Dopo aver bevuto il suo caffè aromatizzato alla cioccolata Kurt stava molto meglio, o forse stava molto meglio perché era seduto sull’autobus accanto a Blaine e poteva distintamente sentine il profumo.

Aveva già decretato l’autobus il suo nuovo mezzo di trasporto preferito, ovviamente quello con i posti riscaldati e i sedili a coppie.

« Sicuro che posso fare un salto a casa tua? » chiese di nuovo, decisamente preoccupato per i genitori di Blaine e per come avrebbero reagito vedendolo entrare con un altro ragazzo.

« I miei sono in Nevada ad un ritiro spirituale in una qualche alta montagna sacra. »

« Oh. » rispose l’altro, mentre la sua mente già viaggiava per le fantasie più recondite su come poteva essere casa di Blaine, o i suoi genitori, o per essere più precisi al fatto che sarebbero stati a casa da
soli.

« Hey, it’s all going to be okay! » disse Blaine, citando, probabilmente, una qualche canzone che Kurt non conosceva. Rise e posò una mano sulla sua spalla, sentendo i muscoli dell’altro irrigidirsi.  

« Dobbiamo smontare. » annunciò quindi Blaine, per distrarsi dal calore della spalla di Kurt sotto la sua mano.

Si alzarono e scesero uno dietro all’altro. Smontarono in un quartiere di piccole villette color cielo con grandi cancelli in ferro battuto e siepi vaporose verde brillante.

« Oh, cavolo. » esclamò. Era praticamente il genere di quartiere in cui avrebbe voluto vivere. E una di quelle ville avrebbe potuto tranquillamente essere la casa dei suoi sogni.

« Oh, i miei hanno un’azienda di moda, non farci caso. Tutto questo è davvero pacchiano. » sospirò, lievemente disgustato, Blaine, prendendo Kurt per la manica della giacca e trascinandolo verso una delle case più grandi. Una con un grosso e altissimo cancello attraverso il quale si scorgeva una giardino fiabesco, con alberi potati artisticamente e una fontana pallida ma graziosa al centro dell’enorme viale davanti all’edificio vero e proprio.

« Sembra la casa di un divo di Hollywood, sono... estasiato! » batté le mani Kurt, che era solito fiondarsi come una gazza ladra su qualsiasi oggetto lussuoso.

« Sì, a volte lo sembra. Di certo è altrettanto vuota. » commentò Blaine.

Kurt spostò lo sguardo sul suo volto, e studiò la sua espressione. C’era qualcosa di stonato, come un mash-up di odio, rancore e nostalgia.

« Dai parla. » disse.

Blaine lo guardò sorpreso.

« Se volevi farmi credere che ami casa tua ci stai riuscendo davvero male. » spiegò quindi Kurt.

Blaine quasi sorrise, colto da un moto di tenerezza.

« Dubito che potrei mai riuscire a farlo credere a qualcuno. Questa casa fa schifo. »

Kurt assunse un’aria interrogativa.

« Entriamo dai. »

Decise l’altro, e lui lo seguì.

Kurt pensava, istintivamente, che sarebbero entrati dal cancello, che avrebbero attraversato il viale e che la servitù li avrebbe accolti come dei Re. Evidentemente aveva guardato troppe volte “Principe Azzurro cercasi” , perché, al contrario, Blaine si stava arrampicando sulla siepe come un ladro.

« Sicuro che... è casa tua? » chiese quindi Kurt sgomento.

Blaine raggiunse il lato opposto con un balzo.

« Oh sì, o almeno lo era prima che i miei mi dicessero che se fossi tornato mi avrebbero fatto inseguire dai cani. » sorrise, in un modo che misto tra il colpevole e il soddisfatto.

« Oh, fantastico. » commentò Kurt, incrociando le braccia. 

Blaine fece spallucce « Non sono mai stati entusiasti del mio orientamento sessuale. »