarre nelle loro custodie, un basso, una pianola e una fisarmonica.
Impugnato il cucchiaio a mo’ di arma, lo cala più volte sui piatti facendo un fracasso tale da attirare l’attenzione di tutta la squatter e, probabilmente, anche di tutto il quartiere.
Si fa avanti Al Sobrante con due borse sotto gli occhi e un’espressione decisamente irritata, per non dire furiosa sul viso.

“Mike, ma che cazzo fai?! E un po’ di delicatezza!!! E metti giù quel fottutissimo cucchiaio che se ci trovo anche solo un graffio sull’amore della mia vita, ti faccio ingoiare un intero servizio di piatti!”
“Si scusa, Al. Adesso lavatevi bene il cerume dalle orecchie e date il benvenuto alla nuova arrivata che ha una proposta indecente da fare a chiunque si offra volontario!”

Oddio, ma che cavolo dice?
E mi indica anche con l’indice! Mike Ryan Pritchard, questa me la paghi!
Mi sento avvampare in faccia e, all’imbarazzo, si aggiunge la vergogna. E che cazzo!
Pure io che arrossisco come Heidi* in montagna con le sue caprette!
Mi faccio avanti, cercando di combattere il fastidioso rossore, tossicchiando per schiarirmi la voce, spalle dritte, petto in fuori, pancia in dentro.

“Ehm...beh, ciao a tutti, sono Virginia o semplicemente Vig.”

Poi sento una voce tremendamente familiare che replica con una nota di scherno; i miei occhi non distinguono il suo possessore, a me molto noto, che deve essere seduto o accucciato da qualche parte dietro questa moltitudine di gente.
Diciotto persone sono praticamente un pubblico.

“Proposte indecenti, quella? Ma se è frigida!”
“Io sarò anche frigida, Armstrong, ma tu sei la vigliaccheria fatta persona!”
“E perché mai, di grazia?”

è il mio momento.
Intono una melodia stonata, in falsetto, quasi una parodia, sconosciuta ai miei nuovi coinquilini ma più che nota sia a me che al diretto interessato

“...
I’m understaaaanding now thaaat weee aaaare ooonly frieeeends. Wheeeen are aaaall my proooblems gooonna eeend? To this day I’m aaaasking why, I still thiiink about youuuu!

Continuo a cantare a squarciagola sempre le stesse tre battute dimenticandomi persino in che ordine andrebbero cantate.
Sento i ragazzi commentare fra loro quelle parole apparentemente senza senso, confabulare fra loro, stringersi, spostarsi, raggiungere altri e finalmente intravedo la testa biondiccia di Armstrong.
Ha il volto in fiamme, paonazzo come un pomodoro più che maturo, praticamente sfatto e andato a male.
Si alza in piedi sbuffando mentre gli altri bisbigliano e ogni tanto lo interpellano ma quello non risponde nemmeno.

“VA BENE, VA BENE! ADESSO PUOI ANCHE CHIUDERE QUELLA CAZZO DI BOCCA, GRAZIE!”
“Non c’è di che. Ormai ci capiamo al volo io e te.
“Vaffanculo.”
“Prima le verginelle spaurite, prego.”
“...”

Ah-ah! L’ho zittito! Dio, che soddisfazione!
Quale piacere vedere il mio caro compagno di banco aprire la bocca e richiuderla subito dopo come i pesci rossi del lunapark, per poi mordersi a sangue le labbra lanciandomi uno sguardo di fuoco.
E come mi sento bene quando, incrociando i suoi occhi imbufaliti, rispondo scrollando le spalle e liquidandolo con nonchalance.

“Allora, belli, dicevo che io mi dovrei trattenere qualche giorno o comunque non più di una settimana e nonostante questo non ho intenzione di vivere o sopravvivere in questo bordello. Questa casa sembra una discarica, puzza di vomito, alcool e fumo da fare schifo e in più voi sembrate una mandria di fottuti buoi che vivono in una lurida stalla.
Morale della favola? Ho bisogno di almeno altri quattro volontari che alzino il culo e siano disposti a darmi una mano a ripulire questo letamaio. Su, che non avete un cazzo da fare, e vedrete che poi sarete contenti di aver sgobbato come muli.”
“Ragazzina, io lavo i pavimenti e servo ai tavoli praticamente tutti i giorni. Adesso dovrei spaccarmi la schiena anche a casa mia dove posso stare seduto tranquillo?! Tanto entro stasera è tutto come prima!”
“Giusto, chi se ne fotte!”
“Questa è fumata!”
“è malata...”
“Ma chi cazzo la conosce?! Si è completamente fottuta il cervello?!”
“Bella questa, faceva ridere.”
“Ma che stronzate va raccontando?”
“Ma guarda a questa...e la stiamo pure ad ascoltare.”


Diciamo che le reazioni si assomigliano un po’ tutte e ricevo decine di sguardi stralunati, allucinati, ironici, provocatori da quelli che mi circondano. Comincio a disperare quando Mike-biondo-platino sembra farsi di nuovo avanti, con prepotenza e suonare ancora i piatti sfracanandoci i timpani e i coglioni.

“Ehi, gente!”
“DIRNT!”
“Si si, scusa, Al...”
“E dacci un taglio!”
“...io dico di si. Proviamo no? Mettiamo su un po’ di buona musica e ci mettiamo tutti al lavoro così facciamo subito.
Che vi costa? Siete dei poltroni...ce le avete le palle o avete paura di scopa e paletta? ”
“Cristo, Mike, veramente fai?”
“E dai Billie, che sarà mai?!”
“Mike, quella ti ha dato qualcosa. Qualche pillola? Sei fatto?”
“E dai e piantatela tutti e due. Si, Jason, anche tu che ridacchi come una merdosa iena.”

Grazie Mike, ti adoro! Sei la mia salvezza!
Sapevo che il mio piano malefico non avrebbe funzionato senza di lui!
Gli lancio uno sguardo grato e lui ammicca, concedendomi un breve sorriso per tornare a fare il duro con il resto della platea.
Li vedo guardarsi fra loro, scuotere la testa, discutere animatamente, sedersi per terra disinteressati, accendersi una sigaretta, poi un gruppo di cinque ragazze si fa avanti, con in testa la famosa Patricia che sculetta più che mai e prende la parola.

“Facciamo così: tutti in bianco per una settimana oppure tutti a spaccarsi il culo per pulire. What do you prefer, honey?”
“Che vorresti dire con in bianco?”
“Che dovrai diventare gay, Matthew, amore di mamma, perché qua nessuna ve la da. Vi basta come argomento?”
“Ok, io pulisco.”
“Anch’io.”
“Ehm...arrivo.”
“Che merda...che dobbiamo fare?”
“Ok...che devo fare?”
“Che si fa?”
“Anch’io.”
“Quando si comincia?”

Tra un po’ mi commuovo! Non ci posso credere! Ho ai miei ordini tutta la Squatter House!
Dovrei rivalutare quella moretta, Tricia o come si chiama lei.
Non posso fare a meno di sillabarle, con le labbra, mentre pian piano cedono anche i più restii.

- Grazie! Ma...perchè?
-Perché cosa?
-Perché l’hai fatto?
-Purtroppo ho un naso.


Mi strappa una risatina ma dura poco.
Adesso mi tocca spiegare ad un gruppo piuttosto cospicuo di decerebrati che devono fare.
Serve concentrazione per un’impresa epica del genere.
Ancora prima di iniziare Mike-biondo-platino sembra richiamare l’attenzione su un particolare tutt’altro che trascurabile.


“Davvero vuoi metterti a fare le pulizie di primavera vestita in questo stato?”
“A che ti riferisci?”
“Boh, sembri solo uscita da un film inglese degli anni trenta. Non sia mai che ti macchi la polo bianca e il maglioncino.”
“Uhm...e tu che consigli?”
“Boh, di mettere una maglietta qualsiasi. Qualcosa di più normale, insomma”
“Così schiatterò di freddo...aspetta dovrei avere con me la tua camicia...”

“Ok, metti quella.”
“Ma quella è di lana e pizzica la pelle! Ovviamente si mette aperta su qualcos’altro!”
“E che palle che sei, oh.
EHI! Voi tutti! Chi è il più piccolo qua in mezzo?!”
“Mike qua i più piccoli siete tu e Billie!”
“Dio, sono circondato da vecchi bacucchi. Senti la mia camicia ce l’hai già quindi...
BILLIE!!!”
“...”
“Billie, ti cerca Mike!”
“Billie! C’è Mike!”
“Armstrong, ti vuole Dirnt!”
“BILLIE JOE!!!”
“ARRIVO ARRIVO! CRISTO SANTO, MA SIETE TUTTI ISTERICI OGGI?!?!”
“Mi serve una tua maglietta.”
“Che cazzo vuoi?!”
“Una tua maglietta.”
“Ma se non ti entrano nemmeno!”
“Non per me, coglione, per Vig.”
“Scordatelo. Perché mia poi?”
“Perché sei l’unico altro un metro e un chew-gum e sei quanto di più simile ci sia ad una sogliola in questa stanza.
Siete più o meno della stessa specie” mi indica “solo che lei è più anoressica e a momenti anche più piatta di te.”
“Grazie per il complimento, Pritchard”
“Dovere.”


Cinque minuti dopo esco dal bagno con una T-shirt nera stinta, i miei Jeans e la camicia di Mike-biondo-platino.
La cattiva notizia è che questi Jeans faranno schifo tra neanche un paio d’ore.
La buona notizia è che questa T-shirt è appena una taglia più grande delle mie solite, specie sul torace e sulla pancia; mi ingrassa un po’ ma può anche sembrare mia all’occorrenza.
E soprattutto è bello potersi confondere con l’ambiente.  Mi sento meno fuori posto e più rilassata.
Now...LET’S GO!

Suddivido il lavoro: un gruppo va a rubare scope, palette, secchielli, stracci, ...., spolverini, e la pompa dal garage del vicino, un altro comincia a raccogliere coperte, abiti, pezze, stoffe, carta di giornale, per metterli da parte;
 altri ancora vetri, bottiglie vecchie vuote, pezzi di metallo, di legno, chiodi, qualunque schifezza sia irrecuperabile, con il preciso ordine di buttarli in un enorme sacco di plastica nero.
Gli abiti puliti, rari ma non inesistenti, vengono piegati e messi da parte, quelli sporchi vengono messi a bagno in certi catini in cui è mezzo sciolto il sapone da bucato, sempre omaggio del vicino.
I materassi vengono messi fuori a prendere aria, sbattuti con un battipanni.
Si lavano i mobili, specie gli armadi che vengono foderati con carta di giornale e suddivisi in modo che ciascuno abbia almeno un cassetto, a seconda delle proprie esigenze, e là si piazzano gli abiti puliti e quei pochi effetti personali di cui sono proprietari.

Poi si spazzano e si lavano i pavimenti, si pulisce la cucina, si lavano i piatti, si pulisce il frigo e i bagni, si mettono a fare le uova all’occhio di bue per tutti –nella padella del vicino-  che mando a comprare con i miei soldi.
Mentre consegno a Patricia e alle altre tutte le lenzuola della casa perché le lavino e le stendano, lei mi confessa che le uova le hanno rubate e i miei soldi li hanno spesi in birra.
Alzo gli occhi al cielo e scrollo le spalle, nascondendo la mia irritazione.
Qualche mese fa mi sarei tanto incazzata da mandare tutti a quel paese. Adesso capisco che c’è decisamente di peggio.
Facciamo più o meno lo stesso trattamento a tutte le stanze e intanto constato che l’unica cosa veramente linda e curata sono gli strumenti musicali.
All’alba delle cinque del pomeriggio abbiamo finito e questo posto somiglia meno ad una discarica e più una comune, un alloggio, insomma, qualcosa di abitabile.
Mi guardo intorno soddisfatta e scambio un sorriso complice con Mike-biondo-platino.
Tutta la truppa decide di andare a prendere una boccata d’aria e la squatter si svuota, pian piano.
Vedo Armstrong guardarsi intorno un po’ stralunato e fischiare, incredulo.

“Ok, ragazzina, hai vinto. Non ci avrei scommesso nemmeno un quarto di dollaro.”
“Uomo di poca fede.”
“Tzè, guarda che sono ancora offeso per la scenetta di prima.”

Ci ritroviamo tutti seduti per terra, le schiene appoggiate ad una parete piena di scritte, a penna a matita, a pennarello e vernice.
Le pareti sono forse l’unica cosa che è rimasta incasinata. D’altronde che cazzo c’è da riordinare in un muro scarabocchiato?
Mike-biondo-platino sembra assorto, la bocca semichiusa, la testa appoggiata alla parete, mentre osserva la parete di fronte.
Armstrong ha in mano un pezzo di carta che sta ripiegando, concentratissimo come se stesse facendo chissà quale lavoro articolato di origami.

“Billie?”
“Cosa?”
“Ci hai ripensato?”
“A cosa?”
“Perché abbiamo litigato?”
“Boh, sei tu che sei perennemente mestruata!”
“Billie, la scuola...”
“Ah! No.”
“Cioè?”
“Non ci ho ripensato.”
“Sei un coglione.”
“Grazie, me lo dicono in tanti.”
“...”
“E tu sei una stronza.”
“Grazie, oggi è almeno la terza volta che me lo dicono.”
“Sarà vero.”

Il suo foglio di carta è diventato un aeroplanino che atterra sulle mie gambe.
Lo afferro e glielo rilancio ma la mia mira non è decisamente un granché e va a finire davanti alla soglia della cucina, comunque troppo lontano per recuperarlo.
Con mio grande stupore invece Armstrong muove il culo da terra e lo raccoglie.
Poi con un sogghigno indica Mike-biondo-platino che ha chiuso gli occhi, forse sfinito dal lavoro mastodontico che avevamo fatto.
Billie Joe si avvicina a me giocherellando con l’aeroplanino e mi bisbiglia in un orecchio, indicando con la testa il suo migliore amico in letargo.

“Stanotte non ha chiuso occhio.”
“Che ore avete fatto?”
“Siamo stati tutti insieme a cazzeggiare allegramente almeno fino alle quattro del mattino.
Poi lui si è portato a letto quella moretta smorfiosa e fino alle sei del mattino sono stati là dentro senza che né io, né Al, né Jason e né Rick potessimo andare a letto. Beh, tecnicamente forse potevamo anche entrare ma nessuno aveva voglia di una cosa a tre o di gruppo e cose simili. Ci pareva contro la sua privacy. E poi quella è veramente smorfiosa. Non la reggo. Non so come faccia Mike.
Forse è brava a letto.”
“Si, insopportabile. Comunque non ti facevo così rispettoso.”
“Ehi, ma che razza di idea hai di me? Mica sono un pazzo pervertito!”
“Oh no, certo che no.”

Ignora il mio commento ironico. Oggi è davvero la mia giornata buona.
Non che sia il tipo che ribatte sempre, anzi per niente. È abbastanza irritante da perdersi nei propri pensieri e non sentirti nemmeno, figuriamoci risponderti.
Poi tira fuori l’aeroplanino e punta la faccia di Dirnt, sghignazzando.
Ha una mano ferma e le dita snodate.
Non saprei come altro definire quel gioco che ogni tanto fa con le dita, contraendole e rilassandole in continuazione.
Sarà uno dei suoi preziosi esercizi per mantenere in forma la mano per suonare.

L’aeroplanino parte. Vediamo il povero Mike quasi saltare per lo spavento quando la punta di carta gli pizzica la guancia, quasi sotto l’occhio.

“Ma che cazzo! Potevi cecarmi un occhio!”

Noi non riusciamo a trattenerci e ci sbellichiamo dalle risate.
Lui ci guarda con un misto di divertimento e irritazione, cosa che ci fa esilarare ancora di più.
Mi fanno male gli addominali a furia di ridere. Non perché abbiamo svegliato Dirnt dal suo rincoglionimento, non perché ci sia veramente qualcosa di cui ridere a crepapelle. 

Non lo so perché, semplicemente mi sento bene.

**************


Note


* Diminutivo di Los Angeles. Da pronunciare all’inglese “El Ei”, of course ù.ù

* Non so se avete presente le guanciotte alla Heidi, anche se, quando noi pensiamo ad Heidi ci viene in mente il cartone animato del 1996. Beh, nonostante tutto non lo si può considerare un vero e proprio anacronismo perchè il libro è stato scritto negli ultimi vent'anni dell'Ottocento e ne sono stati tratti parecchi film (il primo è del 1937, l'ultimo è del 2008) quindi è ragionevole pensare che Vig lo potesse conoscere, anche perchè è di un autore svizzero ed è abbastanza popolare come libro per bambini in Germania.

 


L’angolo dell’autrice

Sorry, pensavo che con l’estate avrei avuto più tempo e invece in questi giorni sono stata incasinata come non mai e soprattutto ad un certo punto di questo chappy mi sono anche bloccata...che nervi!
Anyway eccoci qua con altre benedette ventitre pagine di word tutte per voi!
Come al solito ho scritto per cinquecento.
Che bello, almeno in questo capitolo qualcuno ha fatto pace e si è chiarito qualcosa!
Sempre troppo poco, anche perché la seccatura saranno i genitori.
In genere ci vuole una vita per chiarire con i propri genitori, figuriamoci se basta qualche capitoletto!
Accontentiamoci va...
Le note si fanno sempre più rade perché, ora che la storia è avviata diciamo che ho mandato a farsi benedire la coerenza storica e tutte quelle altre quattro cazzate, altrimenti non basterebbero cinquanta pagine. E forse così siamo tutti più contenti  xD
Riporto la colonna sonora delle mie notti insonni passate al pc a scrivere, mi sento socievole oggi, benché QUALCUNO che adesso se la sta spassando nel Main alla faccia mia, sostenga che sono un’asociale del cazzo: gli album Kerplunk e Insomniac (GD) , Never Minds The Bullocks, Here’s the Sex Pistols, Who’s the Next (the Who), e soprattutto una grandiosa registrazione di un concerto live del 2002 dei GD, Pop Disaster Tour *_*
Beeeene, mi aspettano i libri di latino e greco, non sia mai che li faccia aspettare più di tanto!
Have a good day,

La vostra Misa di quartiere

p.s Che fatica postare questo capitolo! E tutto perchè al posto del mio adorato pc c'era un dannatissimo mac che non mi apriva nvu! Quindi spero che ne sia valsa la pena, cavolo! <.<

  
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