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_Exentia_dream_ su efp:
Exentia_dream
Titolo: Il gioco della bottiglia
Genere: Introspettivo, romantico,
malinconico
Citazione scelta: Troppo
impegnata a corteggiare un po’ di tuo spazio mentale senza
capire se davvero
quello che dai mi può bastare.
Pairing o personaggi alternativi e/o
aggiuntivi: Ron Weasley, Hermione Granger, Harry Potter;
Lavanda Brown.
Rating: Verde
Avvertimenti: Songfic
N.d.A: Una delle tante feste nei
dormitori di Grifondoro... e le sue conseguenze!!
La
condizione naturale
di
partenza
sarebbe
mettersi alla
prova…
“Ma
cosa
credi? Che
voglia prendere il tuo posto accanto a Harry?”
“Sì
che vuoi farlo:
guarda come gli insegni a fare gli incantesimi”
“E’
mio amico, Ron,
perché non dovrei aiutarlo?”
“Perché
devi
aiutarlo?”
”Cosa c’è di male?”
”Non si risponde ad una domanda con un’altra
domanda!”
”Hai cominciato tu.”
”No.”
”Certo che sì.”
”No.”
“Sì.”
”No.”
“D’accordo,
Ron,
parliamone: hai qualche problema?”
“Io
non ho
nessun
problema.”
“E
allora
perché ti
comporti così?”
“Perché
sì: passi
tutto quel tempo con lui, sei gentile…”
Dentro
di me
sentivo la speranza crescere, allora mi azzardai a fargli quella
domanda che
tanto premeva per uscire. “Sei geloso?”
”No.” Sul viso una smorfia quasi di disgusto.
“No che non sono geloso, non sono
mica il tuo fidanzato.”
“No,
infatti.”
Abbassai
lo
sguardo, colpita in pieno dalla freddezza con cui aveva detto quelle
parole. Le
ultime, soprattutto.
Non
era il mio
fidanzato, era vero, ma credevo che i sentimenti che provavo nei suoi
confronti
fossero chiari anche a lui. E, oltretutto, avevo deciso di aiutare
Harry per…
“Forse,
sono
un po’
geloso. Come amico, però.” Si affrettò
a specificare.
Lasciai
che il filo
dei miei pensieri si spezzasse, per permettere alla speranza di correre
dietro
a quell’illusione.
“Come
amico.”
“Sì,
però non è
importante, perciò… torna a fare da maestrina a
Harry.”
Stupido e idiota!
e
constatare che è
soltanto un'apparenza
questo tuo essere distante
che puntualmente ti fa andare via
e puntualmente io rimango tua…
Mi ero
trattenuta all’interno dell’aula di Pozioni,
contenta perché avevo ricevuto il
voto che tanto avevo desiderato.
Stavo
ancora guardando quella E scritta con l’inchiostro rosso,
quando Harry mi
scosse e mi sorrise. –Ehi, vuoi rimanere ancora lì?
-No,
andiamo.
Raccolsi
i libri, sistemandoli sotto braccio e mi avviai assieme a Harry verso
il
corridoio.
Stavamo
ridendo di non so cosa, quando sentii una voce più che
familiare e alzai il
capo.
Lavanda
Brown e Ron erano semi nascosti da una statua e si baciavano con un
ardore tale
che io stessa mi sentii bruciare.
Sentii
gli occhi riempirsi di lacrime e corsi via, senza darmi neanche il
tempo di
capire cosa realmente stesse succedendo.
Capii
che stavo correndo solo quando urtai contro qualcuno che non riuscii
neanche a
riconoscere.
“Scusa.”
dissi, riprendendo a correre.
Non
sapevo perché vederli insieme mi facesse ancora
quell’effetto, ma compresi che
non sarebbe mai cambiato nulla, nonostante sapessi che stavano insieme:
non era
la prima volta che li vedevo baciarsi, ma le altre volte avevo avuto il
tempo
di prepararmi per quello che avrei visto.
Mi
gettai di peso sul letto, affondando il viso nel cuscino e riempiendolo
di
quelle lacrime che non riuscivo più a trattenere, mentre le
loro risate
risuonavano nella mia mente.
Dovevo
essermi addormentata, perché, quando qualcuno mi
toccò la spalla, balzai dal
letto.
Lavanda
era di fronte a me, con la sua aria da innocente bambina bionda, mentre
io
dovevo avere un aspetto davvero orribile.
“Tutto
bene?”
”Alla grande.”
“Prima,
ho visto che correvi via… è successo
qualcosa?”
”No, ero di fretta.” La vidi sollevare un
sopracciglio, segno che a mentire ero
peggio di una capra che mangiava carne, ma cercai di rimanere sulle mie.
Cosa
voleva che fosse successo? Era solo riuscita in quello che io provavo
da anni,
senza avere risultati…
senza capire che scappare
è un modo per ricominciare
e invece voglio continuare
continuare e continuare tutto.
“Buongiorno!”
Si era
seduto, come di solito, tra me e Harry.
Probabilmente,
avrei dovuto essere arrabbiata con lui, invece mi ritrovai a sorridere
e a
passargli un po’ di succo di zucca.
A
volte, mi chiedevo dove sarei andata a finire se non avessi fatto
ricorso a
quel coraggio e quell’ orgoglio Grifondoro che tanto
decantavo.
Mi
ritrovai addosso lo sguardo liquido, sincero e quasi di disapprovazione
di
Harry, ma non ci badai, perciò tornai alla mia colazione.
Chissà
cosa pensava Ron in quel momento…
Più
di
una volta lo avevo beccato mentre mi fissava o mi guardava con la coda
dell’occhio, ma aveva sempre trovato un alibi sufficiente a
spiegare i suoi
gesti ed io, ovviamente, ci avevo creduto.
Mi
rendevo conto che l’amore mi rendeva veramente tonta, ma non
potevo farci
granché, almeno fino a che non avessi deciso di mandare Ron
a quel paese e
cercare di meglio: uno che sputacchia quando mangia o che ha la
delicatezza di
un ippopotamo non era certo l’uomo che avevo sempre sognato
di avere accanto.
Lo
osservavo, mentre avidamente mangiava quanto più cibo
possibile e mi resi conto
che era davvero disgustoso e fastidioso: sembrava che non mangiasse da
anni, ma
era così naturale- mentre si ingozzava- che quella
constatazione divenne un
altro motivo per amarlo un altro po’.
Mi
rivolse un’occhiata strana e mi resi conto che stava parlando
solo quando mi
pose nuovamente la sua domanda.
“Scusami,
Ron, ero distratta.”
“L’avevo
capito.”
“Puoi
ripetere?”
“No,
non fa niente.”
“Ma
dai, ero so…”
“Ho
detto che non fa niente, Hermione.”
“Su,
ti
prego, Ron…”
Vidi
disegnati i primi segni dell’impazienza sul suo viso,
perciò desistetti e calai
lo sguardo sull’enorme tavolo di legno della Sala Grande.
Non
avevo la minima idea di cosa mi avesse chiesto, ma, probabilmente,
doveva
essere qualcosa di importante per lui, visto il broncio che aveva messo.
O,
forse, non era importante per niente visto che si ostinava a non
ripetere la
sua domanda.
L’amore brucia i pomeriggi accartocciati,
noi due abbracciati a farci male,
“Mi…mi
dispiace per prima.”
“Non
era nulla di importante, davvero.”
“Allora
perché hai quella faccia?”
”Perché mi sembra sempre che nessuno mi ascolti,
come se non fossi interessante
quanto lo è Harry.”
Ma cosa
voleva saperne, lui che non riusciva a vedere al di là del
suo naso e dei
capelli biondi di Lavanda?
“In
realtà, stavo pensando a quanto tempo è trascorso
da quando ci siamo visti per
la prima volta.”
“Sembra
così tanto…”
”Già.”
Mi
abbracciò forte, posando la testa sulla mia spalla.
Respirai
quanto più profumo possibile e sapevo che
l’illusione a cui quel gesto dava vita
mi avrebbe fatto un male insopportabile, ma non m’importava.
In
fondo, fin da quando avevo capito di essere innamorata di Ron, ero
scesa a compromessi
con me stessa: non sapevo cosa lui provasse per me, ma sapevo che
perderlo
avrebbe fatto molto più male che averlo vicino, anche solo
come amico.
cercando di trovare un punto di equilibrio
tra cosa è il dire e cosa il fare.
“Non
si
fa così, sai, Ron?”
”Così come?”
“Ti
senti invisibile, ti lamenti per questo, ma non fai niente per renderti
visibile o per capire chi davvero ti vede…”
“E
questo cosa significa?”
”Significa che… che magari passi più
tempo con chi non ti vede per quello che
sei, ma che ti guarda con occhi che ti disegnano come loro vorrebbero
vederti…”
”Non c’è nessuno che mi guarda per come
sono realmente.”
”Forse ti sbagli.”
Ed io
sapevo che quella era la verità pura e assoluta,
perché solo io mi ero fermata
a guardare oltre l’azzurro dei suoi occhi, oltre i suoi
capelli rossi e oltre
quell’aria stupida che assumeva quando rideva o quando si
meravigliava.
Solo
io, ne ero certa.
Lui,
intanto, era rimasto lì impalato a guardarmi, come se gli
avessi appena
comunicato di voler cambiare casata ed essere smistata a Serpeverde.
“Stai
dando di matto.”
Mi
arresi alla sua cocciutaggine. “Può darsi, ma
resta il fatto che tu non fai
niente…”
E questa nostra dolce malattia
che mi fa stare dietro la tua scia
Quando
se ne andò, il suo profumo rimase lì per un
po’, ad aleggiare nell’aria
autunnale.
Avrei
voluto seguirlo, ma probabilmente avrei spezzato ancora una volta
quella sorta
di tacito patto che nasceva tra di noi ogni volta che ci arrabbiavamo,
litigavamo e poi facevamo pace.
Non
sapevo più cosa fare: dimostrarsi sua amica era diventato un
atto
autolesionista, senza cui, però, non riuscivo a stare bene.
Mi
accontentavo di poco, ma era più che sufficiente per far
finta che non andasse
tutto male.
Mi
avviai verso gli spalti, per assistere alla partita di Quidditch tra
Grifondoro
e Corvonero.
troppo impegnata a corteggiare
un po’ di tuo spazio mentale
da non capire se davvero
quello che dai mi può bastare.
A fine
partita, eravamo tutti riuniti in Sala Comune a festeggiare la vittoria.
Lo vidi,
mentre beveva una burrobirra direttamente dalla bottiglia, e mi
avvicinai,
prendendo la prima bottiglia che mi era capitata a tiro.
“Complimenti
portiere: oggi sei stato grande.”
“Grazie.”
urlò. Nonostante la musica all’interno della sala
fosse alta, riuscivo comunque
a sentirlo, perciò, mi toccai l’orecchio con la
mano.
“Non
sono sorda.”
“Lo
so,
ma non so quanto tu ci senta bene.”
“Sei
un
cretino.” dissi, ridendo.
“Hai
visto Lavanda, in giro?”
Sì,
l’avevo vista, ma ero tentata dal non diglielo e passare un
altro po’ di tempo
in sua compagnia. “Senti, ma a che velocità andava
quel bolide che hai parato?”
”Non ne ho la minima idea.”
“Sei
stato davvero bravo. Probabilmente, anzi, sicuramente, migliore
dell’altro
portiere.”
Scoppiò
in una risata fragorosa che scosse qualcosa all’interno del
mio cuore: amavo il
suo sorriso e il suono della sua risata da bambino.
“Non
hai mai capito una pluffa di Quidditch, cos’è
tutto quest’interesse?”
“Hai
ragione: volevo solo chiacchierare un po’.”
“Oh,
ecco Lavanda. Ci vediamo in giro.”
Strinsi
i pugni, conficcando le unghie nel palmo della mano fino a farmi male,
senza
emettere un solo lamento. “D’accordo.”
sussurrai alla mia bottiglia.
E’ poco, è poco
non può bastarmi
questo bellissimo gioco
l’impossibile certezza
di trovarti quando torno
di volare stando fermi e
avere tutto il mondo tutto intorno.
Avvicinai
la bocca alla bottiglia, bevendo quasi d’un sorso il liquido
che conteneva.
Mi
sentii bruciare in tutto il corpo, come se il fuoco vivo stesse
scendendo dalla
gola e si stesse diramando in ogni organo.
Cominciai
a tossire, dando qualche pugno leggero contro lo sterno, poi, due mani
mi
levano su e mi offrirono un semplice bicchiere di acqua.
Bevvi
tutto d’un sorso e sentii il bruciore calmarsi, fino a
sparire del tutto.
Solo
allora, alzai lo sguardo per ringraziare chiunque mi avesse aiutata a
restare
in vita… però, le parole mi morirono in gola
quando mi ritrovai di fronte a Ron
–ad una distanza molto poco rassicurante.
Gli
sorrisi e cercai di tirarmi indietro, ma lui mi strinse per le braccia.
“Ti
senti bene?”
”Sì… mi era solo andata la burrobirra
di traverso.”
“Quello
è firewhiskey, Herm.”
“Oh,
beh, è la stessa cosa.”
Sentii
le su dita posarsi poco più in basso degli occhi e portare
via con loro una lacrima
che doveva essermi scappata a causa della tosse.
“La
prossima volta stai più attenta.”
”Certo.”
Si
allontanò di nuovo e lo guardai mentre cingeva le spalle di
Lavanda.
Mi
sedetti di peso in una delle poltrone accanto al camino spento e vuoto.
Chissà
come mai si era trovato nei paraggi, visto che di solito era troppo
impegnato a
sbaciucchiarsi con la sua fidanzata.
Chissà
perché si era preoccupato tanto…
E’ poco, è poco,
ma non ti grido è stato quel che è stato:
c’è ancora spazio per sperare,
sole per ricominciare,
ancora tempo per sbagliare
la soluzione da inventare fra di noi,
questo bellissimo gioco tra di noi.
Ero
andata a letto con le solite lacrime e il solito senso di inettitudine
a farmi
compagnia,
senza
dar peso alla gelosia che ribolliva nel mio stomaco.
Sapevo
che Lavanda non era la persona giusta per Ron, ma sapevo anche che lui
non
provava sentimenti tanto forti per me… decisi solo che non
mi sarei
accontentata più di quello che avevo con lui.
Darci
le colpe dei nostri errori, prenderci in giro, cercare di fargli capire
quanto
lui fosse tutto per me, nonostante si sentisse nessuno per gli altri,
era
sempre stato un modo inutile per fargli aprire gli occhi: non aveva mai
capito
ed io avevo perso solo tempo.
Avrei
fatto di più, nei limiti del possibile e, forse, anche in
quelli
dell’impossibile.
La
speranza che dentro me
accendevano certi
sguardi o certe attenzioni che mi rivolgeva era davvero dura a morire
ed io, da
fiera Grifondoro, avrei tentato il tutto e per tutto, mettendo in gioco
quanto
più possibile.
Certo,
avevo un enorme punto interrogativo al posto della solita lampadina che
appare
nei cartoni animati babbani, quando qualcuno ha un’idea, ma
era un dettaglio
trascurabile.
Lasciai
che il sonno mi chiudesse le palpebre e mi cullasse in quei sogni che,
ormai,
facevo ogni notte.
La
soluzione
materiale non esiste
ad un’inguaribile stanchezza…
Mi
sentivo stanca, nonostante avessi dormito tanto tempo. Il mal di testa
continuava a farmi sentire una rimbambita.
Cercai
di voltarmi dall’altro lato, ma sentivo qualcosa di pesante
che mi impediva
qualsiasi movimento. Voltai solo il capo e notai una zazzera rossa e
disordinata che si poggiava sulla mia spalla.
Sorrisi
e mi sistemai meglio, cercando di fare quanto meno rumore possibile.
Riuscii
a mettermi faccia a faccia con lui, poggiando la mia fronte alle sue
labbra.
Sentivo il suo respiro al sapore di alcool sul viso e, nonostante
odiassi
quell’odore, respirai a fondo, beandomi di quella vicinanza
che, chissà come,
ci aveva uniti.
mi piacerebbe immaginare che resiste
questo tuo amore incontrastato,
ma puntualmente tu mi mandi via
e puntualmente io rimango tua…
Lo vidi
aprire gli occhi lentamente. Li riaprì e li richiuse
più volte e, poco alla
volta, nelle sue iridi, la sonnolenza fu sostituita dalla meraviglia.
“Cosa
ci faccio qui?”
“Non
ne
ho idea, Ron.” Spostò il braccio con cui mi
cingeva il corpo e cercai di
trattenerlo. “Se vuoi… puoi rimanere, non mi dai
fastidio. Anzi, fa anche
freddo e mi stavo scaldando…”
“No,
lascia perdere. Non ricordo niente.” disse, massaggiandosi la
testa.
“Ti
ho
trovato qui quando mi sono svegliata, ma avevo ancora sonno,
perciò mi sono
riaddormentata…”
“Senti,
lasciami in pace, va bene? Ho un mal di testa tremendo e le tue
chiacchiere mi
fanno sentire peggio. Vattene, dai…”
“Questa
è il dormitorio femminile, Ron…”
sussurrai, per evitare di mostrare le note
tremanti della mia voce.
Mi ero
sentita umiliata e maltrattata nel giro di un solo secondo e mi resi
conto che,
forse, tutto quello che volevo fare per lui non sarebbe servito a
niente.
Non
avrei comunque demorso, ma mi sentii meno motivata a continuare.
senza capire che mollare
è un modo per farsi salvare
e invece voglio continuare, continuare tutto…
Eravamo
tutti
riuniti in Sala Comune per uno stupido gioco che aveva proposto Lavanda.
La sua
voce, mentre spiegava con accurata maestria le regole, riempiva la
sala; il mio
sguardo, invece, era totalmente impegnato ad osservare il viso
contratto di
Ron: aveva una strana espressione sul volto, quasi fosse preoccupato
per
qualcosa, e una leggera sfumatura di colpevolezza gli colorava gli
occhi.
“Facciamo
a turno.” Propose qualcuno.
Mi resi
conto che era stato Harry a parlare solo quando, per dargli ragione,
qualcun
altro lo nominò.
Chissà
cosa mi ero persa in quei frangenti di tempo, ma non
m’importava molto, perché
tutto quello che avrei voluto vivere mi aveva dato il suo buongiorno
poche ore
prima.
“Bene,
si può cominciare, direi.”
Harry,
che decise di essere il primo, sistemò al centro del cerchio
che avevamo
formato una bottiglia vuota e la lasciò girare su
sé stessa.
“Vale
il collo, vero?” chiese conferma a Lavanda, indicando la
bottiglia che si era
fermata ed aveva l’apertura rivolta verso Ron.
“Sì.
Comunque, il pegno va scelto prima.”
“D’accordo.
Allora, Ron… dovrai dare un bacio a stampo
a…”
Sistemò
di nuovo la bottiglia e la lasciò girare ancora.
Nel
momento in cui la bottiglia si fermò di fronte a me, sentii
il suolo
sgretolarsi sotto le mie ginocchia; le orecchie di Ron si tinsero di un
rosso
ancora più vivo di quello che avevano prima e ci guardammo
negli occhi per un
tempo indefinito.
“Su,
avanti.” spazientita, Lavanda cercò di far finire
quella messinscena in tutta
fretta e, almeno in quello, non mi sentivo di darle torto.
Ron si
avvicinò, inginocchiandosi davanti a me.
“Sembra
strano anche a me.” sorrise.
E’
quello che desidero da
sempre…
Posò
una mano dietro al mio collo, attirandomi a sé e posando le
sue labbra sulle
mie.
Credevo
di poter morire da un momento all’altro.
Non so
precisamente cosa accadde nell’istante in cui ci staccammo,
ma i suoi occhi si
riempirono di brama e, tenendo sempre la mano dietro la mia nuca, si
avvicinò
di nuovo.
Un
Incantesimo Cruciatus sarebbe stato solo un semplice incantesimo di
tortura
rispetto a quello che realmente provavo in quel momento: il mio cuore
prese a
battere all’impazzata, così come l’aria
cominciò a scemare dai miei polmoni.
Sentivo
il suo calore su tutto il viso, ma più di tutto sentivo una
voglia
irrefrenabile di soddisfare il suo voler di andare oltre le labbra,
perciò gli
lasciai libero accesso e lo lasciai fare.
Non so
quanto durò quel bacio, ma quando Ron si staccò,
aveva il fiato corto ed era
rosso in viso. Poggiò la sua fronte alla mia.
“Scusami…”
bellissimo, bellissimo gioco…
Angolo Autrice:
Questa song-fic partecipa al contest Song-fic si jaybree88 ed è in attesa di un giudizio.
L'ho postata con il terrore pure, perchè dopo aver letto quello che hanno scritto le altre ragazze, Erica Weasley e roxy_xyz, è davvero folle pubblicare questa fic.
Beh, spero che a voi piaccia!!
La vostra Exentia_dream
Finalmente il GIUDIZIO DELLA GIUDICIA!!
VI
Classificata
Il gioco della bottiglia
Di Exentia_dream
Grammatica e forma: 8.95/10
Stile e lessico: 9/10
Caratterizzazione dei personaggi: 10/10
Sviluppo trama e originalità: 9.50/10
Gradimento personale: 4/10
Totale: 41,45/45
La prima cosa che ho notato del pezzo è la cura.
C’è un’ottima cura del
dettaglio. Dal punto di vista formale ci sono solo delle piccole cose
da
riportare alla tua attenzione: due errori di battitura
(‘diglielo’ che dovrebbe
essere ‘dirglielo; e ‘levano su’ che non
ho sinceramente capito se hai confuso
con la forma passata ‘levarono su’ o se
è proprio un altro termine); la terza
persona singolare del verbo essere maiuscola va sempre con
l’accento e mai con
l’apostrofo; le maiuscole nei termini Pluffa/Babbani; e
infine il termine
‘casata’ indica semplicemente una famiglia, quando
si parla dei vari
Serpeverde, Grifondoro si usa nei libri di Harry Potter sempre il
termine
‘casa’.
Lo stile mi piace. Mi è sempre piaciuta la
semplicità, perché aiuta il lettore
a seguire il testo senza perdersi. Usi un sacco di subordinate ma non
t’ingarbugli quasi mai nei meandri della lingua italiana,
tranne che in un
caso: ‘Certo, avevo un enorme punto interrogativo al posto
della solita
lampadina che appare nei cartoni animati babbani (qui ci va la
maiuscola!),
quando qualcuno ha un’idea, ma era un dettaglio
trascurabile.’ Questa
frase costringe il lettore a tornare indietro e a rileggerla per
capirla.
Blocca la lettura in pratica – non è né
sbagliata, né troppo lunga,
semplicemente andrebbe semplificata un po’, magari togli
qualche aggettivo o
sposta l’ordine sintattico.
Ho notato inoltre che spesso inverti la costruzione della frase; in
italiano
non è sicuramente ‘reato’ come lo
sarebbe se stessimo parlando in francese o in
inglese, però ecco, non abusarne.
Passando alla caratterizzazione devo dire che ho sinceramente odiato la
tua
Hermione, ma tranquilla, questo è un bene per la tua storia.
Io amo il
personaggio di Hermione Granger, ma non ho mai provato simpatia per
questa
‘fase’ della sua vita in cui non sa
‘regolare’ il suo amore per Ron, lo dici
anche tu nel corso della storia che ‘diventa un po’
troppo tonta’. Bisogna
riconoscere però che nel momento che hai scelto di
rappresentare Hermione è
decisamente IC: è persa, è cocciuta, è
gelosa, e soffre di questo amore a metà.
Soprattutto però, il personaggio è decisamente un
personaggio: è lì, sulla
pagina, soffriamo insieme a lei, seguendo le parole della canzone, tra
gli alti
e bassi del suo rapporto con Ron, che un po’
c’è, un po’ scompare dietro a
Lavanda.
Anche Ron è fortissimamente Ron, non solo perché
si ingozza, ma perché un po’
fa il gentile, osserva Hermione ma non vuole dire perché,
è geloso, è insicuro,
risponde male, ma poi l’abbraccia, chiede scusa.
La trama è ben sviluppata: pezzetto per pezzetto, momento
per momento, uno alla
volta a delineare i sentimenti di Hermione. Hai però usato
un espediente per
chiudere la storia che non dovevi usare – non
perché tu lo abbia usato male,
anzi il bacio è un cono di sentimenti stupendo, ma
perché ha tolto l’occasione
alla storia per brillare. ‘Il gioco della
bottiglia’ è la scusa più vecchia del
mondo per far baciare due persone; io ho letto la tua spinta personale
in tutto
il testo tranne che nella parte finale; in parole crude, la fine
è banale. Mi
dispiace, perché odio dover fare questi discorsi
sull’originalità, a tanti
magari piacerà questa conclusione, ma si poteva discostare
dal resto di storie
‘classiche’ e diventare meravigliosa. È
un peccato.
Ringrazio ancora la giudicia e vi ricordo che la storia è riportata con tutti gli errori xD